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www.ildialogo.org DONNE, UOMINI E SCIENZA A UNA DIMENSIONE. ALLA ROYAL SOCIETY PER SECOLI UNA POLITICA DI DELIBERATA DISCRIMINAZIONE DELLE STUDIOSE. Sul libro di Richard Holmes, The lost women of Victorian science (Le donne dimenticate della scienza vittoriana), pubblicato in questi giorni in Gran Bretagna, una nota di Enrico Franceschini,a cura di Federico La Sala

QUESTIONE ANTROPOLOGICA (E TEOLOGICO-POLITICA). Per una società aperta, al di là di una scienza “su palafitte” e di una cecità “preistorica”, necessaria un’altra soggettività....
DONNE, UOMINI E SCIENZA A UNA DIMENSIONE. ALLA ROYAL SOCIETY PER SECOLI UNA POLITICA DI DELIBERATA DISCRIMINAZIONE DELLE STUDIOSE. Sul libro di Richard Holmes, The lost women of Victorian science (Le donne dimenticate della scienza vittoriana), pubblicato in questi giorni in Gran Bretagna, una nota di Enrico Franceschini

(...) perfino oggi, nelle celebrazioni per il 350esimo anniversario della sua fondazione, fra i tanti seminari, mostre e pubblicazioni che hanno festeggiato l’evento, risaltava una vistosa assenza: quella delle scienziate, sebbene ora nelle sue file ce ne siano sessanta su 1200 membri, tra cui l’italiana Rita Levi Montalcini.


a cura di Federico La Sala

 Per una società aperta, al di là di una scienza “su palafitte” e di una cecità “preistorica”, necessaria un’altra soggettività.

DONNE, UOMINI E MATEMATICA.

DONNE, UOMINI, E POTERE

IMMAGINARIO E POLITICA.  KANT E GRAMSCI. PER LA CRITICA DELL’UOMO SUPREMO E DEL SUPERUOMO D’APPENDICE. Materiali sul tema

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Per secoli la Royal Society ha escluso le studiose. Adesso un libro racconta le invenzioni al femminile

Dall’astronomia alla matematica Londra riscopre le donne scienziate

In età vittoriana i colleghi uomini facevano di tutto per sminuirne il valore

di Enrico Franceschini (la Repubblica, 23.11.2010)

Fondata nel 1660 per discutere le idee del filosofo Francis Bacon, la Royal Society non è solo l’accademia delle scienze inglese e una delle confraternite di scienziati più antiche e prestigiose del mondo: è anche, e soprattutto, il simbolo della scienza intesa come progresso umano, come costante avanzamento della società in cui viviamo. Ma c’è un campo in cui l’illustre istituto londinese è avanzato poco, tardi e male per gran parte della sua storia: quello della parità dei sessi. La lista dei suoi cervelloni, da Isaac Newton in poi, è un elenco maschile, come se fossero stati soltanto gli uomini a scrivere la storia delle scoperte e della sperimentazione. Solo nel 1945, in effetti, la Royal Society ha emendato le proprie norme ammettendo le donne fra i soci (prima fece un’eccezione per la regina Vittoria, nominata membro onorario). E perfino oggi, nelle celebrazioni per il 350esimo anniversario della sua fondazione, fra i tanti seminari, mostre e pubblicazioni che hanno festeggiato l’evento, risaltava una vistosa assenza: quella delle scienziate, sebbene ora nelle sue file ce ne siano sessanta su 1200 membri, tra cui l’italiana Rita Levi Montalcini.

Non si tratta di semplice dimenticanza o indifferenza. Uno storico inglese, Richard Holmes, il primo a ottenere libero accesso agli archivi della Royal Society, ha portato alla luce una politica di deliberata discriminazione nei confronti delle donne e di occultamento del loro ruolo. C’erano anche delle scienziate, studiose di matematica, astronomia, botanica e altre discipline, nell’era del grande progresso scientifico: ma i loro colleghi uomini, a dispetto dell’ambiente illuminato dell’accademia delle scienze, facevano di tutto per sminuirne il valore e tenerle nascoste. Giunge dunque come atto riparatore il libro di HolmesThe lost women of Victorian science (Le donne dimenticate della scienza vittoriana), pubblicato in questi giorni in Gran Bretagna.

Nell’Inghilterra vittoriana, il concetto di donne impegnate nella ricerca scientifica veniva regolarmente ridicolizzato, scrive l’autore. Un famoso studioso del tempo, il naturalista Thomas Henry Huxley, soprannominato "il bulldog di Darwin", così scriveva nel 1860 a un collega geologo: «I cinque sesti delle donne si fermano allo stato evolutivo delle bambole, degradando qualsiasi cosa in cui si intrufolano». Gli unici settori in cui veniva tollerata la loro presenza erano la geologia e la botanica, sebbene quest’ultima fosse giudicata dai puritani moralmente pericolosa, a causa dell’esame degli apparati sessuali delle piante. Molti scienziati, ha appurato Holmes frugando negli archivi, condividevano il luogo comune secondo cui il cervello femminile sarebbe "fisiologicamente inadatto" al lavoro scientifico, alle procedure di laboratorio, alla matematica. In realtà era adatto, eccome.

Da Caroline Herschel, l’astronoma scopritrice di comete, ad Ada Lovelace, la matematica autrice dell’algoritmo poi considerato il primo "programma per computer", da Anna Barbauld, la chimica che notando le reazioni ai test di laboratorio scrisse il primo trattato sui diritti degli animali, a Jane Marcet, autrice dei primi manuali scolastici per popolarizzare la chimica e la botanica, da Mary Sommerville, che coniò il temine "scienziato", a Margaret Cavendish, autrice del primo racconto di fantascienza, le donne diedero un contributo fondamentale allo sviluppo della scienza, afferma il libro-denuncia dello storico. Un contributo riassumibile nelle parole dell’astronoma Maria Mitchell: «Anche la scienza ha bisogno di immaginazione. In essa non c’è solo matematica e logica, ma pure bellezza e poesia». Un uomo, da solo, non ci sarebbe mai arrivato.

 

 

 

 



Mercoledì 24 Novembre,2010 Ore: 23:16
 
 
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