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www.ildialogo.org I METALMECCANICI, LA "FIAT", E POMIGLIANO "D'ARCORE". Sul caso, l'analisi di Carlo Clericetti e alcune notizie sulla trattativa - con note,a cura di Federico La Sala

COSTITUZIONE, LAVORO,E TEOLOGIA POLITICA ATEO-DEVOTA DELLA "SOVRANITA' PRIVATA" DELL'IMPRENDITORE-PAPA...
I METALMECCANICI, LA "FIAT", E POMIGLIANO "D'ARCORE". Sul caso, l'analisi di Carlo Clericetti e alcune notizie sulla trattativa - con note

(...) il sogno di avere mano libera in fabbrica, sull’organizzazione del lavoro come sulle retribuzioni, senza avere il problema di subire scioperi come reazione. Il sogno di ottenere tutto questo non più con l’aiuto della polizia o dell’esercito, come si faceva nell’800, ma con la firma delle organizzazioni dei lavoratori. Formalmente non con una imposizione, dunque, ma offrendo una possibilità di scelta (...)


a cura di Federico La Sala

 

L’ANALISI

Mano libera in fabbrica

di CARLO CLERICETTI (la Repubblica, 14.10.2010)

"Ho fatto un sogno". Nessun imprenditore italiano ha ripetuto la frase dello storico discorso di Martin Luther King sulla fine della discriminazione razziale, ma si può star certi che la maggior parte l’ha pensata. Ed è un sogno molto diverso da quello: il sogno di avere mano libera in fabbrica, sull’organizzazione del lavoro come sulle retribuzioni, senza avere il problema di subire scioperi come reazione. Il sogno di ottenere tutto questo non più con l’aiuto della polizia o dell’esercito, come si faceva nell’800, ma con la firma delle organizzazioni dei lavoratori. Formalmente non con una imposizione, dunque, ma offrendo una possibilità di scelta.

Certo, nel caso di Pomigliano l’alternativa è un po’ asimmetrica: o si accettano le condizioni poste dall’azienda o la fabbrica chiude. Chiedersi se si proponga veramente una scelta sarebbe una domanda retorica. Ed è altamente probabile che anche il referendum tra i lavoratori, se si farà, scelga di mangiare quella minestra piuttosto che buttarsi dalla finestra.

Quella minestra, però, contiene ingredienti indigeribili. Non si tratta della fine della concezione del sindacato come "antagonista", come chiosa il candido segretario della Uil Luigi Angeletti. Tra quegli ingredienti c’è di fatto l’addio al contratto nazionale (già derogabile in base all’accordo sulle nuove relazioni sindacali, che la Cgil non ha firmato) e una rinuncia al diritto di sciopero, che la Costituzione garantisce addirittura come diritto individuale. C’è, in altre parole, tutto ciò che serve a far diventare irrilevante il sindacato, a guidarlo verso un sicuro declino, ancora una volta sul modello degli Stati Uniti, dove ormai meno del 10% dei lavoratori è iscritto a un sindacato.

Sono in molti a ritenere che questo non sia un problema, ma un obiettivo desiderabile. Ma a dire che sbagliano non è qualche sorpassata ideologia, ma la stessa storia dello sviluppo. Se si allunga lo sguardo a tutta la prospettiva dello sviluppo economico non si può non ammettere che è cresciuto di pari passo con il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. E piuttosto che avanzare il dilemma dell’uovo e della gallina bisognerebbe chiedersi se l’allargamento del benessere sociale non sia un qualcosa che è appunto necessario al buon funzionamento dell’economia, se un maggiore equilibrio nella distribuzione del reddito non sia una condizione che permette una crescita equilibrata, magari con meno accelerazioni, ma anche senza crisi drammatiche come quella degli anni ’30 e come quella tuttora in atto.

Fino agli anni ’70 del secolo scorso il "mega-trend" è stato di una maggiore diffusione del benessere, dagli anni ’80 è invece iniziata una tendenza alla polarizzazione che con la globalizzazione si è accentuata, perché non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che viene posta l’alternativa su cui si deve decidere a Pomigliano. Ma dagli anni ’80 le crisi - non solo finanziarie - si sono succedute a ritmo sempre più accelerato, fino a questa che ha coinvolto tutto il mondo. Per ognuna di queste crisi, presa singolarmente, si possono trovare spiegazioni specifiche, ma, se appunto si allunga lo sguardo, non è insensato chiedersi se non ci sia alla base uno stesso problema di fondo.

Secondo la "teoria del caos" un qualsiasi avvenimento, per quanto apparentemente insignificante, può provocare una serie di reazioni concatenate che possono sfociare in eventi di livello planetario. Non c’è bisogno che per il caso Pomigliano si paventi qualcosa del genere. Ma di certo può essere un altro passo che magari fa bene all’impresa nel breve periodo, ma male all’economia nel lungo termine.


Pomigliano, la Fiom non firma

  La Cgil: rischio violazione legge 
  E la Fiat convocati i sindacati
*

NAPOLI La Fiom ribadisce il suo no ad uno stravolgimento delle leggi e del contratto nazionale, ma lancia una proposta alla Fiat per salvare lo stabilimento di Pomigliano e gli investimenti promossi dal Lingotto sul sito campano. Con l’utilizzo dei 18 turni e delle flessibilità necessarie è possibile, rilancia il segretario generale dei metalmeccanici della Cgil, Maurizio Landini, «garantire una produzione annua superiore alle 280 mila Panda» indicate come obiettivo dall’azienda, con un 18mo turno strutturale, e senza lo straordinario.

È questa la proposta che arriva dalla Fiom al termine del Comitato centrale, convocato dalle tute blu per dare una risposta alla Fiat in vista della nuova convocazione dei sindacati per domani. Un tavolo a cui la Fiom non è stata chiamata ma che vedrà comunque un suo osservatore al tavolo.

«Se la Fiat sceglie di applicare in tal modo il Ccnl e le leggi, la Fiom ne prende atto senza alcuna opposizione, disponibili ovviamente a una applicazione anche delle parti più rigorose e severe» chiarisce il "parlamentino" della Fiom nel documento finale approvato all’unanimità. «Non accedere a questa soluzione renderebbe evidente che per la Fiat l’obiettivo non è nè quello della produzione nè quello della flessibilità o compatibilità produttiva, ma come evidenziato dalle dichiarazioni dei ministri Sacconi e Tremonti l’obiettivo diventerebbe quello di voler affermare il superamento del contratto e dello Statuto dei lavoratori».

Una strada che per la Fiom resta impercorribile, nonostante le pressioni, arrivate da più parti, non ultima da quella della confederazione. Oggi la neo segreteria della Cgil ha infatti affrontato il nodo Pomigliano, ribadendo la posizione già espressa dal segretario generale, Guglielmo Epifani: per la Cgil «il lavoro e l’occupazione» restano la priorità da seguire anche se non si può nascondere il rischio che «la proposta di accordo possa violare leggi e Costituzione». Per la Cgil, comunque, «tocca alla categoria dei metalmeccanici promuovere la discussione, innanzitutto coinvolgendo gli iscritti»: una questione, questa del referendum, respinta dalla Fiom: «è impossibile sottoporre al voto» accordi che violano i contratti e la Costituzione, ripete infatti Landini.

«Dire di no a un investimento di 700 milioni è cecità enorme. Anche se la Fiom poco fa ha detto di non accettare la proposta della Fiat, mi auguro sia una ennesima provocazione e una normale tattica di negoziazione. Ma credo non ci sia più spazio di negoziazione» commenta la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia mentre un nuovo appello alla Cgil arriva dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «Faccio appello ai vertici della Cgil affinchè una valutazione più generale induca la stessa categoria ad accettare, pur con le riserve manifestate, un’intesa utile a salvaguardare il futuro di Pomigliano e della Fiat in Italia» dice il Ministro che si rivolge però anche all’azienda affinchè «voglia considerare il clima di larga condivisione che si è già prodotto in azienda e nell’intero Paese sull’ipotesi di accordo».

Un giudizio positivo sulla posizione espressa dalla Cgil arriva infine dalla Cisl: «Sono molto soddisfatto del fatto che ritroviamo l’unità sindacale su uno dei punti salienti per la vita del Paese» afferma il segretario generale, Raffaele Bonanni. Per la Uil, dice il segretario Luigi Angeletti Pomigliano è lo «spartiacque nel sistema delle relazioni sindacali, destinato, qualunque sia l’epilogo, ad un cambiamento definitivo. L’era dell’antagonismo - sostiene - è finita».

* la Stampa, 14/06/2010


Sul tema, e sulla questione generale, si cfr.:

LA CUCINA BERLUSCONIANA E LE RANE IN PENTOLA

LA TEOLOGIA POLITICA DELLA "SOVRANITA’ PRIVATA" DELL’IMPRENDITORE E LA COSTITUZIONE.

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE.



Martedì 15 Giugno,2010 Ore: 09:10
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 15/6/2010 10.18
Titolo:I costituzionalisti lanciano l’allarme
Adesso c’è anche l’assalto al diritto allo sciopero
I costituzionalisti lanciano l’allarme
«Attenti agli aut aut»
Incontro di una cinquantina di accademici con Bersani e Violante.
Difendere la Carta dai colpi di mano del governo

di Maria Zegarelli (l’Unità, 15.06.2010)

Certo, tutti cercano di attenersi al tema all’ordine del giorno, le riforme istituzionali a cui sta lavorando il Partito democratico, ma la preoccupazione anche per l’assalto all’articolo 41 della Carta Costituzionale, tra gli oltre 50 costituzionalisti riunitisi ieri nella Sala della Regina a Montecitorio, è forte. L’invito è partito dal segretario Pier Luigi Bersani, che si prepara, con il responsabile Riforme, Luciano Violante, alla «campagna d’autunno», proprio sui temi della Costituzione, ma come prescindere dalla stretta attualità, dalla lettura dei quotidiani? Impossibile, anche perché l’accordo che una delle realtà imprenditoriali più importanti del Paese vuole siglare con i sindacati minerebbe parecchi di diritti sanciti dai costituenti. Tania Groppi, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nella facoltà di Economia dell’Università di Siena, appena uscita dal seminario Pd, prova a fare il punto: «A me sembra che la tendenza che la maggioranza di governo viveva finora di insofferenza verso le regole, si stia diffondendo anche al settore privato e sia passata dalle garanzie ai diritti dice Groppi poco dopo aver lasciato i lavori del seminario -.

Berlusconi da sempre, e ultimamente con maggiore insistenza, dice che tutte queste regole sono un impedimento al suo lavoro: adesso mi sembra che si sia fatto un ulteriore passo cercando di intaccare i diritti sociali, quelli dei lavoratori». Secondo la costituzionalista la Fiat con questo accordo mette in discussione lo stesso diritto allo sciopero, alla salute, al riposo e quello alla partecipazione politica».

E non è un caso che ieri, durante l’incontro a porte chiuse, a cui erano presenti tra gli altri, Onida, Sorrentino, Luciani, Barbera, Bassanini, De Martin e Giorgis in tanti abbiano ribadito la necessità di difendere con convinzione la Costituzione, nella «prima e nella seconda parte». Da qui la larga condivisione della platea per la piattaforma di lavoro illustrata da Violante che «punta molto sul rilancio della democrazia partecipativa, sulla necessità di una rinnovata legittimazione delle istituzioni, del rapporto tra elettori e eletti e della centralità del parlamento», come commenta uno dei presenti.

Allarme, rinnovato, poi per una possibile forzatura da parte della maggioranza per le riforme istituzionali. «Le riforme vanno fatte senza aut-aut ma con larga condivisione». Ai costituzionalisti presenti è stato anche chiesto quanto percorribile possa essere lo strumento del referendum per l’abrogazione del Porcellum e l’eventuale reviviscenza del Mattarellum. Alla fine la linea che è prevalsa è stata quella della cautela. Lo stesso Bersani, ha avvertito: «Attenzione, il quorum in questi ultimi venti anni non è mai stato raggiunto. Potrebbe rivelarsi un boomerang. Noi dobbiamo dire con chiarezza che siamo contro questa legge elettorale e che si devono saldare questione sociale e questione istituzionale». C’è chi fa anche notare che dubbi di ammissibilità davanti alla Corte Costituzionale sul referendum abrogativo per il Porcellum ce ne sono e non vanno sottovalutati. Il Pd, dal canto suo, trova un punto di condivisione al suo interno: non porsi in termini «statici» rispetto alle riforme, ma di difendere con decisione l’impianto della Carta fondativa.


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«Si rispettino le regole, l’Italia non è il Burundi»
Un’associazione privata come il sindacato non può convalidare atti costituzionalmente illegittimi dei datori di lavoro come l’art. 14 dell’intesa

di Luigi Mariucci, Diritto del lavoro a Ca’ Foscari (l’Unità, 15.06.2010)

I l documento Fiat su Pomigliano assomiglia, per usare un eufemismo, più a una dichiarazione unilaterale che a una proposta contrattuale. Il testo contiene molte rilevanti modifiche della condizione di lavoro e del sistema di relazioni contrattuali. Sul primo piano basti vedere le misure previste in tema di orario di lavoro: 24 ore di produzione continua, 18 turni settimanali, compreso il sabato notte, lavoro straordinario direttamente esigibile dall’azienda, deroghe al regime delle pause. Colpiscono, in particolare, clausole siffatte: «Le soluzioni ergonomiche (...) permettono sulle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo, un regime di tre pause per 10 minuti ciascuna (...) che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti». E lo chiamano postfordismo! Vi sono poi norme c.d. anti-assenteismo che prevedono la mancata retribuzione dei giorni di malattia se le assenze superano una certa media, colpendo, per così dire, nel mucchio. Infine è prevista una «clausola di responsabilità» molto pesante a carico dei sindacati, in caso di comportamenti difformi dalle regole sopra definite, in termini di sanzioni riferite ai contributi e ai permessi sindacali.

Dicono che questo diktat, anzi, si perdoni il lapsus, questo accordo è necessario per assicurare la prospettiva produttiva di Pomigliano e che questo è reso necessario dalla competizione globalizzata. E sia. Fin qui si può fare, nella consapevolezza che tutto ciò comporta duri sacrifici e costrizioni per i lavoratori e una assunzione molto forte di responsabilità per i sindacati. Purché di questo non si faccia la bandiera di un «nuovo sol dell’avvenire», come predica l’attuale ed ex-socialista ministro del lavoro in carica. Ciò che non si può fare è invece pretendere di modificare, con un c.d. contratto collettivo, addirittura la Costituzione. Ciò è quanto si verifica, in particolare, nel punto 14 del testo, che merita di essere citato per intero: «Le clausole indicate integrano la regolamentazione dei contratti individuali di lavoro al cui interno sono da considerarsi correlate ed inscindibili, sicché la violazione da parte del singolo lavoratore di una di esse costituisce infrazione disciplinare di cui (...) agli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari conservativi e ai licenziamenti(...)».

Questa clausola è due volte illegittima: perché qualifica arbitrariamente come parte normativa del contratto impegni di parte obbligatoria, riferite ai sindacati stipulanti; e perché pretende addirittura di trasformare in illecito, passibile di licenziamento, l’esercizio del diritto individuale di sciopero, sancito dalla Costituzione. La firma già apposta da qualche sindacato a questa clausola non è semplicemente invalida: è inefficace, inesistente, tamquant non esset, dicevano gli antichi. Una associazione privata, qual è il sindacato, non può infatti convalidare atti costituzionalmente illegittimi dei datori di lavoro. Non si modifica per contratto la costituzione: questo è l’abc dell’alfabeto costituzionale. Forse questo si può fare in Cina, negli Usa o nel Burundi, ma non in Italia. Perciò a mio giudizio la Fiom-Cgil farebbe bene a siglare con riserva quel testo, con una assunzione straordinaria di responsabilità, limitando gli effetti giuridici della sua firma alle parti del testo riferite a materie di competenza contrattuale e dichiarandone l’ovvia irrilevanza per le parti relative a discipline inderogabili di legge.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 15/6/2010 10.23
Titolo:I costituzionalisti lanciano l’allarme
Adesso c’è anche l’assalto al diritto allo sciopero
I costituzionalisti lanciano l’allarme
«Attenti agli aut aut»
Incontro di una cinquantina di accademici con Bersani e Violante.
Difendere la Carta dai colpi di mano del governo

di Maria Zegarelli (l’Unità, 15.06.2010)

Certo, tutti cercano di attenersi al tema all’ordine del giorno, le riforme istituzionali a cui sta lavorando il Partito democratico, ma la preoccupazione anche per l’assalto all’articolo 41 della Carta Costituzionale, tra gli oltre 50 costituzionalisti riunitisi ieri nella Sala della Regina a Montecitorio, è forte. L’invito è partito dal segretario Pier Luigi Bersani, che si prepara, con il responsabile Riforme, Luciano Violante, alla «campagna d’autunno», proprio sui temi della Costituzione, ma come prescindere dalla stretta attualità, dalla lettura dei quotidiani? Impossibile, anche perché l’accordo che una delle realtà imprenditoriali più importanti del Paese vuole siglare con i sindacati minerebbe parecchi di diritti sanciti dai costituenti. Tania Groppi, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nella facoltà di Economia dell’Università di Siena, appena uscita dal seminario Pd, prova a fare il punto: «A me sembra che la tendenza che la maggioranza di governo viveva finora di insofferenza verso le regole, si stia diffondendo anche al settore privato e sia passata dalle garanzie ai diritti dice Groppi poco dopo aver lasciato i lavori del seminario -.

Berlusconi da sempre, e ultimamente con maggiore insistenza, dice che tutte queste regole sono un impedimento al suo lavoro: adesso mi sembra che si sia fatto un ulteriore passo cercando di intaccare i diritti sociali, quelli dei lavoratori». Secondo la costituzionalista la Fiat con questo accordo mette in discussione lo stesso diritto allo sciopero, alla salute, al riposo e quello alla partecipazione politica».

E non è un caso che ieri, durante l’incontro a porte chiuse, a cui erano presenti tra gli altri, Onida, Sorrentino, Luciani, Barbera, Bassanini, De Martin e Giorgis in tanti abbiano ribadito la necessità di difendere con convinzione la Costituzione, nella «prima e nella seconda parte». Da qui la larga condivisione della platea per la piattaforma di lavoro illustrata da Violante che «punta molto sul rilancio della democrazia partecipativa, sulla necessità di una rinnovata legittimazione delle istituzioni, del rapporto tra elettori e eletti e della centralità del parlamento», come commenta uno dei presenti.

Allarme, rinnovato, poi per una possibile forzatura da parte della maggioranza per le riforme istituzionali. «Le riforme vanno fatte senza aut-aut ma con larga condivisione». Ai costituzionalisti presenti è stato anche chiesto quanto percorribile possa essere lo strumento del referendum per l’abrogazione del Porcellum e l’eventuale reviviscenza del Mattarellum. Alla fine la linea che è prevalsa è stata quella della cautela. Lo stesso Bersani, ha avvertito: «Attenzione, il quorum in questi ultimi venti anni non è mai stato raggiunto. Potrebbe rivelarsi un boomerang. Noi dobbiamo dire con chiarezza che siamo contro questa legge elettorale e che si devono saldare questione sociale e questione istituzionale». C’è chi fa anche notare che dubbi di ammissibilità davanti alla Corte Costituzionale sul referendum abrogativo per il Porcellum ce ne sono e non vanno sottovalutati. Il Pd, dal canto suo, trova un punto di condivisione al suo interno: non porsi in termini «statici» rispetto alle riforme, ma di difendere con decisione l’impianto della Carta fondativa.


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«Si rispettino le regole, l’Italia non è il Burundi»
Un’associazione privata come il sindacato non può convalidare atti costituzionalmente illegittimi dei datori di lavoro come l’art. 14 dell’intesa

di Luigi Mariucci, Diritto del lavoro a Ca’ Foscari (l’Unità, 15.06.2010)

I l documento Fiat su Pomigliano assomiglia, per usare un eufemismo, più a una dichiarazione unilaterale che a una proposta contrattuale. Il testo contiene molte rilevanti modifiche della condizione di lavoro e del sistema di relazioni contrattuali. Sul primo piano basti vedere le misure previste in tema di orario di lavoro: 24 ore di produzione continua, 18 turni settimanali, compreso il sabato notte, lavoro straordinario direttamente esigibile dall’azienda, deroghe al regime delle pause. Colpiscono, in particolare, clausole siffatte: «Le soluzioni ergonomiche (...) permettono sulle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo, un regime di tre pause per 10 minuti ciascuna (...) che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti». E lo chiamano postfordismo! Vi sono poi norme c.d. anti-assenteismo che prevedono la mancata retribuzione dei giorni di malattia se le assenze superano una certa media, colpendo, per così dire, nel mucchio. Infine è prevista una «clausola di responsabilità» molto pesante a carico dei sindacati, in caso di comportamenti difformi dalle regole sopra definite, in termini di sanzioni riferite ai contributi e ai permessi sindacali.

Dicono che questo diktat, anzi, si perdoni il lapsus, questo accordo è necessario per assicurare la prospettiva produttiva di Pomigliano e che questo è reso necessario dalla competizione globalizzata. E sia. Fin qui si può fare, nella consapevolezza che tutto ciò comporta duri sacrifici e costrizioni per i lavoratori e una assunzione molto forte di responsabilità per i sindacati. Purché di questo non si faccia la bandiera di un «nuovo sol dell’avvenire», come predica l’attuale ed ex-socialista ministro del lavoro in carica. Ciò che non si può fare è invece pretendere di modificare, con un c.d. contratto collettivo, addirittura la Costituzione. Ciò è quanto si verifica, in particolare, nel punto 14 del testo, che merita di essere citato per intero: «Le clausole indicate integrano la regolamentazione dei contratti individuali di lavoro al cui interno sono da considerarsi correlate ed inscindibili, sicché la violazione da parte del singolo lavoratore di una di esse costituisce infrazione disciplinare di cui (...) agli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari conservativi e ai licenziamenti(...)».

Questa clausola è due volte illegittima: perché qualifica arbitrariamente come parte normativa del contratto impegni di parte obbligatoria, riferite ai sindacati stipulanti; e perché pretende addirittura di trasformare in illecito, passibile di licenziamento, l’esercizio del diritto individuale di sciopero, sancito dalla Costituzione. La firma già apposta da qualche sindacato a questa clausola non è semplicemente invalida: è inefficace, inesistente, tamquant non esset, dicevano gli antichi. Una associazione privata, qual è il sindacato, non può infatti convalidare atti costituzionalmente illegittimi dei datori di lavoro. Non si modifica per contratto la costituzione: questo è l’abc dell’alfabeto costituzionale. Forse questo si può fare in Cina, negli Usa o nel Burundi, ma non in Italia. Perciò a mio giudizio la Fiom-Cgil farebbe bene a siglare con riserva quel testo, con una assunzione straordinaria di responsabilità, limitando gli effetti giuridici della sua firma alle parti del testo riferite a materie di competenza contrattuale e dichiarandone l’ovvia irrilevanza per le parti relative a discipline inderogabili di legge.

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