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www.ildialogo.org DIO E L'UNIVERSO. "IL GRANDE DISEGNO" DI STEPHEN HAWKING SCONVOLGE IL DISEGNO "INTELLIGENTE" DELL' "UOMO SUPREMO" DEI VISIONARI DELLA TEOLOGIA-POLITICA ATEA E DEVOTA EUROPEA. Sul tema, articoli di Dario Fertilio, di Enrico Franceschini, e alcune note,a cura di Federico La Sala

SCIENZA, RELIGIONE, E POLITICA CULTURALE. "C’è una fondamentale differenza tra la religione, che è basata sull’autorità, e la scienza, che è basata su osservazione e ragionamento" (S. Hawking).
DIO E L'UNIVERSO. "IL GRANDE DISEGNO" DI STEPHEN HAWKING SCONVOLGE IL DISEGNO "INTELLIGENTE" DELL' "UOMO SUPREMO" DEI VISIONARI DELLA TEOLOGIA-POLITICA ATEA E DEVOTA EUROPEA. Sul tema, articoli di Dario Fertilio, di Enrico Franceschini, e alcune note

(...) nella sua nuova opera, intitolata The Grand Design (Il grande disegno o progetto) e scritta insieme al fisico americano Leonard Mlodinow, lo scienziato offre la risposta: anziché essere un evento improbabile, spiegabile soltanto con un intervento divino, il Big Bang fu "una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica" (...)


a cura di Federico La Sala


L’universo di Hawking

«Si è autogenerato senza l’intervento di Dio»

«Il grande disegno» esce a pochi giorni dalla visita del Papa a Londra

La controversa tesi nell’ultimo libro. Cacciari: illogico


di Dario Fertilio (Corriere della Sera,  03.09.2010)

In principio era il caos, sostiene Stephen Hawking. E di Dio, nessuna traccia. Parole grosse che, trattandosi di uno dei massimi astrofisici viventi, fanno boom. Tanto più che proprio lui, uno degli scienziati più famosi al mondo, condannato all’immobilità e privo della parola per un’atrofia muscolare progressiva, teorico delle stringhe e dei buchi neri, in un suo libro precedente ( Breve storia del tempo, pubblicato in Italia dalla Bur Rizzoli) aveva lasciato invece una porta socchiusa ai creazionisti, sostenendo che la presenza di Dio non sarebbe incompatibile, in sé, con un approccio scientifico all’universo.


Ma questa volta no : The Grand Design, «Il grande disegno», scritto con il fisico americano Leonard Mlodinow, in 200 pagine serrate e anche immaginifiche si spinge abbastanza lontano da ipotizzare la presenza di altri universi abitati, per poi giungere all’apodittica conclusione che il Big Bang sarebbe una «inevitabile conseguenza delle leggi della fisica», e che l’intervento di una mano creatrice sarebbe decisamente da escludere. Più precisamente, alla domanda che Hawking si pone da sé, «l’universo ha avuto bisogno di un creatore?», la risposta è chiara e incontrovertibile: no. E perché no? «Perché c’è una legge che si chiama gravità, e l’Universo può e continuerà a crearsi da sé, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui qualcosa esiste piuttosto che il nulla, per cui l’Universo esiste, e noi stessi esistiamo». Punto. Per il grande Stephen Hawking, in pensione da un anno e già sulla cattedra occupata da Newton, la questione è chiusa.


In Gran Bretagna le sue conclusioni finiscono ovviamente in prima pagina — cominciando dal «Times» — tanto più che l’uscita del libro (giovedì prossimo) cade appena una settimana prima della visita di papa Ratzinger al di là della Manica.


Subito reazioni positive da Richard Dawkins, il biologo dichiaratamente ateo, che saluta l ’ est ensione al - l’universo delle teorie darwiniane sugli esseri viventi. Altrove, però, e cominciando dall’Italia, prevalgono invece, in varie gradazioni: perplessità, scetticismo, imbarazzo.


Il filosofo della scienza Giulio Giorello, ad esempio, ammette che l’idea di una creazione dal vuoto, «per effetto di una fluttuazione casuale rapidissima e molto energetica», è materia dibattuta dai cosmologi quantisti, anzi «l’ipotesi di una creazione senza creatore la si può ritrovare persino tra le pieghe della filosofia indiana». Una cosa però, sottolinea, è «fare a meno di Dio come creatore agente dall’esterno, un’altra parlarne come forza intrinseca alla natura, sulle orme di Giordano Bruno e Spinoza». Inoltre, a suo giudizio, «il bisogno di Dio non è basato sulla cosmologia, e la grazia è una scintilla nel buio. D’altra parte la scienza prescinde totalmente da Dio».


Più netto, e quasi sprezzante verso Hawking, un altro filosofo, Massimo Cacciari: «Nulla è più assurdo e antiscientifico di pretendere che un linguaggio specialistico fornisca risposte universali. È una contraddizione logica, quella di Hawking, che ha qualcosa di comico e non va nemmeno presa in considerazione. Meglio avrebbe fatto a leggersi la "Dialettica trascendentale" di Kant».


Più articolati, ma di fatto consonanti, i pareri del mondo scientifico. Tommaso Maccacaro, presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica, analizza i punti principali della teoria di Hawking ( presenza di altri sistemi solari simili al nostro, di altri possibili universi, l’idea che si possa raggiungere un equilibrio fra la teoria quantistica del mondo subatomico e quella della gravità) e conclude: «Nessuno di questi punti può servire come base per una discussione su Dio, perché le cose sono totalmente disgiunte. Mi sembrano affermazioni talmente irrazionali da far sì che qualsiasi teologo ne possa fare un solo boccone». E il biologo evoluzionista Telmo Pievani: «Sulla teoria fisica delle stringhe, invocata da Hawking non c’è affatto consenso. Se invece parliamo di evoluzionismo, certo, il processo della vitavnon sembra procedere secondo un progetto. Ma da qui a dimostrare che un’entità sovrannaturale non esiste ce ne corre. E se anche riuscissimo a conoscere i pensieri di Dio, questo non proverebbe che Lui non esiste».
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Giovanni Reale
«Sbaglia perché applica categorie finite all’infinito»
Corriere della Sera 3.9.10


Il filosofo cattolico Giovanni Reale non riesce a nascondere un sorriso di fronte alle argomentazioni di Stephen Hawking sull’assenza di un Dio creatore nell’universo, anzi sul fatto che «l’universo possa avere avuto bisogno di lui». «È un errore tipico di certi scienziati — dichiara — giudicare l’universo infinito secondo categorie finite, senza rendersi conto della enorme sproporzione che ne deriva».

Ma è soprattutto là dove Hawking si spinge più lontano, sostenendo che l’enorme varietà del «multiverso» proverebbe l’inesistenza di Dio, a suscitare in lui un’illuminazione (o, se si preferisce, una fantasia metafisica sull’aldilà). «Dunque — afferma Reale — Stephen Hawking insiste molto sulla presenza di altri sistemi solari simili al nostro, con altri soli e pianeti, e aggiunge che da quando, nel 1992, è stato scoperto il primo pianeta effettivamente orbitante attorno alla sua stella, sarebbe stato inferto un colpo alla teorie creazioniste. E poi, secondo lui, la quasi certezza di altri universi altrettanto complessi del nostro e di altre possibili forme di vita in spazi imprecisati dimostrerebbero che Dio non c’è, perché altrimenti avrebbe sprecato tempo, spazio e materia di nessun valore per le creature umane terrestri. A lui rispondo: a me piace pensare che gli altri universi, e chissà quali altri sistemi celesti, possano essere stati creati per ospitarci tutti, quando verrà il giorno della resurrezione. E perché no? Potrebbero essere quelli i luoghi che ci sono stati riservati, in un nuovo Eden.
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Hawking: vi spiego perché non è stato Dio a creare l´universo


La teoria nel nuovo libro dello scienziato "Il Big Bang deriva solo dalle leggi della fisica"


Molte reazioni dei teologi, dopo questo annuncio, alla vigilia della visita del Papa


di Enrico Franceschini (la Repubblica, 03.09.2010)

L´universo ha bisogno di un Creatore? "No". La perentoria risposta arriva dal professor Stephen Hawking, l´astrofisico più famoso del mondo, considerato da molti l´erede di Newton, del quale ha per così dire ereditato la prestigiosa cattedra all´università di Cambridge. In un nuovo libro che esce in questi giorni, l´autore del best-seller internazionale Dal Big Bang ai buchi neri sostiene, sulla base di nuove teorie, che «l´universo può essersi creato da sé, può essersi creato dal niente» e dunque «non è stato Dio a crearlo».


La sua affermazione occupava ieri tutta la prima pagina del Times di Londra, come una sfida, l´ennesima, della scienza alla religione. «Così come Darwin ha smentito l´esistenza di Dio con la sua teoria sull´evoluzione biologica della nostra specie», commenta Richard Dawkins, biologo difensore dell´ateismo, «adesso Hawking la nega anche dal punto di vista della fisica». Nel suo libro più famoso, l´astrofisico aveva cercato di spiegare che cosa accadeva "prima" del Big Bang, ossia prima che nascesse il tempo, lasciando il quesito irrisolto. Il capitolo conclusivo conteneva un ragionamento che alcuni interpretarono come l´idea che Dio non fosse incompatibile con una comprensione scientifica dell´universo: scoprire cosa c´era prima Big Bang, arrivare a una "completa teoria" dell´universo – scriveva Hawking – «sarebbe il più grande trionfo della ragione umana, perché a quel punto conosceremmo la mente di Dio».


Ma nella sua nuova opera, intitolata The Grand Design (Il grande disegno o progetto) e scritta insieme al fisico americano Leonard Mlodinow, lo scienziato offre la risposta: anziché essere un evento improbabile, spiegabile soltanto con un intervento divino, il Big Bang fu «una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica». Scrive Hawking: «Poiché esiste una legge come la gravità, l´universo può essersi e si è creato da solo, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui c´è qualcosa invece del nulla, il motivo per cui esiste l´universo, per cui esistiamo noi». Nel libro, lo studioso predice inoltre che la fisica è vicina a formulare "una teoria del tutto", una serie di equazioni che possono interamente spiegare le proprietà della natura, la scoperta considerata il Santo Graal della fisica dai tempi di Einstein.


E´ tuttavia la sua asserzione che Dio non ha creato l´universo, e dunque non esiste, a suscitare eco e polemiche. «Se uno ha fede», osserva il professor George Ellis, docente di teologia alla University of Cape Town, «continuerà a credere che sia stato Dio a creare la Terra, l´Universo o perlomeno ad accendere la luce, a innescare il meccanismo che ha messo tutto in moto, prima del Big Bang o del presunto nulla che lo ha preceduto». Ma il campo dell´ateismo accoglie la pubblicazione del libro di Hawking come una vittoria della ragione e della scienza, da celebrare a due settimane dalla visita in Inghilterra di papa Benedetto XVI, che non sarà per niente d´accordo con Hawking.


Nel nuovo libro, l´astrofisico rivela che il riferimento alla "mente di Dio" nel suo precedente volume sul Big Bang era stato male interpretato. Hawking non ha mai creduto che scienza e religione fossero conciliabili. «C´è una fondamentale differenza tra la religione, che è basata sull´autorità, e la scienza, che è basata su osservazione e ragionamento», conclude. «E la scienza vincerà perché funziona».

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Sul tema, in rete, si cfr.:

RATZINGER ’A SCUOLA’ DEL VISIONARIO SWEDENBORG. Una nota di Leonard Boff e una di Immanuel Kant

L’ARCHIVIO DEGLI ERRORI: L’ "IO SONO" DI KANT E L’ "IO SONO" DELL’"UOMO SUPREMO" DEI "VISONARI" DELLA TEOLOGIA POLITICA ATEA E DEVOTA. Note per una rilettura della "Critica della Ragion pura" (e non solo)

 

HAI VINTO, O GALILEO! L’elogio "laicista" di Piergiorgio Odifreddi diventa per Michele Smargiassi (seguendo De Santillana) un "Hai vinto, Vaticano"!!!

MATEMATICA E ANTROPOLOGIA, ALTRO CHE MISTERO.

 IL NOME DI DIO. L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA. Nel nome della "Tradizione"



Venerdì 03 Settembre,2010 Ore: 11:33
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 23/9/2010 17.28
Titolo:KANT (1755), KANT-LAPLACE, E LA 'DIMENTICANZA' DI MARCO CATTANEO ...
DIO, LA SCIENZA, IL PAPA, E LO SCIENZIATO ....

KANT (1755), KANT-LAPLACE, E STEPHEN HAWKING. "DIO E LO SCIENZIATO": CHE STRANO!!! Marco Cattaneo "in "La formula della creazione" (ricorda Laplace ma...) ’dimentica’ Kant !!!

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- Dio e lo scienziato

- Ciclicamente il sapere scientifico torna a farsi parte della riflessione sui fondamenti dell’essere, abbandonata invece dai filosofi

La formula della creazione

Quando gli scienziati vogliono occuparsi di fede

di Marco Cattaneo (la Repubblica, 18.09.2010)

Cimancava solo Stephen Hawking, a riesumare la millenaria diatriba sul rapporto tra scienza e religione,o meglio sulla possibilità che la scienza abbia un ruolo nel dimostrare l’ esistenza o l’ inesistenza di Dio. Nel suo ultimo libro, The Grand Design, uscito da poche settimane e già in vetta alle classifiche nonostante molte critiche e un’ impietosa stroncatura di Dwight Garner sul New York Times, Hawking liquida il Creatore in una frase, peraltro inequivocabile: per spiegare la nascita del nostro e di altri universi «non è necessario ipotizzare l’ esistenza di un dio o di un essere soprannaturale».

In questo e altri passaggi, la scienza torna a farsi parte della riflessione ontologica, saltando a piè pari la mediazione dei filosofi, che negli ultimi tempi hanno accostato la scienza più sul fronte delle questioni etiche che su quello dei fondamenti. E questo è, a sua volta, un elemento di riflessione.

Qualcuno se ne è sorpreso, visto che nel bestseller da 9 milioni di copie Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo, pubblicato nel 1988, Hawking concludeva dichiarando che la scoperta di una teoria unificata della fisica ci avrebbe aiutato a "conoscere la mente di Dio". In verità il fisico britannico non si è mai sbilanciato più di tanto a proposito delle proprie inclinazioni religiose, anche se nel memoir che riassume la loro vita coniugale l’ex moglie lo definisce senza mezzi termini ateo.

In realtà nel libro, scritto con Leonard Mlodinow, Hawking fa riferimento al fatto che la teoria-M, l’ultima estensione della teoria delle stringhe, comporta che non esista un solo universo, ma una moltitudine di universi paralleli. E che l’emergere del nostro universo dal big bang non sia stato un atto creatore, ma una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica, e nella fattispecie della gravità. In questa visione, anzi, lo spazio e il tempo non avrebbero né un inizio né una fine.

In fin dei conti, l’affermazione di Hawking e Mlodinow non è che un’estensione contemporanea del celebre aneddoto che si vuole abbia coinvolto Pierre-Simon de Laplace e Napoleone. Quando lo scienziato gli presentò la prima edizione della sua Esposizione del sistema del mondo, nel 1796, l’imperatore osservò: «Cittadino, ho letto il vostro libro e non capisco come non abbiate dato spazio all’azione del Creatore». Al che Laplace rispose seccamente: «Cittadino Primo Console, non ho avuto bisogno di questa ipotesi». Ma era il Secolo dei Lumi, e non era poi così insolito che qualcuno sostenesse la supremazia della ragione.

D’altra parte, un’affermazione tanto brusca da parte del più famoso fisico del mondo - a torto o a ragione - non poteva passare inosservata. Riattizzando eterne polemiche che covavano appena sotto le ceneri, e che, in un modo o nell’altro, hanno attraversato la storia della cultura moderna. Èun attimo tornare ai processi a Giordano Bruno e Galileo Galilei, come pure osservare l’ironico destino toccato ad alcuni degli scienziati più rivoluzionari della storia e al tempo stesso ferventi devoti. Niccolò Copernico era un mite presbitero della cattedrale di Frombork, in Polonia. Eppure toccò a lui, nel 1543, con il De revolutionibus orbium coelestium, togliere la Terra dal centro dell’universo, dove la collocavano le Scritture. E toccò a Charles Darwin - che pure era stato avviato dal padre a una carriera ecclesiastica e a bordo del Beagle ancora citava la Bibbia come una verità letterale - togliere l’uomo dal centro del Creato. Peggio ancora, i primi a dare fondamento alla teoria di Darwin furono gli esperimenti sui caratteri ereditari di Gregor Mendel, frate agostiniano al monastero di Brno.

A eccezione di Darwin, tuttavia, nessuno di questi colossi del pensiero scientifico sperimentò il tormento di non riuscire più a conciliare le proprie convinzioni religiose con il procedere delle scoperte. Né tantomeno Isaac Newton, il più celebre predecessore di Hawking alla cattedra lucasiana di Cambridge, trovò contraddizioni tra la sua fede e la scoperta di leggi che non si conciliavano con la lettera delle Scritture. Anzi, considerando Dio come un demiurgo, un creatore immobile e trascendente che aveva messo in moto l’universo, è stato indicato come un precursore del deismo settecentesco.

Più complesso è stato il rapporto con la divinità del massimo pensatore del Novecento, Albert Einstein. «Io credo nel Dio di Spinoza - disse - che si rivela nella ordinaria armonia di ciò che esiste, non in un Dio che si preoccupa del fato e delle azioni degli esseri umani». Ma al tempo stesso conservava una visione trascendente di Dio, e aveva in cordiale antipatia gli "atei fanatici" che, diceva, «non possono sentire la musica delle sfere».

Ai giorni nostri, il confronto tra religione e scienza sembrava essere confinato all’evoluzione, soprattutto negli Stati Uniti, dove i sostenitori del "disegno intelligente" tentano di controbattere al neodarwinismo cercando prove di finalismo nell’evoluzione delle specie. Una posizione che ha scatenato la controffensiva di molti biologi, soprattutto del più radicale evoluzionista ateo in circolazione, Richard Dawkins, autore tra l’altro del bestseller L’illusione di Dio. Non è un caso, dunque, che Dawkins sia stato tra i primi a esultare per la tesi sostenuta da Hawking.

A parte i fanatici del Museo della creazione di Petersburg, in Kentucky, che negano il big bang e l’evoluzione dell’universo, la fisica sembrava essere felicemente fuori da polemiche e scontri - forse perché il cammino della scienza in questo campo non intralciava più di tanto quello della fede, e viceversa - ma anche in questi anni Dio ricorreva periodicamente nell’immaginario dei fisici. Basta ricordare l’infelice nomignolo del bosone di Higgs, la particella di Dio, dall’omonimo volume di Leon Lederman. O lo splendido libro di Gian Carlo Ghirardi sulla meccanica quantistica intitolato Un’occhiata alle carte di Dio.

Eppure anche oggi c’è chi riesce a vivere serenamente una luminosa carriera nella scienza, accogliendone metodo e risultati dalla cosmologia all’evoluzione, e a conciliarla con una coscienza di credente. È il caso di Nicola Cabibbo, grande fisico romano scomparso un mese fa. E di George Coyne, gesuita e astronomo, direttore della Specola Vaticana per quasi trent’anni. Forse il segreto sta nell’accettare che la fede non diventi un pregiudizio sul cammino della conoscenza. E che la scienza non esca dall’alveo delle leggi di natura per discutere il soprannaturale. Hawking permettendo.

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