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www.ildialogo.org NON STRUMENTALIZZARE IL PAPA,di Ernesto Miragoli

Como
NON STRUMENTALIZZARE IL PAPA

di Ernesto Miragoli

(01.03.2014)

Fra poco papa Francesco ricorderà il primo anno di pontificato. Giusto un anno fa oggi era il primo giorno della sede vacante: papa Benedetto, alle 20 del 28 febbraio 2013, aveva fatto chiudere il portone del palazzo di Castelgandolfo congedandosi dalla folla con un melanconico:”Buonanotte” che papa Francesco riprenderà pochi giorni dopo quando, affacciandosi alla loggia delle benedizioni della basilica Vaticana, saluterà in modo imprevedibile i fedeli raccolti in piazza con un:”Buonasera”.
E’ passato un anno.
Sarebbe sbagliato azzardare un bilancio di un pontificato, ma un “bilancino” si può fare.
In ogni bilancio che si rispetti vi sono molte voci.
Ne prendiamo una: strumentalizzazione.
In questo anno ognuno ha tirato il papa per la tonaca: chi pensa che cambierà una cosa, chi si attende una rivoluzione per un’altra, chi si aspetta che farà una cosa, chi pretende che ne faccia un’altra.
Stupisce, però, che a tirare il papa per la tonaca ci si metta anche un vescovo.
Il vescovo di Como, scrivendo la lettera pastorale per la Quaresima, ad un certo punto accenna alla vicenda di Marco Mangiacasale, l’economo diocesano scelto da lui e dimesso dallo stato clericale da papa Francesco.
E scrive: «Il mio pensiero va anche a Marco Mangiacasale. Nulla può attutire la gravità delle sue azioni. Egli, però, rimane per tutti un fratello nella fede, da sostenere e accompagnare nel suo desiderio di redenzione.
Abbiamo bisogno di praticare assiduamente fra di noi la misericordia che Dio così copiosamente elargisce, soprattutto quando ci accorgiamo che l’uomo vecchio e pagano sta riconquistando terreno nel nostro cuore e nelle nostre azioni, nelle relazioni personali e in quelle ecclesiali. Non permettiamo che lo spirito del male possa seminare divisione e discordia fra di noi.
Ascoltiamo attentamente le parole che il Santo Padre ci rivolge ai nn. 100 e 101 della Evangelii gaudium: “A coloro che sono feriti da antiche divisioni risulta difficile accettare che li esortiamo al perdono e alla riconciliazione, perché pensano che ignoriamo il loro dolore o pretendiamo di far perdere loro memoria e ideali. Ma se vedono la testimonianza di comunità autenticamente fraterne e riconciliate, questa è sempre una luce che attrae. Perciò mi fa tanto male riscontrare come in alcune comunità cristiane, e persino tra persone consacrate, si dia spazio a diverse forme di odio, divisione…”
»
E’ qui evidente l’accenno alla presa di posizione del parroco di San Giuliano, don Roberto Pandolfi, che – allibito per quanto comunicato dalla Curia di Como in merito a questa vicenda – ha espresso il suo parere pubblicamente, invitando l’estensore del comunicato a dare le dimissioni.
No, mons. Coletti, non si cita il documento papale per cercare ancora una volta di pararsi il sedere e girare la frittata colpevolizzando chi ha il coraggio di dissentire!
Nessuno, preti compresi, nella diocesi di Como ha voglia di creare odio e divisioni. Tutti hanno voglia di serenità e di verità. Quella serenità e quella verità che si attendevano dal Pastore della Diocesi e di cui nessuno s’è accorto. Quella serenità e verità che è stata turbata proprio dai vertici diocesani, a partire dal Vescovo che, quando gli fu denunciato il comportamento del prete che aveva appena promosso a economo diocesano, sembra che abbia poco compreso la gravità del comportamento e si sia accontentato della giustificazione datagli da quel prete troppo sicuro di sé e che ha seguito Marco Mangiacasale con spirito diverso da quello con cui ha seguito il percorso di altri preti in difficoltà.
Non si tira in ballo il papa per rimproverare di rimbalzo un prete che ha avuto il coraggio di parlare chiaro perché, così facendo, si snatura la forza della Evangelii Gaudium.
Don Roberto non ha scritto quel che ha scritto per dare sfogo al proprio odio o creare divisione, ma per aiutare a capire, nello spirito della correzione fraterna tipica di chi crede nella forza del Vangelo, chi ancora non aveva capito la ricaduta che il comportamento di Mangiacasale aveva avuto non solo sulle vittime, ma su tutta la comunità cristiana e per stimolare una parte del clero diocesano, troppo pieno di sé ed ancora troppo autoreferenziale, a riflettere sul vero significato di essere Pastori di un gregge affidato da Dio.
Il Pastore deve pascere le pecorelle, cercare quella smarrita, fasciare quella ferita e – soprattutto – proteggere le pecorelle dall’assalto del lupo, soprattutto se questi si traveste da pastore per mettere più facilmente a segno i propri colpi nefasti.
E così una lettera pastorale che avrebbe dovuto esortare alla misericordia ed al perdono, si è trasformata in un neanche tanto velato rimprovero a chi ha il coraggio di dissentire da chi comanda tirando in ballo nientemeno che il papa.
Forse il vescovo Coletti (anzi: il vescovo Diego, come ama definirsi) ha bisogno di prendersi un po’ di riposo.
Ernesto Miragoli
www.webalice.it/miragoli


Sabato 01 Marzo,2014 Ore: 16:45
 
 
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