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www.ildialogo.org SCIENZA E LIBERTA' NEGATA: ITALIA 1911-2011. CROCE E GENTILE, NELLA SCIA DI HEGEL, CONTRO FEDERIGO ENRIQUES (COME CONTRO GRAMSCI). Un articolo di Armando Massarenti, con appunti sul tema,a c. di Federico La Sala

FILOSOFIA, SCIENZA, E CRITICISMO. "La Critica della ragion Pura fu da me lungamente meditata fin da venti anni or sono" (F. ENRIQUES, "Risposta a Benedetto Croce", 1912).
SCIENZA E LIBERTA' NEGATA: ITALIA 1911-2011. CROCE E GENTILE, NELLA SCIA DI HEGEL, CONTRO FEDERIGO ENRIQUES (COME CONTRO GRAMSCI). Un articolo di Armando Massarenti, con appunti sul tema

La sconfitta di Enriques ha avuto conseguenze durature (...) non sarebbe giusto pensare a una scuola più direttamente improntata ai saperi necessari alla società di oggi? Non potremmo, nel nome di Enriques, provare a proiettarci in un futuro diverso da quello che ci è toccato in sorte un secolo fa?


a c. di Federico La Sala

Appunti sul tema, in fondo  

      • Introduzione allo studio della filosofia .... In ogni modo occorre studiare Kant e rivedere i suoi concetti esattamente (Antonio Gramsci, (1932-1933), in: Quaderni del carcere, a c. di Valentino Gerratana, Einaudi, Torino 1975, p. 1291)

 

                                                                                                                  


1911-2011: l’Italia della scienza negata

di Armando Massarenti *

Immaginate di vivere in un paese in cui l’egemonia culturale è dettata dallo spirito di un uomo che non eccelle solo nel proprio ambito, la matematica, ma è dotato anche di una visione generale, storica, critica, dei diversi saperi scientifici; e che ama ricollocarli, nel loro continuo intrecciarsi e progredire, entro una visione unitaria del sapere. Un uomo che, senza disdegnare le discipline umanistiche, è ben consapevole di quanto la scienza abbia contribuito, e potrà in futuro contribuire, alla crescita dell’industria, dell’istruzione generale, del vivere civile.

Quest’uomo ha anche in mente, fin nei dettagli, un sistema educativo critico e costitutivamente aperto - proprio come i saperi che intende rafforzare e veicolare, e come il "metodo" che ha già portato a scoprire fondamentali leggi di natura - e vuole mettere tutto ciò al servizio di una scuola al passo coi tempi, che non sia concepita solo per una piccolissima élite, ma che sappia stimolare l’intelligenza e la creatività del più ampio numero possibile di persone.

Ora pensate invece a un paese in cui l’egemonia è dettata da una filosofia che considera la scienza, e persino la matematica, come una sorta di menomazione dell’intelletto, frutto di menti settoriali e limitate, soprattutto se confrontata con le vette altissime di un sapere le cui leggi universali sono attingibili a livello Metafisico da poche menti elette, le sole capaci di nutrirsi di arte, filosofia e letteratura, cioè degli ingredienti dell’unica cultura davvero degna di questo nome. E ora scegliete. In quale di questi due paesi preferireste essere nati?

Certo, direte, nessuno dei due esiste allo stato puro. Somigliano più a dei modelli archetipici che a descrizioni di mondi reali. Però, se avete scelto il secondo, spero vi sia almeno chiaro che, nelle sue linee generali, è proprio quello in cui state vivendo. Almeno da un secolo a questa parte, da quando a Bologna si consumò uno dei confronti culturali più drammatici della nostra storia.

Il 6 aprile 1911 si tenne il congresso della Società filosofica italiana, fondata e presieduta dal grande matematico Federigo Enriques, un formidabile organizzatore culturale, autore di libri di storia della scienza, cofondatore della casa editrice Zanichelli (con cui pubblicò buona parte delle sue opere) e di riviste filosofiche e scientifiche.

Enriques riteneva che una filosofia degna di una società moderna non potesse che essere pensata in stretta connessione con l’avanzare delle scienze. Sapeva di porsi così in aperto contrasto con l’emergente idealismo di Benedetto Croce e Giovanni Gentile, con i quali cercò di ingaggiare un confronto civile, ma rimase sconcertato dalla violenza con cui questi condussero la disputa. Enriques aveva denunciato il loro atteggiamento nei confronti dei saperi scientifici proprio in quanto genericamente liquidatorio e, in definitiva, antifilosofico.

Quella degli idealisti non era la critica filosofica delle scienze, postpositivista, che egli auspicava, capace di entrare nel merito delle competenze di ambiti specifici e di contribuire alla loro crescita, ma un modo apodittico di negare il connubio tra scienza e filosofia, come se Leibniz e Cartesio non fossero stati insieme filosofi e scienziati, oltre che fondatori della filosofia moderna.

Ma fu proprio quel tono sprezzante e liquidatorio a inasprirsi durante la disputa e a segnare la sconfitta di Enriques. Gli fu dato platealmente dell’incompetente. E non solo in campo filosofico. Fu invitato, in maniera insultante, a parlare solo della sua materia, cioè di matematica, un sapere non per veri filosofi ma per quegli «ingegni minuti» che sarebbero appunto gli scienziati. Ma il suo dilettantismo abbracciava anche la scienza. Come si poteva concepire una rivista - notò Gentile - «che discorra, in uno stesso fascicolo, dell’elettro-magnetismo dell’universo, della medianità, dei rapporti tra chimica e biologia, del bisogno di luce che hanno le piante, della coscienza, della scuola economica austriaca, delle principali leggi della sociologia, delle origini del celibato religioso, della riforma dell’insegnamento di matematica elementare eccetera»? «Secondo me, non può incoraggiare se non il dilettantismo scientifico, di cui non so quanto sia per giovarsi la scienza».

Peccato che né Croce né Gentile potessero apprezzare il valore dei "dilettanti" che scrivevano su «Scientia», membri di quella comunità scientifico-filosofica internazionale che, grazie a intellettuali come Enriques, comprendeva anche il nostro giovane stato nazionale. Qualche nome? Mach, Poincaré, Carnap, Cassirer, Rutherford, Lorentz, Russell, Einstein.

La sconfitta di Enriques ha avuto conseguenze durature. Ha portato ad esempio alla costruzione del sistema educativo gentiliano. Che, beninteso, ha avuto i suoi indiscutibili pregi: il liceo, benché antiscientifico nello spirito, ha comunque contribuito a formare una classe dirigente che talvolta è riuscita a eccellere anche in ambiti scientifici. L’insegnamento della filosofia, scientifica o antiscientifica che sia, unito a una solida cultura classica, è comunque un’eccellente palestra del pensiero e una porta di accesso per un’ampia gamma di competenze. Ma oggi che anche i licei classici non sono più quelli di una volta, non sarebbe giusto pensare a una scuola più direttamente improntata ai saperi necessari alla società di oggi? Non potremmo, nel nome di Enriques, provare a proiettarci in un futuro diverso da quello che ci è toccato in sorte un secolo fa?

* Il Sole-24 ore, 17 aprile 2011


Nota sul tema:

 

      • Introduzione allo studio della filosofia .... In ogni modo occorre studiare Kant e rivedere i suoi concetti esattamente (Antonio Gramsci, 1932-1933, in: Quaderni del carcere, a c. di Valentino Gerratana, Einaudi, Torino 1975, p. 1291)

-  KANT E GRAMSCI. PER LA CRITICA DELL’IDEOLOGIA DELL’UOMO SUPREMO E DEL SUPERUOMO D’APPENDICE. Materiali sul tema

-  ROMOLO AUGUSTOLO: L’ITALIA NON E’ NUOVA A QUESTI SCENARI. C’E’ CAPO E "CAPO" E STATO E "STATO": MUSSOLINI E LENIN A CONFRONTO.
-  L’analisi di Gramsci (già contro le derive staliniste!), una bussola per non naufragare e una lezione di vita e di libertà

-  ANTONIO GRAMSCI, SULLA "ZATTERA DELLA MEDUSA". Una lettera dal carcere: una grande lezione di vita, di pensiero, e di libertà

-  EUROPA. PER IL "RISCHIARAMENTO" ("AUFKLARUNG") NECESSARIO. ANCORA NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN !!!
-  
FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA. Un breve saggio di Federico La Sala, con prefazione di Riccardo Pozzo.

Federico La Sala



Domenica 17 Aprile,2011 Ore: 19:45
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/4/2011 11.05
Titolo:SU GRAMSCI, PARZIALE E AMBIGUO RICONOSCIMENTO DI CROCE ....D
SULLA LIBERTA’ DI GIUDIZIO, SULLA LIBERTA’ DI PENSIERO E DI AZIONE DI GRAMSCI, :UN IMPORTANTE, MA PARZIALE E AMBIGUO, RICONOSCIMENTO DA PARTE DEL ‘GRAN SACERDOTE’ DELLA “RELIGIONE DELLA LIBERTA’”:

“Benedetto Croce recensì nei “Quaderni della critica, (III,8,1947) le Lettere dal carcere. Ed è rimasta celebre la sua potremmo dire appropriazione dell’autore rivelato da quelle lettere: “Come uomo di pensiero egli fu dei nostri”

Cosa intendesse con tali parole è giusto chiedersi. La risposta prenderebbe molto spazio perché comporterebbe di affrontare una delle questioni centrali della cultura italiana del Novecento, e cioè l’implicazione profonda dell’opera di Gramsci, quale fu rivelata daí Quaderni, con le due correnti dominanti del neoidealismo italiano impersonate rispettivamente da Croce e da Gentile, nonché i limiti di tale implicazione e l’innesto che Gramsci tentò di quelle filosofie nell’orizzonte mentale e pratico del comunismo.

Ci terremo invece alla spiegazione che ne dà lo stesso Croce: ammirevole perché fondata sulla sola lettura delle lettere e non ancora dei Quaderni.

In quelle lettere Croce riscontra “apertura verso la verità da qualsiasi parte gli giungesse, scrupolo di esattezza e di equanimità, gentilezza e affettuosità del sentire”, e soggiunge: “noi altri, nel leggerlo, ci confortiamo di quel senso della fraternità umana che, se sovente si smarrisce nei contrasti politici, è dato serbare nella poesia e nell’opera del pensiero, sempre che l’anima si purghi e di salire al cielo si faccia degna, come accadeva al Gramsci”.

E sfida gli intellettuali comunisti suoi antagonisti nella quotidiana battaglia delle idee “a adoprarsi a portare, se potevano, la dottrina comunistica a quell’altezza” (Cfr. Luciano Canfora, Prefazione, a: Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, RCS Quotidiani, Milano 2011, p. 9)
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/4/2011 19.17
Titolo:Il 6 aprile del 1911 si apriva a Bologna il IV Congresso Internazionale di Filos...
Geometria come cultura

di Umberto Bottazzini (Il Sole-24 Ore, 17 aprile 2011)

Il 6 aprile del 1911 si apriva a Bologna il IV Congresso Internazionale di Filosofia sotto la presidenza di Federigo Enriques. Enriques? Un «professore di matematica che si diletta di filosofia», lo definisce un astioso Benedetto Croce in una celebre intervista rilasciata a un quotidiano dopo la conclusione del Congresso. Quel «professore di matematica» è in realtà un geniale matematico, che ha dato contributi di eccezionale valore nel campo della geometria e, all’epoca, è ormai considerato uno dei maestri della scuola italiana di geometria algebrica, una scuola che si è affermata su posizioni di riconosciuta avanguardia sulla scena internazionale. Insomma, uno dei grandi della matematica della prima metà del Novecento.

Non solo. Quando, con l’inizio del secolo, si chiude la straordinaria stagione della collaborazione scientifica con Guido Castelnuovo, che in meno di dieci anni ha portato alla creazione della teoria delle superfici algebriche, l’impegno di Enriques si manifesta in misura crescente sul terreno filosofico e culturale. «La filosofia penso debba essere fatta da spiriti scientifici, e in servigio della scienza», egli scrive all’amico Vailati nel 1901 annunciando la convinzione che lo porterà, di lì a qualche anno, a lasciare i «campi della Geometria, ove il pensiero riposa tranquillo nella sicurezza degli acquisti» per inoltrarsi decisamente sul terreno della filosofia.

La riflessione critica sui principi della geometria e sulla natura dello spazio rappresenta per Enriques non solo il punto di partenza ma un continuo termine di confronto nell’elaborazione della sua filosofia "scientifica". Come dirà ne I problemi della scienza (1906), era stato infatti il progresso della geometria nel corso del secolo appena concluso ad avere agito «direttamente sopra lo sviluppo del razionalismo». In particolare, le geometrie non euclidee avevano reso «manifesto che le nostre nozioni geometriche, in quanto si riferiscono alla realtà sensibile, non possono in alcun modo pretendere a quella rigorosa certezza, che fu tenuta come uno degli argomenti più forti in favore del loro carattere a priori».

La critica al kantismo si accompagna all’idea che «il progresso della scienza è procedimento di approssimazioni successive, dove dalle deduzioni parzialmente verificate e dalle contraddizioni eliminanti l’errore delle ipotesi implicite, sorgono nuove induzioni più precise, più probabili, più estese». Un’idea ribadita nel 1912 in Scienza e razionalismo: «La corrispondenza fra i concetti scientifici e la realtà sensibile rimane sempre una corrispondenza approssimata, ma il valore obiettivo della razionalità del sapere consiste in ciò che il processo della scienza è un processo di approssimazioni successive illimitatamente perseguibile».

Nel 1906, intervenendo a Milano al convegno della Società Filosofica Italiana Enriques sostiene, in polemica con il ministro della Pubblica istruzione, «l’assurdità di preparare i futuri filosofi con una esclusiva educazione storica e letteraria», rivendicando per la matematica «un posto d’onore fra gli insegnamenti che preparano alla filosofia». Nel successivo congresso della Società a Parma afferma che «il rinascimento filosofico nella scienza contemporanea» chiude definitivamente la stagione del positivismo, «l’epoca che si distinse su tutte come antifilosofica» e che «fu in realtà dominata da una filosofia particolare», il positivismo appunto.

In quegli anni l’attività del matematico e filosofo Enriques è frenetica. Viene eletto presidente della Società Filosofica Italiana, con Rignano e altri dà vita a «Scientia», fonda la «Rivista di filosofia», organizza congressi filosofici nazionali e internazionali, come quello di Bologna. L’impegno in campo filosofico si accompagna a una altrettanto intensa attività di ricerca in campo matematico, premiata nel 1909 col Premio Bordin dell’Académie des sciences di Parigi attribuita a un’ampia, fondamentale memoria scritta con l’antico allievo Francesco Severi. Agli occhi di Croce e Gentile, Enriques è un antagonista, che trova credito nella comunità filosofica internazionale. Con Enriques la polemica è accesa, i toni violenti.

Più che quella polemica, è tuttavia la Prima guerra mondiale a segnare per Enriques la fine di una stagione e una cesura profonda, resa emblematica dal suo abbandono della direzione di «Scientia». Del resto, la sostanziale estraneità rivendicata alla scienza dalle vicende contingenti della vita politica sembra essere la chiave di lettura dell’attività di Enriques anche negli anni del fascismo. Che, messe da parte le antiche polemiche, non gli impedirà di collaborare con Gentile dirigendo la sezione di Matematica dell’Enciclopedia Treccani.

Di fronte all’idealismo di Croce e Gentile trionfante in Italia, Enriques non rinuncia tuttavia a continuare la sua battaglia filosofica in scritti che trovano attenti lettori all’estero, soprattutto in Francia. «La filosofia della natura è caduta nel nulla», osserva con amarezza Enriques in un saggio apparso in francese nel 1934. «I nuovi idealisti credono di sbarazzarsi del suo peso morto ritenendo ogni forma di studio della natura come una maniera di attività pratica, indifferente al pensiero. In tal guisa, non solo impoveriscono l’idealismo ma, ciò che è più grave per dei pensatori storicisti, commettono un errore antistorico. Perché tutta la storia della filosofia, almeno della filosofia occidentale, prende norma e ispirazione dal pensiero naturalistico».

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