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www.ildialogo.org Fine dei gesti di riconciliazione,di Gustav Seibt

Guerra e arte del governo
Fine dei gesti di riconciliazione

di Gustav Seibt

(traduzione di Josè F. Padova)


- Politica – 24 agosto 2014
Dal 1814 al 2014, da Napoleone al Vicino Oriente: perché diviene sempre più difficile concludere un trattato di pace che non sia una mera tregua
Quest’anno l’Europa non pensa soltanto alla Prima Guerra Mondiale, ma ricorda anche il Congresso di Vienna del 1814/1815, che concluse le Guerre rivoluzionarie in atto dal 1792. Chi riferisce una all’altra le due date deve constatare: nei secolo intercorso l’Europa ha perduto la capacità di concludere duraturi accordi di pace.
Già si fatica a considerare chiusa da un Trattato la guerra fra Prussia-Germania e Francia nel 1870/71. Il Trattato di Versailles, che nel 1919 dopo la Prima Guerra Mondiale avrebbe dovuto fondare un nuovo ordinamento internazionale, come aveva fatto la Carta conclusiva di Vienna nel 1815, ha fallito nel giro di pochi anni.
Nel 1919 il Vinto [Germania] è stato bistrattato sul piano diplomatico
Allora, nel 1919, la fondazione di una Società delle Nazioni come tentativo di dare veste giuridica all’ordinamento degli Stati era parte integrante del Trattato, comparabile al Principio di Legittimità proclamato a Vienna.
Tuttavia, diversamente dal 1814/15, nel 1919 la Potenza vinta non fu accettata come partner con pari diritti; conclusione e firma del Trattato ebbero luogo nelle forme di un trattamento ruvido, che non sarebbero state immaginabili nei secoli precedenti e che rappresentano uno stridente contrasto con il ruolo emergente che a Vienna aveva potuto svolgere il rappresentante francese Talleyrand.
Anche Bismark, nelle faticose negoziazioni con la Francia vinta del 1870/71, pur nella durezza delle condizioni imposte, aveva badato a mantenere la massima cortesia propria dell’agire diplomatico.
100 anni fa ebbe inizio la Prima Guerra Mondiale. La guerra era stata pianificata a Berlino e a Vienna, dice Annika Mombauer. Nell’intervista la studiosa di storia, germano-britannica, descrive chi nel 1914 voleva salvare la pace e critica le carenze contenute nel bestseller di Christopher Clarks “I sonnambuli”. Ebbene, Adolphe Thiers, il delegato della Francia, si trovava sotto la pressione di un’opinione pubblica nazionale eccitata e per settimane non fu chiaro se egli avesse pieno potere di concludere un trattato di pace con l’odiato nemico.
Già nel 1814 l’odio accompagnava gli antagonisti
A quel tempo si aggirava in Francia il fantasma della guerra civile; il comandante supremo tedesco Moltke temeva di essere costretto, con una completa occupazione del Paese, a una “guerra di sterminio”.
Anche nel 1814 fra i combattenti c’era molto di una guerra di liberazione e odio letteralmente organizzato – come bersagli diffusi c’erano stati i trascorsi anni napoleonici, soprattutto in Germania. Tuttavia, altrimenti che nel 1870 e nel 1919, nel 1814 le opinioni pubbliche non erano forti a sufficienza per portare la loro inconciliabilità sui tavoli verdi, nelle stanze dello Stato.
Le voglie di vendetta dei generali prussiani dopo la seconda vittoria su Napoleone a Waterloo – il sensibile Gneisenau avrebbe con sommo piacere fatto saltare in aria i ponti di Parigi – non poteva più essere allontanata.
Tra il 1814 e il 1919 giunse a compimento l’ascesa di nazionalismo, giornalismo di massa e democrazia. Anche l’ambiente della politica estera si democratizza. Nel XX secolo non vi è più stata in Europa alcuna grande risoluzione di pace, dopo che distruzione e odio avevano raggiunto la popolazione civile in una misura mai vista.
La Germania, sconfitta senza condizioni, uscì dalla scena come protagonista, cosicché le regolamentazioni parziali e il nuovo conflitto detto della Guerra Fredda misero a tacere l’irresolubile problema di una pace europea.
Anche dopo il 1945 si condonarono alla Germania molte prestazioni come riparazione dei danni di guerra, soprattutto alla Germania Ovest; infatti con buoni motivi non venne avanzata la pretesa di una ulteriore riparazione onnicomprensiva. Spostamenti di confini e spostamenti di popolazioni ebbero luogo senza il consenso della Potenza sconfitta [la Germania].
I popoli devono riconciliarsi
Al posto di Trattati di pace arrivarono regolamentazioni provvisorie, che si inserirono in un nuovo ordine sovranazionale, il cui compendio poté reggersi in piedi perfino alla fine della Guerra fredda e alla riunificazione della Germania. Presupposto per una durevole calma collettiva era qualcosa di genere nuovo avvenuto, durante il confronto fra i due blocchi, all’ombra dell’ordine mondiale privo di contratti di pace, ovvero le riconciliazioni.
Infatti la riconciliazione fra i popoli avrebbe dovuto, nell’epoca della democrazia e dello Stato-nazione, sostituire lo strumento diplomatico del Trattato di pace. I popoli devono riconciliarsi fra loro, mentre i re avrebbero potuto soddisfarsi con i Trattati, meglio se sigillati da matrimoni.
E così già durante la Guerra fredda ebbero luogo riconciliazioni fra la Germania ed entrambi i suoi vicini che più di ogni altro avevano sofferto sotto l’occupazione tedesca, la Francia e la Polonia.
Ma come si riuscì in questo? Naturalmente mediante molte parziali regolamentazioni, soprattutto con la Francia, mediante collaborazioni giovanili, incontri fra governi, commercio, traffico, attraverso l’integrazione europea; nel caso della Polonia, con una politica particolare per l’Oriente e con la rinuncia alle vecchie pretese. Promesse di rinuncia alle aggressioni e quindi nel 1990 una definitiva sistemazione delle frontiere: non certo cose ovvie dopo il riposizionamento della Polonia nell’area occidentale.
Alla fine vi fu anche qui l’integrazione in un comune ordinamento internazionale, con l’Unione Europea e la NATO. Il servizio divino in comune e l’abbraccio di Adenauer e De Gaulle nel 1962 nella cattedrale di Reims, che avrebbero quasi abbattuto i tedeschi del 1914, il cordoglio comune di Mitterrand e Kohler a Verdun hanno creato immagini forti, che hanno fatto effetto su entrambe le parti. Che poi furono superati dalla genuflessione di Willy Brandt a Varsavia.
La capacità di simili gesti e immagini di produrre effetti ha dimostrato che in questo campo non sono stati attivi solamente politici delegati a ciò, ma veri e propri uomini di Stato, che avevano l’autorevolezza personale per poter agire in rappresentanza delle loro società civili. De Gaulle, Adenauer, Brandt – essi intervennero sotto la spinta delle loro opinioni pubbliche nazionali, dei loro mezzi di comunicazione e dei canali televisivi, in sostituzione degli antichi re, che facevano sottoscrivere i trattati ai loro ministri.
La storia contemporanea ha visto anche in seguito simili momenti: Camp David con Rabin e Arafat fu un tentativo di smorzare in questo modo il conflitto israelo-palestinese. Perfino il viaggio di Nixon in Cina nel 1972, non per niente diventato soggetto da operetta, come evento mediatico appartiene a questa categoria.
Dalle esperienze europee con guerre e odio fra i popoli, con pace e riconciliazione, è possibile imparare qualcosa circa il conflitto israelo-palestinese, che una volta Henry Kissinger ha definito freddamente come “insolubile”? Se i popoli che si azzannano a vicenda non vogliono rinunciarvi, allora devono riconciliarsi.
Esperti di sicurezza internazionale ritengono con distacco che le regolamentazioni oggettive per un proficuo confronto reciproco esistano da tempo, ma questo non significa già che soltanto per questo motivo esso debba essere voluto. Alla fine un ordinamento regionale dovrebbe inquadrare il conflitto, ma potrebbe rivelarsi un’illusione.
Nessuna soddisfazione senza sentimenti comuni
Certamente la via verso la pace della Germania con i suoi vicini è passata anche attraverso la internazionalizzazione delle relazioni fra i singoli Stati. Anche la sorveglianza comune franco-germanica sull’industria pesante della Ruhr e della Saar ha rappresentato una significativa garanzia a partire dalla fine degli anni ’40; una regolamentazione comune sull’acqua potrebbe significare qualcosa di simile fra Israele e i Palestinesi.
Ma senza alcun sentimento, senza gesti, senza cordoglio comune, riconoscimento delle sofferenze degli altri, senza una trattativa credibile dei suoi rappresentanti questo non può avvenire.
È amareggiante che eccetto un paio di coraggiosi intellettuali, ed eccellenti giornalisti soprattutto in Israele, al momento non è in vista alcuna personalità all’altezza di questa dimensione del capirsi reciproco. Questo è temibile in un tale conflitto che produce ogni giorno nuovi traumi.



Lunedì 01 Settembre,2014 Ore: 16:42
 
 
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