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www.ildialogo.org La fiducia del Papa,di Ettore Masina

La fiducia del Papa

di Ettore Masina

LETTERA 149 luglio 2010-febbraio 2011


Care amiche, cari amici, vi chiedo scusa per tanto silenzio. Dal giugno scorso, quando vi ho mandato LETTERA 148, ho avuto qualche problema di salute (per chi non mi conosce: sono un vecchio signore più vicino ai 100 che ai 50 anni) ma la ragione principale del mio silenzio è un'altra e ben più felice: in tutti questi mesi mi sono dedicato a tempo pieno a una riscrittura della mia biografia di monsignor Romero, ormai da tempo esaurita nelle edizioni del Gruppo Abele. E' il libro più importante che io ho scritto, ma soprattutto è la storia di un grande santo che diede la vita per difendere i diritti umani dei “dannati della terra” dell'America Latina: un uomo pieno di una paura vinta per amore, giorno dopo giorno; un vescovo di quella Chiesa dei poveri che l'istituzione clericale e l’”imperialismo del danaro” (come lo definiva Paolo VI cercarono (e cercano) di estirpare dal cuore dei popoli in lotta di liberazione; un anziano che seppe lasciare le sedi tranquille del buon senso e delle gerarchie cerimoniose per proclamare l'evangelo di giustizia nel vento della storia. E ancora: un santo desaparecido nella muffa di certe congregazioni vaticane; martirizzato trentun anni fa ma posposto, nell'espletamento delle pratiche per la canonizzazione (cioè il riconoscimento ufficiale della sua santità) a centinaia di virtuosi e virtuose che non seminarono scandali di profezia.
Lavorare a quello che posso definire l’estremo frutto della mia fatica di scrittore è stato faticoso ma gioioso: ho riscoperto il coraggio dei santi senza nome e di quelli che seppero intravvedere nella loro oppressione la croce di Gesù di Nazareth e perciò andarono dai poveri a imparare le verità che il Padre ha rivelato loro nascondendole ai sapienti e ai potenti; ho ritrovatola Pentecoste del Concilio, di Medellin, di Puebla; il mistero di una Chiesa semper casta et meretrix; la capacità dei “piccoli” di vivere feste di cui ognuno può sentirsi protagonista; l’ostinazione eroica nell’amore vissuto in condizioni miserabili; e ho riletto i documenti terribili della lotta di classe sferrata dai ricchi contro i poveri, della spietata malvagità dei potenti, del capitalismo che è sempre omicida anche quando sventola le bandiere della democrazia o accende le fiaccole di una pietà che è soltanto elemosina. Adesso pongo il mio libro nelle mani dei miei amici, nelle vostre mani.
Il 24 marzo prossimo saranno 31 anni che monsignor Romero è stato assassinato ma i certificatori vaticani delle santità guardano altrove. Durante un suo viaggio in Brasile papa Ratzinger ha detto ai giornalisti, a proposito del vescovo martire: “C’era il problema che una parte politica voleva prenderlo per sé come una bandiera, come figura emblematica, ingiustamente. Come mettere in luce nel modo giusto la sua figura, riparandola da questi tentativi di strumentalizzazione? Questo è il problema. Lo si sta esaminando ed io aspetto con fiducia quanto dirà al riguardo la Congregazione delle Cause dei Santi”. Era l’anno 2007. Sono passati quasi quattro anni, il pontefice aspetta ancora con fiducia.
Confesso di non capirlo (mi accade spesso, purtroppo): una parte politica voleva prendere per sé, ingiustamente, monsignor Romero, come bandiera; e allora la Chiesa che fa? Lo nasconde sino a quando quella parte politica si sarà “ravveduta” o sarà scomparsa? Ricordo con tristezza un bel libro di don Arnaldo Nesti sulla veste rossa di Gesù di Nazareth e il fascino che Gesù ebbe sui socialisti italiani, un amore difficile e “contaminato” che il papato esecrò mentre chiedeva ai borghesi cattolici di allearsi con i “signori”. E non è la “contaminazione” fra vangelo e ideologie uno dei luoghi più importanti per la nascita delle conversioni?. E poi: quante parti politiche hanno assunto come bandiera, ingiustamente, attraverso i secoli, il nostro Signore, strumentalizzando ogni suo atto e parola? Aspetteremo a seguirlo che si riesca a separare il suo nome dai crociati di tutti i “buonsensi”, le moderazioni, i concordati?
La testimonianza di Romero, così come io l’ho devotamente raccolta è una straordinaria ricchezza per la Chiesa. Non richiede benestari, timbri, pergamene, drappi pendenti dalla Loggia delle Benedizioni ma attenzione e apertura di cuore.
Siamo in molti, del resto, a non dimenticare Romero: basti pensare che i questi ultimi mesi sono state pubblicate in Italia altre due biografie oltre alla mia; e tutte accuratamente composte e ricche di documentazioni, interrogativi, speranze1
IL “MIO” ROMERO
Come molte mie amiche e molti miei amici sanno, è la terza volta che scrivo su Romero, ogni volta cercando di arricchire la mia documentazione. Questa volta lo schema del libro (titolo: L’ARCIVESCOVO DEVE MORIRE. Oscar Romero e il suo popolo; Ed. Il Margine, Trento) è il seguente: 1) prefazione di mons. Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta, uno dei presuli italiani più coraggiosi e attenti alle vicende dei poveri e della loro liberazione; 2) “biografia di un libro” (come e perché Romero); 3) “la conversione di un vescovo”; 4) “le parole per dirlo” (minima antologia di testimonianze); 5) “identikit” di un carnefice (parla l’uomo che organizzò l’assassinio di Monsignore): 6) Santo subito? NO! (Romero, Giovanni Paolo II, Ratzinger…).
ALLE AMICHE E AGLI AMICI DI ROMA
Nel quadro delle celebrazioni romane a mons, Romero
L’ARCIVESCOVO DEVE MORIRE
sarà presentato
Mercoledì 23 marzo, alle ore 18, da Claudia Fanti e Giancarlo Zizola, nella sala della Comunità di base di S.Paolo, Via Ostiense 152/b.
Sabato 26 marzo, alle ore 17, nella parrocchia di san Frumenzio ai Prati Fiscali da Italo Moretti e Gabriella Caramore; modererà Tonio Dell’Olio.
Vi aspetto? Ettore Masina
ALLEGATO
A LETTERA 149
 
 
LE RAGAZZE STAMINALI
E L’ORRORE DEL LIMITE
Dire a un bambino piccolo che “la mamma torna fra due ore” non ha senso perché il bambino non ha ancora la capacità di misurare il tempo. Questa capacità si sviluppa soltanto con il passare degli anni e l’entrata nella struttura temporale comporta l’acquisizione che la vita è composta da un numero limitato di ore. Una constatazione del genere sembra ovvia, ma non lo è per tutti: vi sono persone che in psicoanalisi vengono definite “psicotiche”, le quali vivono senza la consapevolezza del tempo, persone che non vivono pienamente in una realtà che a loro risulta troppo difficile. Individui siffatti sono fortunatamente un numero percentualmente esiguo, mentre molte di più sono quelle che, pur avendo soltanto alcuni tratti psicotici, hanno grandissime difficoltà ad accettare che i giorni a disposizione abbiano una fine e, per difendersi dalla angoscia provocata da una tale prospettiva, usano tutti i mezzi psichici possibili.
E' bene dire che è normale avere paura della morte, tutti gli uomini l'hanno, ma un conto è averne una paura “normale”, un conto è averne una paura tale da diventare un pensiero ossessivo e una inquietudine costante. Può avvenire che una persona non abbia neppure chiara consapevolezza del suo terrore della morte, ma chi le è vicino si accorge che il pensiero della morte è talmente prioritario in lei rispetto alle altre preoccupazioni da indurla a comportamenti tesi più a negare la morte che a condurre una buona vita. Di fronte all'angoscia suscitata dal pensiero intollerabile della morte, la psiche può negare che questo pensiero le appartenga , e persino che questo pensiero esista , ma tale modo di difendersi da un evento che non si vuole accettare, e persino ammettere, è patologico: non è al servizio della vita, in quanto, non volendo riconoscere e quindi annullando quel pensiero e l'angoscia connessa, annulla anche la capacità di vedere la realtà e di farle fronte in modo adeguato.
Accettare che vi sia un limite alla propria esistenza è certamente uno dei problemi principali che costellano lo sviluppo umano, a livello della persona e a livello della società. È drammatico, per la mente infantile, rendersi conto di non essere più un’unità con la madre e di avere un confine corporeo; è drammatico, per un adulto, pensare che con l’avanzare dell’età il numero delle ore di vita si va riducendo. Ma il problema tocca anche la collettività. Nei primi anni ’60 del secolo scorso, almeno nell’emisfero Nord, le scoperte scientifiche e lo sviluppo economico diffusero l'illusione che il progresso e l'aumento delle ricchezze fossero una fonte di vita illimitata; si finì per dimenticare che l'accumulo dei beni di consumo non portava come conseguenza l'allungarsi del tempo della vita in cui sarebbe stato possibile godere tali beni . In altri termini, accumulare oggetti, “avere”, lasciava pensare alla possibilità di un’esistenza illimitata o quasi.
I filosofi Greci, ai quali dobbiamo tanti elementi della nostra civiltà, a cominciare dal concetto di democrazia, anche nel periodo del loro massimo splendore pensavano che un principio fondante della loro società dovesse essere il senso del limite, (anche quello della morte), e che questa qualità dovesse essere posseduta soprattutto da chi avesse responsabilità di governo. La moderazione, l’autocontrollo, che essi chiamavano “enkrateia”, aveva per loro lo stesso valore che ha per noi una legge costituzionale; l’”ubris” (esaltazione), la mancanza di misura, quei sentimenti che potremmo tradurre come “illusione onnipotente di essere esenti dalla morte”, era considerata follìa e una città non sarebbe mai stata affidata a una persona che ne fosse contagiata.
Nella società di oggi, per tante ragioni tra cui forse la perdita dell'illusione che la scienza sia in grado di risolvere tutti i problemi dell'uomo, l'angoscia della morte è ritornata in primo piano e connessa ad essa la difesa della negazione .
Tale difesa si manifesta con comportamenti diversi. Talvolta con una iperattività che dilata i confini della veglia e la retorica del fare. Talvolta con l’uso di droghe o di farmaci di cui pure è nota la pericolosità. Altre volte con la presunzione di poterla controllare sfidandola. Appartengono a questa categoria gli sport “estremi” praticati da “superuomini” da cui il pubblico è affascinato. Nel passaggio all’età adulta, quella in cui si prende consapevolezza che la vita ha una fine, gli adolescenti ostentano di non temere la morte indossando indumenti su cui sono disegnati teschi o scheletri. I fascisti usavano schernire la morte nelle loro canzoni e nei loro motti: ”A noi la morte non ci fa paura”, o anche: “La signora morte/ fa la civetta in mezzo alla battaglia,/ forza, ragazzi,/ facciamole la corte,/ diamole un bacio sotto la mitraglia,/ lasciamo le altre donne agli imboscati”. I falangisti scrivevano sui muri. “Viva la muerte!”.
La negazione della morte si esprime anche in un certo tipo di applicazione scientifica “smodata”. Sono notissimi gli esempi di vecchi ricchissimi che finanziano istituti di ricerca che si occupano di estendere il limite della vita, sperando di poter godere essi stessi di queste nuove possibilità. Anche il ricorso continuo e sfrenato di certe persone “importanti” alla chirurgia estetica nell’illusione che gli altri non si accorgano della loro età avanzata non è solo una mancanza di accettazione del limite ma è anche una bugia detta agli altri e a se stessi. La difesa della negazione è infatti il maggior inganno che la psiche possa commettere ai danni di se stessa.
L’angoscia della morte spinge inevitabilmente a comportamenti particolarmente gravi. L’utilizzare minorenni per trarre da loro linfa vitale, non è soltanto una perversione sessuale, (la perversione è definibile come una negazione delle differenze generazionali), ma è anche una spinta coercitiva dettata soprattutto dalla negazione della morte. Si potrebbe dire (ma è un eufemismo) che le ragazze vengono “usate” per contatto magico, come cellule staminali che possono rigenerare il corpo decadente del vecchio.
 
Un’altra forma di esorcismo della morte è quella che fu cara ai faraoni dell’antico Egitto: provvedersi di una casa per l’Oltre-tomba, facendosela costruire da grandi artisti.
Infine l’angoscia della morte è presente nella società italiana di questi mesi nella elaborazione di una legge sul “fine-vita”, espressione ideata per non nominare la morte. Questa legge, che dovrebbe essere in difesa della vita, non solo non garantisce il rispetto della volontà del singolo, ma rende la morte, (soprattutto in ospedale), non più un evento “naturale,” un aspetto proprio della vita, ma un evento terrorizzante da allontanare il più possibile, qualunque costo.. E’ chiaro che non si possono mettere sullo stesso piano casi diversi, ma va difesa proprio la possibilità di diversificare i casi, e la possibilità che i medici abbiano la facoltà di decidere in accordo con la volontà del paziente e della famiglia, la desistenza da un accanimento terapeutico, quando una malattia degenerativa o un evento traumatico venga diagnosticato ragionevolmente irreversibile e non vi sia più quindi la possibilità di garantire al paziente una qualità di vita dignitosa. Ho scritto sopra che la negazione è sempre accompagnata dalla bugia, forse sarebbe meglio dire che la negazione stessa è una bugia.
La legge che si vorrebbe far passare alla Camera è argomentata infatti da una menzogna: quella che afferma che l’idratazione e l’alimentazione forzata non sono atti medici. La verità è che non soltanto sono atti medici, ma atti che richiedono èquipes mediche e infermieristiche specializzate e l’uso di farmaci. Anche l'affermazione che negli stati vegetativi si soffra la sete o addirittura la fame è considerata una bugia dei medici specialisti delle cure palliative, quelli che con grande coraggio stanno vicino alle persone che stanno morendo cercando di farle soffrire il meno possibile.
Soltanto il terrore della morte, comunque, può far negare a certi parlamentari che sugli stati di vigilanza e su quelli vegetativi, la scienza abbia ancora molti punti oscuri, che non permettono di garantire che attualmente sia possibile emettere leggi che garantiscano la dignità del paziente e la sua tutela da inutili sofferenze.
 
Clotilde Masina Buraggi
 
 
1 Alberto Vitali, OSCAR A. ROMERO. Pastore di agnelli e lupi, Paoline; Anselmo Palini, OSCAR ROMERO. “Ho udito il grido del mio popolo” Ed. AVE
 
 
 


Giovedì 03 Marzo,2011 Ore: 12:59
 
 
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