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www.ildialogo.org LA SANTA ALLEANZA DELLA VERGOGNA (DEL GOVERNO DELLA CHIESA CATTOLICA, DELL'ITALIA E DELLA FRANCIA) E LA PACE PERPETUA DELL'EUROPA!!! L'internazionale della paura: una riflessione di Adriano Prosperi, con note,a cura di Federico La Sala

L'EUROPA E LA TEOLOGIA POLITICA ATEO-DEVOTA: "MI VERGOGNO DI ESSERE ITALIANO E CRISTIANO" (ALEX ZANOTELLI). Non possiamo stare zitti, dobbiamo parlare, gridare, urlare. E’ in ballo il futuro del nostro paese, ma soprattutto è in ballo il futuro dell’umanità anzi della vita stessa ...
LA SANTA ALLEANZA DELLA VERGOGNA (DEL GOVERNO DELLA CHIESA CATTOLICA, DELL'ITALIA E DELLA FRANCIA) E LA PACE PERPETUA DELL'EUROPA!!! L'internazionale della paura: una riflessione di Adriano Prosperi, con note

(...) quella che oggi ha preso forma nelle dichiarazioni di Sarkozy e per la quale il nostro presidente del Consiglio si è affrettato a dichiarare che esiste «una convergenza italo-francese» è un’Europa dominata dalla paura, dalla volontà di chiudere le porte agli immigrati e di cacciare via i rom (...)


a cura di Federico La Sala

 IL PRESIDENTE SARKOZY E IL FILOSOFO J.-L. MARION: DALL’ACCOGLIENZA DELLA DIVERSITA’ ALLA DIFESA DELL’IDENTITA’, ’NAZIONALE’ E ’CATTOLICA’.

L’EUROPA, ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO DI ADOLF EICHMANN. FARE CHIAREZZA: RESTITUIRE L’ONORE A KANT E RICONCILIARSI CON FREUD.


L’internazionale della paura

di Adriano Prosperi (la Repubblica, 16.09.2010)

Uno spettro si aggira per l’Europa: un altro. Non quello rosso del comunismo che nel 1848 allarmò la Santa Alleanza. Oggi lo spettro veste gli stracci colorati e si muove sui carrozzoni di un popolo di nomadi. È questo lo spettro che ha spinto Sarkozy a rispondere sgarbatamente alla commissaria europea Viviane Reding e che gli ha guadagnato l’immediato appoggio di Berlusconi.

Oggi nasce in Europa una nuova internazionale: quella della paura. Ne tengano conto gli storici del futuro. Abbiamo avuto finora diverse Europe, quella cristiana, quella degli umanisti, quella illuministica. È stato battuto il tentativo di dar vita a un’Europa nazifascista nel segno della romanità antica e della svastica che nel 1934 portò a Roma per annunciarne la creazione l’ideologo del razzismo nazista Alfred Rosenberg. Ci fu, invece di quella, l’Europa rinata dalle rovine grazie all’intelligenza e al coraggio di uomini come Federico Chabod che concluse le sue lucidissime lezioni sulla storia dell’idea d’Europa lasciando Milano per unirsi alla Resistenza in Val d’Aosta.

Ma quella che oggi ha preso forma nelle dichiarazioni di Sarkozy e per la quale il nostro presidente del Consiglio si è affrettato a dichiarare che esiste «una convergenza italo-francese» è un’Europa dominata dalla paura, dalla volontà di chiudere le porte agli immigrati e di cacciare via i rom.

Notiamo di passaggio la differenza di stile tra le due dichiarazioni, quella di Sarkozy e quella di Berlusconi. Quella di Sarkozy è una rispostaccia pubblica, da litigio di condominio: quella di Berlusconi è un avvertimento di metodo: di queste cose si deve parlare privatamente. Ma ambedue partono da un unico presupposto: quello che i rom siano spazzatura. Anzi, qualcosa di meno. Sul mercato internazionale della spazzatura il prezzo dei rimpatri francesi dei rom - 300 euro un adulto, 100 un bambino - è decisamente a buon prezzo se confrontato con quello dei residui speciali che attraversano l’Europa su carri blindati per andare a nascondersi in qualche miniera abbandonata o a farsi bruciare negli impianti tedeschi.

Accomuna le due dichiarazioni lo stesso disprezzo per gli esseri umani in gioco. Ci si chiede se siamo giunti davvero al punto di dover riconoscere che l’Europa ha dimenticato l’epoca in cui i trasferimenti forzati di popolazione e l’eliminazione fisica degli indesiderati presero avvio proprio dai rom. Sbaglieremmo a trascurare le ragioni di questa rapida convergenza dei due presidenti nella costruzione di un’Europa della paura.

Il ministro Maroni ci aveva già informato all’inizio dell’estate che stava preparando la sua campagna d’autunno col rilancio del tema degli immigrati. E non è certo da oggi che la politica della paura costituisce la risorsa alla quale si appella una dirigenza politica senza idee e senza risultati da presentare al paese. È una ricetta a suo modo infallibile. Ma la censura della commissaria europea Viviane Reding ha fatto suonare l’allarme in casa leghista e ha spinto Berlusconi a coprirsi dietro le spalle di Sarkozy per la semplice ragione che la Francia è sempre la Francia.

Sarà bene che l’opinione pubblica democratica si svegli: non si dimentichi che si sta discutendo della sorte di esseri umani mercificati e venduti a un tanto il chilo. Che cosa contino sul mercato di una coalizione che si presenta a mani vuote davanti al paese in cerca di rilanci elettorali lo abbiamo capito dal commento del governo all’episodio della sparatoria partita da navi vedetta italiane in mani libiche: pensavano forse che si trattasse di immigrati clandestini? Perché evidentemente in questo caso si sarebbe trattato di una causa giusta. Che i libici, con l’aiuto e l’avallo dell’Italia, sparino sui pescherecci dei disperati o li chiudano nei campi di concentramento viene considerato un successo politico del nostro paese.

Comunque il risultato è quello di una brusca svolta storica: nell’idea d’Europa, nella immagine della Francia paese della libertà e rifugio per chi non trova libertà in casa sua; anche nella realtà storica di un’Italia che, pur nella fragilità delle sue istituzioni statali, aveva trovato nel solidarismo cristiano e in quello socialista le risorse ideali e pratiche per assicurare assistenza e conforto ai diseredati.

____________________________

Sul tema, in rete, si cfr.:

 IL PRESIDENTE SARKOZY E IL FILOSOFO J.-L. MARION: DALL’ACCOGLIENZA DELLA DIVERSITA’ ALLA DIFESA DELL’IDENTITA’, ’NAZIONALE’ E ’CATTOLICA’.

 

EUROPA. PER IL "RISCHIARAMENTO" (AUFKLARUNG") NECESSARIO: IL RITORNO A KANT (A UN ALTRO KANT - MAI CONOSCIUTO). UN OMAGGIO ALLA MEMORIA DI MICHEL FOUCAULT...
-  FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA.

 

-  LA SAPIENZA E IL MESSAGGIO EVANGELICO. FRANCESCO BACONE E SAN PAOLO PRENDONO LE DISTANZE DALLE ENCICLICHE DI PAPA BENEDETTO XVI.
-  La scienza (anche quella teologica) gonfia: la fede e la speranza fondata nel Dio-Amore ("Charitas") non è la fede e la speranza fondata nel Dio-Denaro ("Deus caritas est").
-  Una "preghiera comune" firmata da Bacone

 

I TRE ANELLI E L’UNicO "PADRE NOSTRO". NATHAN IL SAGGIO: CHE ILLUSIONE AFFIDARSI ALLA CHIESA ’CATTOLICA’!!!

 

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est") E AL GOVERNO DELL’ **ITALIA** UN PRESIDENTE DI UN PARTITO (che si camuffa da "Presidente della Repubblica") e canta "Forza Italia", con il suo "Popolo della libertà" (1994-2010).

"MI VERGOGNO DI ESSERE ITALIANO E CRISTIANO" (A. Z.).
-  CONTRO LA XENOFOBIA ITALIANA, L’APPELLO E LA DENUNCIA DI PADRE ALEX ZANOTELLI. Non possiamo stare zitti, dobbiamo parlare, gridare, urlare. E’ in ballo il futuro del nostro paese, ma soprattutto è in ballo il futuro dell’umanità anzi della vita stessa



Giovedì 16 Settembre,2010 Ore: 11:28
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 17/9/2010 08.35
Titolo:UNA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE PER L'EUROPA ...
La lettera a Benedetto XVI che i francesi non sono abbastanza adulti per leggere

di Claude Lacaille

in “Témoignage Chrétien” n. 3257 del 21 giugno 2007 (www.finesettimana.org)

Pubblicata sulla stampa del Quebec in occasione del viaggio del papa in Brasile nel mese di maggio, questa lettera aperta è stata largamente diffusa nei paesi francofoni e ispanofoni, grazie soprattutto a internet. Al contrario la si è poco letta sulla stampa francese. Témoignage Chrétien la pubblica con l’autorizzazione dell’autore, il quale si confessa “sorpreso dell’eco e meravigliato del dibattito che ha suscitato”. La lettera a Benedetto XVI di questo prete del Quebec, Claude Lacaille, solleva numerose questioni lancinanti per l’insieme della chiesa cattolica: difficoltà di comunicazione con la gerarchia, posto della morale sessuale nei discorsi dell’istituzione, ruolo delle conferenze episcopali, ecc. Ma è soprattutto la delusione e l’incomprensione che sono al centro del testo. Il tentativo di mettere al passo le correnti della teologia della liberazione (“pratica” e non “teoria” secondo Claude Lacaille) e il rimettere la pastorale sacramentale al centro susciterebbe un vero sentimento d’abbandono massiccio dei credenti e delle credenti poveri dell’America latina. “E’ una vergogna mandare in rovina così una chiesa sull’altare di un potere clericale oscurantista” ci ha confidato Claude Lacaille. “L’attuale cardinale di Santiago entra in crisi ogni volta che sente la parola “sociale”: per lui si tratta di marxismo”.

A mio fratello Benedetto XVI

di Claude Lacaille, prete delle Missioni straniere, Trois-Rivières (Quebec)

“Ti indirizzo questa lettera perché ho bisogno di comunicare con il pastore della chiesa cattolica e perché non esiste nessun canale di comunicazione per raggiungerti. Mi indirizzo a te come a un fratello nella fede e nel sacerdozio poiché abbiamo ricevuto in comune la missione di annunciare il Vangelo di Gesù a tutte le nazioni.

Io sono prete missionario del Quebec da 45 anni; mi sono impegnato con entusiasmo al servizio del Signore all’apertura del concilio ecumenico Vaticano II. Mi sono trovato a lavorare in ambienti particolarmente poveri: nel quartiere Bolosse a Port au-Prince sotto François Duvalier, poi tra i Quichuas in Equador, e infine in un quartiere operaio di Santiago del Cile, sotto la dittatura di Pinochet.

Nel leggere il Vangelo di Gesù durante i miei studi secondari, sono rimasto impressionato dalla folla di poveri e di menomati dalla vita di cui si circondava Gesù mentre i numerosi preti che ci seguivano nel collegio cattolico ci parlavano solo di morale sessuale. Avevo 15 anni.

A bordo dell’aereo che ti conduceva in Brasile, hai ancora una volta condannato la teologia della liberazione come un falso millenarismo e un miscuglio non corretto di chiesa e politica. Sono rimasto profondamente scioccato e ferito dalle tue parole. Avevo già letto e riletto le due istruzioni che l’ex cardinale Ratzinger aveva pubblicato su questo tema. Vi si descrive uno spauracchio che non rappresenta per niente il mio vissuto e le mie convinzioni. Non ho avuto bisogno di leggere Karl Marx per scoprire l’opzione per i poveri. La teologia della liberazione non è una dottrina, una teoria; è un modo di vivere il vangelo nella prossimità e solidarietà con le persone escluse, impoverite.

E’ indecente condannare così pubblicamente dei credenti che hanno consacrato la loro vita, e noi siamo decine di migliaia di laici, di religiose e di religiosi, di preti venuti da ogni parte ad aver seguito lo stesso cammino. Essere discepolo di Gesù, è imitarlo, seguirlo, agire come ha agito. Non comprendo il grave accanimento contro di noi. Proprio prima del tuo viaggio in Brasile hai ridotto al silenzio e congedato dall’insegnamento cattolico padre Jon Sobrino (ndr.: al momento non è stata emanata nessuna sanzione), teologo impegnato e devoto, compagno dei gesuiti martiri del Salvador e di monsignor Romero. Quest’uomo di 70 anni ha servito con coraggio e umiltà la chiesa dell’America latina con il suo insegnamento. E’ un’eresia presentare Gesù come un uomo e di trarne le conseguenze?

Ho conosciuto la dittatura di Pinochet in Cile in una chiesa guidata valorosamente da un pastore eccezionale, il cardinal Raul Silva Henriquez. Sotto il suo governo, abbiamo accompagnato un popolo spaventato, terrorizzato dai militari fascisti cattolici che pretendevano di difendere la civiltà cristiana occidentale torturando, sequestrando, facendo scomparire e assassinando.

Ho vissuto quegli anni in un quartiere popolare particolarmente colpito dalla repressione, la Bandera. Sì, ho nascosto delle persone; sì, ne ho aiutate a lasciare il paese; sì, ho aiutato della gente ha salvare la pelle; sì, ho partecipato a degli scioperi della fame. Ho anche consacrato quegli anni a leggere la bibbia con la gente dei quartieri popolari. Centinaia di persone hanno scoperto la parola di Dio e questo ha permesso loro di far fronte all’oppressione con fede e coraggio, convinti che Dio li accompagnava.

Ho organizzato delle mense dei poveri e dei laboratori artigianali per permettere a degli anziani prigionieri politici di ritrovare il loro posto nella società. Ho raccolto i loro corpi assassinati all’obitorio e ho loro dato una sepoltura degna di esseri umani. Ho promosso e difeso i diritti della persona a rischio della mia integrità fisica e della mia vita. Sì, la maggior parte delle vittime della dittatura erano marxisti, e noi ci siamo fatti prossimi perché queste persone ci erano simili.

Abbiamo cantato e sperato insieme la fine di questa ignominia. Abbiamo sognato insieme la libertà. Che avresti fatto al mio posto? Per quale peccato vuoi condannarmi, mio fratello Benedetto? Che cosa ti indispone così tanto in questa pratica? E’ così distante da ciò che Gesù avrebbe fatto nelle stesse circostanze? Come pensi che io mi senta quanto ascolto le tue condanne reiterate? Giungo come te al termine del mio servizio ministeriale e mi attenderei di essere trattato con più rispetto e più affetto da parte di un pastore. Ma tu mi dici: “Non hai capito nulla del Vangelo. E’ solo marxismo! Sei un ingenuo!” Non si tratta di eccessiva arroganza da parte tua?

Rientro dal Cile, dove ho rivisto i miei amici del quartiere dopo 25 anni; nel gennaio scorso sono venuti in 70 ad accogliermi. Mi hanno accolto fraternamente dicendomi: “Tu hai vissuto con noi, come noi, ci hai accompagnato durante i peggiori anni della nostra storia. Sei stato solidale e ci hai amato. E’ per questo che ti vogliamo molto bene”. E questi stessi lavoratori e lavoratrici mi dicevano: “Siamo stati abbandonati dalla nostra chiesa. I preti sono rientrati nei loro templi; non condividono più con noi, non vivono più tra noi”.

In Brasile c’è la stessa realtà: in 25 anni si è rimpiazzato un episcopato impegnato presso i contadini senza terra e i poveri delle favelas delle grandi città con vescovi conservatori che hanno combattuto e rifiutato centinaia di comunità di base, dove la fede si viveva nella vita concreta. Tutto questo ha provocato un vuoto immenso che le chiese evangeliche e pentecostali hanno colmato: sono rimaste in mezzo al popolo e centinaia di migliaia di cattolici passano a queste comunità.

Caro Benedetto, ti supplico di cambiare il tuo sguardo. Non hai l’esclusività del soffio divino; tutta la comunità ecclesiale è animata dallo spirito di Gesù. Ti prego, ritira le tue condanne; tra breve sarai giudicato dal solo autorizzato a classificare chi sta destra e chi a sinistra, e sai come me che è sull’amore che saremo giudicati.”
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 17/9/2010 09.13
Titolo:I nemici del diritto europeo
I nemici del diritto europeo

di BARBARA SPINELLI (La Stampa, 17/9/2010)

In un’intervista concessa al Figaro, Silvio Berlusconi ha preso ufficialmente le difese di Sarkozy, sull’espulsione dei Rom che divide il governo francese dall’Unione, e ha detto una cosa significativa, che probabilmente ha ripetuto ieri al vertice europeo di Bruxelles e che vale la pena esaminare. Credendo di comportarsi da uomo saggio, esperto in prudenza e tatto, ha criticato le parole pronunciate dal commissario alla Giustizia contro Parigi spiegando che «la signora Reding avrebbe fatto meglio a trattare la questione in privato con i dirigenti francesi, prima di esprimersi pubblicamente come ha fatto». Ha lasciato poi intendere che l’Italia conosce problemi simili a quelli francesi e che anch’egli, come Sarkozy, non tollererà ingerenze esterne nella politica italiana.

Non è la prima volta che il presidente del Consiglio si mostra infastidito quando le istituzioni europee rendono pubblici i loro pensieri, le loro inquietudini, le loro regole.

Il fastidio si è più volte tramutato in collera, durante la crisi economica iniziata nel 2007, e l’invito a privatizzare la politica europea, che oggi torna a formulare chiedendo che le dispute tra Stati e Unione avvengano nelle tacite camere delle cancellerie, indica una visione precisa dell’Europa, della sua influenza sugli Stati che la compongono, del diritto sovrannazionale da essa esercitato. Quella che viene negata, nella sostanza, è la preminenza di tale diritto - con le sue direttive, con la Carta dei diritti fondamentali incorporata nel Trattato di Lisbona - sulle condotte e le leggi degli Stati nazione. È il nòmos europeo, il diritto europeo, che tanto disagio suscita nei singoli governi, e che pur rimanendo legale viene corroso, delegittimato, creando conflitti gravi tra legalità formale e legittimità sostanziale.

Tutto questo viene corroso in nome di sovranità nazionali che certo non scompaiono, ma che in alcuni ambiti appartengono al superiore potere comunitario. Il nòmos europeo non è formalmente confutato (non potrebbe esserlo) ma in cambio si vorrebbe vederlo camuffato, occultato, come Tartuffe che nella commedia di Molière implora, per nascondere le proprie libidini: «Coprite quel seno, ché io non devo vederlo. Simili oggetti feriscono le anime, e fanno sorgere pensieri colpevoli». Il silenzio omertoso, le trattative segrete fra Bruxelles e gli Stati, il rifiuto di uno spazio dove pubblicamente siano discussi drammi come quello dei Rom, popolo ormai comunitario a tutti gli effetti: come nella Francia di Molière e Luigi XIV, esiste oggi in Europa una «cabala di devoti» nazionalisti secondo cui il diritto europeo è valido ma va dissimulato, come il bel seno della servetta Dorine. Quel che i devoti vogliono a tutti i costi tenere in piedi è la finzione di Stati assolutamente sovrani, liberi di decidere come meglio loro piace senza interferenze di Bruxelles. Sono gli stessi devoti che vituperano, quando fa loro comodo, il «deficit democratico» d’Europa e delle sue burocrazie taciturne e scostanti.

L’ipocrita messinscena è una specialità francese, fin dal dopoguerra, e Sarkozy la perpetua. È la finzione di uno Stato che si sente talmente superiore, dal punto di vista etico, da non sopportare alcun tipo d’ingerenza. «In quanto patria dei diritti dell’uomo non riceviamo lezioni da nessuno» ammoniscono in questi giorni, sussiegosi, i ministri di Sarkozy; in particolare Pierre Lellouche, segretario di Stato agli Affari europei, secondo cui la Francia «è un grande Paese sovrano che non è consentito trattare come un ragazzino». Berlusconi e la Lega sono ben felici di nascondersi, in cerca di tutele, dietro tanta regale sicumera.

Ma c’è qualcosa di più nella vicenda dei Rom, che il fronte franco-italiano rivela. Di quest’Europa troppo schietta e comunicativa nel parlare e ammonire, né i governanti francesi né quelli italiani sembrano ricordare la ragion d’essere, sempre che la conoscano. Quel che evidentemente hanno dimenticato, è che nel dopoguerra la Comunità nacque proprio per questo: per creare un nuovo diritto sovrannazionale, grazie al quale gli Stati non possono più compiere misfatti nel chiuso delle piccole patrie sovrane. Per vietare discriminazioni di popoli giudicati estranei alle piccole patrie, per fede o etnia o scelta di vita: per sostituire parte delle vecchie norme nazionali con norme più vaste, plurali, di stile imperiale.

Non stupisce che Viviane Reding, commissario democristiano, abbia denunciato martedì il pericolo di un ritorno al passato, alle persecuzioni di ebrei e zingari durante l’ultima guerra. Sono parole forti di cui si è scusata e che molti hanno giudicato eccessive, ma che restano un memento ineludibile: memento di come l’Unione si fece dopo il ’45, e perché. L’Europa è la promessa, fatta da ciascuno a se stesso, che alcune cose non si faranno più, grazie alla messa in comune delle sovranità nazionali sino a ieri assolute. Non ha senso altrimenti istituire giorni che commemorano i genocidi. La frase che ingiunge «Mai più!» è pura menzogna se non vale qui, ora, come impegno continuamente rinnovabile e per tutte le etnie o religioni.

Da quando l’Unione si è estesa a Est, dove vive il maggior numero di Rom, il diritto europeo tutela anche queste genti, nomadi o sedentarie che siano. La direttiva europea 2004-38, concernente la libera circolazione nella Comunità, stipula che nessun cittadino dell’Unione può esser espulso dal territorio in cui si trova, a meno che «non sussistano ragioni di ordine pubblico, di sicurezza e di salute pubblica»: ragioni valutabili «caso per caso», mai applicabili a un’etnia. Se l’Unione aprirà contro Parigi una procedura d’infrazione, è perché riterrà violata questa legge. Una circolare governativa francese del 5 agosto parla di «espulsione dei Rom», e rappresenta già un’infrazione. In gran fretta, nel frattempo, è stata riscritta.

Ieri a Bruxelles l’Europa si è divisa sui Rom: alcuni parlano di «scontri violenti» fra Barroso e Sarkozy. Anche se la Germania non è innocente (numerose sono le espulsioni di Rom verso il Kosovo), il cancelliere Merkel difende la Commissione, e il suo diritto a imporre superiori leggi e valori. Lo stesso fa il governo belga. Gli innocenti sono rari, ma l’unico a sostenere esplicitamente l’Eliseo, sul Figaro di ieri, è il governo di Roma. È anche l’unico a far propria l’immagine che Sarkozy si fa della Commissione: quando invita la lussemburghese Reding ad accogliere i Rom nel suo Paese, l’Eliseo tratta la Commissione come assemblea composta di rappresentanti nazionali, non di rappresentanti l’interesse comune europeo.

Può darsi che la linea del silenzio omertoso finisca col passare. Il presidente della Commissione Barroso ha una fierezza istituzionale discontinua, e ci sono governi (Spagna, Repubblica Ceca) gelosi della propria sovranità. Resta che il patto del silenzio è stato provvidenzialmente rotto, che su questioni essenziali si dibatte in pubblico: che esiste, sui Rom come a suo tempo sull’Austria di Haider, un’agorà europea. L’esecutivo di Barroso avrebbe obbedito alla politica privatizzata, se il Parlamento europeo non avesse condannato le pratiche d’espulsione con voce alta, il 9 settembre. Diceva uno dei grandi federalisti, Mario Albertini, che la vera Unione sarebbe nata il giorno in cui il federalismo sarebbe «sceso al livello della lotta politica di ogni giorno (... affinché) l’uomo della strada sappia che, come c’è il socialista, il democristiano e il liberale, così c’è anche il federalista europeo». È quello che sta succedendo dall’inizio di quest’estate, grazie ai Rom e alla lotta politica che essi hanno suscitato attorno alla ragion d’essere dell’Europa.

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