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www.ildialogo.org Le famiglie plurali amate da Dio,di Domenico Pizzuti

Le famiglie plurali amate da Dio

di Domenico Pizzuti

da Adista Segni Nuovi n. 2 del 07/01/2012


La giunta comunale di Napoli, guidata da Luigi De Magistris, ha avviato con due delibere l’istituzione del Registro delle unioni civili per regolamentare le convivenze tra due persone, sia di diverso che dello stesso sesso, le quali, seppure legate da vincoli affettivi ed economici, non sono unite in matrimonio. La proposta ha fatto discutere sotto vari profili, non ultimo quello della priorità di un simile provvedimento di fronte ai gravi problemi che affliggono le famiglie napoletane, degli strati popolari ma non solo.

Un dato empirico induce a riflettere e riguarda il trend dei matrimoni civili che crescono in Italia nel periodo 1951-2006, secondo un recente studio di Roberto Cartocci (Geografia dell’Italia cattolica, Il Mulino, Bologna, 2011). Emerge un particolare in controtendenza per il Comune di Napoli: il tasso di matrimoni civili cessa di crescere dopo il 1986, con la città che nel 2006 si attesta sul 26,3% mentre nei capoluoghi centro-settentrionali superano anche il 50%. «Chi scrive – osserva Cartocci –, non è in grado di dare una spiegazione di questo crollo dei matrimoni civili nel comune di Napoli. Naturalmente potrebbe essere la spiegazione più logica: un’impetuosa ripresa dei valori cattolici che progressivamente riduce il numero dei matrimoni civili. È comunque sorprendente che una tale ripresa di religiosità non abbia avuto una visibilità maggiore e soprattutto non sia riuscita ad innervare un riscatto delle condizioni di degrado e di criminalità diffusa che negli ultimi due decenni hanno portato la città al centro delle cronache quotidiane».

Sotto il profilo biblico, non indifferente per la questione, sovviene un passo paolino della Lettera ai romani (Rom 10,9-18) – letto nella liturgia dello scorso 30 novembre (festa di sant’Andrea apostolo) –, riguardante la professione della fede cristiana, rispetto ad una dibattuta questione del tempo: «Non c’è distinzione fra giudeo e greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l’invocano. Infatti “chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”». Si può fondatamente ritenere che l’invocazione che ottiene la salvezza cristiana possa e debba partire dal centro della persona, sposata o celibe che sia, in matrimonio legittimo o in coppia di fatto, dall’interno del pluralismo delle forme familiari che caratterizza le nostre società e così via. Nessuno è escluso dall’invocazione che salva, in riferimento alle diverse forme che connotano le identità personali e sociali, e si deve nel contempo lasciarsi interrogare da essa per una verifica delle situazioni di vita.

In questa prospettiva di fede biblica, che non è in alcun modo relativistica, si configura una uguaglianza sostanziale delle persone: nessuno è escluso in riferimento alle situazioni familiari o sociali (criminale carcerato, drogato, sfruttatore del lavoro, delle donne e dei beni pubblici, corrotto e corruttore e così via). È lo smascheramento di ogni ipocrisia e bigottismo di chi si sente giusto e stabilisce leggi e norme per gli altri.

Non si tratta di una prospettiva puramente intimistica e individualistica su un piano religioso, ma profondamente veritativa della condizione umana, che invoca riscatto e salvezza nel contesto della storia personale e sociale. E quindi contribuisce a tonificare ogni dibattito in merito, liberandolo da ipocrisie ed esasperazioni. Non è quindi fuori luogo e senza conseguenze l’attenzione ad una simile prospettiva biblica nel dibattito che si è sviluppato, in verità sotto tono, che interroga soprattutto credenti maturi e capaci di distinguere i diversi ambiti (morale e politico), pur assumendo come priorità la promozione anche legislativa della famiglia o delle famiglie in Italia.

* Gesuita e sociologo (Scampia, Napoli)

Articolo tratto da
ADISTA
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Marted́ 03 Gennaio,2012 Ore: 18:12
 
 
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