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www.ildialogo.org COSTITUZIONE E MESSAGGIO EVANGELICO: LE ILLUSIONI DI PRODI E IL LIEVITO IMPUTRIDITO DEI CATTOLICI. Una nota di Romano Prodi - con premessa,a c. di Federico La Sala

STATO E CHIESA (1994-2012): NOTTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA E  DELLA CHIESA CATTOLICA...
COSTITUZIONE E MESSAGGIO EVANGELICO: LE ILLUSIONI DI PRODI E IL LIEVITO IMPUTRIDITO DEI CATTOLICI. Una nota di Romano Prodi - con premessa

La collocazione dei cattolici militanti in diverse caselle politiche (evento che ritengo importante e positivo per la storia religiosa e politica italiana) è apparsa come un fatto scontato, quasi ovvio. Come se gli avvenimenti degli ultimi anni avessero silenziosamente insegnato quanto siano delicate e non sempre positive le conseguenze di una stretta alleanza della Chiesa con un singolo leader o con uno specifico partito politico, pur nobile o corretto che esso sia


a c. di Federico La Sala

PREMESSA

25 Giugno: salviamo la Costituzione e la Repubblica che è in noi

di Federico La Sala (Libertà - quotidiano di Piacenza, 08.06.2006, p. 35)

Il 60° anniversario della nascita della Repubblica italiana e dell’Assemblea Costituente, l’Avvenire (il giornale dei vescovi della Chiesa cattolico-romana) lo ha commentato con un “editoriale” di Giuseppe Anzani, titolato (molto pertinentemente) “Primato della persona. La repubblica in noi” (02 giugno 2006), in cui si ragiona in particolar modo degli articoli 2 e 3 del Patto dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’ Costituenti.

Salvo qualche ’battuta’ ambigua, come quando si scrive e si sostiene che “il baricentro dell’equilibrio resta il primato della persona umana di cui è matrice la cultura cattolica” - dove non si comprende se si parla della cultura universale, di tutto il genere umano o della cultura che si richiama alla particolare istituzione che si chiama Chiesa ’cattolica’ (un po’ come se si parlasse in nome dell’Italia e qualcuno chiedesse: scusa, ma parli come italiano o come esponente di un partito che si chiama “forza...Italia”!?), - il discorso è tuttavia, per lo più, accettabile...

Premesso questo, si può certamente condividere quanto viene sostenuto, alla fine dell’editoriale, relativamente al “diritto alla vita” (“esso sta in cima al catalogo ’aperto’ dell’articolo 2, sta in cima alla promessa irretrattabile dell’art. 3”) e alla necessità di una responsabile attenzione verso di essa (“Non declini mai la difesa della vita; senza di essa è la Repubblica che declina”).

Ma, detto questo, l’ambiguità immediatamente ritorna e sollecita a riporsi forti interrogativi su che cosa stia sostenendo chi ha scritto quanto ha scritto, e da dove e in nome di Chi parla?!

Parla un uomo che parla, con se stesso e con un altro cittadino o con un’altra cittadina, come un italiano comune (- universale, cattolico) o come un esponente del partito ’comune’ (’universale’, ’cattolico’)?

O, ancora, come un cittadino di un partito che dialoga col cittadino o con la cittadina di un altro partito per discutere e decidere su quali decisioni prendere per meglio seguire l’indicazione della Costituzione, della Legge dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’ che ci ha fatti - e invita a volerci! - uomini liberi e donne libere, cittadini-sovrani e cittadine-sovrane?!

Nonostante tante sollecitazioni a sciogliere i nodi e chiarirsi le idee da ogni parte - dentro e fuori le istituzioni cattoliche, c’è ancora molta confusione nel cielo del partito ’cattolico’ italiano: non hanno affatto ben capito né la unità-distinzione tra la “Bibbia civile” e la “Bibbia religiosa”, né tantomeno la radicale differenza che corre tra “Dio” [Amore - Charitas] e “Mammona” [Caro-Prezzo - Caritas] o, che è lo stesso, tra la Legge del Faraone o del Vitello d’oro e la Legge di Mosè!!! E non hanno ancora ben-capito che Repubblica dentro di noi ... non significa affatto Monarchia o Repubblica ’cattolica’ né dentro né fuori di noi, e nemmeno Repubblica delle banane in noi o fuori di noi!!!

Il messaggio del patto costituzionale, come quello del patto eu-angelico ...e della montagna è ben-altro!!! La Costituzione è - ripetiamo: come ha detto e testimoniato con il lavoro di tutto il suo settennato il nostro Presidente, Carlo A. Ciampi - la nostra “Bibbia civile”, la Legge e il Patto di Alleanza dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’ Costituenti (21 cittadine-sovrane presero parte ai lavori dell’Assemblea), e non la ’Legge’ di “mammasantissima” e del “grande fratello” ... che si spaccia per eterno Padre nostro e Sposo della Madre nostra: quale cecità e quanta zoppìa nella testa e nel cuore, e quale offesa nei confronti della nostra Legge dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’- di tutti e tutte noi, e anche dei nostri cari italiani cattolici e delle nostre care italiane cattoliche!!!

Nel 60° Anniversario della nascita della Repubblica italiana, e della Assemblea dei nostri ’Padri e delle nostre ’Madri’ Costituenti, tutti i cittadini e tutte le cittadine di Italia non possono che essere memori, riconoscenti, e orgogliosi e orgogliose di essere cittadine italiane e cittadini italiani, e festeggiare con milioni di voci e con milioni di colori la Repubblica e la Costituzione di Italia, e cercare con tutto il loro cuore, con tutto il loro corpo, e con tutto il loro spirito, di agire in modo che sia per loro stessi e stesse sia per i loro figli e le loro figlie ... l’ “avvenire” sia più bello, degno di esseri umani liberi, giusti, e pacifici! Che l’Amore Charitas dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’ illumini sempre il cammino di tutti gli italiani e di tutte le italiane...

Viva la Costituzione, Viva l’Italia!!!

Federico La Sala


DA RICORDARE:

-  Alla Costituente, su 556 eletti, 21 erano donne:

-  9 NEL GRUPPO DC, SU 207 MEMBRI - LAURA BIANCHINI, ELISABETTA CONCI, FILOMENA DELLI CASTELLI, MARIA IERVOLINO, MARIA FEDERICI, ANGELA GOTELLI, ANGELA GUIDI CINGOLANI, MARIA NICOTRA, VITTORIA TITOMANLIO;
-  9 NEL GRUPPO PCI, SU 104 MEMBRI - ADELE BEI, NADIA GALLICO SPANO, NILDE IOTTI, TERESA MATTEI, ANGIOLA MINELLA, RITA MONTAGNANA TOGLIATTI, TERESA NOCE LONGO, ELETTRA POLLASTRINI, MARIA MADDALENA ROSSI;
-  2 NEL GRUPPO PSI, SU 115 MEMBRI - BIANCA BIANCHI, ANGELINA MERLIN;
-  1 NEL GRUPPO DELL’UOMO QUALUNQUE: OTTAVIA PENNA BUSCEMI.

Federico La Sala


Note sul tema:

COSA SIGNIFICA ESSERE ITALIANI ED ITALIANE. LA LEZIONE DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI - di Piero Calamandrei.

LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE.

Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio ... Francesco D’Agostino (dall’Avvenire) vuole dare lezioni a Rosy Bindi e mostra solo tutto il livore di un cattolicesimo che ha sempre confuso "Erode" con Cesare e Dio con "Mammona"!!!

KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI").

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La politica e il «lievito» dei cattolici

di Romano Prodi (Corriere della Sera, 13 gennaio 2013)

Caro direttore,

nei giorni scorsi, come spesso avviene nei momenti di svolta della politica italiana, i rapporti fra Chiesa e mondo politico hanno occupato grande spazio nei media e nei dibattiti. La novità più interessante è costituita dal rilievo dedicato a un presunto unanime appoggio delle gerarchie ecclesiastiche a Monti e al suo ruolo futuro. Una tesi certamente confortata da una forte esposizione in questo senso da parte dell’Osservatore Romano e dell’Avvenire, alla quale sono seguite dichiarazioni altrettanto forti da parte di importanti autorità ecclesiastiche.

Si tratta di avvenimenti di indubbia importanza, dato che questo combinato disposto sembra mettere definitivamente termine ad un appoggio aperto ed efficace di un’autorevole parte della gerarchia italiana nei confronti del presidente Berlusconi e dei suoi alleati di governo. La presa di distanza da Berlusconi era iniziata ed era divenuta palese già da qualche mese ma le dichiarazioni in favore di Monti la rendevano più concreta e, soprattutto, comprensibile in modo inequivocabile da parte di tutti i cattolici italiani.

Questo nuovo corso (a quanto si legge nella stampa) avrebbe dovuto essere solennemente consacrato da un convegno (il cosiddetto Todi 3) nel corso del quale i più visibili movimenti del Cattolicesimo militante avrebbero dovuto solennemente confermare questa scelta. È invece partita una dinamica del tutto imprevista perché questa nuova scelta non è stata condivisa da chi aveva sostenuto e continuava a sostenere le precedenti alleanze, mentre una rappresentanza non trascurabile per qualità e quantità dei cattolici militanti ha scelto di candidarsi nelle liste del Partito democratico.

L’aspetto più interessante (e a mio parere positivo) di tali eventi è che nessuno sembra scandalizzarsi dell’esistenza di queste diversità di scelte e nessuno (come invece avveniva in passato) ha lanciato scomuniche o invettive. In coerenza e forse in conseguenza di questi avvenimenti il cosiddetto Todi 3 non ha avuto luogo e nessuno si è stracciato le vesti per la revoca dell’appuntamento.

La collocazione dei cattolici militanti in diverse caselle politiche (evento che ritengo importante e positivo per la storia religiosa e politica italiana) è apparsa come un fatto scontato, quasi ovvio.

Come se gli avvenimenti degli ultimi anni avessero silenziosamente insegnato quanto siano delicate e non sempre positive le conseguenze di una stretta alleanza della Chiesa con un singolo leader o con uno specifico partito politico, pur nobile o corretto che esso sia.

Si sta cioè quasi istintivamente affermando nel mondo cattolico italiano (seppure in grave ritardo rispetto ad altri Paesi) la convinzione che a coloro che operano nella vita pubblica sia sopratutto richiesto di portare un positivo contributo di esperienza, di etica e di dottrina nelle diverse appartenenze alle quali si decide di aderire in base alle proprie complesse scelte di carattere politico e culturale.

Essi sentono soprattutto un dovere: cercare di essere, seguendo la propria coscienza e i principi elementari del Vangelo, il lievito di una società sempre più secolarizzata, pluralistica e perciò sempre più bisognosa di un positivo fermento sviluppato dall’interno. Forse sto cercando di trarre conseguenze troppo affrettate e generali da avvenimenti che sono ancora in corso di svolgimento e certamente questa mia interpretazione è influenzata dal fatto che una delle motivazioni principali del mio passaggio in politica (verso la quale non sono né salito né disceso) è stato proprio il desiderio di contribuire a che cattolici e laici operassero assieme nei diversi schieramenti.

Ritenevo e ritengo che, superati gli anni della grande emergenza del dopoguerra e del comunismo, questo sia un passaggio essenziale per fare operare insieme, in modo positivo, i principii che stanno alla base del Cattolicesimo e i fondamenti della nostra Costituzione.

Si tratta evidentemente di una posizione discutibile e, soprattutto, di una scelta che richiede un forte impegno di approfondimento e di testimonianza personale. Tuttavia pensavo e penso che una tale evoluzione possa aiutare la coesione del Paese e una maggiore responsabilizzazione dei suoi cittadini. La coalizione dell’Ulivo, intorno alla quale avevo cercato di costruire una proposta politica innovativa, aveva tra i propri principi fondanti anche questo obiettivo semplice ma di portata storica.

Com’è noto le cose sono andate ben diversamente. Sono state infatti realizzate precise alleanze e sono stati fissati confini inclusivi ed escludenti che, pur avendo provocato dolorose sofferenze, non mi sembrano avere dato risultati esaltanti. Ma il passato è passato. Conta invece il fatto che lo scorrere naturale degli eventi obblighi tutti noi a riflettere su questi temi e spinga qualcuno di noi a riscoprire il concetto di «lievito». Questo è per me motivo di conforto.

Perché tale evoluzione possa produrre frutti di coesione e di miglioramento etico occorre naturalmente un mutamento altrettanto radicale nel comportamento dei partiti politici e degli stessi cattolici. Occorre cioè che sia dato un adeguato spazio al contributo dei cattolici e che essi, da parte loro, si facciano apprezzare per la qualità della proposta politica e non utilizzino l’appartenenza cattolica come rendita di posizione. In ogni caso quanto sta avvenendo in questi giorni all’interno del mondo cattolico è certamente un’occasione per una riflessione necessaria e positiva per tutti gli italiani.



Martedì 15 Gennaio,2013 Ore: 12:51
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 15/1/2013 13.10
Titolo:UNA RIFLESSIONE NECESSARIA E POSITIVA ....
Prodi, i cattolici e il lievito della società

di Domenico Rosati (l'Unità 15 gennaio 2013)

Se ci fosse una logica nelle cose, l'articolo di Romano Prodi sul Corriere della Sera (la politica e «il lievito» dei cattolici) , oltre ad essere un'esauriente ed autorevole testimonianza sui fatti e le tendenze che hanno attraversato il mondo dei fedeli negli ultimi vent'anni, sarebbe un'eccellente traccia di lavoro per il Consiglio permanente della Cei fissato per fine di gennaio.

Potrebbe accadere se in ambito ecclesiastico ci fosse l'abitudine di tener conto delle esperienze maturate sul campo non solo per giudicare gli errori altrui ma anche per riconoscere i propri; e soprattutto per non ripeterli.

In ogni caso l'articolo offre spunti quanto mai pertinenti per aprire un confronto plausibile sul futuro dei cattolici nell'organizzazione della comunità nazionale italiana. Partendo non dalla proclamazione identitaria o dalla teorizzazione di un generico pluralismo ma dal dato empirico, ormai conclamato e documentato (e non più censurato) della «collocazione dei cattolici militanti in diverse caselle politiche»; un evento giudicato «importante e positivo per la storia religiosa e politica italiana».

A questo approdo si è giunti - Prodi ha più d'ogni altro i titoli per affermarlo e lo fa con apprezzabile discrezione - attraverso il fallimento dei tentativi volti, nel tempo, a rianimare una «presenza» tendenzialmente univoca se non unitaria, e comunque politicamente incisiva, con il simultaneo contrasto delle tendenze più aperte al dialogo e col favore accordato a chi, partito o personaggio, si mostrasse meglio disposto alle istanze cattoliche in ogni campo, spesso utilizzando quell'appartenenza come rendita di posizione o tagliando d'ingresso.

L'ultimo episodio registrato è quello della mancata intronizzazione del candidato Monti ad opera dei movimenti del cattolicesimo militante, i cui esponenti, lungi dal convergere, o si sono chiamati (o sono rimasti) fuori dal giuoco o si sono legittimamente disposti nelle diverse caselle dello scacchiere secondo valutazioni di opportunità politica e/o personale.

La questione che si pone è se tale situazione di pluralismo debba essere ancora e sempre vissuta come una menomazione dell'unità o se non sia il caso di valutare, finalmente, l'opportunità che essa offre di far agire un'ispirazione cristiana non integralistica all'interno delle diverse appartenenze.

Il concetto evangelico di «lievito della pasta» ha avuto grande vigore nell'esperienza cattolica italiana anche prima del Concilio e si è tradotto in molteplici e spesso contrastate iniziative di ricerca comune con interlocutori diversi, intesi come «gli uomini di buona volontà». Il fine perseguito non era la cristianizzazione della società ma l'umanizzazione della vita.

Tuttavia la nostalgia dell'unità non solo religiosa ma anche culturale e politica ha finora avuto un'oggettiva prevalenza nell'atteggiamento della gerarchia e nella sempre più evidente passività del laicato organizzato che ha smarrito a poco a poco la capacità (e la voglia) di esplorare in autonomia le vie del mondo su cui far procedere lo stesso magistero.

In queste condizioni è tutt'altro che agevole - per citare ancora Prodi - l'esercizio del «dovere» di «cercare di essere, seguendo la propria coscienza e i principi elementari del Vangelo, il lievito di una società sempre più secolarizzata, pluralistica e perciò sempre più bisognosa di un positivo fermento sviluppato dall'interno».

C'è qui un obiettivo di coesione nazionale che riguarda tutti. E c'è anche un tracciato in qualche modo obbligato sul quale istradare le energie necessarie, a partire dal rispetto di quei valori fondanti che per ogni cittadino italiano sono inscritti nella Costituzione della Repubblica.

Si è chiesto ultimamente il professor Giorgio Campanini sulla rivista dei gesuiti «Aggiornamenti Sociali»: «che cosa sono i valori o principi non negoziabili se non quelli che la Costituzione italiana, elaborata e votata con l'apporto determinante dei cattolici, chiama Principi fondamentali»?

È dunque ponendosi sul terreno della Costituzione che possono realizzarsi le sintesi (le mediazioni) necessarie per organizzare la società secondo le coordinate di un bene comune che raccordi la libertà dei singoli con un disegno di equità e di uguaglianza.

Purtroppo anche sulla considerazione della Costituzione come riferimento generale e univoco c'è stata nel tempo una pesante regressione culturale e politica. Per molti oggi è un orpello quando non un peso, specie nelle parti più influenzate dal pensiero «riformista» (socialista e cattolico); ed è proponendo gerarchie di valori slegati dalla Costituzione, che siano estranei o sovraordinati ad essa, che si alimentano suggestioni ideologiche e antipolitiche se non eversive.

L'errore più grave sarebbe comunque quello di leggere le osservazioni che precedono come legate alla contingenza elettorale e con essa destinate a cadere. Il lavoro è ben più vasto, impegnativo e durevole: esige una mobilitazione di energie intellettuali e morali tale da realizzare un'autentica mutazione nel modo di concepire e praticare la politica. Se ne dovrà riparlare.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 15/1/2013 13.28
Titolo:TANTO PER RICORDARE ....
SE FOSSI PAPA .... SUBITO UN NUOVO CONCILIO !!!

di Federico La Sala

Una nota sull'incontro di Ciampi e Ratzinger *

Se fossi nei panni di Papa Benedetto XVI e ... avessi ancora un po' di dignità di uomo, di studioso, di politico, e di cristiano , oltre che di cattolico, dopo l'incontro di ieri con il Presidente della Repubblica Italiana, di fronte all'elevato ed ecumenico discorso di Carlo Azeglio Ciampi (lodevolmente, L'Unità di oggi, 25.06.2005, a p. 25, riporta sia il discorso del Presidente Ciampi sia di Papa Benedetto XVI), considerato il vicolo cieco in cui ho portato tutta la 'cristianità' (e rischio di portare la stessa Italia), prenderei atto dei miei errori e della mia totale incapacità ad essere all'altezza del compito di "Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale", chiederei onorevolmente scusa Urbe et Orbi, e ....convocherei immediatamente un nuovo Concilio!!!

* Il Dialogo, Sabato, 25 giugno 2005:

http://www.ildialogo.org/filosofia/nuovo25062005.htm
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 21/5/2013 17.00
Titolo:REFERENDUM - BOLOGNA. PRODI CONTRO RODOTA', GUCCI E COSTITUZIONE
Stefano Rodotà sul referendum di Bologna contro le scuole private cattoliche
- Consultazione giusta. Pretestuoso parlare di strategie politiche

DI STEFANO RODOTA’ (Corriere della Sera, 21.05.2013)

Caro direttore,

vorrei semplicemente ristabilire la verità dei fatti a proposito di quanto scritto ieri sul suo giornale a proposito del referendum bolognese sui finanziamenti alla scuola privata, di cui vengo additato come l’ispiratore (del che, se fosse vero, sarei assai lieto). Ma il vero ispiratore è l’articolo 33 della Costituzione, dov’è scritto che i privati possono istituire scuole «senza oneri per lo Stato». E i promotori sono i cittadini bolognesi che avviarono le procedure referendarie fin dall’anno scorso, da quel 25 di luglio 2012 quando il Comitato dei garanti comunali ne approvò i quesiti. Le firme necessarie furono depositate il 5 dicembre e il referendum fu indetto dal sindaco il 9 gennaio di quest’anno.

Dopo che la procedura era già ampiamente in corso, mi fu chiesto di presiedere il comitato referendario, cosa che accettai di buon grado. Questa cronologia è utile anche per mostrare quanto sia pretestuoso e fuorviante il tentativo di presentare questa iniziativa come parte di una strategia politica che si è venuta sviluppando solo nelle ultime settimane.

Gli argomenti contro il referendum, peraltro, sono quelli che discendono da una triste interpretazione, giuridica e politica, che ha voluto aggirare la chiara lettera della Costituzione con una operazione opportunistica e strumentale, alla quale mi sono sempre pubblicamente opposto anche quando veniva condotta dal Pci e dai suoi successori.

Distinguere «finanziamenti» da «oneri», e battezzare come «pubblico» un sistema di cui i privati sono parte integrante, sono espedienti di cui ci si dovrebbe un po’ vergognare.

Si è detto, anche dal cardinale Bagnasco, che quel finanziamento permette allo Stato di risparmiare. Non si comprende che non siamo di fronte a una questione contabile.

Si tratta della qualità dell’azione pubblica, del modo in cui lo Stato adempie ai suoi doveri nei confronti dei cittadini. La consapevolezza di questi doveri si è assai affievolita in questi anni, e le conseguenze di questa deriva sono davanti a noi.

Forse varrebbe la pena di ricordare che Piero Calamandrei definiva la scuola pubblica «un organo costituzionale». E la Costituzione stabilisce pure che lo Stato debba istituire «scuole statali per tutti gli ordini e gradi».

In tempi di crisi, questa norma dovrebbe almeno imporre che le scarse risorse disponibili siano in maniera assolutamente prioritaria destinate alla scuola pubblica in modo di garantirne la massima funzionalità possibile.

Siamo ormai così disabituati alle questioni di principio che, quando ci capitano tra i piedi, cerchiamo di liberarcene tacciandole di «ideologia».

I promotori del referendum, per fortuna di tutti, sono abituati a un altro realismo e chiedono che i principi siano rispettati al di là delle convenienze e che la legalità costituzionale venga onorata.

Stefano Rodotà

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- Domenica il referendum
- Lo scontro sulla scuola sgretola la sinistra
- Soldi ai privati? Bologna decide, sinistra a pezzi
- Guccini: ”Scrivete A, per Calamandrei”

- Tra i sostenitori Stefano Rodotà, Valeria Golino, Gino Strada, Isabella Ferrari, Andrea Camilleri, Corrado Augias e Michele Serra

- di Emiliano Liuzzi (il Fatto, 21.05.2013)

I democratici e Sel sono alleati in giunta, ma divisi sulla consultazione per cancellare il milione di euro agli istituti privati. Da una parte le larghe intese, dall’altra il comitato e tante voci. Questione che rischia di diventare un precedente

Prodi contro Guccini e Rodotà

Bologna. Come ci sia finito dentro a questo inghippo, non è chiaro: il sindaco di Bologna, Virginio Merola, è uno che pur di non avere guai è capace di condividere i pensieri di Renzi, Bersani, Prodi, D’Alema o dei ragazzi di Occupy Pd. Non brilla per protagonismo, e neppure per le decisioni.

Un uomo diviso tra Guelfi e Ghibellini che si è trovato, causa di forza maggiore, a indire un referendum che non avrà nessun valore giuridico, ma che rischia di mettere in crisi la sua già vociante giunta: quello sui finanziamenti alle scuole private. Un milione di euro che ballano sui tavoli del palazzo comunale e che il sindaco vuol concedere e concederà, ma che la Bologna laica rispedisce al mittente.

UN FUOCHERELLO, all’inizio, che rischia di generare un incendio. Sul fronte opposto al sindaco di Bologna si sono schierati con il comitato Articolo 33 personaggi come Stefano Rodotà, Andrea Camilleri, Corrado Augias, Michele Serra, Francesco Guccini, Riccardo Scamarcio, Valeria Golino, Isabella Ferrari, Ivano Marescotti, giusto per citarne alcuni, tutti sul “non se ne parla”, niente soldi alle scuole private. Scuole che a Bologna, ma anche nel resto d’Italia, vuol dire cattoliche.

Così Merola si è trovato catapultato in una nuova campagna elettorale, solo che due anni fa aveva al fianco Pier Luigi Bersani, Romano Prodi e Vasco Errani, quello che allora sembrava essere il vertice di un governo prossimo venturo.

Questa volta invece i suoi principali alleati sono un cardinale, l’arcivescovo Carlo Caffarra, il Pdl, la Lega Nord, impegnatissima nel montare gazebo ovunque tra le vie medievali, con tanto di palloncini verdi. Un mix di genti a dir poco singolare: uomini del Carroccio, militanti del Pd, impiegati delle Coop rosse, parroci e suore, tutti insieme per convincere gli elettori a mettere la croce sulla B, quella che prevede il mantenimento del sistema integrato tra pubblico e privato. E quindi anche un sostanzioso finanziamento alle scuole d’infanzia convenzionate. Non un euro di più, non un euro di meno.

Tutti gli altri sono per il no al sostegno comunale dell’educazione privata, che tradotto sulla scheda elettorale vuol dire opzione A. E tutti gli altri vuol dire Sel, principale alleato al Pd in giunta, quello che la tiene in piedi, il Movimento 5 stelle, con i suoi due consiglieri comunali, Massimo Bugani e Marco Piazza, intellettuali, attori, personalità della cosiddetta società civile, molto poco politici.

Un muro contro il quale il sindaco di Bologna, la città simbolo del Pd che fu, rischia di sbattere contro. Perché il referendum, essendo puramente consultivo, non avrà nessuna conseguenza immediata e non è detto che, in caso di vittoria del comitato referendario, l’amministrazione debba invertire la rotta.

Anzi. Merola può benissimo andare avanti per la sua strada. Sarà più difficile, in questo, convincere i suoi alleati, i vendoliani, che comunque gli hanno garantito che - almeno per ora - non hanno alcuna intenzione di far cadere la giunta e rischiare un altro commissariamento dopo quello già vissuto (e non bene) con Anna Maria Cancellieri.

Una consultazione che per il momento sta dividendo molto. Due nomi su tutti: Romano Prodi e Francesco Guccini. Da sempre, il maestrone di Pavana, come lo chiamano a Bologna, sostiene il professore: lo ha fatto nel corso delle campagne elettorali, lo avrebbe voluto come sindaco di Bologna, candidato premier, presidente della Repubblica. Ieri Guccini - che nella sua vita, oltre a scrivere canzoni, è stato insegnante alla Dickinson College - ha preso una posizione netta: “Entrare nella scuola pubblica è il primo passo di ogni individuo che voglia imparare l’alterità e la condivisione. Ed è il primo passo di ogni essere umano per diventare uomo, per diventare donna”.

Prodi, da Addis Abeba, dove è al lavoro per l’Onu, spiega invece che il “referendum si doveva evitare perché apre in modo improprio un dibattito che va oltre i ristretti limiti del quesito. Il mio voto per i finanziamenti alla scuola privata è motivato da una ragione di buonsenso: perché bocciare un accordo che ha funzionato bene per tantissimi anni e che tutto sommato ha permesso con un modesto impiego di mezzi di ampliare il numero di bambini ammessi alla scuola d’infanzia? ”.

Non stupisce la dichiarazione di Prodi: nonostante la distanza abissale che si è creata tra lui e il Pd, quello del finanziamento alle scuole private è un provvedimento voluto dal suo governo il 5 agosto 1997. Se la partita fosse decisa dagli intellettuali il fronte del no avrebbe già vinto. Oltre a Prodi, di nomi spendibili il sindaco di Bologna ne ha ben pochi: Maurizio Lupi, Maurizio Gasparri, Stefano Zamagni, Giuliano Cazzola, Antonio Polito e pochi altri.

Previsioni? Per ora non ne circolano. Certo è che in una città come Bologna, la Curia e quello che fu il “partitone” la fanno da padrone. È sempre stato così, dal dopoguerra a oggi. Poteri che hanno sempre dialogato, seppur mai in pubblico, e che per la prima volta nella storia repubblicana si trovano ad amoreggiare senza nascondersi.

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- Contro l’ideologia
- 423 bambini esclusi nel 2012
- “Il diritto è all’istruzione. Gratuita”

di Francesca Coin (il Fatto, 21.05.2013) *

Il Corriere della Sera di ieri ospitava in prima pagina un articolo di Antonio Polito sul referendum consultivo sui finanziamenti pubblici alle scuole paritarie private previsto a Bologna per il 26 maggio. Polito usa toni allarmistici che poco rappresentano i contenuti e il significato della campagna referendaria, nonché i principi dei cittadini che vi partecipano.

LA CAMPAGNA sul finanziamento pubblico alle scuole paritarie private nasce qualche anno fa dalla preoccupazione di quelle famiglie costrette a confrontarsi ogni anno con l’esclusione scolastica dei loro figli. I tagli alla scuola e una rapida riforma hanno infatti colpito duramente la scuola pubblica.

A Bologna il problema più grave è stata l’incapacità del sistema integrato della scuola per l’infanzia di garantire un posto a scuola a tutti i bambini di Bologna.

Nel 2012, 423 bambini non hanno avuto accesso alla scuola per l’infanzia. E alla fine, nonostante il Comune abbia improvvisato soluzioni d’emergenza, 103 di loro sono rimasti a casa. Altre famiglie sono state costrette a iscrivere i loro figli a una scuola privata, spesso confessionale.

Sul Corriere, invece, Polito sostiene che “il referendum punta ad abbattere il sistema integrato di scuola pubblica e scuola paritaria che fu avviato in Emilia più di vent’anni fa”.

La campagna referendaria in realtà non ha mai assunto toni duri, tanto meno contro i privati. Si limita a sostenere quanto prescritto dall’articolo 33 della Costituzione, come diceva Piero Calamandrei “la scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius”. O per usare le parole dell’onorevole Luigi Preti nell’Assemblea Costituente nel 1947, “sarebbe un paradosso che lo Stato, che non ha nemmeno abbastanza denaro per le proprie scuole, dovesse in qualche modo finanziare delle scuole non statali”.

PER FAR FRONTE alle esigenze di tutte le famiglie ed eliminare le liste d’attesa nella scuola pubblica a Bologna servirebbero 12 nuove sezioni a un costo di 90 mila euro a sezione, come dimostra le delibera comunale del 9 ottobre 2012.

Questa cifra corrisponde esattamente a quella che al momento viene data alle scuole private: 1 milione e 80 mila euro. La richiesta dei referendari, dunque, è semplice: prima di divagare assicuriamoci che i diritti vengano garantiti. Altrimenti la “libertà di scelta” di cui parla Polito non è affatto garantita. Non vi è libertà di scelta quando l’istruzione diventa un servizio a pagamento.

Va ricordato che il referendum del 26 maggio non è abrogativo, bensì consultivo: interroga la cittadinanza su quale sia la destinazione più opportuna dei fondi pubblici.

Per fare questo, il Comitato Referendario ha chiesto il supporto di illustri costituzionalisti, come il professor Stefano Rodotà che, lungi dall’ispirare il referendum, come ha scritto Polito, ha messo le sue competenze a servizio della campagna, divenendone presidente onorario.

Spiace che una campagna così partecipata, appassionata e calorosa possa diventare pretesto per un’agenda politica altra. Polito dice che “nelle urne bolognesi si fronteggiano per la prima volta gli inediti schieramenti che si sono creati in parlamento, Pd e Pdl insieme da un lato, Sel e Movimento Cinque Stelle dall’altro”.

Non è così. Alle urne questo 26 maggio i cittadini voteranno per difendere la scuola pubblica e la Costituzione. Ogni altra interpretazione è pretestuosa e fallace.

* docente di Sociologia all’Università di Venezia

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