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www.ildialogo.org DIVORZIATI RISPOSATI: UN NUOVO INIZIO E' POSSIBILE?,A CURA DI CARLO CASTELLINI

DIVORZIATI RISPOSATI: UN NUOVO INIZIO E' POSSIBILE?

DI GIOVANNI CERETI, CITTADELLA EDITRICE, ASSISI, 2014


A CURA DI CARLO CASTELLINI

CHI E' GIOVANNI CERETI

L'ho conosciuto a Nocera Superiore Umbra, in occasione di un'assemblea nazionale del Movimento Internazionale di Spiritualità famigliare delle END (Equipe Notre Dame), che si era rivelata una bella sperienza umana. Già allora aveva manifestato una lucida intelligenza e una grande capacità di ascolto e di accoglienza di varie problematiche famigliari, cui diede un contributo personale e originale apprezzato da famiglie, studiosi, ecclesisatici e laici. Le tante famiglie intervenute e provenienti da tutte le regioni d'Italia, erano rimaste molto soddisfatte. Ricordo il primo intervento di condivisione in un salone affollatissimo, da parte di una bella giovane signora, presente il marito e i figli, che aveva raccontato la sua esperienza di giovane donna, figlia di genitori separati. E andava raccontando le sofferenze accumulate a motivo di questa separazione. Ritengo che sia uno dei più grandi teologi italiani viventi, Questo presbitero genovese, ha esercitato il proprio ministero sacerdotale a Genova, a BOUAR (Repubblica centroafricana) e a Roma. Dottore in Giurisprudenza e in Teologia, ha tenuto corsi di Teologia ecumenica e di dialogo interreligioso in diverse Facoltà ecclesiastiche. Alcuni suoi importanti contributi sono ricordati nei suoi libri che egli cita nella Prefazione. Tra i suoi scritti ricordiamo MOLTE CHIESE CRISTIANE, UN'UNICA CHIESA DI CRISTO (brescia 1992) e LE CHIESE CRISTIANE DI FRONTE AL PAPATO (BOLOGNA 2006). In questo agile volumetto della Cittadella Editrice, affronta il tema oggi divenuto di grande attualità, anche per l'indizione del SINODO SULLA FAMIGLIA OTTOBRE 2014, DEI DIVORZIATI RISPOSATI NELLA CHIESA. L'autore si chiede se sia possibile ipotizzare per loro un nuovo inizio.
L'attuale disciplina della Chiesa cattolica afferma che essi restano membra vive della comunità, ma non consente che accedano all'Eucaristia.
Rifacendosi alla prassi del primo millennio, tuttora in vigore nella Chiesa ortodossa, Giovanni Cereti, auspica l'introduzione di un sistema penitenziale che renda possibile la loro piena riconciliazione.
Riporto qui sotto tutta la prefazione al volumetto scritta dall'autore che chiarisce per l'ennesima volta le sue posizioni documentatissime e molto apprezzate da studiosi di teologia, di patristica e di ermeneutica biblica di livello internazionale; ma accolte invece un po' più freddamente dai dromedari del tradizionalismo cattolico e gerarchico, che occupano cattedre e poltrone, ma sono molto meno convincenti e documentati di GIOVANNI CERETI. La lettura è appassionante e aiuta a capire molte cose. (Carlo Castellini).
Ringrazio Cittadella Editrice e i cari amici della PRO CIVITATE CHRISTIANA per la decisione di pubblicare una seconda edizione di questo mio breve scritto del 2009 in cui riassumevo il frutto delle mie riflessioni e delle mie ricerche a proposito del tema della riammissione alla pienezza della vita ecclesiale ed eucaristica di coloro che, non essendo riusciti, con colpa, o senza colpa, a realizzare quanto si erano proposti celebrando il proprio matrimonio, sono venuti meno al loro patto coniugale e sono entrati in una seconda unione.
Nel clima dell'epoca non si nutriva alcuna speranza che una tale soluzione potesse essere accettata in un futuro ravvicinato. E invece, l'elezione di JOSÉ BERGOGLIO, a nuovo vescovo di Roma e l'indizione di un SINODO dedicato al matrimonio e alla famiglia, hanno reso questa prospettiva possibile e forse vincente. Poiché, come dice PAPA FRANCESCO, NELL'EVANGELII GAUDIUM “il tempo è superiore allo spazio” (n. 223), idee e proposte avanzate molti anni or sono hanno nel frattempo potuto maturare e portare i loro frutti nel servizio del Signore, e per il bene della comunità cristiana.
L'opportunità di questa riedizione, nella speranza che anch'essa possa contribuire a fare maturare le decisioni che verranno prese dal SINODO, è comunque quanto mai manifesta. Dopo che il cardinale KASPER nel discorso al CONCISTORO del 20 febbraio 2014 aveva citato le mie ricerche come una possibile soluzione al problema, si è scatenata una violenta opposizione nei confronti di quanto da lui detto, opposizione nei confronti anche dello stesso papa, FRANCESCO, che aveva suggerito un tale riferimento.
Gli attacchi riguardavano naturalmente anche le mie ricerche, e si manifestavano sia in interventi ripetuti su giornali, periodici, blog e televisioni, sia con alcune pubblicazioni che esplicitamente confutavano la loro validità. La mia risposta finora si è limitata alla ripubblicazione di lavori del passato, ai quali avevo comunque aggiunto nuove prefazioni, sicuro che non era necessario rispondere su tutto e che la verità si sarebbe fatta luce da sola. Questo mio atteggiamento mi è stato fortemente rimproverato, come se io mi fossi nascosto durante la tempesta dietro la persona del cardinale KASPER senza intervenire a difenderlo e come se avessi avuto timore a rispondere ai miei critici.
Con questa nuova edizione del presente libretto desidero pertanto dare la risposta che viene attesa da me. Poiché molti si sono lasciati convincere dalle critiche portate alla mia ricerca da CROUZEL (riprese in italiano in un volumetto uscito nell'ottobre 2014 presso la CANTAGALLI con prefazione del card. CAFFARRA), oltre che da PELLAND, mi permetto di rilevare che ho ripubblicato due volte la mia ricerca del 1977 in forma anastatica, senza cambiare una virgola, proprio perchè queste critiche che avevo già esaminate non arrivavano affatto a scalfire le mie conclusioni, accettate dalla grande maggioranza di quanti si sono espressi nella comunità scientifica internazionale.
Tra questi, il primo é CHARLES MUNIER, il grande patrologo dell'Università di STRASBURGO, che dedicava a questa ricerca un lungo articolo in cui riassumeva le mie conclusioni per i lettori di lingua francese riconoscendo “l'importanza e il carattere in parte innovatore” di tale lavoro e concludeva affermando che “sembra difficile contestare i risultati” di questa ricerca e auspicando intorno ad essi “ampie discussioni nelle riviste specializzate”.
Sulla controversi tra CROUZEL e il sottoscritto è poi intervenuto ripetutamente R. MACINA, che giungeva a sostenere che CROUZEL tratta i Padri della Chiesa come i fondamentalisti trattano le Scritture (e cioè senza alcuna contestualizzazione e senza tener conto degli sviluppi nelle diverse epoche), richiamando quindi la necessità di evitare ogni fondamentalismo nella lettura dei Padri e affermando di condividere pienamente le mie conclusioni pur portando ad esse alcuni complementi.
In Italia il dibattito è stato molto più limitato, anche se non è mancato qualche intervento coraggioso per il quale sono riconoscente. Particolarmente autorevoli furono due articoli di totale consenso, pubblicati sul CORRIERE DELLA SERA del professor GIUSEPPE ALBERIGO.
 
Meritano infine, di essere ricordate le recensioni, da quella di PADRE CONGAR, che dopo aver recensito favorevolemente il lavoro del 1971 espone compiutamnete le mie nuove conclusioni in una recensione del 1977, a quella di KENNENGIESSER e altre ancora.
Concludo questa panoramica con alcune righe di un articolo più recente dello stesso M.R. MACINA che esigerebbe di essere letto integralmente. “É tempo ormai di esaminare l'argomento principe di CERETI relativo ai DIGAMI di cui parla il canone 8 del CONCILIO DI NICEA che abbiamo ricordato sopra. Osservando che il testo di questo canone esige dagli eretici Novaziani che accettino la comunione con due delle tre categorie di peccatori pubblici, i CUI PECCATI CONDUCONO ALLA MORTE e ai quali i rigoristi rifiutavano totalmente la penitenza, e cioè i LAPSI e gli adulteri CERETI opera l'accostamento che si impone con dei testi del III e IV secolo che trattano di questa trilogia, e nei quali è chiaro che non è mai questione dei vedovi risposati, ma di adulteri, nei due sensi del termine: coloro che hanno relazioni extra-coniugali e coloro che si risposano dopo un divorzio....
Dinanzi all'evidenza massiccia dei testi addotti da CERETI in appoggio alla sua tesi, non è più possibile oggi negare l'esistenza nella poratica della Chiesa dei primi secoli, di una penitenza dei divorziati risposati che non erano innocenti per il loro divorzio. Disgraziatamente non si dispone, come è il caso per i LAPSI, di documenti espliciti sul perchè e il come di questa misura di misericordia, ma sembra che le poche allusioni evocate sono sufficienti a convincerci che, se pure non fu una questione semplice, fu presa una decisione coraggiosa, a proposito della quale la Chiesa impegnò la propria autorità, al punto di rifiutare la comunione a coloro che si tenevano al rigore primitivo”.
Dalla postfazione alla seconda edizione (preparata nel 1998) di
DIVORZIO NUOVE NOZZE E PENITENZA NELLA CHIESA PRIMITIVA mi permetto di riprendere inoltre quanto segue.
“Le conclusioni cui sono allora pervenuto non erano degli apriorismi che volevo cercare di confermare attraverso lo studio dei Padri, anche se urgenze pastorali e urgenze ecumeniche, come spiegavo nella prefazione, mi spingevano a cercare un nuovo approccio per la Chiesa cattolica al problema del divorzio e del nuovo matrimonio. In un precedente lavoro avevo in qualche modo affrontato tutti gli aspetti del problema, teologici, canonistici, storici, pastorali, ecumenici, giungendo a delle conclusioni che ritengo ancor oggi perfettamente valide ed attuali: la proposta che avevo fatto in quella pubblicazione di passare ad un sistema penitenziale strutturato a livello di diocesi per tutti quei casi che non apparivano nulli già ad una prima sommaria indagine e che non potevano essere quindi risolti mediante la via della dichiarazione di nullità mi pare ripresa, anche se senza riferimento alle mie proposte, nella pubblicistica più recente. Tuttavia sin da allora era apparso chiaro che il nodo centrale da risolvere, una volta che gli studi biblici avevano mostrato la libertà con cui la chiesa apostolica aveva affrontato l'argomento, era quello di conoscere meglio la prassi della chiesa dei primi secoli, e cioè di quella Chiesa ancora unita alla quale guardano oggi tutte le chiese cristiane nel loro cammino verso la piena riconciliazione, e alla cui tradizione è particolarmente legata anche la prassi attuale delle chiese orientali. Accingendomi alla ricerca non sospettavo tuttavia che l'attenta riflessione sull'insieme dei documenti mi avrebbe costretto a giungere a due conclusioni: nella Chiesa primitiva esisteva la possibilità per il marito di una donna infedele di ripudiarla e di entrare in una nuova unione senza passare attraverso nessuna forma di penitenza (sulla base dell'interpretazione allora corrente degli incisi di MT 5,32 e 19,9), così come una prassi secondo la quale in tutti gli altri casi gli “adulteri” (e cioè coloro che secondo l'espressione dell'evangelo avevano ripudiato il proprio coniuge ed erano entrati in una nuova unione , oppure coloro che avevano sposato una persona ripudiata, o le persone ripudiate che si erano risposate), venivano sottoposti ad una penitenza pubblica ed erano ammessi alla riconciliazione ed all'eucaristia dopo un certo periodo di tempo. La grande Chiesa rivendicava infatti per sé il potere di rimettere tutti i peccati, anche i più gravi, contro tutte le forme di rigorismo anche allora presenti nella comunità cristiana”.
“La scelta di ripubblicare l'opera nella sua formulazione originale, in edizione fotostatica, non ostante le conseguenze di emarginazione che la pubblicazione delle mie ricerche aveva comportato per la mia vita personale ed ecclesiale, è proprio legata al desiderio di riproporre a una comunità oggi più attenta e sensibilizzata che nel passato delle conclusioni che l'autore, e non solo lui, considera ancora pienamente valide, giovandomi di quella legittima libertà riconosciuta dal CONCILIO e ribadita dal diritto canonico”. (5)
Mi permetto comunque di ricordare ancora altrti due scritti, AMORE E COMUNIONE NEL MATRIMONIO (1983) e AMORE AMICIZIA E MATRIMONIO (1987), redatti con lo scopo di insistere sulla necessità che nella Chiesa si operi soprattutto per dare vita a unioni matrimoniali felici e pienamente riuscite, che fortunatamente costituiscono ancora la maggioranza dei matrimoni che conosco. Ma appunto per questo non bisogna difendere come matrimonio ciò che non lo è mai stato o almeno sembra non esserlo più: se un matrimonio fallisce, in molti casi ciò è la conseguenza di un peccato, ma in altri casi è davvero possibile che non si tratti di “ciò che Dio ha unito”.
Con grandissimo rispetto per ogni persona, mi permetto infine di esprimere un'altra convinzione. Coloro che oggi negano la possibilità di assolvere i divorziati (che hanno già contratto nuovo matrimonio o che intendono farlo) dal loro peccato di essere venuti meno alla parola data durante la celebrazione del loro matrimonio dicono e fanno esattamente quello che facevano i novaziani dell'epoca.
Il problema non si era più posto in epoche in cui l'unica celebrazione del matrimonio era quella che aveva luogo in chiesa e un secondo matrimonio era possibile solo per coloro che avevano vista riconosciuta l'inesistenza del primo matrimonio dai tribunali ecclesiastici, e cioè nel modo in cui la comunità cristiana provvedeva in allora al bene del matrimonio e della famiglia.
Si pone però nuovamente oggi, quando come all'epoca della Chiesa antica esiste praticamente in ogni Stato la possibilità di un matrimonio civile, al quale ricorrono anche tanti cristiani. Chi non riconosce la possibilità che a queste persone possa essere concessa la riconciliazione sacramentale, negando alla Chiesa il potere di esercitare la misericordia nel nome di Cristo e di rimettere tutti i peccati, ricade nell'errore dei novaziani.
Essi escludevano dalla riconciliazione e dalla comunione fino al letto di morte i rsponsabili dei peccati di apostasia, di omicidio e di adulterio, intendendo con quest'ultimo termine le persone indicate in questo modo nell'evangelo (e mai i vedovi risposati). La grande Chiesa ha preso ben presto coscienza di avere ricevuto dal Signore il potere di assolvere qualsiasi peccato e pertanto li ammetteva alla penitenza e concluso il tempo della penitenza li riammetteva allla comunione ecclesiale ed eucaristica. Che il Signore non permetta che coloro che in nome della difesa della fede si oppongono oggi alla riconciliazione dei fedeli che si trovano in tale situazione abbiano a cadere nell'errore novaziano, rischiando così di mettersi fuori dalla comunione della grande Chiesa!
La monogamia predicata nella Chiesa antica rivela la bellezza e la grandezza del matrimonio cristiano, segno sulla terra dell'amore di Dio per noi e del nostro amore per il Signore. Rifacendoci ad essa, anche la Chiesa di oggi deve continuare ad annunciare il grande mistero e la grande gioia del matrimonio, ma può tornare a esercitare la misericordia a nome del Signore nei confronti di coloro che hanno fallito nel tentativo di realizzare questo altissimo ideale venendo meno al proprio patto nuziale, ma che riconoscono davanti a Dio il loro errore e domandano
perdono del loro peccato desiderando iniziare una nuova vita nella fedeltà al Signore.
In tal modo essa può nuovamente far desiderare a molti che il proprio amore venga riconosciuto e benedetto in chiesa, alla presenza del Signore e alla presenza della comunità cristiana, senza il timore di entrare in una situazione senza via d'uscita quando a causa della fragilità umana il proprio progetto venisse a fare fallimento, mentre rende ogni persona più responsabile nel custodire con infinita attenzione e delicatezza giorno dopo giorno il dono prezioso dell'amore coniugale e del proprio matrimonio. (GIOVANNI CERETI).
ROMA, 11 NOVEMBRE 2014



Lunedì 16 Marzo,2015 Ore: 19:32
 
 
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