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Prima udienza di Papa Bergoglio
Il cardinale di Cuba rende nota la trascrizione dell'intervento di Bergoglio alle congregazioni pre-conclave

di  
Andrea Tornielli

Città del Vaticano

Giovedì 7 marzo aveva preso finalmente la parola, parlando solo per tre minuti e mezzo, senza consumare i cinque consentiti per ciascun intervento. Il cardinale Jorge Mario Bergoglio aveva parlato della necessità per la Chiesa di uscire da se stessa e di raggiungere le periferie geografiche ed esistenziali. Aveva detto che la Chiesa non risplende di luce propria ma deve riflettere, come la luna, una luce che viene da fuori, quella di Gesù. E aveva accennato ai cambiamenti e alle riforme di cui c'è bisogno e che devono avere come unico fine la «salvezza delle anime». «Ha parlato con il cuore», avevano commentato molti dei porporati presenti alle congregazioni generali in vista del conclave.

Ora il testo di quell'intervento così determinante in vista del conclave che il 13 marzo avrebbe eletto Papa Francesco, è stato reso noto. Bergoglio aveva parlato a braccio, senza leggere uno scritto, ma il cardinale dell'Avana, Jaime Ortega y Alamino, a fine mattinata era andato a chiedergli il testo. E il giorno dopo il futuro Papa l'aveva trascritto a mano per lui, cercando di riprodurre esattamente quanto detto in aula.

Sabato scorso, appena tornato a Cuba, l'arcivescovo dell'Avana ha reso noto il testo alla rivista diocesana «Palabra Nueva», diretta da Orlando Márquez.

Una traduzione italiana è stata pubblicata dal quotidiano «Avvenire».

Bergoglio iniziava facendo riferimento all'evangelizzazione: «La dolce e confortante gioia di evangelizzare» (Paolo VI». «È lo stesso Gesù Cristo che, da dentro, ci sprona». Seguono quattro sintetici punti toccati dal futuro Papa nel suo intervento in aula di fronte ai cardinali. Eccoli.


«Evangelizzare presuppone lo zelo apostolico. Evangelizzare presuppone nella Chiesa la parresia di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa per andare verso le periferie, non solo quelle geografiche ma anche le periferie esistenziali: quelle del mistero del peccato, quelle del dolore, quelle dell'ingiustizia, quelle dell'ignoranza e dell'assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni miseria».


«Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diventa autoreferenziale e allora si ammala (cfr. la donna curva su se stessa del Vangelo). I mali che, nel tempo, affliggono le istituzioni ecclesiali hanno la loro radice nell'autoreferenzialità, in una sorta di narcisismo teologico. Nell'Apocalisse Gesù dice che Lui sta sulla porta e chiama. Evidentemente il testo si riferisce al fatto che Lui sta fuori e bussa per entrare... Ma penso a volte che Gesù bussi da dentro perché gli permettiamo di uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire».

«La Chiesa, quando è autoreferenziale, senza rendersene conto, crede di brillare di luce propria; smette di essere il "mistero della luna" e dà luogo a questo male così grave che è la mondanità spirituale (secondo De Lubac, il male peggiore che può colpire la Chiesa). Quel vivere per darsi gloria gli uni con gli altri. Per semplificare, ci sono due immagini di Chiesa: la Chiesa evangelizzatrice, che esce da se stessa; la Chiesa "Dei Verbum religiose audiens e fidenter proclamans" (quella che "religiosamente ascolta e fedelmente proclama la Parola di Dio", ndr), oppure la Chiesa mondana che vive in sé, da sé e per sé. Questo deve illuminare i possibili cambiamenti e le riforme che bisogna fare per la salvezza delle anime».

«Pensando al prossimo Papa: un uomo che, attraverso la contemplazione di Gesù Cristo e l'adorazione di Gesù Cristo aiuti la Chiesa a uscire verso le periferie esistenziali, la aiuti a essere madre feconda che vive della "dolce e confortante gioia dell'evangelizzare"».



Sabato 30 Marzo,2013 Ore: 20:28
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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