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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Una falla in Vaticano?,di fra’ Calvino

La posta di fra’ Calvino.
Una falla in Vaticano?

di fra’ Calvino

 Così titolavamo il 15/04/2009, quasi sette anni orsono, con tante perplessità e temendo di non fare “buon servizio alla Chiesa” prendemmo con le pinze la lettera pervenuta a “la posta di fra’ Calvino” in cui un sedicente don Elio si mostrava intenzionato a voler fare “coming-out” così anticipando stranamente quello che sarebbe stato il caso del polacco monsignor Krysztof Charamsa. Al coordinatore della rubrica “la posta di fra’ Calvino” oggi diciamo che non si verificherà mai più che una lettera di questo tipo venga presa sottogamba e che pertanto è un bene per tutti che “fra’ Calvino” riprenda a dare le sue risposte ai lettori che dovessero scrivergli su temi di così viva attualità: il dubbio oggi è che, forse avremmo potuto dare un contributo diverso, più costruttivo e lungimirante al problema allora postoci e venuto fuori platealmente sotto il pontificato di papa Francesco. Per evidenziare le analogie del caso, ci limitiamo a ripubblicare la lettera di allora che, oggi con rammarico, ci sembra poter considerare una richiesta di aiuto non soddisfatta.
La direzione

Caro fra’ Calvino,
Ti racconto, spero in breve, la mia storia: ero giovane appena ventenne, già universitario di giurisprudenza. Brillavo negli studi e già allora facevo breccia, oltre che tra i colleghi, tra i docenti specie se cinquantenni. Il fatto è che, appena entrato in pubertà, mi ero accorto che le ragazzine non erano di mio gusto e che invece mi piaceva osservare i ragazzi. Vissi amori ed amorazzi adolescenziali; poi approdai agli adescamenti nei sempre affollati autobus della mia città. E qui venne l’incontro che doveva cambiare la direzione della mia vita. Un giorno mentre ero a caccia nel solito autobus affollato, un uomo dall’apparente età di 40 anni accettò il mio ammiccamento. Si rivelò una persona a modo poiché mi trattò con cortesia e mi portò al bar. Ordinò per due e a me che lo puntavo provocante, confessò che lui, padre di famiglia, aveva voluto fermarsi con me… per capire. Ed aveva capito bene tant’è che mi aprì un orizzonte cui non pensavo. Mi disse: potresti “sublimare” questa tua situazione facendoti prete cattolico. L’idea, buttata là, mi spaventò. Poi, poco alla volta, cominciai a pensarla come soluzione… fascinosa se “sublimata”. Avevo tutte le carte per essere un principe del foro oppure un brillante prof. universitario e invece intrapresi la grande avventura: gli amici, soprattutto quelli che mi conoscevano a fondo, mi dissero matto, altri mi sfottevano e qualche volta, perentori, levavano la “s”. In fondo navigavo bene tra soprusi che mi deresponsabilizzavano.
Misi a parte del proposito mia madre che, felice come una pasqua, andò a spifferare tutto al parroco. Fui subito circuito di attenzioni e blandizie e, già laureato, il vescovo credé bene di farmi fare gli studi teologici a Roma…. nei grandi atenei che plasmano i futuri vescovi. Avevo fatto proposito “sublimante” ma dovetti scoprire che qui si prospettava una più densa pacchia. Anche qui molti mi trovarono avvenente e fui presto conteso tra taluni docenti. Fui a 29 anni “sicuro prete celibe”, dopo avere ottenuto “maxima cum laude” vari dottorati: ovviamente qui tutti sanno che quello portante è il dottorato “in utroque”. I docenti, divenuti alti prelati mi hanno voluto al loro servizio ed oggi, appena 40 anni, mi prospettano l’episcopato, I miei grandi “amici” protettori li conosco in tutti i sensi e loro altrettanto “conoscono me”.
Il punto, caro fra’ Calvino, è che per quanto “navigato” ora comincio a sentirmi a disagio: strane sensazioni mi assillano quasi che una qualche forma di paternità frustrata affiori nei miei 40 anni. Ma le lusinghe, le pressioni, un qualcosa come un voler bene a qualcuno di questi “ovattati spasimanti”, mi trattiene. Ma poi scorgo… il baratro leggendo il Vangelo. Vorrei un tuo consiglio.
Don Elio.

 


 




Giovedì 21 Gennaio,2016 Ore: 22:30
 
 
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