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www.ildialogo.org VIVERE O VEGETARE ?,di Augusto Cavadi

VIVERE O VEGETARE ?

di Augusto Cavadi

Riprendiamo questo articolo, su segnalazione dell'autore, dal suo blog http://www.augustocavadi.com
“Monitor”
28.11.2014
VIVERE O VEGETARE ?
   Pochi di voi, forse, sono iscritti agli aggiornamenti del blog di Bruno Vergani (www.brunovergani.it). E’ un amico a me molto caro per molte ragioni, tra le quali primeggia una: è il più filosofo dei miei amici “non-filosofi” (intendo, ovviamente, “non-filosofi” per professione). Vive tra i trulli pugliesi in una sorta di eremo (con la mite moglie Laura e una corte innumerevole di felini) guadagnandosi da vivere  con l’arte delle erbe ereditata da una madre streghesca: è, insomma, un erborista in senso originario, autentico, non un commerciante che rivende al minuto prodotti industriali acquistati all’ingrosso. Ho detto che si guadagna da vivere col suo mestiere (o, meglio, con la sua arte): e, per lui, “vivere” è molto più che vegetare. E’ mangiare e dormire,  vestirsi e fare l’amore, viaggiare e accogliere ospiti (a cominciare dai due figli che lavorano lontano): ma è anche leggere e scrivere, pensare e inventare.
  Uno dei suoi post più recenti è intitolato “L’antieroe”: “Eccolo al risveglio con miriadi di possibilità e qualche obbligazione, ma è un giorno lavorativo: si alza, rinuncia alle possibilità e ottempera le obbligazioni. In questo optare talvolta il piacere personale coincide col principio di realtà, sovente diverge, allora implementa un compromesso un po’ nevrotico: adempie l’obbligo sviluppando col pensiero nuove possibilità, talora correlate alla concretezza del presente, di tanto in tanto libere e universali, eppure in quel espandersi non trascura ciò che sta facendo. Qualcuno riesce a fare di meglio?”.
  Come tema di riflessione per i lettori di questa rubrica non c’è male: come conciliare i nostri sogni con i nostri doveri quotidiani?
   Ognuno di noi ha motivi sufficienti per accogliere questa provocazione, per riflettervi con calma e, eventualmente, per dare alla  direzione della propria piccola storia una sterzata. Se la filosofia non diventa scelta pratica, decisione effettiva, gesto concreto…non è vera filosofia. Resta solo una caricatura intellettualistica per fare sorridere lo spettatore.
    In particolare le righe di Bruno Vergani ci interpellano sulla nostra attività lavorativa. Vero è che già trovare un lavoro, o inventarselo e avviarlo, è stato per molti di noi un successo: ma che prezzo psicologico, emotivo, siamo disposti a pagare per non restare inoccupati? Che per un tratto della nostra esistenza si sia disposti a qualsiasi mestiere pur di acquistare autonomia dalla famiglia d’origine, è comprensibilissimo. Meno comprensibile è che un lavoro occasionale per il quale non ci sentiamo tagliati diventi il nostro destino definitivo.
    In questa ipotesi, infatti, ne va della nostra felicità: o, se la parola risulta eccessiva, della nostra serenità interiore. Le condizioni del nostro lavoro infatti sono le condizioni di metà della nostra giornata: se le avvertiamo come pesanti, soffocanti, difficilmente potremo compensarle con le esperienze e le attività della seconda metà della giornata. Certo, non tutti abbiamo la fortuna che Merleau-Ponty attribuiva alla sua professione di filosofo (“Fare della propria passione il proprio mestiere”); ma tutti possiamo impegnarci ad avvicinarci, a piccoli passi, verso l’identificazione di ciò che amiamo con ciò che ci può sfamare.
Augusto Cavadi



Mercoledì 31 Dicembre,2014 Ore: 18:03
 
 
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