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www.ildialogo.org «COMINCIA L’ERA POST-GENOMICA». Costruita la prima cellula artificiale, in grado di dividersi e moltiplicarsi. "Giocare a essere dio"? Sul tema, una nota e il commento di Luca e Francesco cavalli Sforza,a cura di Federico La Sala

INGEGNERIA GENETICA: LA GENERAZIONE DI VITA ARTIFICIALE. Il risultato, pubblicato su Science, è stato ottenuto negli Stati Uniti, nell’istituto di Craig Venter ...
«COMINCIA L’ERA POST-GENOMICA». Costruita la prima cellula artificiale, in grado di dividersi e moltiplicarsi. "Giocare a essere dio"? Sul tema, una nota e il commento di Luca e Francesco cavalli Sforza

(...) Si potrebbe dire, parafrasando la Bibbia, che ora che l’uomo ha assaggiato il frutto dell’albero della vita, sarà bene che assaggi anche il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, così da diventare abbastanza discriminante da sapersi prendere piena responsabilità delle sue azioni (...)


a cura di Federico La Sala

PRIMA APPLICAZIONE: batteri in grado di produrre biocarburanti

  Ecco l’inizio della «vita artificiale» 
  Costruita la prima cellula

  Svolta epocale nella ricerca. È controllata da un Dna sintetico ed è in grado di dividersi e moltiplicarsi

ROMA - È stata costruita in laboratorio la prima cellula artificiale, controllata da un Dna sintetico e in grado di dividersi e moltiplicarsi proprio come qualsiasi altra cellula vivente. Il risultato, pubblicato su Science, è stato ottenuto negli Stati Uniti, nell’istituto di Craig Venter. Si tratta di una svolta epocale nella ricerca.

BATTERI SALVA-AMBIENTE - Con questo nuovo passo il traguardo della vita artificiale è ormai più vicino che mai e si comincia a intravedere la realizzazione di uno dei sogni di Venter: costruire batteri salva-ambiente con un Dna programmato per produrre biocarburanti o per pulire acque e terreni contaminati. Dopo avere ottenuto il primo cromosoma artificiale, la sfida è riuscire ad attivarlo, aveva detto Venter appena due anni fa. Adesso ha raggiunto il suo obiettivo e lo ha fatto unendo, come tessere di un puzzle, i risultati ottenuti negli ultimi cinque anni. Il primo passo, nel 2007, era stato la costruzione di un Dna sintetico; quindi nel 2009 sempre il gruppo di Venter ha eseguito il primo trapianto di genoma da un batterio a un altro. Adesso è ancora lo stesso gruppo, coordinato da Daniel Gibson, ad aver combinato i due risultati e aver assemblato la prima cellula sintetica.

«COMINCIA L’ERA POST-GENOMICA» - «Si tratta di un traguardo fondamentale dell’ingegneria genetica, non solo per possibili risvolti applicativi, ma anche perché segna la tappa iniziale dell’era post-genomica» commenta il genetista Giuseppe Novelli, preside della facoltà di Medicina dell’Università di Tor Vergata di Roma. «Di fatto Venter ha creato qualcosa che prima non c’era, un batterio prima inesistente, perché il genoma artificiale che ha costruito con una macchina in laboratorio contiene dei pezzetti di Dna che non esistono nel genoma del batterio presente in natura».

Venter ha fatto tutto con una macchina, spiega ancora Novelli. «Prima ha letto la sequenza genomica del batterio in un database genetico, poi con un macchinario ha ricostruito chimicamente il genoma, aggiungendovi però nuove sequenze. Ha fatto pezzetti, ciascuno di 10 mila lettere di codice, poi li ha assemblati insieme fino a creare un genoma di oltre un milione di paia di basi. Poi ha inserito il genoma artificiale in un batterio svuotato del suo Dna e ha costruito una nuova forma di vita che funziona e si riproduce. La cellula così creata, infatti, prima non esisteva, e il suo genoma porta i segni distintivi della sua differenza dal batterio esistente in natura». «In futuro - conclude Novelli - si potranno creare nuove forme di vita capaci di produrre farmaci o di aiutarci contro l’inquinamento, per esempio batteri mangia-petrolio». (Fonte: agenzia Ansa)

* Corriere della Sera, 20 maggio 2010

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Giocare a essere dio

di Luca e Francesco Cavalli-Sforza (la Repubblica, 21 maggio 2010)

Le agenzie di stampa battono la notizia che Venter, in collaborazione con Hamilton Smith, è riuscito a realizzare cellule artificiali capaci di vivere e riprodursi grazie a un genoma artificiale, un cromosoma costruito dai ricercatori a partire da composti chimici, con l’ausilio di un computer e di un sintetizzatore di Dna. Il Dna di un batterio, il Mycoplasma mycoides, è stato modificato e trasferito in un altro batterio, il Mycoplasma capricolum, privato del suo Dna, dando origine a un nuovo essere vivente, mai esistito finora in natura.

È solo il primo passo, non è una forma di vita completamente sintetica (un Mycoplasma laboratorium) ma è una svolta fondamentale, che arriva al termine di un percorso iniziato oltre cinquant’anni fa, quando Arthur Kornberg scoprì l’enzima che opera la duplicazione del Dna e riuscì a produrla in laboratorio. Era il 1956 e la struttura del Dna era stata descritta da Watson e Crick appena tre anni prima. Nelle ultime tappe di questo percorso ha fatto la parte del leone lo stesso Venter, arrivando per primo a sequenziare il genoma umano nel 2000 e costruendo, due anni fa, il primo cromosoma sintetico.

Non è la creazione della vita dal nulla, ma certo è la fabbricazione della vita. In fondo, i ricercatori hanno agito come agisce la vita stessa, per tentativi ed errori, con operazioni di bricolage, come le definì François Jacob. Hanno assemblato in laboratorio un milione di nucleotidi di Dna, procurandosi frammenti di Dna da genomi batterici e combinandoli fino a trovare un assetto funzionante, costruendo così una cellula che è in tutto una cellula naturale (non potrebbe vivere e riprodursi altrimenti), tranne per il fatto che il suo patrimonio ereditario non è stata costruito dalla natura ma da uno dei suoi prodotti, l’uomo.

Gli obiettivi che Venter si è ripromesso fin dall’inizio di questa ricerca sono sempre stati chiarissimi: giungere a fabbricare batteri artificiali da impiegare per bonificare acque e terreni contaminati da petrolio o da altre sostanze inquinanti, piuttosto che per la produzione di idrogeno o biogas o vaccini, oppure alghe in grado di assorbire anidride carbonica in eccesso o di produrre biocarburanti. Ora questi obiettivi sono assai più vicini. Potrebbero rivelarsi strumenti importantissimi per combattere il degrado ambientale.

Si stanno aprendo le porte su quella che potrà rivelarsi la prima grande rivoluzione di questo millennio: la generazione di vita artificiale. «Si gioca ad essere Dio», diceva scherzosamente Craig Venter. Le prospettive sono effettivamente straordinarie e le applicazioni virtualmente illimitate. Per tranquillizzare chi teme ciò che può nascere alle frontiere della scienza, forse è bene precisare che la produzione di organismi superiori non è all’orizzonte, né lo sarà, con ogni evidenza, per parecchie generazioni a venire.

Il segreto della vita, la sua caratteristica unica ed essenziale, è la capacità di produrre copia di se stessa. Nel corso dell’evoluzione, tutte le forme di vita che sono via via comparse e poi scomparse lo hanno fatto perché erano in grado di utilizzare le fonti di energia presenti nell’ambiente per crescere e riprodursi. Come ogni altro organismo vivente, anche i batteri artificiali saranno sottoposti al vaglio della selezione naturale. È un’avventura appassionante, che promette sviluppi importanti negli anni a venire. In molti sensi, la sfida più grande che si apra in questo momento davanti all’uomo: bisogna vedere cosa sapremo farne, come sapremo utilizzare questo nuovo potere.

Si potrebbe dire, parafrasando la Bibbia, che ora che l’uomo ha assaggiato il frutto dell’albero della vita, sarà bene che assaggi anche il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, così da diventare abbastanza discriminante da sapersi prendere piena responsabilità delle sue azioni.

Stanno diventando possibili anche altri esperimenti di grande interesse. Oggi sappiamo come è fatto il Dna di Neandertal, un tipo di uomo estinto da 30.000 anni, che era ritenuto nostro antenato ma oggi è considerato piuttosto come un lontano cugino. C’è grande curiosità di vederlo in vita, invece che ridotto a uno scheletro, per sapere come si comporta. Potremmo riprodurre un Neandertal artificiale usando quel Dna? Forse sì, in un lontano futuro.

Ma programmi simili non sarebbero compatibili con nessuna etica rispettabile. Ricerche recentissime mostrano, fra l’altro, che vi sono stati incroci fra i Neandertal e uomini come noi, quindi siamo chiaramente su terreno pericoloso. Si è anche detto che potremmo ricostruire dei mammut o altri grandi e piccoli animali estinti: un terreno forse meno scivoloso, ma che pure si presterebbe ad obiezioni.

Venter insiste sulla biologia sintetica resa possibile da questa scoperta e sulle numerosissime applicazioni che se ne potranno sviluppare, non solo sul terreno ecologico ma per creare nuove piante e animali, che possano superare i problemi odierni di disponibilità di cibo. E per risolvere problemi di genetica medica attualmente insolubili.



Venerdì 21 Maggio,2010 Ore: 12:16
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 21/5/2010 15.44
Titolo:NE' UN MIRACOLO NE' UN MOSTRO....
Né un miracolo né un mostro combattiamo euforie e paure

di Umberto Veronesi *

La notizia era attesa nel mondo scientifico. Questo non toglie nulla al valore. Non dobbiamo né osannare al miracolo, né evocare spettri di mostri artificiali. Il Dna sintetico non ci porterà vantaggi immediati né danni catastrofici. Il perché ce lo spiega la scienza stessa, che ci ha svelato che il Dna è all’origine della vita, ma da solo è impotente. Per questo il cromosoma sintetico di Vender è inserito in una cellula vivente. Ma il trasferimento di Dna da un organismo all’altro, non è una novità. Oggi già trasferiamo geni da un organismo all’altro, scomponiamo e rimettiamo insieme frammenti di Dna e già possiamo ottenere nuove sostanze e organismi. Il tema è, oltre che scientifico, soprattutto filosofico e ideologico: parliamo per la prima volta della possibilità di costruire la vita umana. La scienza avanza e la cultura resta indietro. La prima cosa da fare è combattere l’ignoranza che crea false paure e false euforie.

***

Pensiamo alla grande conquista e non alle possibili perversioni

di Massimo Piattelli Palmarini *

«È una formidabile conquista. Scientificamente non sorprende: conoscevamo già tutti i componenti. Ma, una volta scomposti, la novità sta nel riuscire a ricomporli. Il prossimo passo? Creare qualcosa di simile a un uovo, per esempio, di ranocchio, e fecondarlo. Scandalo? Per carità: non vedo attentati a nulla. Certo i rischi ci sono sempre: ma perché dobbiamo guardare alle possibili perversioni invece di compiacerci del risultato raggiunto? Sì, Venter è scienziato e imprenditore perché oggi la biologia ha bisogno di investimenti considerevoli. Ed è inutile nasconderci anche i ritorni considerevoli: nelle terapie, nei farmaci. Il mio sogno? Vedere un giorno appesa nelle aule scolastiche, dove oggi c’è la tavola degli elementi di Mendeleev, la tabella che spieghi quali geni si attivano e quale combinazione algebrica scatta per dare vita agli esseri viventi».

* la Repubblica, 21.05.2010
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 21/5/2010 19.26
Titolo:Commento di Boncinelli e intervista a Corbellini .....
L’intervista all’esperto: Giberto Corbellini

«Ora la cellula non ha più segreti
Scoperta che cambierà il mondo»

Corbellini: «È come avere un meccano: si va verso la
possibilità di inventare forme di vita artificiali»

di Margherita De Bac *

ROMA - Gilberto Corbellini, uno dei maggiori studiosi di biologia molecolare, docente di storia di medicina e bioetica all’università La Sapienza, accoglie con entusiasmo l’atteso annuncio di Craig Venter sulla creazione in laboratorio della prima cellula artificiale.

Qual è il significato di questa scoperta?

Innanzitutto sono state individuate le strutture molecolari di una cellula, quelle necessarie al suo funzionamento. I ricercatori del gruppo di Venter hanno scomposto e poi rimontato le sue componenti, ad esempio i cromosomi e i complessi biochimici, individuando il numero di geni minimo che servono per farla vivere. Una cellula è composta di tanti pezzetti ed era fondamentale capire quali fossero essenziali per farla funzionare e replicare.

Quali saranno i passi successivi?

Da ora si potranno aggiungere a questa struttura minima altre componenti. Immaginiamo un computer cui si aggiungano schede. Disponiamo di unità operative minime sulle quali montare ad esempio geni anche presi da altre cellule per ottenere la produzione di enzimi nuovi capaci di metabolizzare uno zucchero o di digerire idrocarburi. Avremo nuovi organismi artificiali, con caratteristiche che non esistono in natura, di cui sperimentare le potenzialità.

Le combinazioni sono in teoria infinite?

Sì, ma ora bisogna vedere cosa questa cellula artificiale accetta e riesce a far funzionare. A partire da questo organismo possono capire quali sono gli elementi essenziali di altri microrganismi e vedere se in essi esistono gli stessi moduli. Si faranno confronti. Arriveremo forse a capire l’evoluzione della vita. È una scoperta straordinaria sia dal punto di vista conoscitivo e sia applicativo. Si va verso la possibilità di inventare forme di vita artificiali, come avere in mano un meccano con cui costruire forme infinite.

Sul piano dei benefici che potrebbero derivarne per l’uomo è una scoperta importante o è una rivoluzione confinata al mondo del laboratorio?

È una scoperta rivoluzionaria anche per uomo. Se riuscissimo a creare cellule con le caratteristiche desiderate potremmo pensare a quelle che producono farmaci. Potremmo capire i meccanismi della replicazione cellulare e comprendere i processi patologici alla base delle malattia.

Venter pensa di realizzare il suo sogno: costruire batteri salva-ambiente con un Dna programmato? Che cosa si può immaginare come applicazioni pratiche?

Si possono immaginare applicazioni infinite, anche per l’ambiente. Pensiamo al petrolio riversato in mare nella Louisiana. Avremmo la possibilità di utilizzare microrganismi per disinquinare ambiente degradando il petrolio. Prospettive lontane? Non troppo. Consideriamo che ci sono voluti 10 anni per decodificare il Dna, la metà rispetto a quanto si prevedeva. Per costruire la cellula artificiale sono bastati 8 anni. Significa che andiamo spediti. Le biotecnologie corrono velocemente. D’altra parte, le informazioni ottenute in vari campi della ricerca di base sono enormi e potrebbero essere usate per far decollare questo progetto. Venter non parla a caso. Finora ha realizzato tutte le sue promesse.

Margherita De Bac

* Corriere della Sera, 21 maggio 2010


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L’ultimo passo sarà la nascita
di un organismo tutto sintetico

Quello che manca adesso è solo costruire
artificialmente anche la cellula che ospita il Dna

di Edoardo Boncinelli *

Passando direttamente dal computer alla cellula, il Dna può creare una nuova identità cellulare in una cellula che ne aveva già una. La specificità della vita sta nella sequenza nucleotidica della corrispondente molecola di Dna, molecola che può essere sintetizzata chimicamente partendo dalla sua struttura conservata in un computer. Questo in sintesi è il messaggio limpido e lineare dell’ultimo esperimento di Craig Venter, che ha in verità più un’importanza teorica che pratica. Il Dna dirige in prima persona tutte le operazioni dell’organismo, unicellulare o pluricellulare, compresa quella di assegnargli un’identità.

Questa è storia vecchia e abbastanza evidente per i biologi di oggi, ma ancora dura a penetrare nell’immaginario dell’uomo della strada, anche colto. Perché la vita sembra possedere sempre qualcosa di magico o di mistico, qualcosa di non riducibile a semplici giochi di molecole. Ogni annuncio di una creazione artificiale di una vita riceve in genere commenti ironici e si accusa lo sperimentatore di fare affermazioni avventate. Fra questi sperimentatori arditi ma non avventati figura certamente Craig Venter che ama gli annunci clamorosi, e anche un po’ il paradosso, ma che conosce di sicuro il fatto suo e che dirige un’équipe di ricercatori di tutto rispetto. Costoro erano già riusciti a far cambiare specie a un batterio inserendoci il Dna di un altro batterio. Ciò significa che, anche se all’inizio il nuovo Dna si trova in un ambiente non suo, cioè in una cellula batterica di una specie diversa, dopo pochi minuti questo Dna ha saputo dirigere la sintesi ex novo di tutte le sostanze, in primo luogo proteine, che costituiscono la nuova cellula.

Questa operazione è stata compiuta per gradi negli ultimi due o tre anni, vincendo enormi difficoltà tecniche e grandi resistenze psicologiche. In particolare, l’ultimo passo è stato, molto di recente, il trasferimento di un Dna da un batterio a un altro, ma dopo essere passato per la cellula di un fungo. L’idea era quindi quella di essere sicuri che il Dna si fosse «ripulito» di ogni possibile contaminante prima di essere trasferito. Ci si voleva accertare cioè che fosse quasi «nudo». Ma forse non nudo del tutto, avrebbe commentato qualcuno. Ecco allora l’ultimo esperimento, quello che stiamo commentando. Il Dna non viene estratto da nessuna parte, ma viene sintetizzato chimicamente, nucleotide per nucleotide, a partire da una sequenza immagazzinata in un computer e lunga più di un milione di nucleotidi. In questa maniera il Dna è veramente nudo e puro, e ciononostante sa fare il suo compito partendo da zero.

È vita questa? È nuova vita? Per quanto concerne la specificità e l’identità certamente sì: si passa da una sequenza digitalizzata in un computer alla cellula direttamente. È certamente vita programmata e realizzata. Quello che manca adesso è solo costruire artificialmente anche la cellula che ospita il Dna; poi non ci saranno più obiezioni, si spera. Certo non è un’impresa da poco, ma non ci sono ragioni serie per dubitarne. In seguito si potranno costruire batteri «su misura» perché sappiano compiere specifiche funzioni e poi, chissà, anche qualche cellula superiore. Il fatto è che l’uomo sa sempre di più e non sa trattenersi dal fare.

Edoardo Boncinelli

* Corriere della Sera, 21 maggio 2010

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