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www.ildialogo.org "I COMANDAMENTI" E IL PROBLEMA DI "CHI" PARLA: IL DIO "UNO" DEL DIALOGO E DELL'AMORE ("CHARITAS") O DEL MONOPOLIO DEL COMMERCIO E DELLA "RICCHEZZA"("CARITAS")!? Una nota di Enzo Bianchi su "Il Dio Uno fonte di libertà",a cura di Federico La Sala

MONOTEISMO, MONOPOLIO 'CATTOLICO', E INDUSTRIA CULTURALE. SOLLECITATI DALLA CRISI DEL "PARTITO DELL’AMORE" DEI PAPI ATEI E DEVOTI, FILOSOFI E TEOLOGI RIPROPONGONO "I DIECI COMANDAMENTI ANCHE PER CHI NON CREDE".
"I COMANDAMENTI" E IL PROBLEMA DI "CHI" PARLA: IL DIO "UNO" DEL DIALOGO E DELL'AMORE ("CHARITAS") O DEL MONOPOLIO DEL COMMERCIO E DELLA "RICCHEZZA"("CARITAS")!? Una nota di Enzo Bianchi su "Il Dio Uno fonte di libertà"

Lodevole iniziativa quella assunta dalle edizioni il Mulino: far riflettere su «I comandamenti», aiutando a discernere se sono semplici «icone del passato» oppure se ad essi ci si può riferire come a «principi validi in ogni luogo e in ogni tempo». Interrogativo non così retorico, in una stagione in cui i principi immutabili non godono di grande fortuna (...)


a cura di Federico La Sala

Il Dio Uno fonte della libertà

di Enzo Bianchi (La Stampa, 15/05/2010)

Lodevole iniziativa quella assunta dalle edizioni il Mulino: far riflettere su «I comandamenti», aiutando a discernere se sono semplici «icone del passato» oppure se ad essi ci si può riferire come a «principi validi in ogni luogo e in ogni tempo». Interrogativo non così retorico, in una stagione in cui i principi immutabili non godono di grande fortuna.

Su ciascuna delle undici «parole» - al tradizionale «decalogo» verrà infatti aggiunto il comandamento dell’amore del prossimo - un agile libretto accosta le riflessioni di due autori di formazione culturale e sensibilità diversa, così da offrire approcci complementari a tematiche che conservano ancora oggi tutta la loro attualità. E proprio l’affermazione iniziale del decalogo biblico apre la serie e dà il titolo al primo volume - Io sono il Signore Dio tuo (pp. 162, €15) - affidato alla competenza di Piero Coda e Massimo Cacciari.

L’autorevole presidente dell’Associazione dei teologi italiani percorre un itinerario molto lineare seguendo il dettato biblico e facendone emergere le costanti fondamentali, a partire dalla rivelazione del Nome di Dio, avvenuta nel quadro del «patto» stipulato con il popolo di Israele dopo la liberazione dalla schiavitù in Egitto.

Da subito siamo posti di fronte all’apparente contraddizione di un Dio proprio a un popolo particolare che si manifesta come unico Signore del mondo: «l’universalità di Dio e la sua presenza singolare a quello che diventa il suo popolo si intrecciano in modo inestricabile» nel nome stesso di Dio: «Io sono Colui che io sono» o, in modo più pregnante, «Io sono Colui che è qui con e per voi».

Questa comprensione del Dio Uno come «sorgente della libertà dell’uomo» si sviluppa attraverso gli scritti dell’Antico Testamento - dai libri storici ai profeti - e trova una manifestazione piena in quell’Abba, Padre, che Gesù ha narrato con la sua vita e verso il quale i suoi discepoli possono rivolgersi fiduciosi.

Non a caso Coda dedicherà alcune pagine proprio alle invocazioni del Padre nostro, preghiera che immette il credente «in quella relazione di fede e amore cui è appesa la speranza operosa e perseverante della fraternità e della giustizia tra gli uomini nella cornice del creato».

Dal canto suo anche Cacciari, con il denso argomentare filosofico cui ci ha abituati, sottolinea l’importanza della rivelazione del Nome come priorità indispensabile che precede qualunque comandamento: «prima della Parola sta il Chi la pronuncia, l’Io, il Soggetto che in essa si rivela». È in virtù di quell’«Io Sono» che il decalogo non si riduce a «legge morale in noi»: «se la forza di quell’Io venisse meno ... la Legge divina perderebbe il significato che deve assumere anche per la perfezione del vivere civile».

Capiamo allora perché i comandamenti iniziano con una parola che comando non è, ma è svelamento di chi i comandamenti li offre in dono come pegno di un patto di libertà. Anzi, e qui siamo chiamati a risalire ancora più a monte, il racconto biblico del dono della Legge al Sinai non inizia nemmeno con il Nome, ma con l’invito «Ascolta, Israele!»: solo la disposizione al dialogo, il faccia a faccia tra un Io e un tu, dischiude le porte a una legge di vita per ogni «tu» che viene all’esistenza.


Sul tema, nel sito e in rete, si cfr. (per eventuali approfondimenti, cliccare sui vari titoli):

SIGMUND FREUD E LA LEGGE DELL’"UNO", DEL "PADRE NOSTRO". IL ‘LUPO’ HOBBESIANO, L’ ‘AGNELLO’ CATTOLICO, E “L’UOMO MOSE’ E LA RELIGIONE MONOTEISTICA”. Indicazioni per una rilettura

 UN FALSO FILOLOGICO, ANTROPOLOGICO E TEOLOGICO. DIO e’ AMORE ("CHARITAS") non MAMMONA ("CARITAS"), COME SCRIVE BENEDETTO XVI ("Deus caritas est", 2006). 
  Così "il Dio del denaro" inganna Papa Ratzinger, e Papa Ratzinger inganna gli uomini.... e rende cieco anche Enzo Bianchi

  MONOTEISMO, CRISTIANESIMO E DEMOCRAZIA

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est") E AL GOVERNO DELL’ **ITALIA** UN PRESIDENTE DI UN PARTITO (che si camuffa da "Presidente della Repubblica"), che canta "Forza Italia" con il suo "Popolo della libertà" (1994-2010). Questo è il nodo da sciogliere

  "TU DEVI": SOLLECITATI DALLA CRISI DEL "PARTITO DELL’AMORE" DEI PAPI ATEI E DEVOTI, FILOSOFI E TEOLOGI RIPROPONGONO "I DIECI COMANDAMENTI ANCHE PER CHI NON CREDE". Una presentazione di Armando Torno del programma di "Il Mulino", con due brevi testi di Massimo Cacciari e Piero Coda



Sabato 15 Maggio,2010 Ore: 19:50
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 15/5/2010 20.23
Titolo:LO "SCAMBIARSI LA VESTE" DI CHIESA E STATO E UN ZAGREBELSKY SENZA BUSSOLA
Ma la ragione è un bene comune

di Luigi La Spina (La Stampa, 15/05/2010

All’apparenza, un’analisi, dotta e pacata, sui rapporti tra Stato e Chiesa, soprattutto negli ultimi due secoli. In realtà, un grido d’allarme, preoccupato e appassionato, sui rischi, per la civile convivenza tra laici e cattolici, del fondamentale spostamento operato da Benedetto XVI nel magistero ecclesiale: dal binomio «verità-fede» alla coincidenza «verità-ragione».

Questo «travestimento» del più recente libro di Gustavo Zagrebelsky potrebbe freudianamente scoprire il motivo che ha spinto l’autore a intitolare il volume prendendo a prestito una immagine di Thomas Mann. Il grande romanziere tedesco scriveva che religione e politica si sono abituate, lungo i secoli, a «scambiarsi la veste», combattendosi o alleandosi, per indossare l’una i panni dell’altra.

Il costituzionalista torinese mette subito in luce perché tra la Chiesa cattolica e lo Stato, almeno quello laico e democratico, il contrasto sia, in linea di principio, insuperabile. La pretesa universalistica di questa religione propone inevitabilmente la sua dottrina morale a tutti gli uomini, non solo ai fedeli. Ecco perché la Chiesa cattolica non si può rassegnare a vivere in uno Stato pluralista, garante della libera convivenza di tutte le fedi. Il contesto relativista, contrassegno identitario della democrazia liberale, dovrebbe implicare, infatti, la sua rinuncia alla predicazione di una verità assoluta.

Di fronte a questa antinomia teorica, la Chiesa ha cercato, dalla metà dell’Ottocento, una strada che riconoscesse, nei fatti, il pluralismo, ma che non la costringesse a rinnegare quella pretesa di universalità del suo messaggio.

Zagrebelsky individua tre tappe fondamentali di questo tentativo: la prima corrisponde all’offerta della religione cattolica nella veste di «dottrina sociale». La svolta compiuta da Leone XIII, nell’ultimo periodo del XIX secolo, soprattutto con l’enciclica Rerum novarum. La seconda, con il Concilio vaticano del 1962-1965, punta a una concezione religiosa fondata sulla difesa della dignità dell’esistenza umana. La terza, quella individuata dall’attuale pontefice, declina la predicazione cattolica come religione civile, àncora di salvezza delle democrazie in autodecomposizione.

E’ proprio su quest’ultima «veste», per richiamare il titolo del libro, che si appuntano le preoccupazioni dell’autore. Se la verità proclamata dal messaggio cattolico non si fonda sulla fede, ma sulla ragione, patrimonio di tutti gli uomini, credenti e non credenti, non sono più ammessi limiti, contraddizioni, eccezioni all’adesione universale nei confronti di questa religione e dei suoi precetti. «Il rapporto col mondo di una simile autorappresentazione della Chiesa - scrive Zagrebelsky - difficilmente può concepirsi in termini amichevoli: si tratta di essere conquistati o di conquistare... è la riproposizione, in forma intellettualistica, del tradizionale principio: extra Ecclesiam nulla salus, con tutta la sua portata d’intolleranza e la naturale tendenza della religione a farsi religione di Stato».

Possono sembrare timori eccessivi quelli di Zagrebelsky, in un clima di consolidata secolarizzazione. Ma l’ex presidente della Corte Costituzionale ravvisa proprio nell’indifferenza, impronta tipica delle nostre democrazie liberali, «la condizione in cui tutto può avvenire e anche i progetti più arrischiati possono avere chances di successo, se non perché suscitano adesione, almeno perché non suscitano reazioni».

L’intenzione profonda del costituzionalista, con queste parole, è «svelata»: lanciare una scossa perché il mondo laico avverta il rischio di una rottura di quell’armistizio tra Chiesa e Stato indispensabile perché un conflitto, teoricamente ineliminabile, trovi la possibilità di una collaborazione, nel segno della saggezza intellettuale e della compassione umana. Si tratta di un appello alla «ragione pubblica», come la chiama Zagrebelsky, quello spazio democratico che non confini la religione nel campo delle convinzioni da esprimere solo in privato. Ma, pur ammettendola nella fondazione della società civile, neghi a qualsiasi concezione particolare la pretesa di possedere una verità assoluta, tale da imporla a tutti.

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