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www.ildialogo.org Chernobyl – La storia non raccontata della fine della Guerra Fredda,di Nick Reimer da Chernobyl

Chernobyl – La storia non raccontata della fine della Guerra Fredda

di Nick Reimer da Chernobyl

(traduzione dal tedesco di José F. Padova)


Nel trentesimo anniversario della catastrofe nucleare di Cernobyl le radiazioni, oltre a causare vittime immediate e a lungo termine,hanno messo fuori uso il sistema antimissile sovietico, un gigantesco radar posto a pochi chilometri dalla centrale atomica. E dato l'avvio alla disgregazione dell'URSS. Die Zeit ne fa una breve storia.
Die Zeit, Hamburg – 25 aprile 2016
Chernobyl – La storia non raccontata della fine della Guerra Fredda
Chernobyl ha impedito la guerra atomica? Nessuno lo sa: il Super GAU [ndt.:"Größte Anzunehmende Unfall" = peggiore incidente ipotizzabile è il sinistro peggiore pensabile per una centrale atomica] ha irradiato anche il sistema di monitoraggio antimissile Duga 1. I sovietici perseo une delle loro armi più forti.
Nick Reimer da Chernobyl
(traduzione dal tedesco di José F. Padova)
La singolarità di questo luogo può essere udita: già a centinaia di metri di distanza un rumore come se una formazione di robot volanti precipitassero nel bosco. Chi si avvicinasse capiterebbe davanti a un cartello con la scritta: “Alt! Qui usiamo fucili di precisione!”. Dietro si stagliano nel cielo più di 60 colossi di acciaio, i più alti a 150 metri di altezza. Vi sono fissate strane boe di metallo, ogni palo ha 44 braccia. Fra l’uno e l’altro sono tese migliaia di cavi d’antenna trasmittente, il fracasso è causato dal vento che ci passa in mezzo. Il capocomitiva dice: “Benvenuti presso il più grande radar del mondo”.
Il mostro si chiama Duga 1 e si trova a 10 km di distanza dalla centrale elettrica Lenin nell’odierna Ucraina. La catastrofe di Chernobyl non ha posto fine soltanto alla fede nell’energia atomica. L’esplosione del reattore nel 1986 fu anche l’inizio della fine per la Guerra Fredda. E proprio del Duga 1. Quel sistema radar era il cuore della politica atomica sovietica. “Il sistema era in grado di scoprire bersagli su una distanza fino a 9.000 km”, dice Matthias Uhl, scienziato presso l’Istituto Storico Tedesco a Mosca. In linea d’aria da Chernobyl fino a New York la distanza è di 7.500 km. Fra i bersagli si comprendono “singole testate atomiche trasportate da missili e anche testate multiple, mentre ne erano esclusi gli aerei, perché non avevano traiettorie balistiche e non volavano nello spazio come missili intercontinentali”, secondo Uhl.
Il sistema di allarme antimissile Duga 1 presso Cernobyl
A differenza degli Stati Uniti l’allora Unione Sovietica non possedeva alcuno scudo contro i missili intercontinentali. Se non Duga 1 – se mai gli americani avessero fatto partire un missile atomico, grazie alla elevata capacità di ricezione di Duga 1 ci sarebbe stato il tempo sufficiente per un contrattacco. Soprattutto gli alti dirigenti sovietici Juri Andropov e Konstantin Tchernenko non si stancavano di ammonirne la Nato. Prima che il vostro esplosivo possa raggiungere il nostro territorio noi l’avremo da tempo annientato. Ma poi venne il 26 aprile 1986 e il Duga 1 dovette essere messo fuori uso.
La Nato parlava di picchio
“Qui si va dritti in città”, dice Johny Pirogow, guida per le visite a Chernobyl. Una quarantina di turisti si sono iscritti alla visita di un giorno, britannici, tedeschi, un canadese, cinesi e molti polacchi. Un tempo vivevano nei pressi dell’impianto radar 2.000 persone, soprattutto ingegneri per la costruzione, scienziati per il funzionamento e militari, che analizzavano i dati e così fornivano alla pace mondiale l’equilibrio atomico. Per loro e le loro famiglie a Duga c’era tutto ciò di cui avevano bisogno: scuole, nidi d’infanzia, ristoranti, parchi, ospedali, biblioteche. “Lì vicino c’era naturalmente anche una normale caserma, con soldati di guardia, genieri, unità di pronto intervento”, dice Pirogow. Quando precisamente Duga fu dismessa non è noto. Il vicino centro residenziale di Kopatschi fu sgomberato all’inizio di maggio 1986.
La Nato chiamava picchio il segnale in onde corte che Duga 1 emetteva. Il segnale, con una frequenza di 10 Hertz, aveva la consistenza del battito di un picchio e da esso prese il nome. “A Duga 1 si trattava di un radar con portata oltre l’orizzonte, che lavorava nel campo delle onde corte e che sfruttava, per aumentare la portata, la capacita della ionosfera di riflettere le onde radio e così permetteva la localizzazione oltre la curvatura terrestre”, afferma l’esperto di cose militari Uhl. Un secondo impianto, Duga 2, era stato costruito dai sovietici a Komsomolsk, nelle vicinanze del Pacifico, da dove la distanza da New York era di 9.400 km in linea d’aria. Con il che l’URSS aveva l’intero spazio aereo americano sotto controllo. Per lo meno fino alla catastrofe del reattore di Cernobyl.
Il momento del GAU
25 aprile 1986. In Germania è una soave serata di venerdì. Dopo l’inverno molti se ne stanno fuori casa per la prima volta, quando alle 23.24 – a 1.500 km da Berlino – il reattore numero 4 della centrale elettrica atomica Lenin di Chernobyl esplode.
In Ucraina in quel momento è già il 26 aprile. Sul luogo della catastrofe è l’una e ventiquattro. Oggi l’Ucraina si trova un fuso orario prima di quello che comprende la Germania, ma nel 1986 vigeva là il cosiddetto tempo decretato, una sorta di estate supplementare, stabilita nel 1930 per tutta l’URSS. Dopo l’indipendenza l’Ucraina abolì questo relitto sovietico.
In quella notte inizia un nuovo conteggio del tempo. L’era del tempo di dimezzamento [ndt.: il tempo occorrente per ridurre alla metà la quantità di un isotopo radioattivo] degli elementi radioattivi, della fioritura degli oppositori dell’atomo e della fine dell’Unione Sovietica, un periodo d’immiserimento e d’isteria.
Che i sovietici abbiano costruito il loro impianto di ascolto Duga 1 proprio lì appare logico. “Per la presenza dell’impianto atomico tutta la zona era senz’altro molto bene sorvegliata, qui non arrivava praticamente alcun estraneo”, dice l’accompagnatore Pirogow. L’ubicazione aveva un altro importante vantaggio. Grazie al vicino reattore c’era corrente elettrica in abbondanza – e poi senza interruzioni. Nell’Unione Sovietica a quei tempi questo non era per niente scontato, ma era essenziale per il mantenimento della pace mondiale – ovvero la sorveglianza permanente sullo spazio aereo della Nato. L’esperto Uhl dice: “Nel 1969 si iniziò con la costruzione degli impianti a Chernobyl e a Komsomolsk sull’Amur secondo deliberazione del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Nel 1972 seguì la verifica dell’opera.
Duga 1 c’è soltanto per Chernobyl
L’Ucraina – 30 anni dopo la catastrofe di Chernobyl
Il 26 aprile 1986 si verificò la catastrofe atomica di Chernobyl. Dopo la quale 740 località circostanti furono contaminate a lungo termine. Le persone che vi vivono hanno cessato di misurare i valori di radiazione nei cibi.
Duga 1 era camuffato come casa di vacanza per la gioventù, ancora oggi dalla parete di una fermata d’autobus ci saluta Mischka, la piccola mascotte dei giochi olimpici estivi 1980. Gli abitanti di Chernobyl e anche della città satellite della centrale elettrica atomica, Prypiat, potevano vedere, dalle finestre dei loro casermoni, nel bosco, il suo gigantesco profilo. Non ha mai interessato molto gli abitanti. La fede nel progresso a quel tempo e in tutta la regione era illimitata, la “Centrale atomica di Chernobyl dedicata a I. Lenin” con undici reattori sarebbe dovuta diventare il più grande complesso atomico del mondo. Il blocco 5 era a un passo dall’essere completato, anche per il blocco 6 i lavori erano iniziati da tempo. Chi si sarebbe dovuto disturbare per un impianto di ricezione nel bosco?
“Duga 1 resta ancora soltanto grazie alla catastrofe atomica”, dice Pigorow. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica i militari russi avevano grande interesse a fare sparire rapidamente gli altri impianti. Vi erano tre di questi impianti di ricezione, “uno presso il Mar Nero vicino a Nikolajew servì come prototipo per Chernobyl e Komsomolsk”, afferma Matthias Uhl. Quei due radar sono da tempo caduti in rovina. Duga 1 è finito dimenticato nella zona che per 30 km intorno al blocco esploso del reattore è vietata all’accesso. La dose di radiazioni nucleari fino a pochi anni fa qui era ancora enorme, il vicino paese di Kopatchi dovette essere demolito e le macerie portate in un magazzino provvisorio per scorie nucleari, insieme all’inventario dei beni contenuti in ogni casa abbattuta.
Una strategia missilistica atomica totalmente nuova
“Non si ha alcuna idea su come si potrebbe abbattere i piloni di acciaio”, dice l’accompagnatore. Molti avrebbero interesse all’acciaio, che potrebbe essere venduto molto bene. Per esempio, se si facesse saltare la struttura mediante esplosivi si causerebbe un terremoto locale e la radioattività, ora sedimentata nel terreno, si libererebbe di nuovo. Per Pirogow le cose stanno bene così: “Non sono molti quelli che offrono Duga 1 nel loro programma di visita”. È naturale. Il reattore, la città delle centrale elettrica atomica Pripyat, pranzo in una trattoria a Cernobyl, vi sono un paio di punti fissi in ogni viaggio a Cernobyl. “Ma l’impianto di Duga è qualcosa di singolare: un viaggio in un futuro dimenticato”, dice Pirogow.
“Cernobyl fu l’inizio della fine per l’Unione Sovietica”, ha detto una volta l’ultimo capo sovietico, Michail Gorbaciov. Per superare le conseguenze della catastrofe il Paese ha dovuto investire talmente tante risorse che semplicemente nulla rimase per lo sviluppo ulteriore del socialismo. D’altronde non ha detto che l’Unione Sovietica avrebbe dovuto concepire e attuare la sua strategia missilistica atomica su basi completamente nuove.



Giovedì 28 Aprile,2016 Ore: 17:56
 
 
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