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www.ildialogo.org L'alternativa di Syriza: passare sotto la tavola o rovesciarla,Frédéric Lordon

Le Monde Diplomatique - lunedì 19 gennaio 2015
L'alternativa di Syriza: passare sotto la tavola o rovesciarla

Frédéric Lordon

(Traduzione dal francese di José F. Padova)


[Parte seconda]
La reazione europeista fra il bastone e la carota
A termine la lezione sarà veramente umiliante per tutti. Perché un governo Syriza, prostrato e ricondotto a un'austerità appena addolcita, sarà meno la prova in atto della qualità dei compromessi europei e più quella che la zona euro è una prigione che non conosce condoni di pena. È anche il motivo per il quale l'europeismo, anch'esso, dovrà applicarsi per contenere i danni, secondo due linee prevedibili: la prima è quella degli integralisti i quali, determinati a mai cedere su alcunché, si faranno un dovere di provare che le richieste greche erano «economicamente» impossibili da soddisfare; la seconda, quella degli scioccati, nell'animo dei quali i quattro anni trascorsi hanno finito per fare finalmente passare l'ombra di un dubbio, che si strizzano il cervello per tentare di salvare la loro bella Europa mediante un nuovo giro di macchinazione costituzionale.
In un certo modo è l'integralismo che ha la vita facile. La decisione di tenere duro sul proprio credo, non importa ciò che avviene, semplifica la riflessione e non richiede altro che trovare cavilli per sistemare gli eventuali «difetti». Qui l'integralismo dirà: fra i creditori pubblici il più prezioso, vulnerabile, delicato, è la BCE. Annullare il debito greco equivale al rischio di mettere in perdita la Banca e condannare gli Stati membri, vale a dire - dettaglio illuminante - il contribuente, costretto a ricapitalizzarla.
Si noterà innanzitutto la debole consistenza dell'argomentazione che tiene in gran conto, fra i creditori pubblici, le perdite della BCE ma molto poco quelle del MES e dell'Unione Europea stessa (27,7 miliardi di euro da una parte contro 141 miliardi di euro + 53 miliardi dall'altra). Ma il fatto è che nella «Banca centrale» c'è «banca», ciò che mette in moto tutte le associazioni d'idee con la crisi finanziaria del 2007-2008, come se la BCE fosse una specie di Lehman Brothers, ma più grossa. «Il fallimento di una banca» (di più) e lo spettro nuovamente evocato del «grande crollo», ecco lo spaventapasseri agitato dai (dis)abili a metà del monetarismo europeo.
Tuttavia all'opposto esatto dei loro vaticini, di tutte le «banche» (e di fatto di tutte le entità economiche) la Banca Centrale è la sola per la quale l'assunzione di perdite è assolutamente innocua, in ogni caso il fallimento è una categoria priva di senso, per la semplice ragione che il fallimento è uno stato di illiquidità… che la Banca centrale non può subire perché è essa stessa la fonte di ogni liquidità! La Banca centrale crea la liquidità e lo fa ex nihilo. Istanza estrema della liquidità, vertice della piramide del rifinanziamento, al di là del quale non vi è più nulla - sì, è un po' vertiginoso per certi animi innocenti - la Banca centrale non deve essere «rifinanziata» o ricapitalizzata, controsenso concettuale che testimonia una profonda incomprensione dei meccanismi monetari: la Banca centrale, se ve ne è bisogno, sana le proprie perdite e si auto-ricapitalizza mediante la creazione di moneta, per così dire pro domo sua.
Tuttavia, spesso, nelle immediate vicinanze dei ritardati mentali vi sono i cinici - e gli ideologi. Costoro sanno molto bene che la Banca centrale può ripianare le proprie perdite con i suoi strumenti di creazione monetaria, ma non lo vogliono - essenza questa del dogma monetarista, che guarda a qualsiasi creazione monetaria «anomala» come a un flagello in corso di formazione. Ma che cos'è l'«anormalità» in questa materia? A questa domanda il monetarismo applicato risponde invariabilmente: tutto quello che eccede le necessità di rifinanziamento delle banche private e in particolare tutto quello che potrebbe costituire un'operazione più o meno indiretta di sostegno agli Stati - in cui consisterebbe indiscutibilmente un annullamento del debito greco iscritto all'attivo della BCE.
Ecco perché, fra l'altro, il monetarismo si preoccupa molto meno delle perdite del MES che di quelle della BCE, a dispetto dei loro disparati ordini di grandezza. Le prime sono perdite secche per gli Stati membri, che dovranno ripianarle con nuove risorse finanziarie, prelevate o prese a prestito - e questo costerà loro. Le seconde hanno origine da una pura operazione di monetizzazione, che per di più è destinata a uno Stato (quello greco) - un'operazione di quelle che gridano vendetta al Cielo.
In ogni caso la teoria detta «quantitativa» [7] ignora qui stranamente tutte le considerazioni di quantità per rispondere di fatto solamente a criteri qualitativi. È dichiarato perfettamente «normale» che il programma LTRO [ndt.: noto da noi come QE=Quantitative Easing] della BCE [8] seppellisca le banche private europee sotto mille miliardi di euro a tassi vicini allo zero e per scadenze del tutto al di fuori degli standard abituali della politica monetaria. Mentre il fatto che lo Stato greco si veda offrire una riduzione del debito di 27 miliardi di euro da parte della BCE è l'avvio di un lassismo immediatamente agghindato dai media con l'etichetta «matrice di stampa per banconote», annunciatrice della rimessa in circolazione delle carrettate di carta moneta per andare a comperare il pane [ndt.: sindrome di Weimar?].
Gli euro bond ovvero la politica del'idraulico
Benché non sia mai tanto visibile quanto in queste situazioni molto concrete, nelle quali il maneggio a geometria variabile degli stessi argomenti appare in tutto il suo splendore, l'ostacolo del potere pubblico è l'onnipresente non detto della costruzione europea, della quale gli articoli dei Trattati non danno che una mera espressione tecnica, affievolita e irriconoscibile come tale. Dal divieto degli aiuti di Stato alla chiusura di tutti i livelli di libertà della politica economica, l'impotenza del potere pubblico è nondimeno organizzata metodicamente, per meglio aprire la pista ai poteri privati. Si tratta del genere di cose che, al contrario degli «integralisti» - dei quali costituisce il progetto stesso! -, gli «scioccati» fanno un po' di fatica a vedere. È pur vero che, armati della premessa che l'Europa è per essenza destinata al bene, durante decenni quasi tutto il loro campo visivo non è stato altro che una gigantesca macchia cieca. Così, passato il momento indubbiamente un po' tardivo della scossa, essi si mettono precipitosamente in obbligo di rattoppare il buco, purtroppo con il solo viatico intellettuale di un'idea della politica che oscilla fra una visione da idraulico e quella, più infantile, di una lavagna magica.
Seguiamo innanzitutto le tracce della loro linea di massima pendenza, quella del fai da te tecnico, come se qualche nuova tubatura finanziaria potesse fornire soluzioni reali a problemi fondamentalmente politici. Il disastro della moneta unica era già un puro prodotto di questa forma di pensiero, ma poco importa, il fatto è che senza dubbio «non si era andati abbastanza lontano». Se la moneta unica è un poco tremolante è perché si sarebbe dimenticato di completarla con il debito [pubblico] unico. E mai che uno solo si accorgesse che l'elemento mancante non deve essere cercato in qualche introvabile strumento miracoloso di politica monetaria o finanziaria, gli euro bond o altro, bensì in una autentica Comunità politica, da lungo tempo mancante. In mancanza della quale ogni messa in comune degli strumenti tecnici, lungi dal far fare qualche progresso, non ha altro effetto che quello di rendere più profonda la crisi politica cronica, sintomo per eccellenza del difetto di fabbricazione dell'Europa.
Questa crisi politica è una crisi della sovranità, crisi della sottrazione alla deliberazione democratica della politica economica, ridotta a un automatico asservimento a valori/ordini depositati nei Trattati. In queste condizioni il rapporto delle Istituzioni europee con gli Stati membri non può essere altro che un rapporto di sorveglianza; e di messa sotto tutela quando le divergenze di traiettoria superano una soglia critica. È proprio questa logica che rendere mutuo il debito, soluzione feticcio degli ingegneri-economisti sprovvisti di qualsiasi visione politica, porterà tutto a un livello inaudito. Perché, supponendo anche che la Germania dia il suo avallo agli euro bond (con i quali, in prima istanza, ha tutto da perdere), questo potrebbe avvenire soltanto con la contropartita di un dispositivo di sorveglianza senza precedenti, dal momento in cui si stabilisce un meccanismo molto formale di garanzia solidale.
Si può immaginare che la Germania (e d'altra parte non solo essa) acconsentirebbe ad apporre la sua firma su titoli emessi solidariamente da Grecia, Spagna, Portogallo… e perfino Francia, senza assicurarsi dell'assoluta rettitudine delle loro politiche economiche, vale a dire della loro assoluta sottomissione a regole draconiane che, col senno di poi, darebbero a quelle attuali l'aspetto di un campo di vacanza?. Sono quindi tutte le attuali caratteristiche della moneta unica che gli euro bond verrebbero a mettere sotto accusa, in particolare quella del'espropriazione pura e semplice della sovranità, quando la minima distorsione da parte di uno Stato membro dà luogo a una presa del comando in diretta della sua politica economica da parte delle istanze europee, ovvero a una forma di "troikizzazione" aggravata, ormai la "Troika" essendo stabilita come istituzione permanente dell'Unione - e occorre avere serie propensioni al sogno ad occhi aperti per vedere in questa nuova configurazione del gatto a nove code un formidabile progresso.
La lavagna magica del «progresso democratico»
Eppure la propensione ai sogni non è quello che fa difetto all'europeismo scioccato. «Soltanto una rifondazione democratica dell'Europa permetterebbe di condurre politiche di progresso sociale» così dichiara enfaticamente Thomas Piketty [9]. Senza dubbio - se pure ne fosse stato il caso. Purtroppo (?) non è stato così. Si tratterebbe dunque di accorgersi che la neutralizzazione delle sovranità popolari non è un errore accidentale o una cattiva piega malauguratamente formatasi mentre si procede, ma un partito preso costituzionale e meditato, voluto in primis dalla Germania per garantire l'assoluto rispetto dei principi sui quali ha condizionato la sua partecipazione alla moneta unica.
Così come Syriza sogna, pensando di avere sia il mantenimento nell'euro sia l'emancipazione dall'austerità, l'europeismo scioccato sogna quando spera di tenere assieme la partecipazione tedesca e l'affidamento totale della politica economica alla discrezione democratica. Perché la discrezione, vale a dire la manipolazione sovranamente flessibile degli strumenti della politica economica, in particolare monetaria, è l'incubo per eccellenza del liberalismo/imposizione tedesco trapiantato su scala europea. Se quindi, in questa materia, la democrazia si assimila alla discrezione e la Germania ha fatto del rifiuto della discrezione un punto d'intransigenza, la rivendicazione enfatica di una rifondazione democratica ha quasi altrettanta consistenza di quella che vorrebbe riformare la Curia romana sulla base di un club naturista.
Evidentemente, vi sono problemi che superano passabilmente la visione economicistica delle cose e che richiedono che ci si interroghi preventivamente sulle condizioni che permettano la costituzione di una Comunità democratica sovranazionale. Non è che questa costituzione sia impossibile in linea di principio, ma nulla, simmetricamente, garantisce che appartenga all'ordine dell'evidenza [10]. Se ci si vuole una buona volta ricordare che la Germania è entrata nella comunità monetaria europea solo a condizione di imporre i propri principi - che sono tali da raccogliervi un'adesione largamente transpartitica e per così dire meta-politica - si dovrebbe comunque aprirsi all'idea di porsi qualche domanda, in particolare quella della compatibilità di un ultimatum di tale portata con tutta la costruzione democratica.
Ma è passato molto tempo da che l'europeismo si è dimenticato di essere interrogatore, anche se è pur vero che il mondo delle astrazioni costituzionali è ben più confortevole della realtà. Per questo ci si dedica con ardore all'architettura d'interni, come fa il «Manifesto per una unione politica dell'euro» [11], manifesto politico senza pensiero politico, incapace di vedere tutto quello che la costruzione d'istituzioni politiche chiama "prerequisito", specialmente l'esistenza di una consistenza comunitaria anche minima, dove risiedano le condizioni per l'accettazione della legge della maggioranza - il cuore concreto della democrazia. Ma mai l'europeismo, che adesso sogna di un Parlamento dell'euro, si preoccupa di sapere se la Germania, che pure finora ha sottoposto tutta la costruzione monetaria europea ai suoi soli imperativi, potrebbe accettare che sia rimessa in discussione l'indipendenza della Banca centrale, il divieto del finanziamento monetario pubblico, il dogma dell'equilibrio di bilancio, l'esposizione permanente delle politiche economiche ai mercati finanziari concepiti come operatori ausiliari per la sorveglianza, ecc. - vale a dire accettare di essere messa in minoranza su questi temi che per essa sono nevralgici.
Per Syriza la salvezza non verrà da qualche compromesso europeo e neppure da una chimerica ricostruzione istituzionale fatta a freddo, promessa tanto vuota di realismo politico quanto fatta per essere rinviata a orizzonti perpetuamente allontanati. Ma l'inanità delle false soluzioni non esclude che ve ne siano di vere. Perché vi è sempre un'alternativa. Nel caso specifico non togliere il pugno dalla tavola, per poi dover rabberciare la propria stima di sé prima di passarci sotto, ma piuttosto rovesciare la tavola stessa.
A tutti coloro che, da lontano, osservano con un misto di inquietudine, di dubbio e di speranza ciò che può accadere in Grecia non resta che una cosa da fare veramente: contro la forza gravitazionale delle istituzioni, che si sforza di riportare all'ordine i devianti, rammentare a Syriza, nel punto della biforcazione in cui si trova, tutto quello che da essa stessa dipende - e che è considerevole: contestare veramente l'austerità nella sola maniera possibile, la rottura, manifestare in faccia all'«Unione» l'aperta sedizione contro il suo ordine neoliberista, ovvero creare un avvenimento liberatorio, per il popolo greco, ma anche per tanti altri che con lui sperano.
Note
[6] Comme tous les autres pays d’ailleurs.
[7] Le monétarisme repose sur la théorie dite « quantitative » de la monnaie pour laquelle seul le volume des agrégats monétaires est déterminant.
[8Long Term Refinancing Operations, programme de refinancement exceptionnel des banques européennes mis en place fin 2011 et début 2012.
[9] Thomas Piketty, « 2015 : quels chocs pour faire bouger l’Europe ? », Libération, 29 décembre 2014.
[10] Pour une discussion plus substantielle de ce problème, voir La Malfaçon. Monnaie européenne et souveraineté démocratique, Les Liens qui Libèrent, chapitre 6, « Un peuple européen est-il possible ? ».
[11] « Manifeste pour une union politique de l’euro », Le Monde, 16 février 2014.



Lunedì 26 Gennaio,2015 Ore: 19:14
 
 
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