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www.ildialogo.org L’OBBEDIENZA AL PAPA DEVE ESSERE LA STESSA PER TUTTI I PAPI?,p. José Maria CASTILLO

L’OBBEDIENZA AL PAPA DEVE ESSERE LA STESSA PER TUTTI I PAPI?

p. José Maria CASTILLO

Noi cattolici stiamo assistendo ad un fenomeno nuovo nella Chiesa. Fino a Benedetto XVI, nessun “buon cattolico” doveva mettere in dubbio la sottomisione incondizionata al papa. Fino ad allora, si conservava ferma la convinzione tradizionale che vigeva a partire dal papato di Gregorio VII (sec. XI): “Obbedire a Dio significa obbedire alla Chiesa e questo, a sua volta, significa obbedire al papa e viceversa” (J. Daniélou, H. Küng).
Questa idea è sfumata e vacillata soprattutto negli ultimi decenni del sec. XVIII con le problematiche dell’Illuminismo, della Rivoluzione e della modernità.
Per questo, con l’ecclesiologia ultramontana sviluppatasi tra gli anni 30 e 70 del sec. XIX, si prepararono gli ambienti cattolici ad accettare senza condizioni le affermazioni categoriche del Vaticano I, che si mantennero salde fino al pontificato di Pio XII.
Affermazioni di obbedienza al papa (quale che fosse), che si insegnavano nei trattati di ecclesiologia di Zapelena e Salaverri, i manuali de ecclesiologia, che studiavamo, seminaristi e frati, in quasi tutta Europa, in America ed in tutti i centri di studi ecclesiastici nei quali si insegnava la dottrina cattolica.
In questa dottrina era centrale opporsi al laicismo, al relativismo, alla sinistra politica ed alla rivoluzione mediante un principio fondamentale: la sovranità del papa. Perché il papato era fondamento di sicurezza e di stabilità per la pace e la religiosità difese dalla destra politica. Pensare così era fondamentale per un buon cattolico.
Joseph De Maistre lo ha detto con una frase lapidaria: “Non c’è morale pubblica nè carattere nazionale senza religione, non c’è religione europea senza cristianesimo, non c’è cristianesimo senza cattolicesimo, non c’è cattolicesimo senza papa, non c’è papa senza la supremazia che gli spetta”. Questa convinzione fu diffusa da F. Lamennais, L. Bonald, Blanc de Saint-Bonnet, Karl Ludwig Von Hurter, Donoso Cortés e J. L. Balmes (cf. Y. Congar). Questi autori rappresentavano la destra politica e la destra religiosa. Le due grandi correnti fuse in un sola piramide la cui cuspide era (e continua ad essere) il papato.
Non entro in ulteriori dati e dettagli di questa storia del pensiero politico e religioso giunto fino al concilio Vaticano II. Il pensiero difeso appassionatamente in questo concilio dagli uomini della Curia Vaticana. E messo seriamente in discussione dalla solida teologia centroeuropea e dai grandi cardinali che la rappresentavano.
Le indecisioni di Paolo VI e la ferma volontà restauratrice di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI hanno portato al caos che ha spinto Joseph Ratzinger a dimettersi.
La soluzione a questa crisi del papato è stata tanto inattesa come sconcertante. Un papa, il papa Francesco, che ha spostato il centro della Chiesa e del papato: dal “ritualismo religioso”, sempre fomentato dalla destra, alla “bontà evangelica”, sempre così vicina agli ultimi di questo mondo.
E quello che stiamo vedendo ora nella Chiesa - ed in molte altre persone che non volevano saperne nulla della Chiesa - è logico e problematico al tempo stesso.
Quelli che prima predicavano la sottomissione al papa come criterio di autenticità cattolica, ora non vogliono neanche sentire parlare del papa. E danno l’impressione che interessava loro più la destra politica che la bontà evangelica.
Ci sono altri che, a quanto pare, volevano fare carriera a destra. E per questo andava molto bene per loro essere più papisti del papa. Questi “arrampicatori” hanno avuto una cattiva sorte. Non sanno che fare nè dove collocarsi in questa nuova situazione.
Ci sono anche quelli che volevano fare carriera a sinistra. Sono quelli che, fin dal giorno in cui Paolo VI pubblicó la Humanae Vitae (sulla pillola), si sono azzuffati con Paolo VI e con i due papi seguenti, con i loro vescovi ed i loro teologi. Ma – è chiaro – ora non sanno come arrampicarsi. E li si sta notando molto. Perché sono alcuni mesi che non sanno come porsi. Ora, come è logico, elogiano il papa Francesco tanto quanto conviene loro. Ma non riescono a fidarsi. Perché vorrebbero che il papa fulmini tutti quelli che loro fulminano.
Per questo, quelli che, nella religione e nella politica, cercano solo quello che conviene loro per sistemarsi bene nella vita, sono quelli che, a partire dal pomeriggio della “fumata bianca” fino ad oggi, non riescono a vedere in papa Francesco non solo l’uomo di cui la Chiesa ha bisogno, ma, prima di questo, il “capofila” (Eb, 12,2) che ci sta tracciando il cammino della nostra crescente umanizzazione in questo mondo così disumanizzato.
Bisogna obbedire al papa Francesco come agli altri papi? Nella misura in cui quest’uomo singolare ed esemplare ci avvicina al modello di vita presentatoci dal Vangelo, in questa stessa misura più che obbedire, quello che dobbiamo fare è cercare di assomigliare in umanità e bontà alla sconcertante vicinanza alla sofferenza umana che ogni giorno ci insegna papa Francesco. In questo dobbiamo essere come questo papa e come gli altri. Nella misura in cui questo e tutti gli altri sono stati modelli di umanità e di bontà, cioè modelli del Vangelo.
Tratto dal blog dell’autore sul sito “Religión digital”
Traduzione di Lorenzo TOMMASELLI



Mercoledì 08 Gennaio,2014 Ore: 17:41
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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