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www.ildialogo.org Pensare le disuguaglianze Regimi di disuguaglianza e d’ingiustizia sociale,di François Dubet

Dalla Rivista online Sociologies
Parte Seconda

Pensare le disuguaglianze Regimi di disuguaglianza e d’ingiustizia sociale

di François Dubet

(traduzione dal francese di José F. Padova)


Il regime delle disuguaglianze multiple
19. Il regresso delle visioni e delle analisi in termini di classe, variabile secondo i Paesi, non significa la scomparsa delle disuguaglianze e della consapevolezza di esse. Al contrario, si può perfino pensare che le disuguaglianze si sono diversificate e moltiplicate e che noi ne abbiamo una consapevolezza tanto più profonda quanto più la coscienza democratica della nostra fondamentale uguaglianza sembra sempre essere la «provvidenza» della quale parlava Alexis de Tocqueville. Per contro, oggi ci troviamo in società nelle quali nessun regime di disuguaglianza s’impone come se fosse in grado di strutturare l’insieme del «funzionamento» della vita sociale. Per dirlo con altre parole, è difficile affermare che le disuguaglianze formano un sistema. Al più potremmo dire a noi stessi che si tratta di un sistema ipercomplesso, nel quale s’incrociano molteplici regimi di disuguaglianze parziali. In fondo si tratta di un’estensione dell’ipotesi weberiana della distanza relativa fra le diverse dimensioni della stratificazione o delle classi.
20. le disuguaglianze sociali sono disperse su una molteplicità di registri e di gruppi, registri che, al di fuori dei due estremi della stratificazione sociale, non si sovrappongono. Mentre si ritiene che la posizione di casta o di classe sussuma la totalità delle disuguaglianze, ognuno è tentato di considerare se stesso come «intersettoriale», come definito dall’incrociarsi multiplo e talvolta aleatorio di molte disuguaglianze. Più i regimi di disuguaglianze si moltiplicano, più le disuguaglianze s’individualizzano e senza dubbio è per questa ragione che tali disuguaglianze sono vissute come perfettamente intollerabili, quando invece sono obiettivamente più lievi delle disuguaglianze di casta o di classe.
21. Si è disuguale «in quanto»: ricco/povero, salariato/proprietario, stabile/precario, uomo/donna, giovane/vecchio, magro/grasso, maggiorenne/minorenne, bianco/non bianco, del centro/di periferia … Proprio a motivo di questa dispersione la sociologia delle disuguaglianze può diventare un baratro senza fine, pur avendo più o meno rinunciato a custodire le chiavi di una struttura sociale suscettibile di aprire le analisi generali della società. Conviene quindi tentare di porre alle disuguaglianze sociali altre domande, affinché la sociologia delle disuguaglianze partecipi a una sociologia generale.
Produzione e riproduzione delle disuguaglianze: il caso della scuola
22. Il cambiamento di regime delle disuguaglianze induce a una trasformazione del modo di produzione e della relativa analisi delle disuguaglianze. Se le disuguaglianze non formano una struttura stabile da cui derivano meccanicamente i componenti della cultura, dell’azione individuale e collettiva e del funzionamento delle istituzioni … occorre domandarsi come si producono disuguaglianze che sono più la conseguenza delle azioni e interazioni che non un effetto delle strutture e dei postulati anti-egualitaristi. Le disuguaglianze scolastiche sono un buon terreno per mettere alla prova questi interrogativi, poiché la maggior parte delle società contemporanee democratiche e ricche vogliono che la scuola contribuisca a ridurre le disuguaglianze o a produrre disuguaglianze più giuste.
23. Nei sistemi di caste il principio di produzione delle disuguaglianze scolastiche è estremamente semplice. L’educazione scolastica è un bene relativamente raro affidato ai praticanti che ne assicurano il contenuto religioso e l’opposizione fra istruiti e ignoranti è intesa come un’opposizione elementare. Qualche ragazzo di bassa casta può accedere alla formazione e alle prove di entrata nel mondo dei sapienti. Ma queste avventure si assimilano più a imprese eroiche o ad avventure picaresche – il declassamento paradossale di quelli che «salgono» - che a «effetti di struttura».
24. Nel sistema di classi, associato al postulato dell’uguaglianza fondamentale di tutti e, il più delle volte, alla formazione di Stati-nazione moderni e di regimi democratici, l’educazione scolastica cessa di essere un bene raro. Non soltanto essa è aperta a tutti, ma è generalmente ritenuta come un imperativo pubblico, perché è lì che si forgia la nazione, l’uguaglianza democratica e l’idea di progresso. Dall’epoca dei Lumi fino alla metà del ventesimo secolo l’educazione scolastica è ritenuta essere la base della modernità e forma di salvezza individuale e collettiva.
25. Allora è facile descrivere la scuola come l’incontro di un’aspirazione democratica con una struttura di classe disugualitaria e con un progetto di controllo sociale che impone a tutti l’ideologia dello Stato e delle classi dirigenti. La maggior parte dei Paesi vede opporsi la scuola della borghesia a quella del popolo, perché le disuguaglianze sociali determinano la forma stessa dell’organizzazione scolastica. Le disuguaglianze scolastiche non sono influenzate soltanto da disuguaglianze di classe, ma sono direttamente determinate dalla struttura delle classi di disuguaglianze: scuole degli operai / scuole della grande cultura … In questo contesto si pensa che le disuguaglianze economiche determinino le disuguaglianze scolastiche e che le disuguaglianze economiche poggino spesso sulla disuguaglianza naturale dei talenti e dei doni.
25. Dagli anni’50 del secolo scorso i grandi Paesi democratici moderni hanno progressivamente tolto gli ostacoli economici e strutturali che sono la causa della disuguaglianza scolastica: gli studi secondari sono diventati gratuiti, l’insegnamento superiore ha allargato la base del suo reclutamento, sistemi d’aiuti e di borse di studio sono stati offerti agli allievi meno favoriti. Tuttavia questo sforzo di massificazione democratica non ha sensibilmente ridotto le disuguaglianze scolastiche e si può considerare che la sociologia dell’educazione moderna sia nata da questa constatazione: le disuguaglianze di classe si riproducono nella scuola anche quando questa sviluppa le politiche che dovrebbero abolirle progressivamente. Allo stesso tempo Basil Bernstein (1975) in Gran Bretagna, Pierre Bourdieu (Bourdieu & Passeron, 1970) in Francia e James Coleman negli Stati Uniti esprimono la medesima constatazione: la scuola riproduce le disuguaglianze di classe anche se gli ostacoli organizzativi ed economici vengono progressivamente ridotti. In altre parole, la logica di classe delle disuguaglianze scolastiche si mantiene, con meccanismi culturali che sembrano essere molto più pesanti e resistenti dei soli meccanismi economici. Il regime delle disuguaglianze di classe determina le disuguaglianze scolastiche; le disuguaglianze scolastiche sono disuguaglianze sociali trasportate nella scuola.
27. Sono note le tre grandi spiegazioni che allora predominano:
  • Vi sarebbe una continuità della struttura linguistica fra le classi sociali favorite e la scuola; per Basil Bernstein il codice scolastico elaborato prolunga quello dei gruppi culturalmente favoriti;
  • In modo assai simile, Pierre Bourdieu spiega la riproduzione con il gioco dei capitali culturali e la «complicità» dell’habitus scolastico e di quello borghese;
  • Per James Coleman e poi per Christopher Jencks non soltanto le classi favorite hanno maggiore famigliarità con i codici scolastici, ma hanno anche più interesse a investire nell’educazione, per rendere sicura la loro riproduzione e la loro mobilità sociale.
28. Nei tre casi qui riferiti si ragiona sulle medie piuttosto che sulle distribuzioni e benché Basil Bernstein e Pierre Bourdieu siano più «marxisti» di James Coleman, sono le disuguaglianze sociali di classe che spiegano le disuguaglianze scolastiche. La scuola è intesa come una specie di scatola nera che registra le disuguaglianze sociali senza svolgere un ruolo specifico. Si deve osservare che questi concetti, soprattutto i primi due, sono stati estremamente popolari presso gli insegnanti, anche se tali opinioni facevano della scuola una sorta di «apparato ideologico» di Stato o capitalista. Eppure, affermando ciò, questi concetti «decolpevolizzano» la scuola e gli insegnanti, perché la causa del male – delle disuguaglianze – non stava né nella scuola né nel lavoro dei maestri, poiché la scuola si trovava tutta intera nella società di classi.
Con il regime delle disuguaglianze multiple i paradigmi sono quelli della produzione continua
29. Per gradi la sociologia dell’educazione si integrerà con due osservazioni essenziali ampiamente ignorate nel regime delle classi sociali.
30. Quella dei divari d’ampiezza fra le disuguaglianze sociali e le disuguaglianze scolastiche. Se vale sempre la «legge» della riproduzione – i ragazzi delle classi [sociali] superiori riescono sempre meglio, in media, rispetto a quelli delle classi sfavorite - l’ampiezza di questa legge varia sensibilmente da una società all’altra. Detto in altri termini, alcuni sistemi scolastici attenuano l’effetto delle disuguaglianze sociali sulle disuguaglianze scolastiche, mentre altri le accentuano. Questa constatazione non è priva di effetto sulle politiche scolastiche e pone alla sociologia un problema nuovo: quello dei divari [o divergenze] d’ampiezza.
Disuguaglianze scolastiche e disuguaglianze sociali
Inégalités scolaires = disuguaglianze scolastiche
Inégalités de revenu = disuguaglianze dei redditi
31. La seconda constatazione riguarda più le distribuzioni che non le medie. Il fatto che i privilegiati riescano in media meglio a scuola non significa che riescano tutti, ciò che vale anche per i meno favoriti. Osservando più da vicino, la spiegazione mediante le classi sociali diviene molto approssimativa, senza dimenticare poi la riuscita migliore delle ragazze e tutto quello che costituisce eccezione alla regola.
32. Siamo quindi portati a spiegare le disuguaglianze scolastiche come una produzione scolastica che parte da disuguaglianze sociali o da altre disuguaglianze iniziali. Si formano ragionamenti aggreganti relativi a diversi effetti che si innestano su disuguaglianze iniziali di classe, ma non soltanto di classe.
33. Benché i sociologi (in particolare i francesi) non amino troppo questo tema, occorre pur costatare che esistono grandi variazioni individuali: tutte le sorelle e tutti i fratelli allevati allo stesso modo non hanno esattamente la medesima riuscita. Per dare un esempio approssimativo e francese: se «tutti» gli allievi delle classi preparatorie alle Grandi Scuole sono figli d’insegnanti e di professionisti, non tutti i figli d’insegnanti e di professionisti si ritrovano nelle classi preparatorie. Quindi è necessario ipotizzare una sociologia delle disuguaglianze a livello delle singolarità individuali.
34. Mentre il regime delle disuguaglianze di classe presuppone una continuità armoniosa degli habitus [caratteri] che si basano sulla figura dell’erede, si costata che, nella scuola di massa, aumentando sensibilmente la concorrenza scolastica, l’habitus non basta per fare la differenza. Le famiglie si mobilitano per assicurare il successo scolastico dei loro figli nell’ambito di un mercato scolastico pubblico e privato: scelta degli istituti [scuole] e delle filiere, sviluppo del sostegno scolastico, organizzazione del tempo libero e dei modi educativi intesi come efficaci. Il successo scolastico è condizionato dalla mobilitazione dei protagonisti, dal loro livello d’informazione, dalle loro differenti risorse. In definitiva, il passaggio dalla scuola di classe alla scuola democratica di massa ha aumentato le pratiche concorrenziali e le disuguaglianze sono prodotte e ambite dai protagonisti stessi molto più di quanto non siano la conseguenza «normale», e vissuta come tale, delle sole disuguaglianze sociali.
35. Le disuguaglianze scolastiche non dipendono soltanto dalla domanda, ma procedono anche dall’offerta scolastica e proprio da quella più raffinata. Gli effetti d’interazione e di stigmate legati all’atteggiamento degli insegnanti svolgono un ruolo importante, come lo ha dimostrato la «nuova sociologia inglese dell’educazione» d’ispirazione interazionista [ndt.: v. http://sociologies.revues.org/3028, tecnica di valutazione dell’apprendimento]. Le interazioni a scuola, le aspettative e gli atteggiamenti degli insegnanti, le decisioni sull’orientamento sono sovente e regolarmente sfavorevoli per gli sfavoriti, in particolare per i ragazzi provenienti dalle categorie [sociali] più popolari. Nello stesso ordine d’idee, gli studi dimostrano che esiste un «effetto insegnante»: fermo restando tutto il resto, la qualità degli insegnanti svolge un ruolo decisivo nel successo degli alunni e nella qualità generale dei sistemi educativi.
36. Gli effetti di parità e gli effetti di School Mix [ndt.: classi miste] contribuiscono a produrre le disuguaglianze scolastiche. I modi di distribuzione degli allievi nelle classi e nelle scuole possono limitare o accentuare gli effetti delle disuguaglianze scolastiche. Mettere insieme gli allievi più deboli accentua la loro debolezza; in maniera generale, la formazione di classi con livello omogeneo accresce le disuguaglianze.
37. Gli effetti derivanti dalla diversità degli istituti scolastici sono del medesimo ordine. Anche nei Paesi più universalisti e più repubblicani, come la Francia, l’offerta scolastica è lungi dall’essere omogenea. Poiché le disuguaglianze territoriali si trasformano in disuguaglianze scolastiche, poiché le scuole dei quartieri privilegiati sono generalmente di qualità migliore – insegnanti più sperimentati, equipe pedagogiche più stabili – gli allievi più favoriti si vedono offrire una formazione di qualità migliore, ciò che accresce sensibilmente le differenze iniziali.
38. La ricerca dimostra che esistono effetti di struttura: più i sistemi scolastici mantengono a lungo insieme gli allievi, senza selezionarli, più il livello medio degli alunni è elevato e più sono deboli le disuguaglianze scolastiche. Così i Paesi che hanno scelto la scuola media non selettiva e che individualizzano le pedagogie sono scolasticamente meno disugualitari di quelli che selezionano precocemente o che, proponendo «l’eccellenza per tutti», lasciano numerosi alunni ai margini della strada.
39. Infine esistono effetti-ascendente sulle conseguenze scolastiche dell’utilità dei diplomi. Più le società pensano che i sistemi scolastici debbano avere il monopolio della formazione e della definizione del merito degli individui, più i diplomi svolgono un ruolo decisivo nell’accesso al lavoro e sul livello di reddito. Ma più questo influsso è forte, più la concorrenza scolastica è intensa e maggiori sono le disuguaglianze scolastiche. Ultima tappa: più le disuguaglianze scolastiche sono elevate, più l’origine sociale dei ragazzi esercita un ruolo importante e più le disuguaglianze si riproducono da una generazione all’altra.
40. Potremmo moltiplicare all’infinito queste analisi che dimostrano come le disuguaglianze scolastiche sono prodotte da una combinazione di meccanismi parziali, nessuno dei quali è decisivo singolarmente. Questo tipo di analisi mediante aggregazione vale indubbiamente per molte più disuguaglianze di quelle scolastiche, che si tratti di disuguaglianze fra i sessi o nel campo della sanità. Le grandi disuguaglianze appaiono allora meno come effetti di strutture che come effetti di composizione e di aggregazione di piccole disuguaglianze multiple. Questo tipo di ragionamento s’impone oggi nei regimi di disuguaglianze multiple, per un insieme di ragioni che dipendono da una sociologia della sociologia.
41. Metodologicamente la moltiplicazione di data base internazionali, d’indagini comparative su gruppi nel tempo, di tecniche statistiche elaborate, dell’econometria e, più in generale, del benchmarking, fa sì che sia molto facile realizzare questo tipo di ricerche.
42. Questo concetto delle disuguaglianze molto spesso è associato a progetti riformisti e all’ingegneria sociale sostenuta dai grandi organismi internazionali, come l’OCSE, la Banca mondiale, dai think tank e dalle ONG. Se accadono disuguaglianze, è sempre ipotizzabile agire su qualche meccanismo e la sociologia trascura le grandi posizioni critiche a favore di un pilotaggio guidato dalla scienza, del quale d’altra parte diffidano gli insegnanti, i medici, gli assistenti sociali e i militanti, i quali possono sentirsi messi in causa come responsabili, nel corso della loro attività, di una parte delle disuguaglianze.
43. Mentre il regime delle disuguaglianze di classe mira implicitamente a ridurre le disuguaglianze fra le posizioni sociali, quello delle disuguaglianze multiple è guidato, senza tropo saperlo esplicitamente, dal modello dell’eguaglianza delle chance: come a scuola, ognuno dovrebbe avere le medesime chance di riuscita (di raggiungere tutte le posizioni sociali), indipendentemente dalle disuguaglianze di nascita. Va da sé che questo concetto di giustizia sociale si accorda particolarmente bene con le società dominate dall’individualismo e, conseguentemente, con la moltiplicazione dei regimi di disuguaglianze cristallizzati in ogni individuo.
Potremmo chiederci se ciò che abbiamo guadagnato in virtuosità metodologica non sia stato perso in termini di coerenza teorica e di capacità nel cogliere le disuguaglianze come un sistema. In una certa misura potrebbe perfino esserci un rischio di dissoluzione del sociale stesso, di là da una moltitudine di meccanismi parziali. Conviene quindi porsi di nuovo il problema delle disuguaglianze sociali, rivolgendosi all’esperienza delle disuguaglianze.
Disuguaglianze giuste e ingiuste
44. Per un sociologo le sole disuguaglianze che contano veramente sono quelle che gli individui percepiscono come ingiuste, perché richiamano l’azione, i movimenti sociali, le politiche pubbliche, le sofferenze … Ricordiamo d’altro canto che un gran numero di disuguaglianze sono percepite come giuste, anche dai più critici di noi.
45. Ora, c’è distacco fra le disuguaglianze obiettive, misurate, e quelle percepite come ingiuste. Le disuguaglianze ingiuste rimandano necessariamente a principi e a sentimenti di giustizia, che possono variare da una società all’altra e anche all’interno di società vicine.
Fra i Paesi
46. Quando si ragiona a livello di collettività mantenendo uno score medio per ogni Paese, non vi è correlazione fra le disuguaglianze obiettive, misurate in genere mediante l’indice di Gini, e la percezione delle disuguaglianze. Questo è evidente quando si paragonano società di caste estremamente disuguali, accettando largamente la legittimità di simili disuguaglianze, con società democratiche ugualitarie. Tuttavia, fatto questo ben più importante, il rapporto fra i giudizi sociali e le disuguaglianze obiettive varia considerevolmente all’interno delle stesse società democratiche, ricche e largamente paragonabili.
Disuguaglianze troppo grandi e disuguaglianze di redditi
47. Il rapporto fra disuguaglianze reali e disuguaglianze percepite come troppo grandi vale per circa la metà dei Paesi presi a campione. Ma un’altra metà dei Paesi ha un legame paradossale con le disuguaglianze. In basso a destra del prospetto, Paesi con disuguaglianze interne pensano che le disuguaglianze sociali siano tollerabili; in alto a sinistra, altri Paesi, relativamente ugualitari, pensano che le disuguaglianze sociali sono insopportabili. La tipologia delle forme di legame sociale e di Stato-welfare proposta da Gøsta Esping Andersen può spiegare come culture e tradizioni politiche inquadrino la percezione delle disuguaglianze. Vi sarebbero quindi figure di contratto sociale che determinano la percezione e la legittimità delle disuguaglianze sociali. Nel modello liberale, per esempio, del quale gli Stati Uniti sarebbero la perla immacolata, le disuguaglianze sociali sono accettabili, perché vi si è convinti che gli individui sono largamente responsabili del loro destino e che la mobilità sociale sia forte. D’altronde, più si crede, nella media, che il merito è ricompensato, più le disuguaglianze sociali sembrano inaccettabili. Il caso opposto è quello dei Paesi corporativisti, dei quali la Francia fa parte, che pensano che la società buona debba assicurare le posizioni sociali piuttosto che accrescere la mobilità. In questo caso, poiché è minore la speranza di cambiare la propria posizione sociale, le disuguaglianze sociali sembrano intollerabili.
48. È necessario rilevare che in questo caso siamo nel mondo delle rappresentazioni, dei valori e delle tradizioni politiche e morali, poiché la percezione della mobilità sociale, non più di quella delle disuguaglianze, non è che il «riflesso» della mobilità reale. La Francia ha un poco più di mobilità sociale degli Stati Uniti, ma non ci crede, all’opposto dell’America del Nord, la cui storia sociale è stata tutta costruita sul sogno della mobilità.
49. Si deve anche ricordare che le teorie della mobilità collettiva indicano come i sentimenti di frustrazione relativa (il divario fra le attese e le risorse) svolgano un ruolo ben più decisivo nella formazione di movimenti, rivolte e rivoluzioni, di quello proprio della situazione obiettiva degli individui. Quindi è necessario chiedersi quali disuguaglianze sociali sono viste e quali no, e quali disuguaglianze sociali sono percepite come ingiuste o come giuste.
A livello degli individui
50. Il divario fra la percezione media delle disuguaglianze secondo i Paesi potrebbe essere considerato come un artefatto di metodo, perché questa media potrebbe essere una pura costruzione statistica che annulla i grandissimi distacchi di percezione fra gli individui. Occorre quindi analizzare la percezione delle disuguaglianze a livello degli individui (Forsé & Galland, 2011).
51. La società francese, benché faccia parte del gruppo delle società meno disugualitarie, è percepita dai francesi come profondamente disugualitaria. Le disuguaglianze di reddito sembrano più importanti di quelle di patrimonio, che però sono obiettivamente più grandi. Il sentimento di vivere in una società molto disuguale non dipende solamente dalla situazione professionale ed economica degli individui. Le donne sono più sensibili alle disuguaglianze sanitarie e generazionali piuttosto che a quelle soltanto di reddito. La sensibilità per le disuguaglianze legate alla disoccupazione è più forte nei cinquantenni, quando la perdita del lavoro rischia di essere definitiva, proprio quando i loro redditi sono relativamente elevati. Benché le disuguaglianze sociali siano giustamente assai temute, i percettori di redditi alti hanno tendenza a sovrastimare i bassi redditi, mentre i percettori di redditi bassi tendono a sottostimare i redditi molto alti. Quindi tutta una serie di fattori riguarda la percezione delle disuguaglianze e ognuno può considerarle a modo suo. Tuttavia tutti questi influssi s’incrociano, si annullano o si combattono e, in fin dei conti, la percezione delle disuguaglianze è tanto un effetto dei valori, delle convinzioni e dei concetti della vita sociale quanto è una conseguenza diretta delle disuguaglianze subite dagli individui. Così la variabile più decisiva in materia di percezione delle disuguaglianze sociali è l’orientamento politico degli individui, che da solo spiega il 45% della varianza. Si vedono le disuguaglianze a partire dalla propria situazione ma ancor più in funzione dei concetti di giustizia sociale che albergano nelle teste.
52. Sembra che la percezione relativamente realistica e sfumata delle disuguaglianze sociali derivi da un doppio movimento. Il primo procede da un’aggregazione delle dimensioni delle disuguaglianze a livello delle persone. Quando si domanda agli individui se pensano di essere favoriti o sfavoriti, essi prendono in considerazione la totalità delle dimensioni delle disuguaglianze: i redditi, la sicurezza del lavoro, la sanità, l’educazione, le potenziali discriminazioni … Questa combinazione produce giudizi piuttosto sfumati, un’auto-affiliazione largamente diffusa nelle classi medie e una tendenza a classificarsi nelle categorie modeste, manifestando così una preferenza per l’uguaglianza: 60% di coloro che guadagnano più del salario medio pensano di essere nella parte inferiore della classe media. Questa preferenza per l’uguaglianza si manifesta anche quando si chiede agli individui quali salari sembrano loro essere giusti; le loro scelte porterebbero a ridurre le disuguaglianze sociali, perché propongono di aumentare i salari più deboli e di diminuire i redditi più elevati.
53. Quest’adesione all’uguaglianza è unita a una forte inquietudine collettiva. Come l’hanno già dimostrato numerosi sondaggi, i francesi hanno la sensazione che la loro situazione personale sia accettabile, ma che spesso si degradi e che sia fragile a causa delle crisi economiche, dei rischi di declassamento, dell’accentuarsi delle disuguaglianze scolastiche e di diversi timori sociali, che fanno sì che l’86% di essi temano di diventare poveri. Le disuguaglianze percepite come più scandalose sono quelle che attentano all’uguaglianza fondamentale degli individui: le disuguaglianze nella scuola, nelle cure mediche, fra uomini e donne, nei controlli [polizieschi] dell’identità basati sul colore delle facce, denunciati dal 70% degli interrogati [nei sondaggi]
 



Martedì 11 Marzo,2014 Ore: 22:01
 
 
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