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Le mamme sole. La rivincita delle ragazze madri

Una inchiesta di Repubblica su un fenomeno che si sta sempre pių estendendo


Le mamme sole. La rivincita delle ragazze madri
Sempre più numerose le donne che decidono di allevare i figli senza il padre. Ragazze madri per scelta e non perché abbandonate. Ecco le loro storie
di Vera Schiavazzi (la Repubblica, 23.12.2010)
Donne decise a far da sé anche con svantaggi nel reddito e nessun aiuto dal Welfare Marzia P., direttore di banca: "Con una legge sulle unioni di fatto sono pronta a ripensarci" "Una decisione coraggiosa che richiede grande dedizione sia al lavoro che a casa" Orgoglio e nessun pregiudizio: aumentano le mamme sole per scelta. Spesso sono professioniste del Nord che non hanno legami stabili: il padre biologico non è riconosciuto ma capita che abbia ugualmente rapporti col figlio. Anche se è scomparsa la "condanna sociale" le difficoltà restano
La "ragazza madre"? Un (triste) ricordo del passato. Oggi le madri sole sono un esercito, piuttosto fiero di esserlo almeno nelle sue avanguardie. Per scelta deliberata o per avventura, fin dall´origine, come quelle 1.298 signore che hanno sbarrato la voce "padre" sui moduli per chi partorisce alla milanese Mangiagalli. Organizzate, come quelle dei blog specializzati (singleandkids promuove appuntamenti e vacanze con lo sconto, genitorisoli dà notizie legali e pratiche) o individualiste e disposte a lavorare per due. «Il fenomeno - conferma Alessandro Rosina, demografo e attento osservatore dei cambiamenti della famiglia italiana - procede con la stessa velocità di quello dei padri soli, anche se le percentuali sono molto diverse. E, certamente, la condanna sociale che accompagnava una donna con figli nati fuori dal matrimonio è pressoché scomparsa». Paradossalmente, gli svantaggi (quando ci sono) collegati alla vita di madre senza né mariti né compagni colpiscono soprattutto la donna, meno il bambino. Come spiega Tilde Giani Gallino, psicologa dell´età evolutiva: «Che cosa c´è di così tanto diverso tra crescere soltanto con la mamma o farlo in una casa dove i genitori sono due, ma il padre è sostanzialmente assente e si occupa al massimo di guadagnare lo stipendio, ma non certo dell´educazione? Fino a venti o trent´anni fa, in Italia non esistevano i papà attivi e premurosi che piacciono tanto alla sociologia attuale, ma soltanto dei signori piuttosto burberi che rincasavano a tarda sera, si gettavano sfiniti sul divano e intimavano a tutti di non disturbarli».
C´è poi mamma e mamma: «Tra tutte le donne che decidono di non far riconoscere il figlio al padre biologico esistono modelli anche lontanissimi tra loro. C´è quella che è veramente sola, più o meno felice di esserlo; c´è la coppia di donne che intende allevare insieme il bambino; ci sono i molti legami "destrutturati" tipici della nostra società, quelli delle coppie che preferiscono evitare il matrimonio», sottolinea Giani Gallino. Che conclude: «Per anni, sedicenti esperti ci hanno spiegato che i "figli del divorzio" avrebbero subito traumi terribili al momento di andare a scuola. Non è accaduto, e ora in molte classi delle città del Nord la minoranza sono i bambini che convivono con entrambi i genitori. Piuttosto, la scelta della mamme sole è coraggiosa soprattutto per loro e richiede una dedizione notevole, sul lavoro e a casa».
L´Istat ha pubblicato cinque anni fa l´ultimo lavoro sul tema, ma alcune tendenze restano le stesse. Essere mamme sole spinge al lavoro, il più possibile intenso e retribuito, assai più che la condizione di donna sposata, e ciò è tanto più vero a mano a mano che i figli crescono (non essendo gli eredi delle single meno "bamboccioni" degli altri). E se, quando c´è un marito e un figlio adulto in casa, soltanto il 49 per cento delle italiane continua a lavorare, quando il partner è assente la percentuale sale al 63 per cento. Le single con figli, però, hanno almeno un vantaggio: niente camicie da stirare, cene da preparare per adulti esigenti o cappotti maschili da ritirare in tintoria, almeno secondo i dati sull´uso del tempo registrati da Istat. Alle donne in coppia serve un´ora e mezzo al giorno in più da dedicare alla famiglia (6 ore e 44 minuti contro le 5 ore e 12 di chi non ha un compagno). Restano più a lungo in ufficio (6 ore e 52 contro le 6 e 14 delle sposate che hanno un´occupazione) e godono di una rete di aiuti "informali" senza la quale la vita sarebbe impossibile. «Il fenomeno riguarda sempre di più anche donne istruite e professioniste - dice l´economista Daniela Del Boca - Sono loro a stabilire con più difficoltà relazioni stabili e al tempo stesso ad avvertire l´ultimatum dell´orologio biologico».
«La crescita delle "sole per scelta" è evidente in Italia, ma pur sempre in misura minore rispetto al resto d´Europa, perché da noi le donne sanno di non poter contare su un Welfare capace di aiutarle davvero», osserva un´altra demografa, Letizia Mencarini. «La condanna sociale è quasi scomparsa, non però lo svantaggio collegato al reddito o a certe situazioni particolari in alcune comunità immigrate, dove precarietà sociale e disgregazione della famiglia sembrano coincidere». A rischio di povertà (proprio come accade ai genitori separati e divorziati), le mamme single godono però di libertà speciali, come quella di dividere il loro tempo con persone (i figli) nate in un´epoca di rivoluzione dei ruoli. Per apprezzarlo, basta leggere le testimonianze online: «Pietro ha 8 anni, ed è in assoluto il maschio più gentile col quale ho avuto a che fare. Ci piace andare al cinema, e scelgo sempre io senza mai una protesta, mangiare una pizza sul tavolo di cucina, sparecchiare la tavola e cantare in macchina. Da quest´anno ha le chiavi di casa e appena rientra da scuola mi chiama in ufficio. Suo padre? Lo conosce e lo frequenta, ma non tornerei indietro: sapevo che non saremo mai stati una coppia, e ho preferito non farglielo riconoscere».
Più complessa, invece, è la situazione sul fronte della legge. Da tre anni, alle donne che cambiano idea e decidono di chiedere il riconoscimento del bambino ad un padre biologico che è fuggito (o è stato allontanato) al momento della nascita non servono prove preliminari: il ricorso finisce direttamente sul tavolo del giudice per i minori. «Il tempo non conta, possono essere passati anche dieci o vent´anni, anche il figlio diventato adulto può chiedere che sia identificato il suo padre biologico», spiega l´avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell´Unione dei matrimonialisti italiani. «Nell´esperienza italiana, oggi, le ragioni vengono per lo più riconosciute a chi le ha, mentre per un maschio che voglia avanzare diritti contro la volontà della donna la strada è giustamente assai più difficile: tocca a lui provare che c´è stata una relazione e - solo dopo averlo fatto - chiedere la prova del Dna, che ormai è rapida, sicura e non invasiva».
Ma i casi di azione legale "al contrario" si contano in poche centinaia, e sono pochi anche i ragazzi cresciuti che chiedono che sia la legge a dare loro il padre che non hanno avuto: «Accade soltanto quando il genitore biologico è ricco, e, in misura minore, nei piccoli centri del Sud, dove vivere col cognome materno può essere ancora un peso», dice Gassani. Nel resto del mondo, sono nate le prime associazioni "militanti": Single Mothers by Choice è stata la prima, negli Stati Uniti, mentre in Spagna Madres solteras por eleccion ne ricalca il modello. La ricetta? Orgoglio e nessun pregiudizio. Le prime ad aderire sono state le donne che avevano fatto ricorso a un donatore anonimo per diventare madri, e si battevano (e si battono) contro le mille azioni legali per rivendicare a posteriori diritti ceduti in cambio di denaro. Ma lungo la strada hanno cominciato a unirsi a loro anche donne decise a far da sé nonostante l´esistenza di un padre ben noto, e quelle che avevano cambiato idea durante la gravidanza o al momento del parto. «Perché dovrei dare a un altro la possibilità di decidere su mio figlio quanto me, anche se la legge non lo obbliga nemmeno a un versamento preciso di denaro, dato che non siamo sposati? - si chiede Marzia P., direttore di banca, sul blog di "al femminile" - Quando le unioni di fatto saranno riconosciute, sono disposta a ripensarci. Ma per adesso, se devo far da sola preferisco farlo fino in fondo».
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Ma dietro il fenomeno c'è il boom delle coppie di fatto
Ora sanno di farcela anche se sono single
di Chiara Saraceno (la Repubblica, 23.12.2010)
L´aumento delle donne che, al momento del parto, non indicano il padre segnala certamente un forte mutamento nei modi di fare famiglia, ma non necessariamente nel senso di un aumento vistoso della voglia da parte delle donne di fare e crescere un figlio da sole. È probabile che, in quel 22% di madri che ha partorito quest´anno all´ospedale Mangiagalli di Milano e non ha dichiarato chi era il padre al momento della nascita del figlio, ce ne sia qualcuna che ha deciso di avere un figlio anche senza avere a fianco un partner affidabile e con voglia di impegnarsi in un progetto genitoriale comune.
La sicurezza circa la legittimità delle proprie scelte, la consapevolezza che anche la presenza stabile di un compagno non sempre garantisce la condivisione non solo delle spese, ma delle responsabilità educative e relazionali della crescita di un figlio, rende possibile oggi ad una donna, specie se istruita, con un buon lavoro, che abita in una città metropolitana del Centro nord, di "farcela da sola". Magari con un po´ di aiuto dei genitori, della propria mamma, come avviene anche per chi un compagno ce l´ha, ma ciò non l´aiuta molto nel barcamenarsi tra maternità e lavoro remunerato. Tuttavia ho la fondata impressione che la maggior parte di queste madri abbia in realtà un compagno, con cui probabilmente convive stabilmente. Ma se non si è sposati, per la legge italiana il padre non può riconoscere il figlio al momento della nascita, così come avviene in automatico per i padri sposati alla donna che ha partorito. Deve aspettare che la madre sia in grado di alzarsi e andare con lui all´ufficio anagrafico dell´ospedale, o più tardi all´anagrafe comunale, per dichiarare che, effettivamente, lui è il padre. Questa attesa può essere evitata, e il padre può denunciare la nascita anche a proprio nome, solo se la coppia ha avuto l´accortezza di recarsi preventivamente all´anagrafe, a partire dal settimo mese di gravidanza, per dichiarare che il nascituro è anche figlio di lui. Ma anche in questo caso, al momento della nascita, prima che il padre abbia potuto fare la denuncia, il bambino sarà indicato (ad esempio sul braccialetto che viene apposto a mo´ di identificazione) con il cognome della madre.
Il forte aumento di cosiddette "mamme sole" al momento del parto, in altri termini, è in larga misura un prodotto delle norme di stato civile a fronte dell´aumento delle coppie che convivono senza, o prima di, sposarsi e che in misura crescente hanno anche un figlio senza, o prima di, sposarsi. Ricordo che in Italia ormai una coppia su quattro tra quelle che si sposano oggi ha convissuto, e una parte di queste ha anche avuto uno o più figli, prima di sposarsi. Il fenomeno è più accentuato nel Centro nord e nelle grandi città, come, appunto, Milano. Esso smentisce chi sostiene che chi convive è tendenzialmente irresponsabile e non ha progetti per il futuro. Piuttosto, il complesso iter burocratico che devono espletare le coppie conviventi per consentire il riconoscimento di paternità esplicita, direi in modo esemplare, quanto oggi la paternità dipenda dal consenso della madre. Non solo per procreare occorre ottenere il consenso della donna a mettere in gioco il proprio desiderio e il proprio corpo. Anche per diventare socialmente padri occorre che le madri consentano. È la madre, nel caso di procreazione fuori dal matrimonio, che dichiara che il padre è tale. Questa consapevolezza dovrebbe sollecitare qualche interrogativo sull´automatismo per cui, per diritto di status (matrimonio) o concessione materna, sia il suo cognome a prevalere e quello della madre a sparire. Ma questa è un´altra storia.



Giovedė 23 Dicembre,2010 Ore: 22:49
 
 
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