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www.ildialogo.org KANT: IL MARE SENZA RIVA, LA BUSSOLA INAFFONDABILE, E IL PROBLEMA DELL’ “IO”. Note di Federico La Sala,

LIBERARE IL CIELO. Cristianesimo, democrazia e necessità di "una seconda rivoluzione copernicana" - oggi.
KANT: IL MARE SENZA RIVA, LA BUSSOLA INAFFONDABILE, E IL PROBLEMA DELL’ “IO”. Note di Federico La Sala

(...) l’unità e il monoteismo della ragione e del soggetto, a cui Kant guarda fisso (con il metodo della parallasse, di cui parla nei “Sogni”) non ha niente a che fare: non ha niente a che fare con la tradizione platonico-cattolica, con la loro rinnovata e camuffata vecchia unità, con la loro soggettività di un monoteismo, falso e bugiardo.


KANT: IL MARE SENZA RIVA,  LA BUSSOLA INAFFONDABILE, E IL PROBLEMA DELL’ “IO”.     
 
 
 “Che cosa significa orientarsi nel pensiero” (1786) è un testo decisivo dell’evoluzione del pensiero di Kant e, al contempo,  dell’intero pensiero europeo. Nei temi e nei toni  affiorano nodi non sciolti del passato e del presente, e segnali di tempeste del futuro, già in avvicinamento: l’inizio di una guerra di lunga durata all’illuminismo kantiano, e alla sua rivoluzione copernicana, in nome di Kant contro Kant
 
Kant mostra di essere giunto ad un punto oltre al quale non può più spingersi. Ma non è questo il problema!  E’ vero: i suoi stessi amici hanno frainteso (e non capito) la proposta  della “terza via”; la sua risposta – pur se ferma e decisa a difendere la sua “fede razionale” e appena venata dal sentimento di una possibile carità razionale – è debole teoreticamente e, alla fin fine, moralistica praticamente.  E’ vero: un dialogo pieno tra maggiorenni non c’è stato,  ma non c’è stato non per motivi anagrafici o psicologici. E’ teoreticamente, e storicamente, che l’unità stessa del soggetto non c’è ancora: non è stata  ancora concepita  come l’unità di un soggetto maturo – a tutti i livelli. Pensare da minorenne alla maturità, da suddito alla cittadinanza democratica – ai “diritti dell’uomo e del cittadino”non è un’impresa da … ragazzi: il “Sapere aude!”  non dipende solo dal coraggio di servirsi della propria intelligenza senza la guida di nessuno. Kant lo sa (per esperienza: Federico II di Prussia non è Federico Guglielmo II) e non si ferma, né si arrende. Intorno al problema, girerà fino alla fine: la vera questione, a cui si riducono le altre (metafisica, morale, e religiosa),  scrive nella Logica (1800),  è quella antropologica: “che cosa è l’uomo?”.
 
Per Kant  non ci sono dubbi. Egli  è e rimane incrollabilmente e assolutamente fiducioso: solo la strada critica non è un vicolo cieco (quello che imboccano - come già succedeva ai tempi di Parmenide – coloro che, per “l’incapacità che nel loro petto dirige l’errante mente”, sono abituati a  “usar l’occhio che non vede e l’udito risuona di suoni illusori”); solo “il criticismo della ragion pura” assicura alla facoltà umana della conoscenza “una duratura condizione, non solo all’esterno ma anche all’interno, di non essere bisognosa di ampliamento o di restrizione, né di esservi anche solo disposta” (I. Kant, I progressi della metafisica, Bibliopolis, Napoli 1977, p. 71). Trasformare “questo sentiero in una strada maestra” (come aveva già scritto nel 1781)  è possibile - e necessario:  è l’unica che permette una ‘navigazione’ nel dialogo, nella nonviolenza e nella pace (I. Kant, Per la pace perpetua, 1793) e non distrugge la ‘nave’ – l’umanità e la stessa Terra. 
    
Seguendo il filo di Aristotele, Galilei, Newton, Rousseau egli si è spinto coraggiosamente avanti, con la sua bilancia  ha  trovato il modo sicuro per non perdere la speranza e la fede razionali, ma ora ha trovato dinanzi a sé di nuovo il loro stesso ostacolo:  la soggettività da lui conquistata e teorizzata, presuppone (e guarda) a una soggettività che non c’è ancora nemmeno oggi! La sua epoca è l’epoca del dispotismo e dell’Illuminismo, non è un’epoca illuminata. Kant ne è consapevole, e guarda lontano, pensa già ai cittadini e alla nuova società, a una società democratica: con la sua bussola. è sicuro, è possibile arrivare alla “terra promessa”.  Nel suo caso, e ancor di più, possiamo -  cosa a cui invita egli stesso, del resto! - “far valere e considerare come un passo avanti anche il non procedere”: egli, infatti, ha fornito  una bussola inaffondabile per orientarsi, “un criterio atto a capire ciò che di recente è avvenuto nella metafisica (…) quanto è stato fatto per l’innanzi”, e ciò che “si sarebbe dovuto fare” (I. Kant, I progressi della metafisica, Bibliopolis, Napoli, 1977, p. 68).
 
Kant come Mosé: Holderlin aveva ragione. Ma già con lui, e con  Fichte, Schelling, Hegel, Feuerbach, Marx, fino a  Heidegger e a Lacan (che associa, “kant e Sade”), inizia la moda di  ‘giocare’ a superare Kant  e a sciogliere il nodo delle antinomie della ragione, rinnovando e variando le tecniche e gli strumenti sofistici dei visionari e dei metafisici del passato. Ma l’unità e il monoteismo della ragione e del soggetto, a cui Kant guarda fisso (con il metodo della parallasse, di cui parla nei “Sogni”)  non ha niente a che fare: non ha niente a che fare con la tradizione platonico-cattolica, con la loro rinnovata e camuffata vecchia unità, con la loro soggettività di un monoteismo, falso e bugiardo.
 
Federico La Sala (24.07.2010)

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Sabato 24 Luglio,2010 Ore: 17:33
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 25/7/2010 09.40
Titolo:IL VUOTO DELLE RELIGIONI ...
Il vuoto delle religioni

di Moni Ovadia (l’Unità, 24 luglio 2010)

I tempi di crisi, a senso di logica, dovrebbero sollecitare pensieri e riflessioni che consentano agli esseri umani di proiettarsi al di là dei semplici aspetti materiali dell’esistenza per interrogarsi sul senso profondo della vita. La religione dovrebbe essere l’ambito ideale per siffatte interrogazioni ma non è così.

La questione sia chiaro non è tanto quella dello scandalo pedofilia che ha di recente travolto la Chiesa cattolica, né quella di rabbini dei partiti religiosi dello schieramento politico israeliano che tengono in scacco la democrazia dello stato ebraico con la scusa della religione dietro alla quale si mascherano biechi interessi di potere. E neppure l’islamismo politico con le sue derive terroriste è il vero punctum dolens.

Il vero problema è che le istituzioni religiose non hanno saputo cogliere le preziose opportunità offerte dal formarsi di società democratiche e aperte per farsi maestre di una spiritualità laica fondata sull’etica del primato della coscienza, della libertà, dell’uguaglianza della giustizia sociale, dell’amore.

Hanno continuato a baloccarsi col potere per garantirsi le solite rendite di posizione, o si sono accaniti con furori normativi sui i presunti fondamenti naturali della sessualità, non solo manifestamente falsi ma persino ridicoli, hanno preteso di confinare la famiglia entro schemi storicamente frusti, la famiglia, una struttura sociale in evoluzione e in particolare negli ultimi lustri in impetuosa evoluzione. Da tempo non esiste un solo paradigma di famiglia ma molti modelli di famiglie.

Le istituzioni religiose si ostinano a pretendere il potere della verità assoluta su l’origine della vita, sul senso ultimo della morte e solo a parole accettano il confronto laico delle opinioni sui grandi temi della bioetica. Ossessionate dal monopolio della verità, le religioni hanno abbandonato l’uomo al culto di Mamona.

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