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www.ildialogo.org LE NUOVE GENITORIALITA’,di Aldo Antonelli

LE NUOVE GENITORIALITA’

di Aldo Antonelli

"La tecnica si è definitivamente installata nel cuore di questi due momenti cruciali (la nascita e la morte), e ne sta spostando il dominio dall'orizzonte della necessità e della storia evolutiva, a quella della volontà e della cultura"; così scriveva Aldo Schiavone su La Repubblica del 28 Luglio 2008.
E’ un bene o un male?
E’ una conquista di civiltà o un retromarcia nella preistoria della barbarie?
E’ un avanzamento del fronte morale che richiede un di più di maturazione e determinazione di coscienza o una ricaduta all’indietro, nel regno della dittatura selvaggia dell’istinto?
E’ dentro questi interrogativi che si gioca l’alternativa tra una morale naturalistica, legata non tanto alla natura in sé quanto ad una determinata “comprensione” della natura storicamente data, e un’etica della coscienza, impiantata negli orizzonti di amore e di responsabilità liberamente assunti all’interno di una scelta di fede.
La “morale” come precettistica non ha nulla a che fare con un’etica della responsabilità che interpella il “senso” delle cose e delle scelte e non l’“assenso” dei comportamenti. Nulla ha a che fare con una «Trascendenza etica che non si lascia catturare dall'ethos di un gruppo o di un popolo ma vi si conficca dentro come inquietudine e messa in discussione» (Carmine Di Sante).
I cattolici adulti, convinti che il vangelo non predica una morale ma apre ad una dimensione che sta oltre la morale, non possono barricarsi nella riduzione positivistica della morale che altro non è che la razionalizzazione – cioè la legittimazione nel quadro sociale – che l’individuo conferisce al proprio comportamento.
Non a caso il teologo belga Gabriel Ringlet, vicerettore dell’Università di Lovanio, ebbe ad affermare, a questo proposito, «i nostri contemporanei vogliono senso, ma rifiutano il pensiero normativo. E la Chiesa fa fatica a produrre senso senza produrre norme. Ecco la straordinaria conversione che le è chiesta».
Anche il Card. C. M. Martini riconosceva che "Il problema morale è il problema dell'orizzonte complessivo entro il quale ogni aspetto della vita e dell'attività umana deve trovare la sua giusta collocazione ed anche la misura di autonomia che gli compete. E la fede illumina tale orizzonte di significato, orientando così il conseguente discernimento pratico". (Cfr: Giovanni Bianchi: “Martini politico e la laicità dei cristiani”).
Di fronte alle nuove tecnologie di impianto e di fecondazione il problema della “genitorialità”, libero dalla dittatura della “fisicità genetica”, cresce e si apre a nuove prospettive, non più legate ai termini di “carne e di sangue” (per usare una forte espressione evangelica), ma strette in un rapporto di autentico amore. Non si capisce e pone seri problemi di coerenza evangelica questa difficoltà da parte dei cristiani ad accettare la fecondazione eterologa: proprio loro che, scrive san Giovanni all’inizio del suo Vangelo, «non da sangue né da volontà di carne… furono generati» (Giovanni 1,13). In questa prospettiva, noi cristiani, non solo non dovremmo sentirci a disagio ma dovremmo dare il nostro convinto e soddisfatto benvenuto. Condividendo in toto l’interrogativo con il quale Michela Marzano, sulle pagine di Repubblica di ieri, chiudeva il suo bell’articolo: «Perché focalizzarsi sui legami genetici esistenti o meno tra genitori e figli senza accettare l'evidenza del fatto che non è certo il patrimonio genetico che rende una donna "madre" o un uomo "padre"?».
E’ proprio vero: «Predicare la morale è facile - scriveva Schopenhauer in una lettera a Kant -; il difficile è fondarla»!



Domenica 13 Aprile,2014 Ore: 09:02
 
 
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