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www.ildialogo.org  Il nuovo desiderio di un figlio a tutti i costi,di Michela Marzano

 Il nuovo desiderio di un figlio a tutti i costi

di Michela Marzano

Dal quotidiano la Repubblica del 13.01.2011


Avere dei figli sembra ormai un’ossessione. Come se il fatto di non averne fosse una menomazione. Una mancanza insopportabile. Bisogna averne almeno uno, come si ha un lavoro o una casa. Per realizzarsi ed essere veramente felici. Anche quando si ha tutto, o quasi. Come Elton John che, quando nasce Zachary, dice di essere "sopraffatto dalla gioia". O Gianna Nannini, che un mese prima della nascita di Penelope, le scrive una lettera su Vanity Fair: «Tu, il più grande amore della mia vita, arrivi dopo il dolore profondo e lo shock».

È come se ormai, ad un certo punto dell’esistenza, i figli facessero parte dell’equilibrio di ogni persona, del benessere individuale. «Ognuno ha il diritto di fare quello che vuole, quando vuole, e con chi vuole», dichiara la rockstar italiana per far tacere i dibattiti suscitati da questa sua gravidanza tardiva. D’altra parte, accanto ai casi delle star, ci sono tante storie di persone normali che sognano un figlio e, spesso, devono combattere con percorsi legislativi complicati e dolorosi.

Ma che cosa significa, oggi, essere genitori? Bisogno? Desiderio? Diritto?
-  Fino a poco tempo fa, era "naturale" sposarsi, fondare una famiglia, avere dei figli. Era scontato, dunque accettato come dato biologico, che esistesse, per la donna, la necessità di diventare madre, di fare un bambino e di occuparsene. Per le famiglie più modeste, un figlio era una vera e propria risorsa economica. Due braccia in più per portare soldi in casa. Per le famiglie aristocratiche e borghesi, i figli assicuravano la trasmissione del patrimonio, la continuità della "stirpe". Tutto era "naturale". Tanto più che esisteva un legame indissolubile tra l’atto sessuale e l’atto procreativo: i bambini erano "il frutto della vita".

A partire dagli anni Sessanta e Settanta, però, le cose sono progressivamente cambiate. Da un lato, per la prima volta nella storia, si poteva legittimamente "fare l’amore" senza "fare figli". Dall’altro lato, i progressi della scienza e della medicina hanno permesso di dissociare la procreazione dalla sessualità: grazie alle tecniche di fecondazione assistita, anche le coppie sterili e omosessuali possono oggi, almeno in teoria, avere dei figli.

La figura del genitore non è più monolitica. Ne esistono di tutti i tipi. Genitori single. Genitori biologici. Genitori adottivi. Genitori eterosessuali. Genitori omosessuali. Certo, da un punto di vista giuridico, non esiste alcuna omogeneità. E anche questo genera disparità e confusioni.

In Italia, si ammette ancora solo la fecondazione omologa; in Francia, c’è anche quella eterologa, ma possono usufruirne soltanto le coppie eterosessuali; solo in Spagna, in Belgio, in Olanda e in Svezia è accettata l’omoparentalità. Ma per chi ne ha, oltre che il desiderio, anche i mezzi, tutto sembra ormai possibile. Perché non utilizzarli, allora? Tanto più che la sacralizzazione del "desiderio", e dunque anche del "desiderio di un figlio", corrisponde perfettamente ad un’epoca in cui la rivendicazione della propria libertà di scelta si traduce molto più spesso di quanto non si creda in una nuova forma di conformismo. Se tutti desiderano un figlio, perché io non posso? E, soprattutto: se non ci riesco, c’è qualcosa, in me, che non va?

Il desiderio appartiene alla sfera privata e nessuno può intervenire. Nel caso dei figli, però, il privato è anche necessariamente pubblico. O almeno sociale. Non solo perché il desiderio riguarda una terza persona, che ancora non esiste e che, in fondo, non ha chiesto nulla. Ma anche perché i figli, nel momento in cui nascono, non appartengono più solo ai genitori ma cominciano a far parte di una comunità più vasta.

Certo, nessuno ha il diritto di giudicare i desideri degli altri. Non esistono dei "buoni desideri" e dei "cattivi desideri". Esattamente come non esistono delle persone che meritano o meno di diventare genitori. Il desiderio di avere un figlio è sempre complesso e ambivalente. Si può voler un figlio per colmare un vuoto, per avere un erede, per riparare qualcosa della propria storia familiare, per proiettarsi nel futuro, per lasciare una traccia in questo mondo... Esattamente come, nel passato, lo si poteva volere perché succedeva, per abitudine, per rispettare le tradizioni...

In fondo poco importa. Se si vuole un figlio, è inutile cercare di capire le ragioni precise di questo desiderio. Non esiste un modello perfetto di genitore capace di garantire l’equilibrio e la serenità dei figli.

Quando sono piccoli, fragili e sprovvisti di tutto, i bambini hanno bisogno che qualcuno si occupi di loro. Poco importa se esiste o meno un legame biologico tra figli e genitori. Poco importa se i genitori sono eterosessuali o omosessuali. La funzione paterna o materna può essere assunta anche dagli zii, dai nonni, dai cugini. Anche l’età dei genitori, in fondo, è relativa. Ciò che conta è che i genitori si occupino dei figli avendo la consapevolezza che non si tratta solo di "oggetti", di qualcosa che hanno desiderato tanto e che, quando arriva, appartiene loro per sempre. Essere genitori significa permettere ai figli di crescere, di imparare ad "arrangiarsi da soli", di rendersi progressivamente indipendenti.

Essere genitori, più che un diritto, è un dovere. Primo fra tutti, il dovere di "adattarsi" a queste creature che sono nate senza averlo chiesto e che devono poter avere la possibilità, crescendo, di prendere le distanze dal modello materno o paterno che hanno conosciuto. Per diventare adulti, autonomi e liberi anche loro di avere dei desideri da soddisfare. 



Sabato 15 Gennaio,2011 Ore: 21:03
 
 
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Quando la famiglia va in crisi

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