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www.ildialogo.org TRAFFICO DI ARMI: LA DENUNCIA DEL PAPA CREA UN PO’ DI CONFUSIONE,Adista Notizie n. 32 del 21/09/2013

TRAFFICO DI ARMI: LA DENUNCIA DEL PAPA CREA UN PO’ DI CONFUSIONE

Adista Notizie n. 32 del 21/09/2013

37290. ROMA-ADISTA. «A che serve fare guerre, tante guerre, se tu non sei capace di fare questa guerra profonda contro il male? Non serve a niente! Non va… Questo comporta, tra l’altro, questa guerra contro il male comporta dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve; dire no alla violenza in tutte le sue forme; dire no alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale. Ce n’è tanto! Ce n’è tanto! E sempre rimane il dubbio: questa guerra di qua, quest’altra di là – perché dappertutto ci sono guerre – è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale? Questi sono i nemici da combattere, uniti e con coerenza, non seguendo altri interessi se non quelli della pace e del bene comune».
Tali parole pronunciate da papa Francesco all’Angelus di domenica 8 settembre, il giorno dopo la celebrazione della Giornata di preghiera e digiuno per la Siria (v. Adista Notizie n. 31/13), non possono che aver incontrato un consenso universale (con l’ovvia eccezione dei commercianti d’armi). Tuttavia vien da porsi una domanda: cosa intende Francesco quando dice «commercio illegale»? Due le risposte che si possono tentare, visto che non c’è motivo di ritenere che secondo il papa tale commercio, se fatto in forma legale e rendicontato nei bilanci degli Stati, sia cosa buona: o nei pensieri del papa “illegale” è l’aggettivo che non si disgiunge mai dal sostantivo “commercio” quando la merce scambiata sono le armi; oppure non condanna il commercio anche “legale” di armi perché non vuole interferire con le politiche militar-strategico-difensive di altri Stati; forse non può: egli stesso è un capo di Stato, c’è un comme on fait che va rispettato. Sia come sia, il risultato è un po’ di confusione.
La domanda se il traffico armiero sia da condannare (v. notizia seguente) non trova chiara risposta neanche nelle parole di mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’Ufficio Onu di Ginevra, che il giorno seguente ha rilasciato un’intervista a Radio Vaticana. Parla di «traffico illegale», ma poi i dati e le osservazioni che espone riguardano quello – o anche quello – legale. Dice: «Mi sembra quanto mai opportuno che il Santo Padre richiami l’attenzione del mondo sul traffico illegale di armi». «La pace non si persegue provvedendo ai mezzi di distruzione». «La Comunità internazionale – osserva – investe risorse sproporzionate in spese militari. Nel 2012 sono stati investiti 1.750 miliardi di dollari in spese militari; l’8% della cifra globale va nel Medio Oriente. È proprio “olio sul fuoco”…». «Interessi commerciali, come dice il papa, giocano un ruolo importante nel trasferimento di armi, ma c’è di mezzo – argomenta – il guadagno dei trafficanti e addirittura interessi economici di Stati che producono e vendono armi, come gli Stati Uniti, la Russia, il Regno Unito, la Francia, la Germania, Israele, Cina ed altri. Sono Stati dove l’industria della produzione di armi è una componente significativa dell’economia». «Il legame tra il complesso industriale e militare – aggiunge – è reale ed ha un peso politico sproporzionato all’interesse del bene comune di un Paese, soprattutto dei grandi Paesi sviluppati. La comunità internazionale continua a parlare di pace. Dovrebbe quindi essere la priorità numero uno degli sforzi internazionali quella di facilitare tutto quello che costruisce la pace; invece, vediamo che c’è veramente uno sviluppo legato alla produzione di armi che sostiene certi settori dell’economia». «Dove non ci sono democrazie affermate – osserva infine – l’accumulo di armi, comprate con tutti i mezzi legali ed illegali, serve a mantenere piccole élite al potere, che poi non rispondono certamente al bene comune della loro gente». (eletta cucuzza)
COMMERCIO DELLE ARMI: LA SOTTILE LINEA TRA LEGALITÀ E ILLEGALITÀ
37291. BRESCIA-ADISTA. È difficile il discrimine tra commercio legale e commercio illegale di armi (v. notizia precedente). Si evince per esempio da quanto scrive un riconosciuto esperto del settore, l’analista della Rete Italiana per il Disarmo Giorgio Beretta, il 29 agosto scorso, in piena crisi siriana e certamente anche mondiale in Unimondo.org.
A proposito della vendita di armi targate Italia, premette che «la fornitura di 500 sistemi di puntamento Turms prodotti dalle Officine Galileo (divenute poi Galileo Avionica, Selex Galileo e oggi Selex Es, sempre del gruppo Finmeccanica) per ammodernare i carri armati T72 di fabbricazione sovietica, quelli che i militari fedeli a Bashar al-Assad hanno usato per sparare sulla popolazione», è stata «la maggior commessa italiana di sistemi militari di tutti gli anni ‘90. Ed è proseguita fino al 2009: destinazione Damasco, Siria. Valore oltre 400 miliardi di lire (229 milioni di dollari)». E poi aggiunge: «Stando ai dati governativi, le esportazioni di sistemi militari italiani verso la Siria si sono interrotte nel maggio 2011», quando l’Unione Europea, con l’inizio delle sollevazioni popolari, ha decretato l’embargo.
«Ma gli attenti ricercatori dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere (Opal) di Brescia – seguita – hanno notato una singolare coincidenza: proprio a partire dal 2011 sono fortemente aumentate le spedizioni di armi dal distretto armiero bresciano verso tutti i Paesi confinanti con la Siria. Il comunicato emesso dall’Osservatorio Opal riporta una serie di minuziose tabelle elaborate sulla base dei dati dei rapporti ufficiali dell’Unione Europea e delle cifre fornite dall’Istat sulle esportazioni di armi dalla provincia di Brescia. Se, stando ai rapporti europei, l’Italia non avrebbe esportato negli ultimi due anni alcuna arma nemmeno ai Paesi confinanti con la Siria, le cifre fornite dall’Istat riportano invece ingenti esportazioni verso vari Paesi confinanti tra cui soprattutto la Turchia» (da meno di 1,7 milioni di euro di armi esportate da Brescia verso la Turchia nel 2009 si passa ad oltre 36,5 miliardi di euro nel 2012).
E cos’avranno fatto di queste “armi leggere” i Paesi confinanti: le avranno tenute per uso proprio o rivendute all’opposizione armata al presidente siriano Bashar al-Assad e, perché no, a seconda di “amicizie” geopolitiche, anche ad Assad? L’Italia si sarà accertata prima di procedere alla vendita che non sarebbe stata questa la fine del loro smercio, considerando che la legge 185/90 vieta la vendita d’armi a Paesi in conflitto? Se così non fosse, si tratterebbe di commercio legale o illegale?
D’altronde, nella legalità del commercio di armi si camuffa anche l’illegalità. Per restare in Italia, il prodotto armiero esportato dal comparto industriale di Brescia – regolarmente resocontato dall’Istat – è costituito da “armi comuni” (“sportive” o “per la difesa personale”), ma anche, sottolinea ancora Beretta, da «tutta un’ampia gamma di pistole semiautomatiche, fucili e carabine per le forze di polizia, fucili a pompa per corpi speciali, contractors e forze di sicurezza: tutto quanto cioè – come recita la legge 110 del 1975 che ne regolamenta l’esportazione – non è destinato “al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l'impiego bellico”».
«E qui sta il punto che l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere – riferisce Beretta – ha già rilevato in diversi casi: basta che le armi non siano destinate alle Forze armate estere (per le quali è richiesta l’autorizzazione del Ministero degli Esteri) e non abbiano le caratteristiche “per l’impiego bellico” ed è fatta. Si possono esportare con una semplice autorizzazione rilasciata dal Questore», e non vengono registrate a livello di Unione Europea, alla quale infatti non risulta che l’Italia abbia esportato armi ai Paesi confinanti con la Siria negli ultimi due anni.
Corollari
Il primo: Beretta ci fa sapere con una email del 10 settembre che «Finmeccanica ha fatto sparire dal suo sito il documento sui sistemi di puntamento (per carri armati sovietici) venduti alla Siria. A seguito del mio articolo (e di numerosi altri che lo citano) – scrive Beretta – l'azienda (di Stato) ha fatto sparire dal suo sito il documento». Beretta assicura però di aver già provveduto a mettere nel suo «articolo (e pregressi) tutti i pdf tratti dal sito Galileo-Finmeccanica che negli anni mi sono salvato. Qualcuno – domanda infine – può dirci chi ha dato l'ordine di farlo sparire?».
Il secondo corollario fa riferimento alla ricerca dell’Opal citata sopra ed è tratto da il manifesto (10/9): «La Diocesi di Brescia – particolarmente sensibile al tema [della guerra] perché le principali industrie produttrici di armi leggere si trovano proprio lì – aveva inserito nel libretto per la veglia per la pace del 7 settembre (in contemporanea a quella che si svolgeva a piazza San Pietro a Roma) [v. Adista Notizie n. 31/13] le analisi dell’Osservatorio secondo cui molte delle armi usate in Siria provengono proprio dal bresciano. Ma a Gardone Val Trompia il parroco che presiedeva la veglia ha preferito censurare quelle righe: forse non voleva dare un dispiacere alla famiglia Beretta, principali produttori italiani di armi leggere, che proprio a Gardone hanno il loro quartier generale». (eletta cucuzza)
Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it


Sabato 21 Settembre,2013 Ore: 19:15
 
 
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