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www.ildialogo.org ESSERE GIUSTI CON GIAMBATTISTA VICO. Riprendere l'indicazione di Eugenio Garin. Una nota,di Federico La Sala

RIVOLUZIONE SCIENTIFICA E CRISI EPISTEMOLOGICA: VICO CON NEWTON  E KANT ....
ESSERE GIUSTI CON GIAMBATTISTA VICO. Riprendere l'indicazione di Eugenio Garin. Una nota

VICO  (...)la rivoluzione che ha inserito nella riflessione europea è vasta e profonda. Egli non si è contentato  di aggiungere alle nuove scienze della natura la scienza nuova dell’uomo. Scoperte nelle meditazioni sul diritto e sulla filologia le scienze dell’uomo, vi ha premesso - precisa Garin (op. cit., p. 87) - una sorta di Discorso sul metodo (tale è la Scienza nuova) i cui motivi fanno riflettere ancora”!


di Federico La Sala

QUI PROSEGUE IL DISCORSO GIA' AVVIATO IN 

A) VICO (E KANT), PER LA CRITICA DELLE VERITA’ DOGMATICHE E DELLE CERTEZZE OPINABILI.  

B)  GIAMBATTISTA VICO CON NEWTON: "HYPOTHESES NON FINGO" (NON INVENTO IPOTESI)!

C) LA LEZIONE DI VICO E I FILOSOFI ITALIANI: IL CASO COLLETTI.

D) ............. *

Per le citazioni e i riferimenti di pagine, cfr.: Giambattista Vico, Opere filosofiche, introd. di Nicola Badaloni, a c. di Paolo Cristofolini, Firenze 1971 

***

Alla fine  della sua autobiografia, “Vita di Giambattista Vico scritta da se medesimo (1725-28)”,  in riferimento alla realizzazione della “Scienza nuova” (1725), così conclude: “Con la quale opera il Vico con gloria della cattolica religione, produce il vantaggio alla nostra Italia di non invidiare all’Olanda, l’Inghilterra e la Germania protestante i loro tre prìncipi [rispettivamente: Ugo Grozio, John Selden, Samuel Pufendorf] di questa scienza, e che in questa nostra età nel grembo della vera Chiesa si scoprissero i princìpi di tutta l’umana e divina erudizione gentilesca”(p. 38). E nella “Aggiunta”,  fatta nel 1731, egli così prosegue: “Uscita alla luce la Scienza nuova, tra gli altri ebbe cura l’autore di mandarla al signor Giovanni Clerico [Le Clerc], ed eleggé via più sicura per Livorno, ove l’inviò, con lettera e quello indiritta, in un pacchetto al signor Giuseppe Attias, con cui aveva contratto amicizia qui in Napoli […] Ma neppure di questa il Vico ebbe alcun riscontro, forse perché il signor Clerico o fusse morto o per la vecchiezza avesse rinnonziato alle lettere e alle corrispondenze letterarie” (p. 39).

In questo raccontare di Vico, non c’è solo quel che dice e fa, ma anche quel che pensa e in quale orizzonte egli colloca se stesso e  il suo lavoro  Che i suoi invii a vari studiosi della sua opera non abbiano avuto alcuna risposta, non per questo sono da sottovalutare: certamente, non sono senza senso! L’opera è stata inviata,    “tra gli altri”, anche a Newton  (come attesta la corrispondenza con Giuseppe Athias), ma dell’autore dei “Princìpi  matematici della filosofia naturale” (prima edizione:1687; seconda edizione: 1713), nelle molteplici interpretazioni (anche recenti) dell’opera vichiana neanche l’ombra del senso della sua presenza!

 Eppure c’è da ricordare (almeno!) non solo la citazione – alla fine del Libro primo, nella sez. “del metodo” sia della Scienza Nuova” del 1730 sia del 1744 – di un “libricciuolo erudito e dotto col titolo di Historia [pholosophica] de ideis [di J.J. Brucker], che ci conduce fin alle ultime controversie che ne hanno avuto i due primi ingegni di questa età, il Leibnizio e il Newtone” (pp. 466-7),  quanto e come Eugenio Garin, in un intervento al congresso internazionale (ideato dall’ “Institute for Vico Studies” di New York e tenutosi a Venezia nell’agosto del 1978),  sottolinei con forza che “l’eredità più vitale in Vico” fosse proprio nel modo in cui egli affronta “i nodi e i problemi cruciali della cultura europea del Settecento ricuperando le discussioni umanistiche sui rapporti tra le scienze fisico-matematiche e le scienze dell’uomo” (cfr.: AA.VV, Vico oggi, Presentazione di Giorgio Tagliacozzo, a c. di Andrea Battistini, Armando Editore, Roma 1979, p. 8).

Garin, a conferma della sua linea intertrepativa, da una parte,  richiama l’attenzione al riferimento strutturale  che nell’opera di Vico ha lo scetticismo di Pierre Bayle: nell’opera di Vico,  egli non è solo il grande provocatore che con l’ipotesi “di una repubblica di atei “suscita l’accesa risposta “provvidenziale” della “Scienza nuova” del 1725; “è anche il pungolo costante, col suo pirronismo, a un riesame critico di tutto l’edificio del sapere umano” (cfr., Vico oggi, cit., p. 74). E, dall’altra, mette in evidenza l’importanza della conoscenza da parte di Vico (“Scienza nuova” del 1744)  del “Trattato dell’incertezza delle scienze” di Thomas Baker:  in quest’opera, l’autore “trova nel Newton lo scienziato del suo cuore proprio per la sua utilizzabilità teologica, con il suo finalismo aperto al provvidenzialismo e alla teologia” (op. cit., pp. 91-92).

Per Garin, infatti, “Vico, ben lungi dall’essere un solitario attardato, è collocato in pieno dentro il gran dibattito del secolo, che vede l’urgenza di una critica del conoscere, e la necessità di distinguere e ordinare l’albero delle scienze: di cogliere il rapporto fra indagine della natura e indagine dell’uomo; di fondare e costruire la nuova enciclopedia” (op. cit.,  pp. 74-75).

Per Garin non ci sono dubbi: “se è vero che di tanti campi di indagine Vico ha indicato solo l’avvio, è pur vero che la rivoluzione che ha inserito nella riflessione europea è vasta e profonda. Egli non si è contentato  di aggiungere alle nuove scienze della natura la scienza nuova dell’uomo. Scoperte nelle meditazioni sul diritto e sulla filologia le scienze dell’uomo, vi ha premesso - precisa Garin (op. cit., p. 87) - una sorta di Discorso sul metodo (tale è la Scienza nuova) i cui motivi fanno riflettere ancora”!

BACONE, GALILEI, NEWTON. Se nel 1725, via Livorno (ove la marina inglese era presente), grazie all’aiuto dell’amico Athias, Vico invia a Newton una copia della sua "Scienza nuova", non è affatto un invio a caso! Entro l’orizzonte del suo percorso e del suo lavoro, Newton è di casa! La ragione forte è che egli ha camminato e cammina con attenzione e spirito critico sulla strada della rivoluzione scientifica.

Se - come ricorda nell’Autobiografia - "nell’anno 1708 [...] venne felicemente fatto al Vico di meditare un argomento che portasse alcuna nuova scoperta ed utile al mondo delle lettere, che sarebbe stato un desiderio degno da essere noverato tra gli altri del Bacone nel suo Nuovo organo delle scienze" (p. 24), nel 1711 mostra quanto e come sia attento al lavoro del "gran Galileo"! Nella "Risposta" alle "opposizioni" al suo "De antiquissima italorum sapientia", dopo aver citato un passo dal "primo Dialogo della scienza nuova" (vale a dire: "Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze"), egli così scrive: "Mirò Galileo la fisica con occhio di gran geometra, ma non con tutto il lume della metafisica" (p.141).

Se consideriamo, infine, che la prima edizione dei "Principi matematici della filosofia naturale" è del 1687, non è difficile pensare che Vico - da "seguace di Galilei" (come ha sostenuto con forza Nicola Badaloni: cfr.: Introduzione a Vico, Laterza, Bari 1984, p. 25) - sia in ’dialogo’ con Newton, già da tempo!

 

Federico La Sala

 

* PER UNA LETTURA UNITARIA DEL PERCORSO FATTO, VEDI:

LA POTENZA DEL DESIDERIO E IL PROBLEMA DI DIO. LA LEZIONE DI GIAMBATTISTA VICO. Un breve saggio



Mercoledì 20 Marzo,2013 Ore: 13:59
 
 
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