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www.ildialogo.org Senza contare le donne e i bambini: agenda per un sinodo,di cristina simonelli

Senza contare le donne e i bambini: agenda per un sinodo

di cristina simonelli

Brescia 14 giugno 2015
Intervento al convegno nazionale di Noi Siamo Chiesa
 
Il titolo proposto per questo punto di vista è qualcosa di "letterario", in certo senso, ma non solo:si riferisce infatti, meglio prende a prestito, un versetto evangelico, quello (Mt 14,21) relativo alla moltiplicazione dei pani per più di 5.000 uomini, senza contare... le donne e i bambini! Rende infatti bene la questione: anche in quel caso non c'erano solo uomini ma anche donne, e tuttavia il modo stesso con cui vengono nominate è tale da farle apparire quasi sovrannumerarie o comunque sempre nella condizione di dover provare la propria presenza, quasi che la loro assenza dalla scena fosse la normalità. Oppure, e allora l'esempio potrebbe essere quello delle sorelle Marta e Maria (Lc 10,38-42), quando compaiono rendono la pericope una faccenda di donne, nella cui interpretazione tendono a prevalere registri affettivo/morali/spirituali, comunque riservati.
In che senso un momento ecclesiale come questo, cifrato anche nell'imminente ripresa del sinodo dei vescovi sulla famiglia, riguarda e non riguarda le donne? Provo a proporre la lettura di un'immagine:
Si tratta de' Il Concio di Trento di Pasquale Cati. L’affresco si trova in S. Maria in Trastevere, nella cappella che il cardinale Mark Sittich Von Hohenems, italianizzato in Sittico Altemps, fece affrescare in memoria di uno dei suoi figli naturali, fatto uccidere dal proprio zio, il pontefice Pio IV. Raffigura la chiesa trionfante, con tanto di tiara, che distrugge l’eresia, mentre si svolge il concilio di Trento: il primo piano presenta un mondo tutto femminile, procace e discinto quanto basta per allattare con soddisfazione, mentre sullo sfondo una serie di neri prelati disposti a semicerchio sono fronteggiati da una presidenza cardinalizia in bianco e rosso sulla quale dalla parete si profila il nome di Pio IV. Certamente le donne vengono subito “dirette” verso la dimensione simbolica, in cui sono immagine sia della chiesa di corretta dottrina che dell’eresia, a terra sconfitta, denudata e umiliata. Ma per chi guarda resta comunque un primo piano tutto femminile, uno strana e colorata sinodo di donne: e non è scontata l’attribuzione di “apocrifa” all’una o all’altra assise, se si volesse ad esempio tenere la proposta di Zambrano che legge come inautentico, dunque apocrifo, il piano narrato dalla storiografia ufficiale.
Questa assenza delle donne da una scena che non le prevede, ma in cui ogni tanto irrompono, assegna loro un ruolo particolare, ben oltre l'assenza per statuto da un sinodo di vescovi: anche in ambienti che si vorrebbero aperti e illuminati, se ne parla come "la donna" (dunque un singolare collettivo idealizzato), si discute di loro e su di loro (la fuga delle donne..., le donne con gli stivali ecc), si trova infine difficoltà ad accogliere uno degli aspetti della lezione dei femminismi: l'apprezzamento per la parzialità. Siamo un po' tutti e tutte abbastanza analfabeti rispetto alla considerazione delle nostre parzialità in relazione, ondeggiando, rispetto al femminile, tra romanticismo, ironia e risentimento. Gli esempi si potrebbero moltiplicare.... Così è interessante ma non ancora molto diffusa la prospettiva di Maschile plurale, che riflette sulla parzialità maschile come risorsa politica (Stefano Ciccone).
Quanto alla stagione che stiamo vivendo, senza pretesa di interpretazione generale, sottolineerei alcuni elementi:
  1. Un sinodo in due puntate: probabilmente fatto in questa forma per non affrettare risposte preconfezionate. Ha aperto tante speranze e ha permesso però anche un rafforzamento di forze difensive dello status quo. Rispetto alle domande mandate alle conferenze episcopali e alle diocesi si è registrato un protagonismo di rete, impensabile in passato. Si è parlato di un passaggio dal sinodo alla sinodalità. C'è anche un altro aspetto tuttavia, non limitato al mezzo di partecipazione, ma alla particolare congiuntura. ed è il vescovo di Roma, papa Francesco, con la sua modalità non convenzionale, nel tratto umano, nella parola e nei "piedi": penso alla cosiddetta "lezione di Lampedusa" o al messaggio ai movimenti popolari (https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/october/documents/papa-francesco_20141028_incontro-mondiale-movimenti-popolari.html) o il video messaggio a expo 2015: http://www.expo2015.org/it/videomessaggio-di-papa-francesco-durante-l-evento-le-idee-di-expo--contro-il-paradosso-dell-abbondanza
[Al momento di rivedere queste note, a giorni di distanza, è stata anche diffusa l'enciclica Laudato si', che reca la data di Pentecoste, 24 maggio 2015, ma è di fatto uscita il 18 giugno]
  1. In entrambi questi elementi ci sono punti di forza e di debolezza: la prassi sinodale è "istituita", è un ambito in cui ci sono delle regole di presa di parola. La sinodalità diffusa, "di rete", oggi è presa in considerazione, domani no. Nello stesso modo la figura di papa Francesco viene a rappresentare, sia pure con le dovute distinzioni, istanze che fino a poco tempo fa si sarebbero dette di base [chiesa dei poveri, misericordia, intreccio fra politica finanza commercio delle armi e disastro ambientale, sobrietà]: in questo modo diventando una contraddizione in atto - se un vertice si lega alla base, ci sono istanze intermedie che giocano.. come? e se deve prendere una decisione... dovrà convincere o "saltare" le istanze di collegialità che sarebbero di congiunzione tra queste due sponde? il caso dell'imminente giubileo lo potrebbe mostrare: il tema e l'intento sono legati probabilmente al sinodo, ma di fatto è lanciato per iniziativa personale, alla vigilia dell'anniversario della Riforma e mantiene, sia pure in forma un po' particolare, le indulgenze.
  2. Per i temi generali, torno a richiamare il discorso ai movimenti popolari insieme ad alcune catechesi di papa Francesco sulla famiglia. Riporto di seguito quanto già postato nel sito www.ancheilpaparema.it, perché mi sembra significativo osservare che nell'enciclica , di cui in maggio si poteva solo sperare e ipotizzare, oggi post eventum si può dire che l'espressione gender non compare!
Per amore della giustizia: forse nessuna idea quanto questa riesce a rendere il messaggio di Francesco, vescovo di Roma «che parla a nome del popolo di Dio pellegrino nel mondo intero» (01/05/15), nella sua complessità. Con la forza e con la parola scevra da ecclesiasticismi e tecnicismi che ne caratterizza lo stile. Non è frequente nel corso di una catechesi sulla famiglia - se poi è pontifica, ancora meno - sentire anche questo registro e ascoltare l'indignazione per la «brutta figura di Adamo» (30/04/15), tentazione degli uomini maschi di attribuire tutte le responsabilità alle donne/Eva. Non è poca cosa: perché è una parte inserita a braccio nella catechesi, che contrasta una questione così diffusa da diventare quasi opinione comune, postulato che non ha bisogno di dimostrazioni. Questa opinio communis percorre certa pubblicistica, non di alto livello ma di larga diffusione, ma anche discorsi più o meno dello stesso tipo anche negli ambienti ecclesiali.
Nella stessa direzione inconsueta vanno gli inviti - le ingiunzioni si potrebbe dire - a maggior giustizia, senza nascondersi dietro sofismi di ogni tipo:
«Per questo, come cristiani, dobbiamo diventare più esigenti a tale riguardo. Per esempio: sostenere con decisione il diritto all’uguale retribuzione per uguale lavoro; perché si dà per scontato che le donne devono guadagnare meno degli uomini? No! lo stesso diritto. La disparità è un puro scandalo! Nello stesso tempo, riconoscere come ricchezza sempre valida la maternità delle donne e la paternità degli uomini, a beneficio soprattutto dei bambini. Ugualmente, la virtù dell’ospitalità delle famiglie cristiane riveste oggi un’importanza cruciale, specialmente nelle situazioni di povertà, di degrado, di violenza familiare». Tali dati sono sotto gli occhi di tutti, ma spesso la loro segnalazione è riservata a persone e linguaggi che non sono ben visti nella comunità ecclesiale. Li rileva infatti ad esempio Chiara Saraceno in Il lavoro non basta (2015) e vi si riferisce come «differenze di genere e impatto della crisi». Con questo faccio un'osservazione e avanzo una richiesta, che formulo permettendomi di passare al discorso diretto:
Santità, certo che come ha affermato nelle scorse catechesi «la rimozione della differenza è un problema, non una soluzione» (16/04/15). Ma è sicuro che sia corretto limitare l'idea di genere (o gender che dir si voglia) a questo spauracchio di indifferenziazione?
E' in corso una campagna accanita, che procede per affermazioni abbreviate e semplificate, che cerca di coinvolgere capillarmente diocesi e parrocchie: non mi sembra che porti chiarezza, che aiuti a discernere in questioni così delicate e complesse. Ci sarebbe bisogno di calma per andare in profondità, per "distinguere" prima di tutto gli aspetti implicati e poi per discuterne, senza massificarli e senza schiacciarli negli aspetti più provocatori. E senza ipotecare le parole.
Questa campagna accanita, poi, si accompagna, guarda caso, a posizioni che criticano le Sue affermazioni sulla misericordia, sulla chiesa ospedale da campo, sul dovere di non porsi in condizione di giudizio dell'omosessualità: non vogliono criticarla se non in privato, ma in pubblico trovano una breccia di accesso con lo spauracchio del gender. Santità, guardi che "genere", da tempo peraltro inviso in ambito ecclesiastico, è utilizzato in molteplici modi, spesso con una carica etica e inclusiva che, sono convinta, le piacerebbe se la potesse ascoltare senza interferenze!
Proviamo, che ne dice, a tornare per un'altra strada (Mt 2,12), anche per questo aspetto? Magari proprio quella che lei stesso insegna, «la via della testimonianza che attrae», «la sola che può essere persuasiva» (30/04/15), perché conforme al vangelo non solo come contenuto ma anche come metodo, portatrice della festa di Cana e della vita in abbondanza. (Cristina Simonelli - Presidente del Coordinamento Teologhe Italiane)
  1. Si apre dunque il caso "gender", rispetto al quale osservo con perplessità e tristezza che è sempre più difficile uscire dallo spirito di crociata per affrontare le questioni nella loro serietà e specificità: si tratti della non discriminazione delle donne e della prevenzione della violenza, come della posizione nei confronti dell'omosessualità e della relativa tutela dei diritti civili. Certamente le questioni sono anche connesse, ma nella piega che ha preso il dibattito (meglio, il conflitto) passato dal piano culturale e filosofico a quello didattico e giuridico, vengono piuttosto massificate.
  2. Infine, stretto e un po' soffocato tra giganti, il Convegno della Chiesa italiana a Firenze che si svolgerà in novembre, tra la conclusione del Sinodo e l'inizio dell'anno giubilare. I cui documenti preparatori hanno virato e cambiato linguaggio, assumendo quello dell'Evangelii Gaudium. Speriamo che oltre al linguaggio si possa cambiare anche mentalità!
cristina simonelli



Sabato 08 Agosto,2015 Ore: 09:59
 
 
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