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www.ildialogo.org IO, CATTOLICA DIVORZIATA, E LE MIE DOMANDE ALLA CHIESA,A CURA DI CARLO CASTELLINI

IO, CATTOLICA DIVORZIATA, E LE MIE DOMANDE ALLA CHIESA

LA STORIA DI ROSSANA MEANI


A CURA DI CARLO CASTELLINI

La sua storia si fa leggere tutta d'un fiato; più che storia scritta sembra uno sfogo intelligente parlato, pensato a lungo e raccontato per filo e per segno senza nessuna sbavatura; perché le parole che esprime sono il frutto di una sofferta ed assimilata meditazione e riflessione centellinata a lungo senza rancori e senza ripensamenti. C'è comunque dentro una grande sofferenza, soprattutto subita da parte della Chiesa giuridica, ma anche da quella reale, che non entra quasi mai nello stato d'animo delle persone, con la scusa che essa deve salvare le anime. Ma c'è anche una libertà conquistata a caro prezzo, che è comunque necessaria per sentirsi sé stessa. Ma questa è stata un'anima molto sofferta. Per questo la sua storia aiuta tutti noi. Grazie Rossana per quanto ci hai raccontato. (Carlo Castellini).
“Vengo da una famiglia molto praticante e ho sempre frequentato l'oratorio. Per di più, vivendo in un paesino dove tutti si conoscono, quando su qualche argomento si era in disaccordo, con quanto insegnavano a catechismo, bisognava salvare almeno le apparenze. In realtà non tutti i miei compaesani erano cristiani perfetti, ma dovevano sembrarlo. I liei famigliari andavano a messa tute le domeniche e avevano una vita “normale”, mentre io ero considerata un po' la “ribelle”., perché sentivo un po' “srtretti” i precetti cristiani che mi avevano inculcato durante l'infanzia e non sempre mi comportavano “come avrei dovuto”. Quando, a sedici anni, iniziai a lavorare a Milano,, conobbi realtà diverse da quelle cui ero abituata e cominciai a essere indifferente a certe regole, tanto che avrei voluto essere un maschio perchè mi accorgevo, senza capirne la ragione, che queste erano più elastiche per un ragazzo.
LA SEPARAZIONE: AL DOLORE SI AGGIUNGE IL RIFIUTO.
Mi sposai a diciotto anni. Entrambi eravamo più innamorati dell'amore che uno dell'altro, perciò a ventidue miritrovai separata. Fu un brutto periodo, perchè vent'anni fa le separazioni non erano ancora un fenomeno di massa, soprattutto in un piccolo paese, e la tolleranza verso separati e divorziati erta scarsa. Mi sentivo un mostro. Avevo fatto soffrire i miei genitori e sconvolto la vita di tutti. Nel momento in cui ero a pezzi, mi sentivo fallita, vedevo la mia vita tutta in salita e dovevo rimetterne insieme i cocci, mi trovai a essere solo l'esempio da non imitare, colei che aveva commesso un peccato grave. Sapevo di aver infranto la regola secondo cui la dopnna dovbeva comunque cercare di tenere insieme la famiglia, anche ingoiando bocconi amari. La gente parlava sottovoce, smettendo quando arrivavo. Anche nella mia parrocchia mi sentivo una “cattolica” di serie B”, che non stava bene frequentare. Una domenica, prima della Messa, in confessione mi fu detto che se avessi avuto rapporti sessuali non avrei èpiù potuto accdere ai sacramenti e anche in caso di astinenza, sarebbe stato comunque meglio che non mi accostassi all'eucarestia in parrocchia nei momenti di grande partecipazione perchè non ero un buon esempio e i presenti avrebbero potuto pensare che, pur avendo rotto un sacramento, fossi stata perdonata. Restai molto amareggiata perchè, pur non facendo la comunione tutte le settimane, andavo a messa regolarment e ogni tanto sentivo il bisogno di un confroto spirituale che trovavo nella confessione e nell'aucarestia. Inoltre non capivo perchè avrei dovuto rendere conto agli altri parrocchiani del fatto che mi accostravo ai sacramenti: se il prete mi aveva dato l'assoluzione era tra me e lui e Dio, loro che c'entravano?
Smisi di frequentare la parrocchia perchè mi sentivo troppo ossdervata e molto spesso giudicata, non trovasi più conforto nerlla fede, nella preghiera. Così rimasi completamente sola e mi aggrappai all'unica persona che sembrava accettarmi. Commisi in questo modo un altro errore e mi trovai in attesa di una bimba. Decisi di farla nascere e suo pasdre di riconoscerla.
Tentammo una convivenza, ma non funzionò. Per un certo periodo uscivo continuamente, cercavo solo di divertirmi senza pensare a niente. Poi cominciai a restare giorni interi chiusa in casa da sola, perchè quel divertimento non era ciò che cercavo. Avevo espulso la fede dalla mia vita, però non avevo smesso di credere in un'entità superiore capace di confrotare, da serenità e aiutarmi a capire me stessa.
Mi avvicinai al buddismo, senza mai aderirvi, ma la meditazione il pensiero positivo e la certezza che niente è eterno, gioia e dolore passano, tutto serve a diventare migliore, mi infondevano serenità e mi davanoi la forza di capire che anche quell'esperienza doveva servirmi per crescere e non essere un motivo per pensare che tutto era finito. Certo, se fossi stata un maschio sarebbe stato diverso.
L'errore di un uomo era maggiormente tollerato: un ragazzo di 23 anni che viveva da solo era da aiutare,, subentrava ancora la mamma, mentre una ragazza separata era una potenziale “rovina-famiglie” per le mogli e uina facile preda per gli uomini. Con questa mentalità allora dovetticombattere: io non ero alla ricerca di un uomo per forza, e soprattutto non di uino sposato (avevo già tanti problemi!), ma non era facile farlo capire. Io vivevo bene anche da sola, ero sempre stata autosufficiente anche dal punto di vista economico e riuscivo a superare i momenti di sconforto. Era difficile però ricostruire una rete di amicizie. Quelle dell'epoca del matrimonio avevano finito per perdersi, perchè queste persone restano sempre amici di entrambi e non sanno da che parte stare. D'altra parte non ce la facevo a frequenta altri separati – avevo i miei problemi e non volevo ascoltare gente che si piangesse addosso, e per ragazze sèposate o fidanzate questa amica che viveva da sola ed era libera risultava un po' scomoda, mentre quando conoscevo un uomo, non appena sapeva che ero separata, si proponeva come il salvatore, che doveva risolvermi tutti i problemi di astinenza da uomini.
Sono uscita da questi vicoli ciechi incontrando il mio attuale compagno, che ha gli stessi problemi, ma pure la capacità di non piangersi addosso.
LE UMILIAZIONI DI UNA “CATTOLICA DI SERIE B”.
Al momento del battesimo di mia figlia mi scontra con il primo problema: il mio cmpagno poteva fare il padrino, io no perchè ero divorziata. Tutto si risolse scegliendo una masdrina tra parenti e amici. Quando però andai a confessarmi, polemizzai un po' con il sacerdote, perchè volevo capire:il padre aveva fatto la figlia con me pur non essendo sposato, ma proprio per questo la sua colpa non era grave come la mia. Chiesi:”Perchè coloro che sono sposati e hanno ml'amante, dopo l'assoluzione, possono fare la comunione? Non hanno rotto anch'essi una promessa pronunciata sull'altare?” Mi sentii rispondere:”Essi possono impegnarsi a non riptere più il proprio peccato”. Invece io ormai non potevo fare alcuna promessa perchè avevo un ex marito e una figlia con un altro uomo. Così anche il mio compagno, se avesse continuato a vivere con me, non avrebbe più potuto accedere ai sacramenti, mentre se mi avesse lasciato – come poi è avvenuto – avrebbe potuto accostarsi nuovamente. Eppure la figlia restava. E poi: sarebbe stato un uomo migliore se se ne fosse andato e si fosse sposato regolarmente con un'altra donna piuttosto che se avesse miniziato a vivere con me e con nostra figlia? Non ne venivo a capo: sembrava che il problema maggiore non fosse il bene della bambina, il mio o quello di lui, ma tutto ruotasse attorno ai rapporti sessuali visto che io avevo un ex-marito. Questo, da una parte, mi indignava molto, dall'altra mi faceva ridere, tanto che me ne andai dicendo che un assassino avrebbe potuto fare la comunione e uscire dal carcere con qualche attenuante se si fosse pentito del delitto commesso e non lo avesse compiuto di nuovo, mentre una colpa grave come un divorzio andava pagata a vita. In seguito ho riflettuto sul fatto che io e mio marito ci eravamo separati di comune accordo dopo esserci resi conto che ci saremmo rovinati la vita restando insieme, ma quelle persone che si separano perchè subiscono la decisione del coniuge, che cosa devono pagare? Lo sbaglio dell'altro perchè un giorno in buona fede hanno deciso di sposarlo? Ma Dio è buono, misericordioso e rimette i peccati o vuole che scontiamo nel dolore ogni nostra colpa? Non c'è già abbastanza sofferenza su questa terra?
La questione ingigantita, si ripropose quando mia figlia fece mla prima comunione.
Tutti i genitori si accostavano all'eucarestia insieme al proprio bambino, suo padre, che nel frattempo si era sposato regolarmente in chiesa e avevas avuto un altro figlio, potè fare la comunione con lei, ma io no. La sera precedente mia figlia pèianse per questo, io non seppi darle una spiegaziopne sensata perchè non volevo metterla in quel momento in una condizione che la cosringesse a schierarsi per difendere la mamma. Ho sofferto molto per questa rinuncia e probabilmente anche lei.
Durante la preparazione alla cresima, una sera mia figlia tornò a casa dicendo:”Mamma, tu non sei una buona cattolica, ma una peccatrice perchè non sei rimasta sposata e per q uesto non puoi fare la comunione. L'ha spiegato oggi la catechista”. Incassai quel giudizio lapidario con molta tristezza nel cuore rispondendo:”Lo so”. Credo sia giusto dire le cose come stanno anche ai bambini, ma ci vuole sensibilità per scegliere il momento e il modo, e avrei preferito spiefare anche il mio punto di vista.
RIAVVICINARSI ALLA CHIESA CON UNA FEDE PIU' PERSONALE.
Ora vivo da 11 anni con un separato, pasdre di un ragazzo dela stessa età di mia figlia. Il mio pèrimo compagno non andava in chiesa, perciò, davanti alle umiliazioni subite, entrambi smettemmo di frequentare ambienti cattolici, pur decidendo di dare un'educazione ristiana alla bambina in modo da consentirle poi di scegliere una volta matura. Il mio attuale convivente è praticante e abbiamo dato a entrambe i ragazzi un'educazione cattolica, accompagnata dal nostro esempio., lui con più convinzione, anche se non condivide tutte le posizioni della chiesa, io inizialmente solop perchè non potevo contraddire con il mio comportamento quanto insegnavo loro. Poi, col passare del tempo, mi sono convinta maggiormente, anche se non sono riuscita più a vivere pienamente la mia appartenenza di fede come prima.
Mi sono riavvicinata alla Chiesa da quando ho conosciuto tre frati che vivono in un eremo di Toscana. Ci siamo entrati durante una gita e c'era unapace così grande che ci sarei rimasta per ore. Quando sono arrivati questi tre religiosi – persone semplici che vivono nella preghiera e nel lavoro -, celebrando ancora la Messa con i canti gregoriani, abbiamo iniziato a parlare, spinti dalla serenità che infondevano. Abbiamo chiesto loro un aiuto spirituale per un nostro amico che aveva problemi molto seri e noi non eravamo in grado di confortare. Sono stati molto disponibili e lo hanno perfino ospitato per alcuni giorni. Siamo tornati a trovarli spesso e piano piano ci siamo confidati. Non ci hanno assolto per la nostra scelta, ma neppure giudicati o condannati. Hanno saputo aiutarci sul piano spirituale, offrendoci sempre una parola di speranza e accettandoci come una famiglia “normale”. Un altro incontro importante è stato quello coni salesiani. Il figlio del mio compagno ha avuto parechie traversie: prima affidato al padre, poi alla madre (con la quale a dieci anni non ha più voluto vivere), poi al comune e finalmente ancora al padre.
Non gli era stato facile affrontare tribunali, polizia, assistenti sociali,, psicologi e volevamo una scuola che gli potesse fornire un adeguato supporto psicologico. Ci siamo rivolti ai salesiani, che hanno accettato lui e pure mia figlia nel loro istituto, non ostante le iscrizioni fossero ormai chiuse. Lo hanno seguito non solo sul piano prettamente scolastico e ora che è cresciuto io valori ridevuti a scuola stanno dando i loro frutti. I salesiani hanno inoltre aiutato loro e noi a capirci e a darci la forza interiore necessaria per per sduperare i problemi legati a una famiglia allargata.
Questi religiosi mi hanno fatto capire pure che i preti sono uomini, con prei e difetti, e ve ne sono di più o meno sensibili, perciò non dovevo prendermela con la Chiesa come tale e superare il rancore che provavo. In ogni caso credo che ormai la separazione sia un ar4gomento da affrontare nei corsi prematrimoniali, perchè vi si arriva tutti impreparati e in un momento di particolare fragilità e grande sofferenza si compiono le scelte peggiori.
Il sacerdote dovrebbe aiutare anche i genitori delle persone che si separano. Quando è successo a me le separazioni erano ancora rare, soprattutto in un paese di provincia, e per i miei genitori è stato traumatico, sia per i motivi affettivi sia perchè ero diventata la notizia che corre di bocca in bocca. Mia mamma ha sofferto molto: incontrtare la gene che sapeva della m ia separazione la faceva stare male anche fisicamente. Si vergognava di frequentare la parrocchia, come se portasse addosso la macchia del mio peccato; Così decisi di non farmi vedere per un po' in giro, affinchè non dovesse confrontarsi con la mia presenza che a lei rievocava il dolore del divorzio, e mi staccai da parenti e amici in comune. Non è molto che la situazione è tornata quasi alla normalità, perchè ormai la mia separazione è copnsiderata un fatto consolidato e oggi in ogni famiglia c'è un parente separato. Bi sognerebbe pure aiutare questi genitori a comprendere che in quel momento la loro filgia o il loro figlio non chiede la loro approvazione, ma solo vicinanza e accettazione. Io avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a capire me stessa, dove avevo sbagliato e come fare per trovare una serenità interiore che per molti anni non sono riuscita a raggiungere; non che mi si giudicasse, perchè l'opinione che avevo di me era già pesima. Non volevo stravolgere i principi cristiani, mi addolorava no poter accedere ai sacramenti, ma mi ha ferito ancora di più non trovare nella comunità cristiana comprensione e disponibilità a darmi una possibilità di fare ancora qualcosa di bono.
Tante volte basta non sentirsi soli e persi per trasformare un'esperienza negativa in un'occasione di crescita personale e interiore. Spesso però ho trovato maggiore apertura tra persone lontane dalla Chiesa, e molta ipocrisia tra i cattolici. Io non ho condiviso con nessuno la mia vicenda fino a quando ho incontrato il mio attuale compagno. Porima mi ha dato una mano, sul piano concreto e su quelòlo empotivo, una vicina di casa, una persona per niente di “chiesa”, ma che mi ha acccettato con simpoatia e affetto, rompendo un po' la mia solitudine. Tante volte basta poco per aiutare una persona in difficoltà. La fondazione dell'ASSOCIAZIONE PAPA' SEPARATI, che, oltre a permettermi di aiutare altri, mi ha offerto numerosi spunti per migliorae me stessa, il mio rapporto con mia figlia e con il modo esterno, è stata l'esperienza per me più importante.
Ho trovato persone amiche e personer che mi hanno deluso, persone che avevano avevano bisogno di aiuto e persone che hanno dato un contributo all'associazione, persone che partecipano ancora alle sue attività e persone che sono sparite dopo avere risolto i propri problemi, persone che dopo anni mi telefonano ancora semplicemente per salutarmi e spesso per dirmi uin'altra volta grazie.. Ho ricevuto l'aiuto maggiore dalloa capacità di buttare alle spalle i miei problemi per dedicarmi a risolvere quelli degli altri.
La mia immagine di Dio non è cambiata, lo vedo sempre come un'entità suprema che non esiste per punire, ma per accogliere tutti, dando a ognuno, tramite le proprie capacità, la possibilità di migliorarsi. Non ha fato più festa per il figliol prodigo ritornato che per quello rimasto sempre sulla retta via? Spesso ci vuole molto più coraggio per ammettere un errore e ricominciare facendone occasione per migliorarsi che per stare per sempre sulla strada maestra.
La mia fede invece, è cambiata: non mi importa più se una domenica non mi siedo a Messa in prima fila col vestito della festa. Mi dfà più pace entrare in qualche chiesetta e restarvi sola a pregare. Mi piace confidare a Dio i miei pensieri, i miei dubbi, le mie perplessità e rimettermi a Lui. Non credo più nell'istituzione ecclesiastica, ma nelle persone: ho conosciuto preti che ritengo persone positive e altri no, e lo stesso vale per i non credenti. Preferisco credere nel piccolo prete che si prodiga concretamente e nei laici o religiosi che vanno nelle missioni piuttosto che nella “Grande Chiesa”. Non ho sentito il desiderio di andare a Roma per il Giubileo: in certe occasioni è stata una farsa.
Una canzone di Giorgio GABER dice:”Qualcuno era comunista perchè 'era il grande partito comunista, mentre qualcuno lo era non ostante ci fosse il grande partito comunista”. Ecco, io mi sento un po' così: sono cattolica nonostante ci sia ala “Grande Chiesa” cattolica. (ROSSANA MEANI), (a cura di Carlo Castellini).



Giovedì 28 Maggio,2015 Ore: 19:51
 
 
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