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www.ildialogo.org NOI E LA TERRA: JURGEN MOLTMANN ALLA RICERCA DI UN NUOVO "BUON-MESSAGGIO". La Terra redenta dall’eco-teologia. Una sua nota - con alcuni appunti,a c. di Federico La Sala

Pianeta Terra e crisi ecologiche. Sull’uscita dallo stato di minorità, oggi...
NOI E LA TERRA: JURGEN MOLTMANN ALLA RICERCA DI UN NUOVO "BUON-MESSAGGIO". La Terra redenta dall’eco-teologia. Una sua nota - con alcuni appunti

(...) abbiamo bisogno di un sì alla Terra che superi tali forze e di un invincibile amore per la Terra. C’è forse un riconoscimento maggiore e un amore più forte della fede nella presenza di Dio nella terra e nelle sue condizioni di vita? Abbiamo bisogno di una teologia della Terra e di una nuova spiritualità della creazione


a c. di Federico La Sala

MATERIALI SUL TEMA:

Sull’uscita dallo stato di minorità, oggi. LO SPIRITO CRITICO E L’AMORE CONOSCITIVO. Un omaggio a Kurt H. Wolff e a Barrington Moore Jr.

GUARIRE LA NOSTRA TERRA.  "Potrei, per me, pensare un altro Abramo" (F. Kafka).

GIOACCHINO DA FIORE, DANTE, E LA "GRANDE RUOTA DEL CARRO" DI EZECHIELE - LA "CHARITAS".

KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI"). (Federico La Sala)

 


La Terra redenta dall’eco-teologia

di Jürgen Moltmann (Avvenire, 18 maggio 2012)

Ci troviamo oggi alla fine dell’epoca moderna e all’inizio del futuro ecologico del nostro mondo, se il nostro mondo deve sopravvivere. Con ciò si intende un nuovo paradigma, nel suo nascere, che lega tra loro la cultura umana e la natura della Terra in maniera diversa da come è avvenuto nel paradigma dell’età moderna.

L’età moderna è stata determinata dalla presa di potere dell’uomo sulla natura e le sue forze. Queste conquiste e presa di possesso della natura sono oggi giunte al loro limite.

Tutti gli indizi indicano che il clima della terra si va alterando drasticamente ad opera di influenti comportamenti umani. Le calotte di ghiaccio ai poli della terra si sciolgono, il livello dell’acqua si innalza, alcune isole scompaiono, aumentano i periodi di siccità, si estendono i deserti e così via. Conosciamo tutto ciò, ma non facciamo nulla in rapporto a quanto sappiamo. La maggior parte delle persone chiudono gli occhi o sono come paralizzate.

Eppure nulla favorisce tanto le catastrofi quanto il non far nulla paralizzante. Abbiamo bisogno di comprendere in modo nuovo la natura e di una nuova immagine di uomo, e perciò di una nuova esperienza di Dio nella nostra cultura. Una nuova teologia ecologica ci può in questo aiutare.

Secondo le tradizioni bibliche Dio non ha infuso il proprio spirito divino soltanto nell’uomo, ma in tutte le sue creature: «Nascondi il tuo volto: li assale il terrore; / togli loro il respiro: muoiono, / e ritornano nella loro polvere. / Mandi il tuo spirito, sono creati, / e rinnovi la faccia della terra» (Sal 104, 29.30). Si può dedurne: se l’immagine e somiglianza divina dell’uomo dipende dallo spirito divino che abita in lui, allora tutte le creature, nelle quali abita lo Spirito di Dio, sono immagini di Dio e devono essere dunque rispettate. In ogni caso gli esseri umani fanno parte della natura della Terra in un modo così stretto che si trovano nella stessa situazione irredenta e nella comune speranza della redenzione. Gli uomini non saranno salvati ’da’ questa terra, ma ’con’ questa terra dalla caducità e dalla morte.

Paolo ha udito il «gemiamo interiormente aspettando... la redenzione del nostro corpo» (Rm 8,23) da parte di coloro che sono animati dallo Spirito di Dio. Egli perciò ha ascoltato anche il «gemito e l’attesa» della creazione non umana attorno a sé (Rm 8,22). Egli era convinto che è lo stesso Spirito di Dio che fa gemere noi e tutta la creazione in attesa della redenzione dal destino di morte. Lo Spirito presente è il principio della nuova creazione, nella quale non ci sarà più la morte, poiché egli è lo Spirito della risurrezione di Gesù e la diffusa presenza del Risorto.

La teologia ortodossa ha espresso ciò con la speranza non solo nella divinizzazione degli esseri umani, bensì anche nella divinizzazione del cosmo: «Tutta la natura è destinata alla gloria, della quale gli uomini avranno parte nel regno del compimento». Gli uomini, nella loro singolarità, nella loro destinazione e nella loro speranza di vita, sono una parte della natura. Dunque essi non sono al centro del mondo, ma per sopravvivere si devono integrare nella natura della Terra e nella comunità delle creature con cui vivono.

L’arroganza del potere sulla natura e la libertà di fare di essa ciò che vogliono non compete loro, ma compete piuttosto una ’umiltà cosmica’ e una considerazione attenta per tutto ciò che essi fanno alla natura. Solo quando saremo consapevoli della nostra dipendenza dalla vita della Terra e dall’esistenza degli altri esseri viventi diventeremo da «divinità superbe e infelici» (Lutero) degli uomini umani. Il vero sapere non è il potere, ma la sapienza.

Le nuove astroscienze hanno dimostrato le interazioni tra gli ambiti inanimati e quelli animati del nostro pianeta Terra. Da questo deriva l’idea che la biosfera della Terra forma con l’atmosfera, gli oceani e le pianure un sistema complesso, unico nel suo genere, che possiede la capacità di produrre vita e di creare spazi vitali. È la pluridiscussa teoria di Gaia, di James Lovelock. Nonostante il nome poetico della dea greca della Terra, non si intende con ciò fare una divinizzazione della Terra. La Terra viene però concepita come un organismo vivente che produce vita e crea spazi vitali.

Se si intende la vita in senso puramente biologico, allora la terra non è ’vivente’, perché essa non si riproduce. Essa, tuttavia, va detta più che vivente, perché produce vita. Essa non è neppure un ’organismo’, nel senso in cui noi conosciamo gli organismi biologici. Essa è più che un organismo, poiché produce organismi.

La Terra è un soggetto di tipo particolare, incomparabile e unico. Non è un agglomerato a caso di materia e energia, non è né cieca né muta. È intelligente, poiché produce intelligenze. Ad un preciso punto della sua evoluzione la Terra ha incominciato a sentire, a pensare, a prendere coscienza di se stessa e a meritare rispetto. Noi uomini siamo creature della Terra.

Dunque non stiamo di fronte alla Terra come suoi soggetti, ma nella nostra dignità di esseri umani siamo parte della Terra e membri della comunità terrena delle creature. Noi stessi siamo ’con-creature’, insieme con gli altri esseri viventi. Questo sentimento cosmico di comunione è più ampio di tutti gli ambiti della natura che noi possiamo conoscere e dominare.

Perciò oggi è tempo di mettere al centro la santità della Terra e di integrarci consapevolmente nella comunità della terra. Arriviamo a parlare di un tema particolare della teologia cristiana, tema che nella svolta ecologica verso la Terra e le sue condizioni di vita diventa oggi attuale: la teologia naturale. Mentre con questa espressione, tuttavia, tradizionalmente si intendeva una conoscenza indiretta di Dio a partire dalla natura, oggi abbiamo bisogno di una conoscenza indiretta della natura a partire da Dio.

Le crisi ecologiche distruggono le condizioni vitali della Terra. Per conservarla malgrado le forze distruttive, abbiamo bisogno di un sì alla Terra che superi tali forze e di un invincibile amore per la Terra. C’è forse un riconoscimento maggiore e un amore più forte della fede nella presenza di Dio nella terra e nelle sue condizioni di vita? Abbiamo bisogno di una teologia della Terra e di una nuova spiritualità della creazione



Venerdì 18 Maggio,2012 Ore: 16:28
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 12/1/2013 01.47
Titolo:ELIZABETH JOHNSON. Dal suo libro, stralci del capitolo sull’ecoteologia.
Parlare di Dio attraverso un linguaggio nuovo. Le ultime frontiere della teologia contemporanea (Adista Documenti n. 1 del 12/01/2013)

DOC-2493. ROMA-ADISTA. Dalla metà del XX secolo, sulla spinta delle nuove sfide poste da drammatici eventi storici e da inediti contesti sociali, la riflessione teologica si è arricchita di nuove visioni di Dio. Ateismo, Shoah, oppressione dei poveri, delle donne e delle minoranze, incontro tra le religioni, crisi ambientale: «Ognuno di questi contesti richiede una nuova comprensione e offre elementi utili riguardo al modo in cui la ricerca può procedere». Comprensione ed elementi che la teologa Elizabeth Johnson, religiosa della congregazione delle Sisters of Joseph e docente di Teologia alla Fordham University di New York, offre nel suo libro Alla ricerca del Dio vivente, appena tradotto e pubblicato da Fazi editore nella collana Campo dei Fiori, diretta da Vito Mancuso (pp. 309, € 16).

Già presidente della Catholic Theological Society of America (Ctsa) e dell’American Theological Society (Ats), di orientamento ecumenico, Elizabeth Johnson - che ha ricevuto numerosi premi, tra cui il John Courtney Murray Award della Ctsa, è stata eletta, nel 2011, “personaggio dell’anno” dal settimanale cattolico statunitense National Catholic Reporter e ha ricevuto, nel 2008, il primo premio della Catholic Press Association per la categoria “teologia accademica” - è diventata, negli ultimi due anni, uno dei simboli della libertà della ricerca teologica contro la chiusura e la censura della gerarchia ecclesiastica.

Nel marzo 2011, infatti, il suo libro, pubblicato nel 2007, è stato giudicato non in accordo con «l’autentica dottrina cattolica» dalla commissione dottrinale della Conferenza episcopale statunitense, presieduta dall’arcivescovo di Washington card. Donald Wuerl (v. Adista nn. 30, 32, 35, 46, 48, 60, 82/2011).

Il libro, assai diffuso e popolare anche tra i non addetti ai lavori e utilizzato come libro di testo in molte università, veniva accusato, nelle 21 pagine del documento dei vescovi, di «minare completamente il Vangelo e la fede di coloro che credono in esso», in particolare per quanto riguarda il tema della Trinità.

Benché nessun provvedimento disciplinare sia stato preso contro la teologa, quest’ultima ha contestato l’assoluta mancanza di un confronto prima di procedere alla “condanna”: «Avrei gradito avviare un dialogo per chiarire i punti critici – aveva affermato – ma non sono mai stata invitata a farlo». Segno di tale mancanza, sosteneva, era anche il fatto che la dichiarazione dei vescovi «fraintende radicalmente ciò che penso e che in realtà ho scritto».

Non è chiaro il motivo per cui il libro sia finito sotto la lente della Commissione dottrinale a tanto tempo dalla pubblicazione. All’epoca in cui uscì, suscitò infatti molti elogi per il fatto di aver offerto nuovi modi di intendere Dio sulla base delle diverse correnti teologiche contemporanee: da quella femminista a quella nera, da quella della liberazione a quella interreligiosa, da quella politica a quella ecologica.

I capitoli ne ripercorrono lo sviluppo e la riflessione, restituendo l’immagine di un Dio trascendente e al tempo stesso immanente, e tracciando, dunque, nuove frontiere, con lo spostamento del focus sui luoghi ai margini del potere dominante, dove Dio si manifesta «nell’amore che libera, più vicino alla storia e al caos del mondo». Queste teologie, afferma Elizabeth Johnson, «dilatano la grazia divina oltre i confini del cristianesimo per abbracciare tutti i popoli e oltre la razza umana per abbracciare l’intero mondo naturale».

Assumendo come punto di partenza il retaggio del teismo moderno, con la sua immagine monolitica di un Dio monarca al vertice assoluto della piramide dell’essere che va in crisi con le sfide poste dalla trasformazione culturale e dai drammatici eventi del XX secolo, la teologa racconta un Dio “vivente”, dai molteplici volti, che attraversa le epoche e può entrare in relazione con circostanze storicamente inedite. Ecco, allora, che le teologie di oggi cercano e trovano questo Dio ognuna percorrendo un diverso tratto del percorso e ognuna rappresentandone l’ultimo capitolo, senza pretese di possesso della verità ma con propri modi di mettersi in relazione con Lui, significativi e soddisfacenti.

Dal Dio crocifisso della Shoah a quello venuto a liberare i poveri, dal Dio che agisce a partire dall’esperienza delle donne a quello che spezza le catene della schiavitù, dal Dio della religiosità popolare latina a quello delle altre religioni, dal Dio creatore in un mondo che si evolve, si giunge, infine, al Dio trinitario: «Se fosse possibile riassumere le loro riscoperte in una sola metafora - spiega Elizabeth Johnson definendo le varie teologie - sarebbe la fede cristiana tradizionale nel fatto che “Dio è amore”».

Di seguito riportiamo ampi stralci del capitolo relativo all’ecoteologia. (ludovica eugenio)




LO SPIRITO CREATORE IN UN MONDO CHE EVOLVE

di Elizabeth Johnson
COLUI CHE DÀ LA VITA

(...) Nelle fotografie scattate dallo spazio, il nostro pianeta sembra una biglia di un blu brillante, circondata da turbini di nuvole bianche. Questo puntino prezioso, fluttuante su uno sfondo di spazio nero infinito, è l'unico tra tutti i pianeti, le lune e gli asteroidi esplorati fino a oggi a essere ricoperto da una membrana vitale. Gli astronauti che hanno visto questa scena con i loro occhi spiegano che ha il potere di trasformare i loro sentimenti più intimi. Sultan bin Salman al-Saud, astronauta saudita che ha fatto parte di un equipaggio internazionale, ricordava: «Il primo giorno ci siamo messi tutti a indicare i nostri Paesi. Il secondo giorno, i continenti. Arrivati al quinto, vedevamo tutti una Terra sola». L'astronauta Rusty Schweigert, che calcò la superficie lunare, osservò che, da quella posizione privilegiata, la Terra è così piccola che la si può nascondere dietro a un pollice. «Poi capisci», rifletté, «che su quella sfera bianca e blu, bellissima e calda, c'è tutto quello che per te conta», tutta la natura, la storia, l'origine e l'amore. E questo ti cambia per sempre.

Dagli anni Sessanta in poi questa immagine è diventata patrimonio comune della popolazione terrestre. È il simbolo di una consapevolezza nuova e sempre più viva del pianeta Terra da parte degli uomini e delle donne di tutto il mondo, una percezione caratterizzata da una dialettica particolarissima. Da un lato, restiamo pieni di stupore di fronte ai complessi meccanismi di questo mondo, scoperti e divulgati dalla scienza contemporanea. Dall'altro, lamentiamo, pieni di angoscia, il modo in cui l'avidità umana sta rapidamente deturpando la natura. In tale contesto bifronte di meraviglia e di sperpero ambientale, i credenti stanno riscoprendo un tema antico, vale a dire la presenza e l'azione dello Spirito di Dio creatore nel mondo naturale.

La teologia degli ultimi secoli non ci viene molto in aiuto nella comprensione di questo aspetto. Intanto, a differenza della teologia ortodossa della Chiesa Greca e Russa, la teologia occidentale moderna ha mortificato la pneumatologia, lo studio dello Spirito. Ha trattato lo Spirito, per usare le parole di Walter Kasper, come la Cenerentola della teologia, che resta a casa a fare i lavori più umili mentre le altre due sorelle vanno al ballo. La teologia moderna ha anche trascurato il mondo naturale quale oggetto di interesse religioso. Ciò è avvenuto a partire dai tempi della Riforma. Prima di allora, Dio, l'umanità e la natura formavano tre pilastri della teologia, uno sgabello a tre gambe che, insieme, abbracciava la riflessione filosofica e teologica cristiana, ebraica e islamica. Tuttavia, il feroce conflitto riguardo alla salvezza, con i protestanti che insistevano a dire che l'opera redentrice di Cristo era efficace per la sola fede, e i cattolici che lo era per la fede e le opere, fece sì che l'attenzione si concentrasse su questo dilemma umano, eliminando dal campo visivo il resto della creazione. Come accade in qualsiasi battaglia, si perse di vista la realtà più ampia. (...).

Rivisitando oggi questo antico tema, dunque, l'ecoteologia è costretta a lavorare contemporaneamente su due fronti, quello dello Spirito e quello della natura. Il Credo niceno offre un indizio laddove identifica lo Spirito come colui che «è Signore e dà la vita», in latino Dominum et vivificantem, “colui che vivifica”, il “Vivificante”. (…).

Il mondo meraviglioso sviluppatosi dal Big Bang e dalla biologia evolutiva, da un lato, e la vulnerabilità della vita sulla Terra, bisognosa di protezione, dall'altro, stanno conducendo l'ecoteologia a percepire la presenza e l'attività dello Spirito in modo nuovo, vale a dire come Dio vivente che è fonte, sostentamento e traguardo di tutto quanto.

IL MONDO NATURALE

La meraviglia

Tenendo presente l'immagine della Terra vista dallo spazio, consideriamo quattro aspetti di questo pianeta e il suo posto nell'universo.

- Primo, l'universo è antichissimo. In termini di miliardi di anni, i numeri chiave sono il 14, il 5 e il 4. L'universo ebbe origine con un'esplosione originaria chiamata, in modo piuttosto prosaico, Big Bang, circa 14 miliardi di anni fa (più precisamente 13 miliardi e 700 milioni di anni fa, secondo l'attuale consenso scientifico). Dalla deflagrazione di quell'istante fino a oggi l'universo ha continuato a espandersi, mentre le galassie e le loro stelle nascevano e morivano. Il nostro sole e i suoi pianeti fecero la loro comparsa circa 5 miliardi di anni fa, prodotti dall'aggregazione del pulviscolo e dei gas liberati dalle precedenti generazioni di stelle esplose nei loro spasmi di agonia. Sul pianeta Terra, circa 4 miliardi di anni fa, ebbe luogo una nuova esplosione, la vita, affacciatasi nelle comunità di organismi monocellulari delle profondità dei mari primordiali ed evolutasi nel milione e più di specie oggi esistenti. Nel suo libro I draghi dell'Eden, Carl Sagan utilizza la scansione di un anno per rappresentare la sequenza degli eventi. Se il Big Bang è avvenuto a Capodanno, il nostro sole e i pianeti sono nati il 9 settembre. La vita sulla Terra ha avuto origine il 25 settembre e i primi esseri umani hanno fatto la loro comparsa il 31 dicembre alle 22,30. (...). Noi esseri umani siamo i neonati dell'universo, quelli appena arrivati.

- Secondo, l'immensità dell'universo è inimmaginabile. Ci sono più di cento miliardi di galassie, ciascuna con miliardi di stelle, e non si sa quante lune e pianeti, e tutta questa materia visibile e udibile è solo un frammento della materia dell'universo che, non essendo conosciuta fino in fondo, è detta “oscura”. La Terra è un piccolo pianeta che orbita intorno a una stella di media grandezza nei pressi dell'estremità di una galassia a spirale. Siamo solo un granellino.

- Terzo, l'universo è completamente interconnesso, tutto è in qualche modo in relazione con tutto il resto. A proposito del colore rosso del sangue, ad esempio, lo scienziato-teologo inglese Arthur Peacocke scrisse: «Ogni atomo di ferro nell'emoglobina del nostro sangue non sarebbe lì se non fosse stato prodotto in una qualche esplosione galattica miliardi di anni fa e se alla fine non si fosse condensato per formare il ferro della crosta terrestre dal quale siamo nati noi». Gli esseri umani e tutte le creature di questo pianeta sono fatti, letteralmente, di polvere di stelle. La storia dell'evoluzione biologica, inoltre, evidenzia che noi umani condividiamo con tutte le altre creature viventi un patrimonio genetico comune che risale agli organismi monocellulari primordiali dei mari antichi. Batteri, pini, mirtilli, cavalli, le imponenti balene grigie: nella grande comunità della vita siamo tutti parenti. (...).

- Quarto, l'universo è profondamente dinamico. Anche mentre leggete queste parole, si sta formando nuovo spazio, dal momento che l'universo continua a espandersi. Le galassie ruotano attorno al loro buco nero centrale; il nostro pianeta compie ogni anno un giro attorno alla nostra stella e ruota ogni giorno intorno al proprio asse; intere specie nascono, crescono e muoiono, così come accade agli individui il cui tempo disegna un arco dalla nascita alla morte. La natura in sé è storica.

Questo dinamismo spiega anche la comparsa della specie umana. Dall'evoluzione del ciclo vitale degli organismi monocellulari fluì una corrente vitale in progressione: creature che vivono in conchiglie, pesci, anfibi, rettili, insetti, fiori, uccelli e mammiferi, tra i quali ebbero origine gli esseri umani, noi primati il cui cervello è strutturato in modo così complesso da consentirci di sperimentare coscienza introspettiva e libertà o, detto in termini intelletto e volontà. La materia, eccitata di energia, evolve nella vita, poi nella coscienza, poi nello spirito (dal sassolino alla pesca, al barboncino, alla persona). Il pensiero e l'amore umano non sono stati iniettati nell'universo dall'esterno, ma rappresentano lo sbocciare in noi di energie profondamente cosmiche, suscitate dal dinamismo propriamente fisico del cosmo, che è già autorganizzato e creativo. In questa epopea, gli umani non sono alieni atterrati in uno strano mondo materiale, ma parte integrante di una storia in evoluzione. Secondo la suggestiva definizione di Sallie McFague, siamo «terricoli», creature che appartengono a questo luogo. Le nostre aspirazioni personali e la nostra creatività culturale racchiudono la vitalità energetica del cosmo stesso; la nostra piccola pepita di tempo storico concentra in sé l'impresa impetuosa ed eccitante in corso nella natura stessa. Tutto questo ci rende distinti ma non separati, un unico filo nel cosmo, ma al tempo stesso un filo del cosmo.

Da un lato, lo stupore. Dall'altro, invece, l'angoscia, perché questa storia è entrata in un nuovo capitolo che costituisce una minaccia per il pianeta che è la nostra casa.

Lo spreco

Noi umani stiamo danneggiando in modo irreversibile e a un ritmo sempre più accelerato il nostro pianeta, mettendo a rischio la sua identità di luogo dove risiede la vita. Sovraconsumo, riproduzione incontrollata, sfruttamento selvaggio delle risorse, aumento spropositato dell'inquinamento stanno rapidamente impoverendo i sistemi vitali di terra, mare e aria. Ogni anno, ad esempio, il 20% della popolazione della Terra che vive nelle nazioni ricche utilizza il 75% delle risorse mondiali e produce l'80% dei rifiuti di tutto il mondo. Un caso esemplare: Chicago, con 3 milioni di abitanti, consuma in un anno tanta materia prima quanto il Bangladesh, che ha una popolazione di 97 milioni. Questo sovraconsumo è il frutto di un'economia che deve costantemente crescere per continuare a esistere. (…). Altro esempio: nel 1950 la popolazione mondiale ammontava a due miliardi di persone. All'inizio del nuovo millennio eravamo sei miliardi. Se le previsioni si realizzeranno, nel 2030 ci saranno 10 miliardi di persone sul pianeta. Chi, nato nel 1950, arriverà a ottant'anni, avrà visto la popolazione umana mondiale quintuplicata nel corso della sua vita. Per tradurre queste statistiche in un'immagine più immediata, ogni sessanta giorni si aggiunge una nuova Città del Messico; ogni anno, nel pianeta, c'è un nuovo Brasile.

La capacità di carico della Terra si sta esaurendo per colpa di questo uso che ne fa l'essere umano; la nostra specie consuma risorse in tempi più rapidi di quelli che il pianeta impiega per reintegrarle. L'aggressione al pianeta, voluta o meno, causa un danno ecologico di proporzioni enormi. La terribile litania è nota: riscaldamento globale, buchi nello strato di ozono, deforestazione, prosciugamento delle zone paludose, impoverimento del suolo, inquinamento dell'aria, avvelenamento dei fiumi, collasso della pesca negli oceani e, soprattutto, la minaccia di una conflagrazione nucleare. Il dato scioccante è che la conseguenza della diffusa distruzione degli ecosistemi è l'estinzione delle specie vegetali e animali che vivono in questi habitat. Il nostro è un tempo di grande agonia. Secondo stime prudenti, nell’ultimo quarto del XX secolo si è estinto il 10% delle specie. Quando questi esseri viventi, questi magnifici animali o piccole piante si estinguono, non tornano più. Stiamo cancellando il futuro di creature come noi, che si sono evolute nel corso di milioni di anni. La loro scomparsa è un primo segnale di avvertimento della morte del pianeta come luogo vitale. (...).

Il quadro s'incupisce quando prendiamo in esame la profonda connessione tra ingiustizia sociale e devastazione ecologica. I poveri patiscono in modo sproporzionato le conseguenze dell'impoverimento ambientale: devastazione delle popolazioni e devastazione della terra dalla quale la loro vita dipende procedono di pari passo. (…).

Quando si comincia a pensare a Dio in relazione a questo mondo, lo stupefacente mondo naturale che suscita in noi meraviglia ma che viene distrutto dal nostro spreco, ci si presenta un approccio totalmente nuovo. Anticamente, la concezione più elementare del mondo sosteneva che fosse stato creato in principio e che fosse un'entità statica; l'attività di Dio sarebbe consistita in primo luogo nel conservare ciò che era stato già creato. Adesso che comprendiamo che il mondo è in divenire, che grazie all'evoluzione e ad altri processi nascono elementi del tutto nuovi, sono necessarie idee inedite sulla presenza e sull'azione divina. Finora esse sono state centrate sullo Spirito di Dio, chiamato Spirito Creatore nel grande inno medievale Veni, Creator Spiritus. Innestando l'esperienza rivelata di un Dio personale in un assetto cosmologico in espansione, l'ecoteologia, completamente pervasa dal tema della giustizia sociale e da prospettive ecofemministe, sonda un'altra nuova frontiera.

LA PRESENZA DI DIO

Il lavoro sull'idea dello Spirito Creatore pone in primo piano la convinzione che il mondo sia pervaso dalla presenza e dall'azione di Dio e che, quindi, il mondo naturale sia il luogo in cui Dio dimora. Questa presenza divina può essere esaminata in base a tre principi: è costante; è caratterizzata dal modello della croce; è sempre presente come promessa.

Una presenza costante

Al termine del suo celebre libro Dal Big Bang ai buchi neri, il fisico Stephen Hawking si pone il famoso interrogativo: «Che cos'è che infonde vita alle equazioni e che crea un universo che possa essere descritto da esse?». Da ateo convinto, lascia aperta la questione. La fede biblica offre una diversa opzione, osando credere che sia proprio lo Spirito di Dio a infondere vita alle equazioni, facendo nascere così questo universo esuberante. Il mistero del Dio vivente, del tutto trascendente, è anche la potenza creatrice presente nel cuore del mondo, che lo sostiene in ogni fase della sua evoluzione.

Il modello intellettuale che consente di interpretare nel modo più comprensibile questa presenza è il panenteismo (tutto in Dio). Negli ultimi secoli la teologia si è servita soprattutto del modello del teismo, secondo il quale Dio è al vertice della gerarchia dell'essere, insistendo sulla differenza e sulla distanza di Dio rispetto al mondo e prestando ben poca attenzione alla sua prossimità. Il modello opposto è quello del panteismo (tutto è Dio), che cancella la differenza tra creato e increato, facendo sprofondare Dio e il mondo l'uno nell'altro. A differenza di quest'ultimo modello, il panenteismo individua una relazione in cui tutto risiede in Dio, che a sua volta tutto circonda, poiché «è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,6). Ciò che ne consegue è una reciprocità nella presenza, della quale il corpo della donna incinta offre un'ottima metafora. (…).

Alla luce di questa costante presenza divina, il mondo naturale, invece di essere scisso da ciò che è sacro, assume un carattere sacramentale. (…). La materia porta il segno del sacro e ha essa stessa uno splendore spirituale. A sua volta, la presenza divina viene mediata a livello sacramentale all'interno e per mezzo del mondo nella sua concretezza, non necessariamente né in modo assoluto, ma misericordiosamente e in modo reale.

Lo Spirito di Dio in noi si muove al di sopra del vuoto, respira nel caos, accelera, riscalda, libera, benedice e crea continuamente il mondo, rendendo possibile il suo progresso evolutivo. Riconducendo, così, lo Spirito all'interno del quadro, l'ecoteologia colloca Dio non al culmine della piramide dell'essere - o più in alto ancora - come nel teismo moderno, ma dentro e intorno al cerchio della vita che nasce, lotta, vive, muore e si rinnova, e all'universo intero.

IL MODELLO DELLA CROCE

C'è, tuttavia, molto altro da dire. Perché il mondo naturale non è solo meraviglioso nelle sue armonie, ma ci mostra anche un volto implacabilmente violento e sanguinario, pieno di sofferenza e di morte. La corporeità di ogni creatura vivente esige che questa si cibi di altre creature, che siano animali o piante. Predazione e morte fanno inevitabilmente parte del modello della vita biologica. Su grande scala, la storia della vita dipende dalla morte: senza di essa, non vi sarebbe uno sviluppo evolutivo di generazione in generazione. Dov'è Dio, in questo scenario di sofferenza e di morte che dura da milioni di millenni? La tentazione di negare la violenza e di rifugiarsi in una visione romantica del mondo naturale è forte. Ma esiste un'altra possibilità, quella, cioè, di affrontare il dolore e di interpretarlo alla luce del Vangelo.

Coloro che credono che Gesù è la Sapienza di Dio incarnata considerano la sua vita e il suo destino la lente per antonomasia attraverso cui interpretare la natura del Dio vivente, non in modo esauriente, giacché il mistero rimane, ma in modo autentico. Che cosa cogliamo attraverso questa lente? Se parliamo della relazione di Dio con gli esseri umani, cogliamo un amore misericordioso che non conosce limiti. Il ministero di Gesù, con cui egli continuamente guarisce, esorcizza, dà da mangiare, perdona e predica il regno di Dio, ha reso l'amore di Dio concretamente accessibile a tutti, soprattutto agli emarginati. La sua ingiusta esecuzione sulla croce ha stabilito un legame profondo tra la compassione di Dio e la colpevolezza di questo mondo, pieno di penosa sofferenza e di morte terrificante. La sua resurrezione rivela che lo Spirito di Dio, penetrando queste profondità, dischiude la promessa di una nuova vita attraverso e oltre la morte. (…).

Il fatto di vedere nel Dio vivente il Creatore non solo degli esseri umani, ma del mondo intero del quale noi umani siamo parte, autorizza l'ecoteologia ad attraversare il confine tra le specie e a estendere questa solidarietà divina a tutte le creature. Essa avanza l'ipotesi che lo Spirito Creatore sia empaticamente solidale con ogni essere vivente che soffre, dai dinosauri spazzati via da un asteroide al piccolo impala divorato da una leonessa. (…). Il grido d'aiuto della natura trova risposta nello Spirito, che geme con le doglie del parto di tutta la creazione, nel dare alla luce il nuovo (Rm 8,22). In questo modo il modello della croce e della resurrezione viene riscoperto su scala cosmica.

Sempre presente come una promessa

Il resoconto scientifico del cosmo in espansione e dell'evoluzione della vita su questo pianeta fa comprendere che l'universo, anziché essere un fenomeno dotato di stabilità, può essere oggi descritto soltanto nei termini di un'avventura dal finale aperto. All'inizio si trattava di un mare omogeneo di radiazioni. Lungi dal rimanere a uno stadio molecolare, l'universo si è evoluto, nel tempo, in modo affascinante emergendo in una varietà sempre più elaborata di forme via via più complesse e meravigliose. Alcuni biologi, come Stephen Jay Gould, suggeriscono di non interpretare questa storia come un percorso necessariamente dotato di una direzione precisa, lineare, dal Big Bang all'umanità. La storia della vita è simile, piuttosto, a un arbusto pieno di rami; l'umanità ne rappresenta un giovane ramoscello. Pur accettando questa considerazione, Peacocke e altri affermano che, poiché è vero che l'universo, nel suo complesso, ha seguito, fin dalle sue origini cosmiche, una certa direzione, è naturale che tenda a una sempre maggiore complessità, bellezza e novità, pur nella coerenza. Sul lungo termine, possiamo constatare che sin dall'inizio l'universo è stato seminato di promesse, gravido di sorpresa. È normale che dal “meno” venga il “più”. (…).

Questa vastità indefinita di fenomeni naturali pone il mondo esattamente all'interno dei parametri della fede biblica. Questa fede, infatti, incontra sempre un Dio della promessa che si avvicina dal futuro con l'invito a “venire avanti”. Dall'esortazione ad Abramo a partire per una nuova terra, suggellata dal dono sorprendente di un figlio per lui e Sara, anziani e sterili, all'invito al popolo ebraico in schiavitù a uscire dall'Egitto, ormai libero, all'incarico conferito alle discepole di Gesù che si trovavano presso la tomba vuota di andare e raccontare la buona novella della resurrezione: la presenza di Dio nella storia umana è foriera di continue sorprese.

Riflettendo sulla vicenda evolutiva del mondo insieme a queste storie di fede, la teologia propone di interpretare lo Spirito Creatore come fonte generosa del nuovo non solo per gli esseri umani, ma anche per il mondo naturale nel suo insieme. Dimorando nel mondo con potenza creatrice, lo Spirito lo avvia verso una grande avventura, ordinando al Big Bang: «Vai, diventa, esplora, dai alla luce il nuovo, perché di più è ancora possibile. E io sarò con te». (…). Il Dio vivente che sempre nasce è presente nel mondo nel modo più intimo, sotto forma di una promessa: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5).

Insomma, l'ecoteologia suggerisce che lo Spirito Creatore abita nel cuore del mondo naturale, dando energia dall'interno alla sua evoluzione con la propria benevolenza, sorreggendo in modo compassionevole tutte le sue creature nella loro finitezza e nella loro morte e sospingendo il mondo verso un futuro inimmaginabile. (…).

L'INTERVENTO DIVINO

La presenza creatrice, sofferente, piena di promesse dello Spirito nel mondo naturale solleva in modo diretto la questione dell'intervento divino. Come agisce Dio nel cammino di un universo evolutivo? Le forme moderne di teismo affermano che Dio interviene nel mondo a sua discrezione, per portare a compimento il proprio progetto indipendentemente dai processi naturali. L'immagine scientifica dell'universo, tuttavia, indica che ciò non è necessario. La natura si autorganizza attivamente in nuove forme a ogni livello. Anche la nascita della vita e poi del pensiero può essere spiegata senza fare ricorso a uno speciale intervento sovrannaturale. L'asprezza degli attuali dibattiti tra alcuni scienziati e i credenti seguaci del “disegno intelligente” deriva proprio da queste affermazioni discordanti: i primi non trovano traccia di attività divina nel mondo fisico, mentre i secondi postulano una qualche forma di azione diretta e di progetto complessivo da parte di Dio. Il concetto fondamentale di intervento divino da cui entrambi gli schieramenti partono, tuttavia, non è più adeguato.

Le dispute teologiche sulla mediazione divina possono essere feroci quanto quelle tra scienza e religione. Almeno sei sono le posizioni che rivendicano un ruolo nel dibattito. (…) Tutti questi punti di vista, però, hanno molto in comune. Rifuggono da un modello dichiaratamente interventista dell'azione divina, cercano di rendere comprensibile l'idea che lo Spirito Creatore, in quanto potere fondante che tutto sostiene e in quanto fine ultimo del mondo in evoluzione, agisce consentendo il processo dall'interno, e vedono la creatività di Dio attiva all'interno dei processi cosmici, insieme a essi e come loro fondamento. Dio crea il mondo, in altre parole, consentendo che il mondo crei se stesso.

Il caso

Anche ammettendo ciò, a rendere il dibattito tanto rischioso per la teologia, con la sua fede in un Dio provvido, è l'elemento del caso. A differenza della scienza del periodo illuminista, che concepiva un universo operante in modo predeterminato, meccanicistico, la scienza contemporanea ha rivelato l'esistenza, nella natura, di ampie aree aperte nelle quali è intrinsecamente impossibile prevedere quale sarà l'evento successivo. (…).

- Il regno microscopico studiato dalla fisica quantistica è una di queste aree. La nostra incapacità di rilevare contemporaneamente tanto la posizione quanto la velocità di una singola particella ha dato origine a ciò che è stato giustamente chiamato «principio di indeterminazione». Invece di fare semplicemente riferimento ai limiti della misurazione, e dunque alla nostra conoscenza, i filosofi della scienza ora suppongono che ciò abbia a che fare con la natura stessa del fenomeno. (…).

- Gli ampi sistemi non lineari e dinamici studiati dalla fisica del caos rappresentano un'altra di queste aree. Qui, la cosa impressionante è che i nuovi modelli autorganizzati emergenti sono estremamente reattivi alle condizioni iniziali. (…). Non c'è un semplice rapporto di causa ed effetto, ma un sistema aperto e dinamico che può prendere una direzione o un'altra a seconda di cambiamenti minimi. Nel corso del tempo, dal ripetersi di questo meccanismo, emergerà un determinato modello. In nessun caso, però, è possibile fare una previsione sicura.

- Lo sviluppo biologico delle specie grazie alla selezione naturale è la terza area. Un gene muta in seguito al bombardamento dei raggi solari, un uragano devia la rotta di qualche uccello verso una nuova isola, la Terra è colpita da un asteroide. Gli esemplari che si adatteranno meglio al cambiamento dell'ambiente (…) saranno in grado di arrivare alla generazione successiva, ma non c'è modo di prevederlo in anticipo.

In questi come in altri casi, la scienza contemporanea ha messo a nudo l'esistenza, nella natura non umana, di sistemi emergenti, capaci di adattarsi e di autorganizzarsi, il cui funzionamento nel tempo ha portato ad autentiche novità nell'universo. Il modello si dispiega in un modo regolare, codificato, poi viene interrotto dal caso ma, anziché andare in pezzi, al culmine del disordine compaiono nuove forme di ordine, più ricche, complesse e belle. Il futuro continua ad aprirsi. (…). Se ci fosse solo la legge, nell'universo, la situazione stagnerebbe in un ordine ripetitivo e sterile. Se ci fosse solo il caso, le cose diventerebbero talmente caotiche che non potrebbe esserci alcuna struttura ordinata. Ma il caso che lavora all'interno della legge interrompe la regolarità del modello pur tenendola sotto controllo, e nel corso di milioni di millenni la loro interazione consente al mondo di progredire a uno stadio più complesso di quanto sarebbe possibile altrimenti. (…).

Ciò significa che, nella misura in cui la scienza può comprenderlo, il dispiegarsi dell'universo non è avvenuto secondo un piano predeterminato. Poiché la casualità autentica non può essere prevista, vi è un'indeterminatezza nel processo grazie alla quale l'universo genera nuovi modi di essere di cui si può dar conto solo retrospettivamente. È stato sconvolgente quando, a un incontro annuale della Catholic Theological Society of America, William Stoeger, astrofisico gesuita del gruppo di ricerca dell'Osservatorio Vaticano all'Università dell'Arizona, ha chiesto: se riportassimo indietro al primo istante le lancette dell'orologio del mondo e lo lasciassimo ricominciare a ticchettare, le cose andrebbero nello stesso modo? Il consenso scientifico propende decisamente per il no. È sceso un silenzio attonito e poi è esplosa la discussione, in una sala piena di teologi che cercavano di fare i conti con quest'idea e di conciliarla con le proprie supposizioni di fondo.

Mettendo in relazione questa idea con la presenza dello Spirito di Dio, l'ecoteologia sostiene che, in quanto amore sconfinato che si esprime nella continua evoluzione dell'universo, la creatività divina è la sorgente non soltanto dell'ordine cosmico, ma anche del caso che consente la comparsa della novità. Dando potere al mondo dall'interno, lo Spirito non solo dà origine a eventi regolari che rispondono a delle leggi, ma abbraccia anche la rischiosità dei mutamenti casuali e delle condizioni caotiche dei sistemi aperti, essendo molto più affine al disordine di quanto la nostra teologia naturale di un tempo abbia mai immaginato. Gli sconvolgimenti imprevedibili possono essere distruttivi, ma hanno anche la capacità di portare a forme di ordine più complesse. Nell'evoluzione dell'universo, non dobbiamo stupirci di trovare la creatività divina librarsi accanto alla turbolenza. (…).

Considerata l'apertura del mondo naturale, John Haught suggerisce, opportunamente, a mio modo di vedere, di pensare a un Dio che non ha tanto un progetto per l'universo in evoluzione, quanto piuttosto una visione. Questa visione ha come obiettivo la creazione di una comunità d'amore. Al cuore di questo processo c'è lo Spirito Creatore, che guida il mondo in quella direzione, allo stesso tempo invitando il mondo a prendere parte alla propria creazione grazie alla libera attività dei suoi sistemi. (…).

AMARE LA TERRA

È chiaro che questa teologia dello Spirito Creatore che crea, è sempre presente, ama compassionevolmente e mette il mondo nella condizione di affrontare la propria avventura ha delle implicazioni per la ricerca teologica nel suo complesso. Essa è, in particolare, il fondamento di un'etica responsabile e rigorosa di cura della Terra. Un universo morale limitato agli esseri umani non è più sufficiente. Se la Terra è davvero un sacramento della presenza divina, luogo della compassione di Dio e portatrice della sua promessa, allora il danno irreversibile e continuo arrecatole dall'ecocidio, dal biocidio e dal geocidio è un gravissimo sacrilegio. Nella tradizione della profezia biblica e nello spirito di Gesù, i credenti devono reagire in modo profetico e provocatorio, promuovendo la cura, la salvaguardia, il risanamento del mondo naturale anche qualora ciò dovesse andare contro potenti interessi economici e politici, come di fatto accade. Dobbiamo fare ricorso a tutte le tecniche di resistenza nonviolenta attiva per fermare l'aggressione contro ciò che è vulnerabile (…). Il criterio rigoroso che deve ora misurare la moralità delle nostre azioni è se esse contribuiscano o meno a rendere sostenibile la vita sulla Terra. (…).

Ciò, a sua volta, esige che superiamo la nostra esclusiva attenzione etica verso gli esseri umani e che individuiamo come nuovo centro di una solida riflessione morale la comunità di vita nel suo complesso. In un'etica ecologica, il grande comandamento di Gesù «ama il tuo prossimo come te stesso» arriva a includere tutti i membri della comunità di vita. «Chi è il mio prossimo?», si chiede Brian Patrick, «il Samaritano? L'emarginato? Il nemico? Sì, certo. Ma lo è anche la balena, il delfino, la foresta pluviale. Il nostro prossimo è l'intera comunità di vita, l'intero universo. Dobbiamo amarlo tutto come noi stessi». Se la natura è il nuovo povero, come afferma Sallie McFague, allora la nostra passione nell'istituire la giustizia per i poveri e gli oppressi ora va estesa in modo da includere il mondo naturale, gli ecosistemi e le altre specie minacciate. «Salva la foresta pluviale» diventa un'applicazione morale concreta del comandamento «Non uccidere». (…).

Oggi scopriamo che il grande, inintelligibile mistero di Dio, totalmente trascendente e al di là del mondo, è anche il potere dinamico al centro del mondo naturale e della sua evoluzione. Gemendo con il mondo, gioendo dei suoi progressi, conservando la fiducia nonostante i suoi fallimenti, rafforzandolo dall'interno con amore, lo Spirito Creatore è con tutte le sue creature nella loro finitudine e nella loro mortalità e resta legato a loro grazie al suo amore redentivo, portandole con sé, in un futuro imprevedibile, in una vita divina di comunione. Non sono semplici passi sulla strada verso l'Homo sapiens: tutto il complesso arazzo dell'ordine creato ha un suo valore intrinseco, poiché è il luogo in cui Dio esprime la sua presenza creatrice. (…).

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