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www.ildialogo.org La sfida ai tiranni e il bisogno di amore: il nuovo Illuminismo. Una pagina dal libro di Giulio Giorello ("Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo") e una nota di Armando Torno (Il filosofo e il cardinale - Martini),a cura di Federico La Sala

L'AMORE ("CHARITAS") E L'ATEISMO. AL DI LA’ DEI FONDAMENTALISMI LAICI E RELIGIOSI, PER UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA ...
La sfida ai tiranni e il bisogno di amore: il nuovo Illuminismo. Una pagina dal libro di Giulio Giorello ("Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo") e una nota di Armando Torno (Il filosofo e il cardinale - Martini)

(...) «il problema di come vivere, agire, lottare, morire quando non ci si può affidare che a congetture» (per dirla con Imre Lakatos) costituirà - questo sì! - la sfida per un nuovo Illuminismo, inteso non solo come uno strumento di difesa dalle forme di dispotismo con cui saremo chiamati a confrontarci ma come un buon compagno di strada anche per quelli che ancora avvertono il bisogno di amore che in passato è stato chiamato Dio (...)


a cura di Federico La Sala

Giorello, lezioni di ateismo liberale per chi rifiuta una fede intollerante

Il cardinale e il filosofo

di Armando Torno (Corriere della Sera, 15.09.2010)

Il cardinale e il filosofo. Carlo Maria Martini e Giulio Giorello. Dialogo sulla fede. Giorello non cerca di demolire con ogni mezzo l’idea di Dio, ma si ricorda come essa sia viva nell’uomo da quando è apparso sulla terra. Non fa dell’ateismo facile. Lo scopo, dice, è «liberare Dio da quelli che ne parlano troppo, anche a vanvera». Il cardinal Martini definisce le argomentazioni di Giorello utili a capire la mentalità dei non credenti.

Domani uscirà il saggio di Giulio Giorello, epistemologo ed erede di Ludovico Geymonat all’Università di Milano, Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo. Noto per le sue tendenze laiche e, tra l’altro, per aver partecipato alla Cattedra dei non credenti istituita a suo tempo dal cardinale Carlo Maria Martini, non ha scritto un libro - se ne contano dozzine - che cerca di demolire con ogni mezzo l’idea di Dio, ma si ricorda come essa sia viva nell’uomo da quando è apparso sulla terra.

Non fa dell’ateismo basso o volgare, di quel genere che crede di liberarsi dal problema con formule o battute, cerca piuttosto - di autore in autore - una via. Nelle sue pagine vi sono figure di atei convinti quali Sade o Feuerbach, non disdegna però di mettere in gioco le proprie convinzioni con Pascal o Kierkegaard. Il filosofo a cui guarda con più simpatia è Spinoza, che non si può certo definire ateo. Questo lo pensavano Bayle - che comunque credeva alla possibilità di una società di atei diversamente da un Voltaire che riteneva necessario il vincolo religioso - e pochi altri.

L’ateismo di Giorello si basa su una scelta di vita: egli rappresenta l’uomo che non sopporta alcuna autorità sopra di sé. Accetta Dio come amico, non come padrone. Il suo è ateismo pratico. Non nasce da deduzioni epistemologiche ma da quelle - il termine è inattuale, in tal caso però vale la pena spenderlo - esistenziali. Nel quarto capitolo lo chiama «ateismo metodologico», perché prova una forte indifferenza verso ogni assoluto (in tal caso riprende uno spunto di Jean Petitot).

Si direbbe anzi che il fine a cui tende quest’opera non sia quello di liberarci da Dio, ma di liberare Dio da quelli che parlano troppo sovente a vanvera nel suo nome e, in tale veste, fanno la loro parte per dar forza agli argomenti dell’ateismo volgare. Inoltre vengono denunciate tutte le «chiacchiere» sulla religione civile, ultimo esercizio da salotto televisivo.

È altresì vero che Giorello prova una discreta dose di nervosismo anche nel sentir nominare la religione della libertà (con il dovuto rispetto a Croce). Insomma, il libro è rivolto a un mondo senza imposizioni. In esso l’ateo può essere compagno di strada del credente e diventa un fatto naturale chiedersi come si possa vivere, agire, lottare, morire quando si conta solo su se stessi.

È la sfida per un nuovo Illuminismo, nel quale si avverte il bisogno d’amore a cui un tempo si dava il nome di Dio. Da «ateo protestante» (così si è dichiarato l’autore), Giorello non cerca di dimostrare l’assenza dell’Essere Assoluto, ma di definire l’orizzonte di un’esistenza senza di esso, rifiutando rassegnazioni e reverenze, ritrovando i piaceri della sperimentazione nella scienza e nell’arte, riscoprendo infine la libertà, soprattutto quando essa appare eccessiva alle burocrazie di qualsiasi «chiesa».

Morale: Giorello spinge il lettore verso un ateismo non dogmatico, utilizzabile anche da un credente stanco dei vari fondamentalismi, gli stessi che alla Grazia del Signore hanno sostituito la repressione e l’intolleranza. Una sua battuta? «Non credo molto a slogan tipo Comunione e liberazione; se proprio devo sceglierne uno, preferisco Libertà e individualismo».


 

 "DEUS CARITAS EST". RETTIFICARE I NOMI

 La "Caritas in Veritate" presentata senza grazia ("charis") e senza acca ("h"), il 7 luglio 2009 (avanti Cristo).

  Cattolicesimo, fascismo, nazismo, stalinismo: il sogno del "regno di ‘dio’" in un solo ‘paese’ è finito. UN NUOVO CONCILIO, SUBITO! Il cardinale Martini, dalla “città della pace”, lo sollecita ancora!!! 95 TESI? NE BASTA UNA SOLA!

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La sfida ai tiranni e il bisogno di amore: il nuovo Illuminismo

di Giulio Giorello (Corriere della Sera, 15.09.2010)

Il volume di Giulio Giorello Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo di cui anticipiamo un brano è edito da Longanesi (pp. 232, € 15)

La più significativa differenza tra la libertà dell’ateo e il fondamento nella «carità»: soffrirà di «una crisi di leadership» (come ha detto Hans Küng), ma occorre riconoscere che Joseph Ratzinger l’ha colta con chiarezza (diversamente da vari pensatori più o meno «cattolici»): l’unica garanzia di libertà, ci dice, è «la fedeltà alla verità» (Caritas in veritate), e la libertà non può che essere «al servizio della verità». Sicché, nel mettere in guardia contro la sopravvalutazione dello sviluppo tecnologico («come elemento di libertà assoluta»), Benedetto XVI conclude che «a partire dal fascino tecnico esercitato sull’essere umano, si deve recuperare il senso vero della libertà, che non consiste nell’ebbrezza di una totale autonomia, ma nella risposta all’appello dell’essere». E se preferissimo restare «ebbri»? Siamo stanchi dei vari Pastori dell’Essere (con la maiuscola o meno).

L’autonomia è la condizione che conquistiamo per noi stessi nella fatica quotidiana - dalle scelte esistenziali alla ricerca scientifica (in tal senso oggi l’autonomia non è però «assoluta»; potrà sempre venir ampliata e rafforzata domani): per questo l’ateismo può rendere un buon servizio perfino a Dio, impedendo che venga ridotto a un oppressore (...). Per il fatto di essere prive di giustificazione teologica saranno meno significative le nostre azioni, nelle nostre singole esistenze come nella vita associata, specie se intese alla cooperazione di individui liberi con altri individui liberi? Si potrà obiettare che non sapremo mai se queste nostre azioni sono «buone»! Lo concediamo, non lo sapremo mai con certezza, e le nostre valutazioni non saranno che fallibili congetture, rivedibili e migliorabili.

Tuttavia, «il problema di come vivere, agire, lottare, morire quando non ci si può affidare che a congetture» (per dirla con Imre Lakatos) costituirà - questo sì!  la sfida per un nuovo Illuminismo, inteso non solo come uno strumento di difesa dalle forme di dispotismo con cui saremo chiamati a confrontarci ma come un buon compagno di strada anche per quelli che ancora avvertono il bisogno di amore che in passato è stato chiamato Dio. Un fine «reazionario» quale Joseph de Maistre avrebbe bollato l’intera faccenda come la beffa ispirata da un «orgoglio feroce e ribelle». Le sue «serate» in quel di Pietroburgo, dopo il caldo estivo del pomeriggio, abitualmente si concludevano con la ritirata degli amabili conversatori nelle loro stanze, mentre cominciava a spirare il vento freddo della sera. Chissà se i suoi personaggi, ovvero il Cavaliere, il Conte e il Senatore, dormivano sonni tranquilli, non visitati dallo spettro dell’ateismo che a loro parere portava seco il germe dell’anarchia? Tutti i fondamentalisti - religiosi o politici che siano - nutrono la convinzione di potere esorcizzare quel fantasma. Ma non si accorgono (parola di Hegel) che «quanto più solido è l’edificio eretto dalla loro religione, tanto più impetuosa è la pressione della vita, per fuggire via verso la libertà».

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Un testo utile per comprendere la mentalità dei non credenti

di Carlo Maria Martini (Corriere della Sera, 15 settembre 2010)

Non condivido le opzioni di fondo dell’autore ma credo che leggere questo libro, dal titolo Senza Dio, potrebbe essere utile per capire la mentalità di un ateo. È un saggio che si fa leggere volentieri, anche per i molti richiami filosofici, letterari, scientifici ecc.

Colpisce che per lo più l’autore non presenti ragionamenti astratti ma una scelta emotiva. Egli cita molti episodi negativi tratti dalla storia del cristianesimo e delle altre religioni, ma ci sono, in due millenni di vita della Chiesa, molti elementi positivi, che occorrerebbe considerare per aver chiaro il quadro generale della vita concreta delle comunità religiose.

Il libro è quindi molto utile per far capire quale sia il modo di pensare di un ateo. Il rifiuto di Dio qui presentato appare più il frutto di una inclinazione affettiva che non del ragionamento. Si sceglie in base alle proprie opinioni più che a partire dalle prove della inesistenza di Dio.

Sono comprensibili e condivisibili molti pensieri dell’autore. Anche in una visione evangelica, l’uomo è chiamato a non fare conto dei titoli onorifici, a non rassegnarsi al male e a respingere le proibizioni immoderate, ma non è necessario portare questi sentimenti alle estreme conseguenze. Il rifiuto di Dio si basa in particolare sulla presenza del male del mondo, ma questo non giustifica il nostro rifiuto di Dio.

 

 



Mercoledì 15 Settembre,2010 Ore: 13:36
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 17/9/2010 17.15
Titolo:Arrestare il Papa in Gran Bretagna ....
Arrestare il Papa in Gran Bretagna?

di Piergiorgio Odifreddi *

Ieri Benedetto XVI è arrivato in Gran Bretagna, e ha potuto iniziare la sua visita senza essere arrestato all’aeroporto. La cosa non era così scontata, visto che la richiesta del suo arresto “per crimini contro l’umanità” era stata annunciata l’11 aprile scorso da Richard Dawkins e Christopher Hitchens, autori dei due best seller antireligiosi L’illusione di Dio (Mondadori, 2007) e Dio non è grande (Einaudi, 2007).

L’idea era di sfruttare lo stesso principio che aveva permesso di arrestare l’ex dittatore cileno Augusto Pinochet a Londra, nell’ottobre 1998, sulla base del principio generale della giurisdizione universale, e di una sentenza particolare emessa dal giudice spagnolo Baltasar Garzòn. Nel caso del dittatore, l’accusa era di violazione dei diritti umani. In quello del papa, la copertura della pedofilia ecclesiastica.

Ovviamente, mettere le mani sui potenti della terra non è facile. Pinochet rimase agli arresti domiciliari per sedici mesi, ma fu liberato nel marzo 2000. Tornato in Cile, dopo lunghe battaglie legali tornò agli arresti domiciliari nel dicembre 2004 e vi rimase fino alla morte, due anni dopo. Come si può immaginare, una delle obiezioni che i suoi avvocati avevano opposto al suo arresto era l’immunità dovuta ai capi di stato e ai senatori a vita.

Per chi non lo sapesse, questo stesso argomento è stato il motivo per cui il ministero della Giustizia statunitense chiese e ottenne, il 26 settembre 2005, di archiviare la pratica aperta contro l’allora cardinale Joseph Ratzinger dalla Corte distrettuale della contea di Harris in Texas, agli inizi di quello stesso anno, per connivenza nei reati di pedofilia e ostruzione alle indagini. La giustificazione del ministero fu che, essendo nel frattempo il cardinale diventato papa, il procedimento era “incompatibile con gli interessi della politica estera degli Stati Uniti”.

Come si vede, la pretesa immunità giudiziaria che Berlusconi rivendica per sé, ha altisonanti precedenti. Ma mentre delle sue beghe giudiziarie si è parlato fino alla nausea, su quelle della Chiesa e del papa si è taciuto fin che si è potuto. In Italia, almeno, non si sono sentiti che mormorii e sussurri, fino alla famosa puntata di Anno zero del 31 maggio 2007 sulla pedofilia ecclesiastica, la cui messa in onda si cercò in tutti i modi di impedire, e a cui ebbi anch’io la ventura di partecipare.

In realtà, lo scandalo era vecchio di decenni. Già nel 1995 aveva dovuto dimettersi il cardinale Hans Hermann Groër di Vienna, per ripetute accuse di molestia sessuale. Lo scorso maggio il cardinal Cristhoph Schönborn, successore di Groër e allievo prediletto di Ratzinger, ha cercato di addossare le colpe della copertura di questo caso al cardinal Angelo Sodano, Segretario di Stato sotto Giovanni Paolo II, invece che a Ratzinger stesso, all’epoca prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ma, in un bel volare di paramenti, è stato zittito da Sodano e dallo stesso Ratzinger.

Correttamente, perché è proprio quest’ultimo che, il 18 maggio 2001, indirizzò ai vescovi di tutto il mondo una lettera in cui confermava ufficialmente che la disposizione segreta Crimen sollicitationis, emessa nel 1962 dal suo predecessore in quella che allora si chiamava ancora Congregazione del Santo Uffizio, era tuttora in vigore. Questa disposizione ordinava di mantenere un segreto totale sugli abusi sessuali commessi dai preti, compresi i nomi delle vittime, pena la scomunica.

E’ grazie a questa lettera che Ratzinger fu indagato in Texas nel 2005, per la sua copertura dei crimini sessuali ecclesiastici. Ora che lo scandalo è scoppiato in tutto il mondo, e che ha già mandato in bancarotta varie diocesi statunitensi per i risarcimenti alle vittime, Benedetto XVI sta correndo tardivamente e timidamente ai ripari. Lui stesso ha confessato, appena arrivato in Gran Bretagna, che “sui preti pedofili non abbiamo vigilato”.

Queste parole saranno gradite agli inglesi, che adorano l’understatement. Ma la verità è che in Vaticano e nella Chiesa c’è stata una colossale operazione di copertura e di connivenza, in cui lo stesso Ratzinger ha giocato la sua bella (anzi, brutta) parte. Naturalmente, non c’è da sperare che verrà veramente arrestato. Ma sarebbe ora che i potenti della terra, e gli impotenti della nostra nazione, smettessero almeno di genufletterglisi di fronte, e di pendere dalle sue labbra quando pontifica di etica e di spiritualità.

* IL NON-SENSO DELLA VITA blog di Piergiorgio Odifreddi, 17 set 2010

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