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www.ildialogo.org NON SANNO ANCORA NEMMENO "CHI" E' DIO! Per papa Francesco Dio ama gli uomini “come una madre”. Una nota di Paolo Rodari  - con approfondimenti,a c. di Federico La Sala

LA CHIESA DI COSTANTINO (MILANO, 313 - 2013): LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita (nemmeno papa Francesco) la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!
NON SANNO ANCORA NEMMENO "CHI" E' DIO! Per papa Francesco Dio ama gli uomini “come una madre”. Una nota di Paolo Rodari  - con approfondimenti

Quando Luciani, primo fra i successori di Pietro, accomunò l’archetipo femminile all’assolutezza divina, la curia romana non reagì bene. Gelo e imbarazzo calò sul successore di Paolo VI che di lì a poco, dopo soli trentatré giorni al soglio di Pietro, sarebbe scomparso. Forse in Vaticano temevano ripercussioni nella logica dei poteri e delle posizioni gerarchiche.


a c. di Federico La Sala

MATERIALI PER APPROFONDIMENTI:

IL NOME DI DIO, SENZA GRAZIA ("CHARIS")! L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA. Nel nome della "Tradizione"

LUDOVICO A. MURATORI E BENEDETTO XVI: LA STESSA CARITA’ "POMPOSA". Un breve testo dalla "Prefazione ai lettori " del "Trattato sulla carità cristiana" di Ludovico A. Muratori

COSTANTINO, SANT’ELENA, E NAPOLEONE. L’immaginario del cattolicesimo romano.

GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo" (fls)

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Per papa Francesco Dio ama gli uomini “come una madre”

di Paolo Rodari (la Repubblica, 10 giugno 2013)

La «compassione» che Dio prova per «la miseria umana» è paragonabile alla reazione di una madre «di fronte al dolore dei figli». «Così ci ama Dio», ha detto Papa Francesco ieri mattina alla recita dell’Angelus, ci ama «come una madre».

Parole che molto ricordano la discussa uscita di Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani - il Pontefice che non a caso molto ricorda per modi e stile Jorge Mario Bergoglio -, all’Angelus del 10 settembre 1978, quando parlando a braccio disse che Dio «è papà, più ancora è madre».

E anche Giovanni Paolo II, più tardi in almeno un paio di occasioni, parlò della paternità di Dio che «riassume in sé anche le caratteristiche che solitamente si attribuiscono all’amore materno» (udienza del 20 gennaio 1999) e ha attribuito a Dio «mani di padre e di madre nello stesso tempo » (udienza dell’8 settembre 1999).

Quando Luciani, primo fra i successori di Pietro, accomunò l’archetipo femminile all’assolutezza divina, la curia romana non reagì bene. Gelo e imbarazzo calò sul successore di Paolo VI che di lì a poco, dopo soli trentatré giorni al soglio di Pietro, sarebbe scomparso. Forse in Vaticano temevano ripercussioni nella logica dei poteri e delle posizioni gerarchiche.

Eppure già i profeti dell’Antico Testamento usarono parlare dell’amore materno di Dio: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il frutto delle sue viscere?» chiede il profeta Isaia. E ancora: «Come una madre consola il figlio, così io vi consolerò».

Fu poi Martin Lutero, nel sermone Christus, gallina nostra, a richiamare l’attenzione su una «scandalosa» identificazione. Quella di Gesù che nel Vangelo di Matteo definisce se stesso «una chioccia che riunisce i pulcini sotto le ali». Del resto, il volto «femminile» di Dio si è incarnato proprio nel «discepolato di eguali» inaugurato dalla predicazione di Gesù, in forza della quale, come si legge in Galati, «non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù».

Benedetto XVI, invece, è stato più prudente. Nel suo best seller Gesù di Nazaret scrive che il titolo di madre non spetta a Dio che è solo e assolutamente padre. «Madre non è un titolo di Dio, non è un appellativo con cui rivolgersi a Dio. Noi preghiamo così come Gesù, sullo sfondo della Sacra Scrittura, ci ha insegnato a pregare, non come ci viene in mente o come ci piace. Solo così preghiamo nel modo giusto».



Lunedì 10 Giugno,2013 Ore: 20:01
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 10/6/2013 20.15
Titolo:DIO E' MAMMONA ("CARITAS")! LO IOR IN STILE FRANCESCO....
DEBUTTA LO IOR IN STILE FRANCESCO. MA PER ORA LE RIFORME SONO SOLO PAROLE

37195. ROMA-ADISTA. «Che cosa succederà ora allo Ior con papa Francesco?»: se lo sono chiesti in molti negli ultimi mesi, dentro e fuori la Chiesa. Per la verità, per ora, è successo ben poco. A parte qualche discorso sui mali dell’economia e della finanza, come quello pronunciato nel corso dell’udienza generale del 5 giugno scorso, quando il papa se l’è presa con «una economia e una finanza carenti di etica» e con un sistema in cui «uomini e donne vengono sacrificati all'idolo del profitto e del consumo»; a parte alcuni riferimenti diretti allo Ior, come il passaggio dell’omelia pronunciata nel corso della Messa celebrata il 24 aprile scorso davanti ai dipendenti della “banca” vaticana, quando Bergoglio disse: «Ci sono quelli dello Ior, scusatemi eh, tutto è necessario, gli uffici sono necessari, ma sono necessari fino a un certo punto».

A parte questo, di concreto ancora nulla. Qualcuno aveva anche ventilato l’ipotesi che il papa potesse compiere qualche gesto eclatante. Tempo fa una notizia, battuta dal vaticanista del National Catholic Reporter e della Cnn, John Allen, aveva fatto il giro del mondo in poco tempo, e sosteneva – citando le parole dell’ex portavoce del cardinale Bergoglio, Federico Wals, secondo il quale «è del tutto possibile che papa Francesco applichi in Vaticano le stesse ricette di gestione amministrativa usate quando era arcivescovo di Buenos Aires» – che lo Ior potesse essere chiuso.

Voci cui si erano aggiunte le dichiarazioni del cardinale di Abuja John Olorunfemi Onaiyekan rilasciate ai microfoni di La7 (11/3): «Lo Ior non è essenziale al ministero del Santo Padre. Non so se san Pietro avesse una banca. Lo Ior non è fondamentale, non è sacramentale, non è dogmatico».Ma lo Ior è ancora lì. Così come i suoi vertici, al momento ben saldi al loro posto. In testa il presidente dell’Istituto, Ernest von Freyberg, al centro di polemiche dentro e fuori il mondo cattolico perché presidente anche della Blohm&Voss, cantieristica navale tedesca che costruisce tra l’altro navi da guerra.

Se dal punto di vista sostanziale tutto è rimasto come ai tempi di Benedetto XVI, sotto l’aspetto dell’immagine, e della comunicazione, qualcosa di nuovo c’è. Complice il nuovo stile papale, ma soprattutto il giudizio di Moneyval (l’organismo del Consiglio d’Europa incaricato di monitorare i sistemi antiriciclaggio dei Paesi europei), che pende tuttora sullo Ior, e che pare arriverà entro dicembre, lo Ior ha cambiato strategia. Passando dall’assoluto riserbo ad una strategia di apertura e dialogo con i media. Laici e cattolici. Così il presidente della "banca" della Santa Sede ha dato avvio ad una offensiva mediatica che sembra finalizzata a ridare credibilità all’istituto che presiede, oltre che a se stesso (anche se per ora le “riforme”, restano solo quelle annunciate).

Ad inaugurare questa nuova fase, l’intervista a von Freyberg, raccolta, in lingua inglese dal direttore della sezione tedesca dell’emittente, il gesuita Bernd Hagenkord, trasmessa dalla Radio Vaticana il 31 maggio. Le domande (e le risposte) sono più nel segno del “colore”, della volontà cioè di raccontare la quotidianità dello Ior, la sua “mission”, oltre che l’inedita esperienza romana del suo nuovo presidente tedesco.

Un’intervista ampia e pacata, per tranquillizzare l’opinione pubblica cattolica sull’assoluta normalità dello Ior, non senza una ulteriore rassicurazione sulla vigile attività dell’Istituto contro il malaffare: «Applichiamo una politica di tolleranza zero nei riguardi di clienti e di impiegati coinvolti in attività di riciclaggio», ha chiarito infatti von Freyberg nel corso della chiacchierata. Diverso invece il contenuto dell’intervista concessa dallo stesso von Freyberg a Maria Antonietta Calabrò del Corriere della Sera e pubblicata il 3 giugno scorso.

In quella occasione il presidente dello Ior ha snocciolato dati e cifre, non sottraendosi a nessuna domanda. Von Freyberg ha chiarito che nel 2012 lo Ior ha generato profitti per 86,6 milioni di euro, contro una media di 69 milioni nei tre anni precedenti; che ne versa 55 al papa; che i correntisti sono scesi a circa 19mila (spiegando che le ragioni della repentina chiusura di molti conti, circa 6mila in pochi mesi, risiederebbero nel fatto che si trattava di «conti dormienti o con depositi minimi, spesso inferiori a 100 euro»), assicurando che di questi conti almeno 12mila posizioni-cliente saranno controllate entro il 2013, al ritmo di circa mille al mese, «a cominciare da quelle più a rischio».

L’attività di vigilanza messa in atto dall’Istituto, e dall’organismo creato appositamente per vigilare su di esso, l’Aif, ha comunque già prodotto risultati concreti: oltre ai sei casi di sospetta irregolarità individuati nel 2012, altri sette casi sospetti sono venuti alla luce dal 1 gennaio del 2013: due segnalati dall'Aif e cinque dallo stesso Ior. Ancora: von Freyberg ha chiarito che lo studio legale Grande Stevens continua ad essere consulente dello Ior, «ma non attraverso l'avvocato Michele Briamonte», indagato dalla Procura di Siena e da quella di Roma per insider trading e riciclaggio. Ma, ha incalzato Calabrò, il Rapporto Moneyval del luglio 2012 chiedeva che l'indagine conoscitiva sui clienti (Customer Due Diligence) fosse completata entro il 31 dicembre, cioè oltre cinque mesi fa. «Ho posto a tutti, dirigenti, funzionari e impiegati dello Ior, la deadline del 31 luglio per concludere questo progetto di aggiornamento. Lo scriva: 31 luglio, così tutti vedono pubblicata questa data e se la ricordano, 31 luglio 2013».

Infine la questione, rilevata con preoccupazione dall’Aif, del flusso di denaro contante che attraversa quotidianamente Porta Sant'Anna. «I numeri forniti dall'Aif sono i nostri sulle transazioni in contanti. La nostra impressione è che la maggioranza dei fondi dichiarati alla dogana sono per depositi o prelievi da e per lo Ior. Nel 2012 lo Ior ha eseguito circa il 20 per cento delle sue transazioni in contanti. Questo ha a che fare con la natura dei nostri clienti. Il nostro sistema di monitoraggio deve essere adeguato per controllare un flusso di contanti più alto della media di un altro istituto, perché le offerte in chiesa si fanno ancora oggi per la maggior parte in contanti». (valerio gigante)

Adista Notizie n. 22 del 15/06/2013
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 12/6/2013 11.01
Titolo:Quel muro che ostacola il cambiamento in Curia...
L’operazione pulizia contro i nemici interni

Quel muro che ostacola il cambiamento in Curia

di Marco Politi (il Fatto, 12.06.2013)

Tra i requisiti del pontefice da eleggere – disse il cardinale Bergoglio pochi giorni prima di lasciare Buenos Aires in partenza per il conclave del marzo scorso – c’è anche quello che “il nuovo Papa deve essere in grado di ripulire la Curia romana”.

BASTA QUESTA frase lapidaria, riportata dalla giornalista argentina Evangelina Himitian, unitamente ai gesti fortemente innovatori compiuti da Francesco nei primi tre mesi di governo, per dare un’idea delle fortissime resistenze con cui il pontefice argentino deve misurarsi per riportare trasparenza nella Curia e – compito ancora più gravoso – per riformare la Chiesa, il suo personale, il suo stile di agire allo scopo di darle credibilità nel XXI secolo.

Le sue parole, rimbalzate da un sito cileno a Roma, dove aveva incontrato una delegazione di ordini religiosi latino-americani, sono veramente una “voce dal sen fuggita…”. Si capisce che il pontefice ha risposto con l’abituale sincerità a domande rivoltegli dai partecipanti all’udienza, dando sfogo alle preoccupazioni nascoste che lo tormentano in questa fase di ricognizione dei problemi vaticani. “Sì, esiste un problema di corruzione” nella Santa Sede: quella corruzione che mons. Viganò aveva invano cercato di denunciare allo stesso Benedetto XVI prima di essere mandato in esilio a Washington. E sì, esistono cordate composte di persone dalla doppia vita, che agiscono a fini di potere.

Il silenzio di padre Lombardi, che insiste sul carattere “privato” dell’incontro, esprime l’imbarazzo di quanti non sanno come gestire questa bomba. Papa Francesco ha letto il rapporto di trecento pagine, che i cardinali Herranz, Tomko e De Giorgi hanno redatto per Benedetto XVI indagando sullo scandalo Vatileaks.

E sa che in quelle pagine scottanti sono indicati tre vizi capitali, che minano l’immagine della Curia romana: carrierismo, sesso e soldi. Ma è anche consapevole che sradicare tanti microtessuti di interessi e di potere, ben sedimentati, richiede uno sforzo gigantesco. Remando contro forze conservatrici, che hanno già cominciato a seminare mugugni contro il papa argentino, accusandolo di parlare troppo imprudentemente.

Il problema non è la mera sostituzione del Segretario di Stato Bertone, che entro l’anno lascerà necessariamente il suo posto. Il problema è il coagulo di personalità dentro la Curia e nella Chiesa universale, che vuole mantenere un papato autoritario, conservatore e garante di quella omertà che in passato ha sempre “condonato” ogni tipo di storture se non veri e propri crimini come la pedofilia.

NON C’È DUBBIO che le ammissioni di Bergoglio sulla corruzione in Vaticano e sulla cosiddetta “lobby gay” (che poi in quanto tale non opera, ma si esprime piuttosto con l’aggregarsi di singoli personaggi a varie cordate di potere dove si annidano monsignori dalla doppia vita etero ed omosessuale) saranno sfruttate dai suoi nemici per rimproverargli di gettare fango sul governo centrale della Chiesa e saranno usate per frapporre macigni dietro le quinte alla sua volontà innovatrice.

Per molto meno, una sua battuta su “San Pietro (che) non aveva un conto in banca”, lo scrittore Messori – dando voce a malumori conservatori – ha messo ieri in guardia Francesco dal “rischio di demagogia”, invitandolo alla prudenza e a fermarsi in tempo. Un segnale inquietante.

La verità è che in Vaticano è iniziata una rivoluzione. Che non sarà affatto indolore. E sarebbe ingenuo pensare che non vi sia chi spera di stoppare il papa venuto dalla fine del mondo.

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La chiesa di Papa Francesco

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