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www.ildialogo.org LA CATTIVA GLOBALIZZAZIONE, IL RITORNO DELLE CARAVELLE, E L'URGENZA ASSOLUTA DI UNA SVOLTA. Un intervento di Raniero La Valle ("Rocca", n.14, 2010),a cura di Federico La Sala

PER LA CRITICA DELL'ECONOMIA E DELLA TEOLOGIA POLITICA DI "MAMMONA" E DI "MAMMASANTISSIMA" ....
LA CATTIVA GLOBALIZZAZIONE, IL RITORNO DELLE CARAVELLE, E L'URGENZA ASSOLUTA DI UNA SVOLTA. Un intervento di Raniero La Valle ("Rocca", n.14, 2010)

(...) riprendere i grandi filoni delle culture del Novecento, abbandonati o traditi: le Costitu­zioni, il Concilio, la cultura dei diritti, l'egua­glianza, la liberazione dei popoli, l'internazio­nalismo, la pace, e rimettere mano a costruire la casa. Allora la democrazia tornerebbe a pren­dere senso, i partiti tornerebbero a rappresen­tare la ricchezza delle tradizioni e del plurali­smo politico, e la Chiesa tornerebbe a dire (e soprattutto a far ascoltare) parole di vita


a cura di Federico La Sala

SE RITORNANO LE CARAVELLE
 
di Raniero La Valle  (Rocca n.14/10)
 
E’ molto importante capire, dagli ultimi avvenimenti, che la lotta non è più po­litica, ma culturale; pretendere di cam­biare l'art. 41 della Costituzione (eco­nomia e suoi fini sociali) significa vo­ler rovesciare una cultura, non cam­biare politica. Rispetto a questo passaggio tut­ti i soggetti, dai partiti, ai sindacati, alla Chie­sa, devono ridefinire la propria posizione, che non è affatto adeguata a questa nuova qualità della lotta.
 
Il tema è ormai quello della risposta da dare alla cattiva globalizzazione (contro cui invano ave­vano combattuto i «no global») che sta giungen­do ora a una sorta di nemesi: i Paesi ricchi, che dovevano diventare ancora più ricchi espanden­do il loro imperialismo senza limiti in tutto il mondo, si stanno impoverendo; le multinazio­nali che avevano delocalizzato le loro fabbriche per andare ad approfittare dei salari di fame e del lavoro sfruttato della Moldavia o del Ban­gladesh, tornano a casa, ma vogliono che le con­dizioni del Bangladesh si riproducano in patria; le caravelle di Cristoforo Colombo che erano andate a portare civiltà, diritto e giustizia oltre­mare, tornano indietro recando la notizia che, a missione compiuta, l'assoggettamento di tutto il mondo al denaro e alla ricchezza richiede che ai diritti, alla giustizia e alla civiltà si rinunzi anche in quello che fu l'Occidente; fallito il pro­getto dello scontro di religioni, i grandi poteri economici e politici, come dicono i promotori del dialogo cristiano-islamico, cercano di ridur­re Islam e cristianesimo a loro «semplici appen­dici»; intanto, come lugubre metafora di ciò che sta accadendo, l'oro nero, cioè la merce più ap­prezzata e remunerativa del Mercato globale, sgorga inarginato irraggiungibile e improdutti­vo dal fondo dell'oceano portando devastazione nella natura, morte agli animali e suicidi e di­sperazione tra gli uomini.
 
Come si risponde a tutto ciò, è un problema culturale, o per meglio dire, è un problema di cultura politica, assolutamente fuori della por­tata della politica senza cultura oggi vigente da noi. Aggregare tutti gli egoismi in un'unica gran­de alleanza con cui mantenere a tutti i costi il potere, come tutte le volte che non è stata scon­fitta ha fatto la destra italiana, non è una rispo­sta. Proclamare il verbo del «si salvi chi può», scatenando la guerra tra i poveri, non è una ri­sposta. Ritagliare un'area di benessere in cui accumulare e trattenere denaro e privilegi, rom­pendo l'unità fiscale dello Stato, e aizzando die­ci milioni di padani a scendere in campo per difenderli, non è una risposta; distruggere ogni articolazione sociale, imponendo agli operai una specie di giuramento antimodernista di incon­dizionata obbedienza a padroni benefici che portano in dono il lavoro, come i re Magi, non è una risposta; salvarsi con 1'8 per mille, col so­vrappiù di un continuo travaso di soldi pubblici ad imprese religiose, non è una risposta.
 
E infatti i vecchi equilibri politici si stanno spez­zando. Nella coalizione di governo siamo or­mai ben oltre le punture di spillo e i mal di pan­cia. Fini ha alzato il livello dello scontro, po­nendo come ragione di conflitto un tema su­premo, dirimente, su cui la destra populista non può restare insieme: l'unità nazionale non si tocca, ha detto, la Padania è un'invenzione. Se la Padania è un'invenzione, è un'invenzione la Lega. Il pilastro del governo crolla, nella sua furia Bossi evoca il vero spettro che c'è dietro la figura politicistica e anti-ideologica dell'Ita­lia bipolare: c'è la figura di due Italie messe in conflitto e spinte a una resa dei conti tra loro, fino a negarsi violentemente l'un l'altra. Il capo del governo, che è un animale politico (non nel senso aristotelico) ha subito fiutato il pericolo della disgregazione e sfidando Fini e Napoleta­no ha raddoppiato la posta pretendendo il varo della legge sulle intercettazioni entro l'estate. E ciò con l'idea di ristabilire nel suo schiera­mento l'omertà rotta dal presidente della Ca­mera (su una legge, poi, che promette nuove impunità al sistema politico), oppure di finire la legislatura in attacco giocandosi tutto in una nuova prova del fuoco elettorale, supposta a lui congeniale. L'eterno ritorno del passato.
Per uscirne, occorre non cercare di ritagliarsi una nicchia, del resto inesistente, in questo di­sastro. Occorre invece contrapporsi alla cultu­ra della decadenza, rimettere in discussione i fatti compiuti (perché sono compiuti da noi, non sono un destino); guai se la globalizzazio­ne dovesse definitivamente significare null'al­tro che stabilire un sistema di vasi comunican­ti, in cui si perdano le differenze e in cui il li­vellamento di salari, di opportunità, di tutele, di saperi, avvenga verso il basso.
Occorre inve­ce riprendere i grandi filoni delle culture del Novecento, abbandonati o traditi: le Costitu­zioni, il Concilio, la cultura dei diritti, l'egua­glianza, la liberazione dei popoli, l'internazio­nalismo, la pace, e rimettere mano a costruire la casa. Allora la democrazia tornerebbe a pren­dere senso, i partiti tornerebbero a rappresen­tare la ricchezza delle tradizioni e del plurali­smo politico, e la Chiesa tornerebbe a dire (e soprattutto a far ascoltare) parole di vita.


Venerdì 16 Luglio,2010 Ore: 10:56
 
 
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