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www.ildialogo.org IL RITORNO DI MELUSINA, LA SIRENA CON LA CODA DOPPIA (E DELLE SIBILLE), NELLA CITTA’ DI CONTURSI TERME, NELLA VALLE DEL SELE. Materiali per riflettere ancora e di nuovo sul tema,a c. di Federico La Sala

ALCHIMIA, PSICOLOGIA E ANTROPOLOGIA: PARACELSO. "Melusina, simbolo dell’anima, espressione della parte femminile dell’anima, è il femminino presente in ogni essere umano" (Carl G. Jung).
IL RITORNO DI MELUSINA, LA SIRENA CON LA CODA DOPPIA (E DELLE SIBILLE), NELLA CITTA’ DI CONTURSI TERME, NELLA VALLE DEL SELE. Materiali per riflettere ancora e di nuovo sul tema

(...) la spiegazione più interessante e degna di nota del mito di Melusina è quella offerta dai medievalisti Jacques Le Goff e Emmanuel Le Roy Ladurie per i quali alla base ci sarebbero racconti mitologici greco‑romani, protagoniste dei quali sono spesso le ninfe, creature semidivine. La cristianizzazione dell’impero conduce a una demonizzazione delle divinità dell’antico Pantheon pagano, che tuttavia rimangono ben vive nell’immaginario (...)


a c. di Federico La Sala

 PREMESSA


La leggenda di Melusina *

Melusina è la protagonista di delicate e suggestive leggende medievali e romantiche: donna-pesce bellissima che consola e inganna, guida alla giusta scelta e innamora di sé, appare e scompare dalle profondità dei laghi nelle foreste incantate, mostro soprannaturale e donna splendida, amorevole e abile, essere crudele, ma anche una sorta di dea dell’abbondanza che costruisce palazzi e colma i campi di frumento.

Esistono diverse versioni della leggenda di Melusina, che si inserisce nella tradizione medioevale dell’incontro tra fate e umani, ma la codifica definitiva si ha intorno al 1400, per volontà di due nobili famiglie, entrambe lontane eredi dei Lusingano (antica casata francese distintasi già intorno al X° secolo), che vogliono dar lustro al proprio nome fornendo alla propria stirpe un’antenata mitica.

Intorno al 1390 il duca di Berry, erede dei castello dei Lusignano, chiede allo scrittore Jean d’Arras di stendere un romanzo che ricordi l’origine per così dire "soprannaturale " della stirpe di cui egli è erede. L’opera vedrà la luce nel 1392 e porterà il titolo di Roman de Mélusine.

Pochi anni dopo a Partenay, non lontano da Lusignano, il signore del luogo ‑ anch’egli discendente dei Lusignano ‑ incarica il suo cappellano Couldrette di redigere un’opera in versi sullo stesso tema.

Il protagonista, Raimondino, mentre è a caccia nella foresta di Colombiers, uccide per errore suo zio. Sconvolto dall’accaduto si rifugia in un bosco e presso una fonte si imbatte in tre fanciulle. Una di queste, rispondente al nome di Melusina, gli rivela di essere al corrente dell’incidente occorsogli e di poterlo aiutare, offrendosi di sposarlo, a patto che lui non cerchi mai di vederla il sabato. Poiché la ragazza è di splendido aspetto, Raimondino è lieto di accettare. Il matrimonio è assai felice e prospero: nascono numerosi figli e la prosperità della coppia sembra riversarsi anche sui possedimenti della famiglia, nei quali si accresce la produzione agricola e sorgono nuovi castelli. Tuttavia, il fratello dello sposo sparge voci malevole sulle misteriose assenze della giovane, tanto da indurre al sospetto persino Raimondino, che infrange il tabù. La ragazza, mutatasi in serpente, scompare per sempre nel regno delle acque, e ricomparirà solo di tanto in tanto come presagio di sciagure, ma i suoi figli daranno gran lustro alla stirpe da lei fondata.

La funzione di Melusina per la stirpe che la rivendica come antenata è quella di un’antica divinità della Madre Terra, che porta la fecondità e la prosperità: il semplice suo passaggio in un bosco crea radure e campi da seminare, portando dunque la civiltà degli uomini lì dov’era il confine con il mondo delle belve e degli esseri non‑umani.

Ma la spiegazione più interessante e degna di nota del mito di Melusina è quella offerta dai medievalisti Jacques Le Goff e Emmanuel Le Roy Ladurie per i quali alla base ci sarebbero racconti mitologici greco‑romani, protagoniste dei quali sono spesso le ninfe, creature semidivine. La cristianizzazione dell’impero conduce a una demonizzazione delle divinità dell’antico Pantheon pagano, che tuttavia rimangono ben vive nell’immaginario e spesso nel culto popolare anche perché si legano a substrati cultural‑religiosi ben più antichi della colonizzazione romana, come i miti celtici. E quando, a partire dal XII secolo, le credenze popolari cominciano ad essere riprese e codificate dalla cultura letteraria, si incontrano numerosi rimaneggiamenti di tali leggende.

Il nome di Melusina è altresì associato all’opera di Paracelso, per il quale essa è analoga di Ninfe e Sirene e vive nell’”Aquaster”, il principio acqueo, il principio psichico quasi materiale legato al lunare, dal quale verrebbe anche Maria. Melusina è da un lato una visione psichica, ma è anche, tenuto conto della capacità di realizzazione immaginativa della psiche (detta "Ares" da Paracelso), una distinta entità obiettiva, come un sogno che diventi realtà per un attimo.

Melusina è simbolo dell’anima che appartiene a quei fenomeni di frontiera che si verificano in particolari condizioni psichiche. Nelle circostanze di un crollo di valori, quando sul futuro si fa il buio, Melusina giunge come presenza reale e soccorrevole: l’inconscio appare come visione mentale, e Melusina emerge dal reame delle acque assumendo sembianze umane, per poi scomparire di nuovo.

Essa aiuta, ma anche inganna. E’ parente dell’ingannevole Morgana (che significa "nata dal mare"), di Afrodite e di Ishtar. Ishtar era rappresentata in epoca ellenistica come sirena a due code ed era legata alle feste nuziali di Maggio. E a Maggio avvengono le nozze mistiche o chimiche degli alchimisti: e l’anima si ricongiunge con lo spirito.

-  Guarda, assisa, la vaga Melusina,
-  Tenendo il capo tra le ceree mani,
-  La Luna in arco da’ boschi lontani
-  Salir vermiglia il ciel di Palestina.
-  Da l’alto de la torre saracina,
-  Ella sogna il destin de’ Lusignani;
-  E innanzi al tristo rosseggiar de’ piani,
-  Sente de ’l suo finir l’ora vicina.
-  Già, già, viscida e lunga, ella le braccia
-  Vede coprirsi di pallida squama,
-  Le braccia che fiorian sì dolcemente.
-  Scintilla inrigidita la sua faccia
-  E bilingue la sua bocca in van chiama
-  Poi che a ’l cuor giunge il freddo de ’l serpente.

G. D’Annunzio

* Fonte: Maria Paola Vannucchi


TRA SCIENZA E ALCHIMIA

«Gnomi, silfidi, ninfe e ondine: Dio ha dato dei custodi alla natura»

di PIRMIN MEIER * 

  • Anticipiamo un passo dal volume «Paracelso» di Pirmin Meier (editore Salerno, pagine 410, lire 36.000).

Nel sesto trattato del Liber de Nymphis, Paracelso spiega «perché Dio ha creato questi esseri». In primo piano c’ è la funzione di difesa, «infatti Dio ha dati dei custodi alla natura, a tutte le cose, e non lascia nulla di incustodito».

Niente nella natura è incustodito! Gli gnomi custodiscono materie prime come oro, argento, ferro, affinché i giacimenti non vengano sfruttati troppo in fretta «ma vengano distribuiti poco a poco e fra tutti, prima in una regione, poi in un’ altra», giacché i tesori della terra e le materie prime devono bastare fino all’ ultimo giorno della creazione. Anche gli spiriti del fuoco svolgono la funzione di custodi. Essi tengono a bada la pericolosità di quell’ elemento, un compito noto anche allo sciamano siberiano Dersu Uzala che dà il titolo al noto libro di Wladimir Arseniew. Il cacciatore e mago asiatico intreccia subito una conversazione con il fuoco crepitante.

Le silfidi, secondo il Liber de Nymphis, sono le guardiane delle formazioni rocciose esterne e proteggono la superficie della terra dalle devastazioni. Le ondine custodiscono i grandi tesori dell’ acqua. Che non siano i metalli nobili a costituire il grande tesoro della terra, ma le acque stesse, va interpretato come un importante segreto rivelato.

Sia nella saga sia in Paracelso viene sottolineata l’ indole benevola degli spiriti elementari. Solo bugie e inganni, infedeltà e un’ eccessiva curiosità da parte dell’ uomo - il vizio della curiositas - provocano gesti vendicativi oppure, in generale, la scomparsa degli gnomi. Questi ultimi popolano soprattutto le regioni alpine. Spesso fanno la loro comparsa anche gli Züsler o Zündelmänner, le scintille. Le ondine preferiscono vivere ad altitudini intermedie, al di sopra dei 600 metri se ne trovano poche.

Renward Cysat insiste sul compito di custodia definita da Paracelso la funzione principale di tali spiriti. Degli «gnomi» riferisce «che tengono animali selvatici nelle loro abitazioni fa i monti, soprattutto i camosci, e che li trattano come animali domestici». I cacciatori accaniti vengono invitati a moderarsi.

Secondo la psicologa junghiana l’intera mitologia degli spiriti elementari, così come ci viene tramandata da Paracelso, rappresenta una miniera di archetipi, preziose metafore e figure psicologiche.

Nelle sue lezioni su Paracelso Jung si è concentrato soprattutto sulla figura di Melusina che, secondo lui, rappresenterebbe un «simbolo dell’anima» e, in particolare, l’espressione della parte femminile dell’ anima, il femminino presente in ogni essere umano.

Il Liber de Nymphis è particolarmente interessante come parte della critica sociale di Paracelso. Il testo contiene alcuni passi in cui l’elemento fantastico si rovescia improvvisamente nella relativizzazione, se non addirittura negazione, di norme sociali vigenti: con i suoi riferimenti a sette e partiti, declino di principi e signori, acquista l’ aspetto di un monito escatologico.

La beatificazione del prologo con una grandiosa figura retorica rimanda a una scala di valori su cui, alla fine del secondo millennio dopo Cristo, si offre l’ occasione di riflettere.

La priorità accordata a ninfe, melusine, gnomi e giganti, rispetto agli ordini della civilizzazione, principalmente non è altro che l’ espressione delle riserve e delle obiezioni della natura nei confronti del raziocinio e della stoltezza umane. Il fine delle visioni sociali paracelsiane è quello di un uomo nuovo in sintonia con Dio, con la natura e il regno degli spiriti che simboleggia questo rapporto.

A differenza del suo contemporaneo Martin Lutero, al quale il «Lutero della medicina» non ama venire paragonato, questo regno degli spiriti non è semplicemente da ricondursi a Satana, bensì esprime la magnificenza della creazione. E quest’ultima - questa la somma della filosofia e della teologia della natura di Paracelso - ha sempre più importanza di quella civilizzazione frutto dello sforzo umano, anche più delle belle cattedrali dell’ Occidente: «La costruzione dell’ uomo non è altro che un cumulo di pietre. E tutti i suoi templi e le chiese e ogni cosa decadranno. Solo il tempio in cui vive il Signore rimarrà: questo è l’ uomo».

Questa è la versione teologica della relativizzazione della civilizzazione umana contenuta nella beatificazione del trattato sulle ninfe. Nella dottrina degli spiriti elementari si tratta di richiamare l’ attenzione su un ordine prioritario nel quale appaiono importanti altre cose rispetto a quelle comunemente ritenute tali. Si scorge l’ orizzonte etico della filosofia paracelsiana che mira a conciliare tutti gli enti con l’ essere assoluto nella conoscenza di sé. Quest’ ultima, ottenuta - come nella mistica - in uno stato di abbandono in cui interviene la grazia, equivale alla pietra filosofale: il fine dell’ alchimia.

Meier Pirmin


ESOTERISMO Esce la «biografia spirituale» di uno degli uomini rinascimentali più complessi e controversi.

PARACELSO La medicina nell’antro del mago

Distillava farmaci dagli alambicchi e credeva negli spiriti dell’ aria

di CESARE MEDAIL *

Teophrast Bombast von Hohenheim, più noto come Paracelso (1493-1541), filosofo e profeta, alchimista e soprattutto medico, rappresentò meglio di chiunque lo spirito del Rinascimento in tutte le sfaccettature e ambivalenze. In sintesi, la sua opera consiste nell’ aver applicato l’alchimia e l’ astrologia all’ arte medica. Base teorica, l’intuizione delle corrispondenze fra macrocosmo e microcosmo, propria della tradizione ermetica fiorita nel suo tempo.

Le biografie di Paracelso sono spesso parziali: da un lato c’è chi si ferma alla dimensione esoterica, dall’ altro chi lo vede come precursore della modernità, come l’ uomo che ha dato un calcio a Galeno e alle terapie basate sugli «umori» del corpo, aprendo la via alla medicina chimica.

L’ originalità della nuova opera di Pirmin Meier, lo studioso svizzero considerato uno dei massimi conoscitori di Paracelso, è quella di uscire dallo specialismo per offrire di lui un’ immagine storica senza privarla dello spessore mitico-spirituale.

Meier scardina il meccanismo delle biografie tradizionali costruendo appunto una biografia spirituale, che legge opere e fatti alla luce dei percorsi speculativi e anche teologici dell’ alchimista. La vita di Teophrast, nato presso Zurigo, si svolge fra Austria e Svizzera, dopo un lungo vagabondare per l’ Europa, come i chierici vaganti medioevali.

Divenuto dottore a Ferrara, ebbe la cattedra di medicina a Basilea, poi perduta per conflitti accademici. Era personaggio scomodo, pronto a battersi con furore per le sue verità: alto 1,50, mezzo gobbo, cranio grosso, non conobbe il sesso, ma ebbe fama di uomo trasandato, bevitore e allergico alle chiese.

Vicino alla Riforma non fu nemmeno contro Roma, preferendo una propria via teologica che anteponeva la «Chiesa del cuore alle chiese di pietra», perdendo così ogni alleato.

Tra una fuga e l’ altra, trovò requie presso figure benestanti, colte e bisognose delle sue cure (guarì per corrispondenza Erasmo da Rotterdam e Frobenius); ma trovò il modo di scrivere oltre ottanta opere, senza contare le notti trascorse in laboratorio a torturare i metalli dai quali distillare la quintessenza, «la sostanza più sottile e di massima virtù», in grado di curare chi soffre. Quella di Paracelso fu una sorta di «alchimia etica»: «Non è come dicono, che l’alchimia fabbrichi oro e argento. Attraverso di essa devi fabbricare gli arcana e rivolgerli contro le malattie».

Paracelso ha un’ idea moderna della cura: sa che il terapeuta non deve guardare solo alla parte malata ma all’intera persona, la quale deve sentire l’amore del medico e di chi le sta attorno. Parla di «cordiale atmosfera attorno al letto del malato». Suo modello è Cristo, «il medico più grande, venuto a salvare i malati di questo mondo».

La chimica di Teophrast si fonda sui tre principi alchemici dell’Universo: «quello che, bruciato, subirà la combustione sarà lo Zolfo, quello che produrrà il fumo il Mercurio, quello che produrrà le ceneri il Sale». Applicando per via analogica la relazione fra i tre principi al corpo umano, specchio dell’ Universo, si persegue il perfezionamento della persona, e quindi la cura.

La triade Sale-Mercurio-Zolfo corrisponde a un concetto proprio dell’ antica «filosofia perenne», è la sostanza eterna che sottende i fenomeni: va quindi intesa in senso bio-spirituale più che bio-chimica, anche se Paracelso lavorava sulla materia, traendone medicine efficaci.

Quella di Teophrast, insomma, è medicina olistica dove convivono punti di vista anticipatori e medicina popolare, magia e alchimia, fede in Cristo e nella natura, nei simboli e negli spiriti dell’ aria; e la trasmutazione dei metalli era per lui la vera trasmutazione dell’ uomo che porta alla conoscenza di sé e quindi a Dio, di cui l’ uomo è immagine; conoscenza che equivale alla pietra filosofale.

Cesare Medail

*
  
Pagina 25 (20 novembre 2000) - Corriere della Sera  


SUL TEMA, IN RETE, SI CFR.:

LA NUOVA MELUSINA (di Johann Wolfgang Goethe) 

DONNE, UOMINI, E INGIUSTIZIA EPISTEMICA:«CHANGING THE IDEOLOGY AND CULTURE OF PHILOSOPHY»!


ARALDICA:

Melusina

(araldica) figura araldica chimerica che rappresenta la fata Melusina che ha perduto la sua coda di serpente per una coda di pesce; diviene così una variante della sirena da cui differisce solo per l’acqua del bagno: il mare ondoso della sirena è un tino da bagno per la melusina. Alcuni autori danno il nome di melusina alla sirena con la coda doppia

Per ammirare Melusina, la sirena con la coda doppia, presente nella Citta di Contursi Terme, cliccare su: FOTO



Mercoledì 04 Aprile,2012 Ore: 22:20
 
 
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