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www.ildialogo.org LA GRANDE FORESTA ("INGENS SYLVA") E LA STORIA DEI LEMURI: LA LEZIONE DI VICO, OGGI. Note per una (ri)lettura della "Scienza Nuova",di Federico La Sala

PER LA RINASCITA DELL'ITALIA E DELLEUROPA. Al di là dei "corsi e ricorsi", il filo della tradizione critica. Contro la cecità e la boria dei dotti e delle nazioni ...
LA GRANDE FORESTA ("INGENS SYLVA") E LA STORIA DEI LEMURI: LA LEZIONE DI VICO, OGGI. Note per una (ri)lettura della "Scienza Nuova"

IDEA DELL'OPERA. (..) Potrai facilmente, o Leggitore, intendere la bellezza di questa divina Dipintura dall’orrore, che certamente dee farti la bruttezza di quest’altra, ch’ora ti dò a vedere tutta contraria.


di Federico La Sala

GIAMBATTISTA VICO,

PRINCIPI DI SCIENZA NUOVA: SPIEGAZIONE DELLA DIPINTURA PROPOSTA AL FRONTISPIZIO CHE SERVE PER L’INTRODUZIONE DELL’OPERA [1744] (aprire il pdf, per vedere "la dipintura" - e l’"impresa"):*

 

  • an admirabile verbovicovisual presentment (J.Joyce, Finnegans Wake)

 

 

LA MENTE ACCOGLIENTE: VICO - COPERTINA DEL LIBRO - 363.5 Kb

LA MENTE ACCOGLIENTE: VICO - COPERTINA DEL LIBRO

 

Quale Cebete tebano fece delle morali, tale noi qui diamo a vedere una Tavola delle cose civili, la quale serva al leggitore per concepire l’idea di quest’opera avanti di leggerla, e per ridurla più facilmente a memoria, con tal aiuto che gli somministri la fantasia, dopo di averla letta.

La donna con le tempie alate che sovrasta al globo mondano, o sia al mondo della natura, è la metafisica, ché tanto suona il suo nome. Il triangolo luminoso con ivi dentro un occhio veggente egli è Iddio con l’aspetto della sua provvedenza, per lo qual aspetto la metafisica in atto di estatica il contempla sopra l’ordine delle cose naturali, per lo quale finora l’hanno contemplato i filosofi; perch’ella, in quest’opera, più in suso innalzandosi, contempla in Dio il mondo delle menti umane, ch’è ’l mondo metafisico, per dimostrarne la provvedenza nel mondo degli animi umani, ch’è ’l mondo civile, o sia il mondo delle nazioni; il quale, come da suoi elementi, è formato da tutte quelle cose le quali la dipintura qui rappresenta co’ geroglifici che spone in mostra al di sotto.

Perciò il globo, o sia il mondo fisico ovvero naturale, in una sola parte egli dall’altare vien sostenuto; perché i filosofi, infin ad ora, avendo contemplato la divina provvedenza per lo sol ordine naturale, ne hanno solamente dimostrato una parte, per la quale a Dio, come a Mente signora libera ed assoluta della natura (perocché, col suo eterno consiglio, ci ha dato naturalmente l’essere, e naturalmente lo ci conserva), si danno dagli uomini l’adorazioni co’ sagrifici ed altri divini onori; ma nol contemplarono già per la parte ch’era più propia degli uomini, la natura de’ quali ha questa principale propietà: d’essere socievoli. Alla qual Iddio provvedendo, ha così ordinate e disposte le cose umane, che gli uomini, caduti dall’intiera giustizia per lo peccato originale, intendendo di fare quasi sempre tutto il diverso e, sovente ancora, tutto il contrario - onde, per servir all’utilità, vivessero in solitudine da fiere bestie, - per quelle stesse loro diverse e contrarie vie, essi dall’utilità medesima sien tratti da uomini a vivere con giustizia e conservarsi in società, e sì a celebrare la loro natura socievole: la quale, nell’opera, si dimostrerà essere la vera civil natura dell’uomo, e sì esservi diritto in natura. La qual condotta della provvedenza divina è una delle cose che principalmente s’occupa questa Scienza di ragionare; ond’ella, per tal aspetto, vien ad essere una teologia civile ragionata della provvedenza divina (...)

Il raggio della divina provvedenza, ch’alluma un gioiello convesso di che adorna il petto la metafisica, dinota il cuor terso e puro che qui la metafisica dev’avere, non lordo né sporcato da superbia di spirito o da viltà di corporali piaceri; col primo de’ quali Zenone diede il fato, col secondo Epicuro diede il caso, ed entrambi perciò niegarono la provvedenza divina. Oltracciò, dinota che la cognizione di Dio non termini in essolei, perch’ella privatamente s’illumini dell’intellettuali, e quindi regoli le sue sole morali cose, siccome finor han fatto i filosofi; lo che si sarebbe significato con un gioiello piano. Ma convesso, ove il raggio si rifrange e risparge al di fuori, perché la metafisica conosca Dio provvedente nelle cose morali pubbliche, o sia ne’ costumi civili, co’ quali sono provenute al mondo e si conservan le nazioni.

Lo stesso raggio si risparge da petto della metafisica nella statua d’Omero, primo autore della gentilità che ci sia pervenuto, perché, in forza della metafisica (la quale si è fatta da capo sopra una storia dell’idee umane, da che cominciaron tal’uomini a umanamente pensare), si è da noi finalmente disceso nelle menti balorde de’ primi fondatori delle nazioni gentili, tutti robustissimi sensi e vastissime fantasie; e - per questo istesso che non avevan altro che la sola facultà, e pur tutta stordita e stupida, di poter usare l’umana mente e ragione - da quelli che se ne sono finor pensati si truovano tutti contrari, nonché diversi, i princìpi della poesia dentro i finora, per quest’istesse cagioni, nascosti principi della sapienza poetica, o sia la scienza de’ poeti teologi, la quale senza contrasto fu la prima sapienza del mondo per gli gentili. E la statua d’Omero sopra una rovinosa base vuol dire la discoverta del vero Omero (...)

* Giambattista Vico, Principi di Scienza Nuova [1744], "Idea dell’Opera", in: G. Vico, Opere filosofiche, Sansoni editore, Firenze 1971, p. 379, p. 381 - grassetti miei, fls.

 

  • N.B.: GIAMBATTISTA VICO "fa una netta distinzione tra carus - caritas ripettivamente col valore di ’caro, costoso, di alto prezzo’ e ’carestia, scarsità’ da una parte, e charus - charitas rispettivamente col valore di ’grazioso, amabile, richiesto’ e ’grazia, amore di Dio’ dall’altra, perché per il Vico questi due ultimi termini derivano etimologicamente" dai termini greci ’charìeis’ e ’charis’] (cfr. G. Vico, Varia: Il ’De Mente Heroica’ e gli scritti latini minori, a cura di Gian Galeazzo Visconti, Alfredo Guida Editori, Napoli 1996, p. 31) (FLS).

 

LEMURUM FABULA: LA BRUTTEZZA DELLA DIPINTURA TUTTA CONTRARIA [La Scienza Nuova 1730] *

Potrai facilmente, o Leggitore, intendere la bellezza di questa divina Dipintura dall’orrore, che certamente dee farti la bruttezza di quest’altra, ch’ora ti dò a vedere tutta contraria. Il TRIGONO luminoso, e veggente allumi il Globo Mondano, che è la Provvedenza Divina, la quale il governa.
-  La falsa, e quindi rea Metafisica abbia l’ALE delle tempie inchiovate al Globo dalla parte opposta coverta d’ombre; perchè non possa, e non può, perchè non voglia, nè sa, perchè non vuole alzarsi sopra il Mondo della Natura; onde dentro quelle sue tenebre insegni o ‘l cieco Caso d’Epicuro, o ‘l Fato pur cieco degli Stoici; ed empiamente oppini, che esso Mondo sia Dio o operante per necessità, quale con gli Stoici il vuole Benedetto Spinosa, ovvero operante a caso, che va di seguito alla Metafisica, che Giovanni Locke fa d’Epicuro: e con entrambi avendo tolto all’huomo ogni elezione, e consigli o, avendo tolta a Dio ogni Provvedenza, insegni, che dappertutto debba regnar’ il Capriccio, per incontrare o ‘l caso , o ‘l fato, che si desidera.
-  Ella con la sinistra mano tenga la BORSA; perchè tali venenose dottrine non son’ insegnate, che da huomini disperati; i quali o vili non ebbero mai parte allo stato, o superbi, tenuti bassi, o non promossi agli onori, de’ quali per la lor boria si credon degni, sono malcontenti dello stato: siccome Benedetto Spinosa, il quale, perchè Ebreo, non aveva niuna Repubblica, truovò una Metafisica da rovinare tutte le Repubbliche del Mondo.
-  Con la destra tenga la BILANCIA, poichè ella è la Scienza, che dà il criterio del Vero, ovvero l’Arte di ben giudicare; per la quale troppo fastidiosa, e dilicata, non acquetandosi a niuna verità, finalmente caduta nello Scetticismo estima d’uguali pesi il giusto, e l’ingiusto; ella, come gl’immanissimi Galli Senoni fecero co’ Romani, caricando una lance con LA SPADA, la faccia sbilanciare, preponderando all’altra, dove sia il CADUCEO DI MERCURIO, ch’è simbolo delle Leggi; e così insegni, dover servire le leggi alla forza ingiusta dell’armi.
-  L’ALTARE sia rovinato, spezzato il LITUO, rovesciato l’URCIUOLO, spenta la FIACCOLA: e così ad un Dio sordo, e cieco si nieghino tutti i divini onori, e sien bandite dappertutto le cerimonie divine; e ’n conseguenza sien tolti tralle nazioni i matrimonj solenni, che appo tutte con divine cerimonie si contraggono; e si celebrino il concubinato, e ‘l puttanesimo.
-  Il FASCIO ROMANO sia sciolto, dissipato, e disperso; e spenta ogni Moral comandata dalle Religioni, con l’annientamento di esse; spenta ogni Disciplina Iconomica, col dissolvimento de’ matrimonj; perisca affatto la Dottrina Politica, onde vadano a dissolversi tutti gl’Imperj civili.
-  La STATOVA D’OMERO s’atterri; perchè i Poeti fondarono con la Religione a tutti i Gentili l’Umanità.
-  La TAVOLA DEGLI ALFABETI giacciasi infranta nel suolo; perchè la Scienza delle Lingue, con le quali parlano le religioni, e le leggi, essa è quella, che le conserva.
-  L’URNA CENERARIA dentro le selve porti iscritto LEMURUM FABULA: e ‘l dente dell’ARATRO abbia spuntata la punta: e tolta l’universal credenza dell’Immortalità dell’anima, lasciandosi i cadaveri inseppolti sopra la terra, s’abbandoni la coltivazione de’ campi, nonchè si disabitino le città: e ‘l TIMONE, geroglifico degli huomini empj senza niun’ umana lingua, e costume, si rinselvi ne’ boschi; e ritorni la ferina Comunione delle cose, e delle donne; le quali si debbano gli huomini appropiare con la violenza, e col sangue.
-  Il molto finora detto si è, per facilitarti, o benigno Leggitore, la lezion di quest’Opera [...]

* Giambattista Vico - "OCCASIONE Di meditarsi quest’Opera" - La Scienza Nuova 1730 - (senza corsivi, fls).


"PRINCIPI DI SCIENZA NUOVA D’INTORNO ALLA COMUNE ORIGINE DELLE NAZIONI": QUALE SIA LA CHIAVE DI ACCESSO AL CAPOLAVORO (1744) DI GIAMBATTISTA VICO, NON E’ ANCORA AFFATTO CHIARO NE’ AI FILOSOFI NE’ AI FILOLOGI E NEPPURE AI TEOLOGI, BENCHE’ SIA SOTTO I LORO OCCHI: "IGNOTA LATEBAT"!

PER QUESTO, FORSE, PUO’ ESSERE COSA UTILE E ILLUMINANTE RILEGGERE il saggio su "Il punto di svolta. L’indicazione di Fachinelli." e sulle "regole del gioco dell’Occidente e il divenire accogliente della mente " ripresi dal mio lavoro (Federico La Sala, Roma 1991) e qui di seguito resi disponibili*

*

INDICE E COPERTINA DEL LIBRO:

Federico La Sala,

LA MENTE ACCOGLIENTE. Tracce per una svolta antropologica

Introduzione: In principio (o, meglio, all’Inizio)

I PARTE - CON NIETZSCHE ...

I. Nietzsche per ipotesi - Prometeico, dionisiaco e apollineo. - Istante, attimo ed Ewigkeit. - Nietzsche, Benjamin e Marx.

II. Nietzsche, ""Columbus novus". - Da dove parla Nietzsche. - Nietzsche e Freud. - Nietzsche e Benjamin. - Nietzsche e Marx.

II PARTE - ... E CON PARMENIDE

I. Fondazione della filosofia e rifondazione della ricerca. Una rilettura del "Perì physeos" di Parmenide.

III. VERSO LA MENTE ACCOGLIENTE

I. Zarathustra, il nano, e la libertà dal destino della necessità.

II. Il punto di svolta. L’indicazione di Fachinelli.

III. Le "regole del gioco" dell’Occidente e il divenire accogliente della mente.

IV. La fanciulla straniera e la civetta hegeliana. Sorte di una metafisica futura che si presenterà come scienza.

V. Un brillante new tono. "Note" per una epistemologia accogliente.

Antonio Pellicani editore, Roma 1991.


Sugli sviluppi della "traccia", qui riproposta, si cfr.:

LA VIA DI KANT: USCIRE DALLA CAVERNA, E NON RICADERE NELL’ILLUSIONE DI “DIO” CONCEPITO COME “UOMO SUPREMO”. Note per una rilettura della “Storia universale della natura e teoria del cielo”

FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA. Un breve saggio di Federico La Sala, con prefazione di Riccardo Pozzo.

FACHINELLI E FREUD NELLA “NAVE” DI GALILEI. “Su Freud”, un’ottima introduzione a “La mente estatica” ("Sulla spiaggia").

 PENSARE UN ALTRO ABRAMO: GUARIRE LA NOSTRA TERRA.

 RIPENSARE L’ EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO".

Federico La Sala



Sabato 23 Febbraio,2013 Ore: 10:28
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 23/2/2013 10.54
Titolo:La Scienza nuova Le tre edizioni del 1725, 1730 e 1744.(scheda)
Giambattista Vico

La Scienza nuova

Le tre edizioni del 1725, 1730 e 1744

Bompiani, pagg.1504, € 30,00

IL LIBRO - La Scienza nuova, di cui in questo volume si pubblicano le tre edizioni, del 1725, del 1730 e del 1744, è un Classico del pensiero occidentale, essenziale per la comprensione del nostro mondo storico non meno della Repubblica di Platone e dell’Etica di Spinoza, della Metafisica di Aristotele e della Critica della ragion pura di Kant, del De Civitate Dei di Agostino e della Fenomenologia dello spirito di Hegel.
- Due le idee-guida che si intrecciano, e anche confliggono, in quest’opera geniale e inquietante: 1) l’estensione al mondo umano della mathesis universalis, che ha segnato la nascita della scienza moderna, ma che in Galilei e Cartesio era limitata alla natura; 2) la genealogia della coscienza e della logica a partire dal “senso” e dalla “fantasia”, da cui discende l’interesse prevalente di Vico per il formarsi della prima umanità. Interesse mai disgiunto dalla consapevolezza dei limiti della ragione, che può a stento “intendere”, ma non “immaginare” quell’età ancora incerta tra storia e pre-storia.
- Da questa consapevolezza “critica” nacque quella fusione di logos e mythos, concetto e immagine, che caratterizza il linguaggio barocco della Scienza nuova (in particolare nelle due ultime edizioni, qui presentate nella loro scrittura originaria), nel quale Vico espose due e diverse concezioni del tempo umano-divino della storia. In particolare il quinto e ultimo Libro di quest’Opera in continuo compimento, se per un verso ripropone l’idea pre-cristiana della ciclicità del corso storico, per l’altro, “sospende” l’intero orizzonte del tempo all’attimo presente: il kairologico “adesso” di Paolo, in cui “il tempo s’è contratto” (I Co, 7.29).
- Ma proprio questa doppiezza della Scienza Nuova permette di instaurare significative connessioni tra la posizione di Vico e gli esiti più alti della riflessione contemporanea sulla storia, da Heidegger a Benjamin. Certo nel pieno rispetto della specificità dei loro differenti “tempi”, e quindi fuor d’ogni pretesa di stabilire “precorrimenti” e “inveramenti”; ma non meno certamente contro le vane “monumentalizzazioni” di una storiografia volta esclusivamente al passato.

- DAL TESTO - “Solo il divino Platone egli meditò in una sapienza riposta che regolasse l’uomo a seconda delle massime che egli ha apprese dalla sapienza volgare della religione e delle leggi. Perché egli è tutto impegnato per la provvedenza e per l’immortalità degli animi umani; pone la virtù nella moderazione delle passioni; insegna che per propio dover di filosofo si debba vivere in conformità delle leggi, ove anche all’eccesso divengan rigide con una qualche ragione, sull’esempio che Socrate, suo maestro, con la sua propia vita lasciò, il quale, quantunque innocente, volle però, condennato qual reo, soddisfare alla pena e prendersi la cicuta.
- Però esso Platone perdé di veduta la provvedenza quando, per un errore comune delle menti umane, che misurano da sé le nature non ben conosciute di altrui, innalzò le barbare e rozze origini dell’umanità gentilesca allo stato perfetto delle sue altissime divine cognizioni riposte (il quale, tutto a rovescio, doveva dalle sue «idee» a quelle scendere e profondere), e, sì, con un dotto abbaglio, nel qual è stato fino al dì d’oggi seguito, ci vuol appruovare essere stati sapientissimi di sapienza riposta i primi attori dell’umanità gentilesca, i quali, come di razze d’uomini empi e senza civiltà, quali dovettero un tempo essere quelle di Cam e Giafet, non poterono essere che bestioni tutti stupore e ferocia.
- In séguito del qual erudito errore, invece di meditare nella repubblica eterna e nelle leggi d’un giusto eterno, con le quali la provvedenza ordinò il mondo delle nazioni e ‘1 governa con esse bisogne comuni del genere umano, meditò in una repubblica ideale ed uno pur ideal giusto, onde le nazioni non solo non si reggono e si conducono sopra il comun senso di tutta l’umana generazione, ma pur troppo se ne dovrebbono: storcere e disusare: come, per esempio, quel giusto, che e’ comanda nella sua Repubblica, che le donne sieno comuni.”

- I CURATORI - Manuela Sanna, direttore dell’”Istituto per la storia del pensiero filosofico e scientifico moderno” del Consiglio Nazionale delle Ricerche, si occupa di cultura storico-filosofica tra ’600 e ’700, con lavori dedicati a Leibniz, Tschirnhaus e Vico, ed è membro del consiglio scientifico dell’edizione critica delle Opere di Giambattista Vico, per la quale ha curato la raccolta delle Epistole, il De rebus gestis Antonj Caraphei, la Scienza nuova del 1730, insieme a Paolo Cristofolini, e la Scienza nuova del 1744, in via di pubblicazione. Ha curato anche la nuova e più recente traduzione italiana del De antiquissima Italorum sapientia (Roma, 2005). Negli ultimi anni le sue ricerche si sono centrate sul rapporto tra conoscenza immaginativa e verità, e su questo sono usciti La "Fantasia, che è l’occhio dell’ingegno". Note sul concetto vichiano di conoscenza (Napoli, 2001) e Immaginazione (Napoli, 2007).
- Vincenzo Vitiello, professore ordinario di Filosofia Teoretica, insegna attualmente Filosofia della storia all’Università San Raffaele di Milano. Le sue ricerche di Topologia trascendentale sono negli ultimi anni rivolte all’elaborazione di una logica e di un’etica della seconda persona. Ha tenuto cicli di conferenze e seminari in Europa, negli USA, e in America latina (Argentina, Cile, Messico). Suoi scritti sono stati tradotti in tedesco, francese, inglese e spagnolo. Socio onorario della Asociación de filosofia Latinoamericana y Ciencias sociales (Buonos Aires). Dirige la Rivista "Il Pensiero". Tra le sue pubblicazioni: Elogio dello spazio (1994, trad. tedesca parziale, Freiburg-München, 1993); Cristianesimo senza redenzione (1995, trad. spagnola, Madrid, 1999); Genealogía de la modernidad (Buenos Aires, 1998); Il Dio possibile (Roma, 2002); I tempi della poesia. Ieri / Oggi (Milano, 2008; trad. spagnola Madrid, 2009); Vico. Storia - Linguaggio - Natura (Roma, 2008); Grammatiche del pensiero (Pisa, 2009) .

- INDICE DELL’OPERA - Saggio introduttivo. Vico nel suo tempo, di Vincenzo Vitiello - I. Sul ’concetto’ di moderno - In limine. Brevi considerazioni sulla storicità della conoscenza storica (I. Interpretazioni del moderno - II. Mathesis universalis e logica moderna - Appendice) - II. Spinoza e Vico (I. Le ragioni di un confronto - II. Il sistema di Spinoza - III. La filosofia di Vico ’prima’ della Scienza nuova) - III. La Scienza Nuova (I. La fondazione della mathesis universalis della storia - II. La lingua della Scienza nuova. Oltre la mathesis universalis - III. Prospezioni vichiane) - Cronologia della vita e delle opere di Giambattista Vico, di Manuela Sanna - Nota editoriale
- LA «SCIENZA NUOVA» DEL 1725 - La «Scienza nuova» nell’edizione del 1725, di Manuela Sanna e Fulvio Tessitore - Introduzione, di Vincenzo Vitiello - La «Scienza nuova» nelle edizioni del 1730 e del 1744, di Manuela Sanna
- LA «SCIENZA NUOVA» DEL 1730 - La «Scienza nuova» nell’edizione del 1730, di Manuela Sanna e Fulvio Tessitore - LA «SCIENZA NUOVA» DEL 1744 - La «Scienza nuova» nell’edizione del 1744, di Manuela Sanna e Fulvio Tessitore - Apparati (I. Storia della fortuna di G.B. Vico, di Manuela Sanna - II. Bibliografia vichiana, a cura di Manuela Sanna - III. Indice generale)
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 23/2/2013 11.08
Titolo:LEGALITA' E LEGITTIMITA', OGGI ...
Cosa insegna alla politica la rinuncia di Ratzinger

di Giorgio Agamben (la Repubblica, 16 febbraio 2013)

La decisione di Benedetto XVI deve essere considerata con estrema attenzione da chiunque abbia a cuore le sorti politiche dell’umanità.

Compiendo il “gran rifiuto”, egli ha dato prova non di viltà, come Dante scrisse forse ingiustamente di Celestino V, ma di un coraggio, che acquista oggi un senso e un valore esemplari. Deve essere evidente per tutti, infatti, che le ragioni invocate dal pontefice per motivare la sua decisione, certamente in parte veritiere, non possono in alcun modo spiegare un gesto che nella storia della Chiesa ha un significato del tutto particolare.

E questo gesto acquista tutto il suo peso, se si ricorda che il 4 luglio 2009, Benedetto XVI aveva deposto proprio sulla tomba di Celestino V a Sulmona il pallio che aveva ricevuto al momento dell’investitura, a prova che la decisione era stata meditata.

Perché questa decisione ci appare oggi esemplare? Perché essa richiama con forza l’attenzione sulla distinzione fra due principi essenziali della nostra tradizione etico-politica, di cui le nostre società sembrano aver perduto ogni consapevolezza: la legittimità e la legalità.

Se la crisi che la nostra società sta attraversando è così profonda e grave, è perché essa non mette in questione soltanto la legalità delle istituzioni, ma anche la loro legittimità; non soltanto, come si ripete troppo spesso, le regole e le modalità dell’esercizio del potere, ma il principio stesso che lo fonda e legittima.

I poteri e le istituzioni non sono oggi delegittimati, perché sono caduti nell’illegalità; è vero piuttosto il contrario, e cioè che l’illegalità è così diffusa e generalizzata, perché i poteri hanno smarrito ogni coscienza della loro legittimità.

Per questo è vano credere di potere affrontare la crisi delle nostre società attraverso l’azione - certamente necessaria - del potere giudiziario: una crisi che investe la legittimità, non può essere risolta soltanto sul piano del diritto. L’ipertrofia del diritto, che pretende di legiferare su tutto, tradisce anzi, attraverso un eccesso di legalità formale, la perdita di ogni legittimità sostanziale.

Il tentativo della modernità di far coincidere legalità e legittimità, cercando di assicurare attraverso il diritto positivo la legittimità di un potere, è, come risulta dall’inarrestabile processo di decadenza in cui sono entrate le nostre istituzioni democratiche, del tutto insufficiente.

Le istituzioni di una società restano vive solo se entrambi i principi (che, nella nostra tradizione, hanno anche ricevuto il nome di diritto naturale e diritto positivo, di potere spirituale e potere temporale) restano presenti e agiscono in essa senza mai pretendere di coincidere.

Per questo il gesto di Benedetto XVI è così importante. Quest’uomo, che era a capo dell’istituzione che vanta il più antico e pregnante titolo di legittimità, ha revocato in questione col suo gesto il senso stesso di questo titolo. Di fronte a una curia che, del tutto dimentica della propria legittimità, insegue ostinatamente le ragioni dell’economia e del potere temporale, Benedetto XVI ha scelto di usare soltanto il potere spirituale, nel solo modo che gli è sembrato possibile: cioè rinunciando all’esercizio del vicariato di Cristo. In questo modo, la Chiesa stessa è stata messa in questione fin dalla sua radice.

Non sappiamo se la Chiesa sarà capace di trarre profitto da questa lezione: ma sarebbe certamente importante che i poteri laici vi trovassero occasione per interrogarsi nuovamente sulla propria legittimità.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 24/2/2013 12.34
Titolo:A VICO, L’OMAGGIO DI JAMES JOYCE ....
PER UN’ALTRA AUROPA E PER UN’ALTRA ITALIA. Al di là dei "corsi e ricorsi", il filo della tradizione critica. Contro la cecità e la boria dei dotti e delle nazioni ...


A GIAMBATTISTA VICO E ALL’ITALIA, L’OMAGGIO DI JAMES JOYCE. Una nota - di Federico La Sala



"The Vico road goes round and round to meet where terms begin. Still anappealed to by the cycles and onappaled by the recourses, we fill all serene, never you fret, as regards our duTyful cask... before there was a man in Ireland there was a lord in Lucan"*

"La strada di Vico gira e rigira per congiungersi là dove i termini hanno inizio. Tuttora inappellati dai cicli e indisturbati dai ricorsi, sentiamo tutti sereni, mai preoccupati al nostro doveroso compito... Prima che vi fosse un uomo in Irlanda c’era un lord in Lucania" (Vico ha abitato per circa nove anni decisivi per la sua vita a Vatolla, poco distante da Paestum Agropoli, Elea e Palinuro) *

*FONTE: AA.VV., INTRODUZIONE A FINNEGANS WAKE, trad. di Francesco Saba Sardi, Sugar Editore, Milano 1964 (con precisazione mia, fls)

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