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www.ildialogo.org Competitività : la confessione della signora Christine Lagarde,(traduzione dal francese di José F. Padova)

Le Monde Diplomatique – Carnet – martedì 9 ottobre 2012
Competitività : la confessione della signora Christine Lagarde

(traduzione dal francese di José F. Padova)

Il prezzo della "competitività" secondo Christine Lagarde, grande capo del Fondo Monetario Internazionale. Ovvero, la dottrina Monti sublimata. (J.F.Padova)

monde-diplomatique.fr

È difficile tradurre in maniera più brutale il termine «competitività» con il quale, da mesi, si fanno i gargarismi ministri, responsabili dell’opposizione, capi d’impresa e grandi media. Alla fine di un’intervista realizzata a Washington e pubblicata giovedì 4 ottobre da Le Figaro, la signora Christine Lagarde, direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), si è vista porre la seguente domanda: «Il FMI a livello della zona euro tenta di fare abbassare i prezzi per compensare il fatto che questo [l’euro] non può svalutare. È qualcosa di realizzabile?».

In un linguaggio più diretto il giornalista del Figaro, Pierre-Yves Dugua, suggerisce questo: dal momento che la parità dell’euro non dipende più per nulla da una decisione dei governanti europei (come era il caso quando la moneta di un Paese in situazione di deficit commerciale poteva essere svalutata e un’altra, di un Paese in situazione di eccedenza commerciale, rivalutata), la «competitività» europea non può più essere ristabilita tramite il tasso di cambio. Di conseguenza, gli Stati alla ricerca di «competitività» devono provocare la diminuzione dei prezzi delle loro esportazioni mediante un mezzo non monetario. E, per esempio, effettuarla comprimendo i costi della loro produzione (salari, profitti, margine dei distributori, ecc.). «Questo è realizzabile?», domandava quindi assai giustamente il giornalista del Figaro.

La risposta della signora Lagarde costituisce una vera e propria lezione di liberismo puro e duro. Sì, spiega in sostanza la direttrice generale del FMI, ma occorre diminuire i salari; d’altronde è quello che già fanno i greci, gli spagnoli e i portoghesi. Citiamo Lagarde: «Lo si spera, certamente [che sia realizzabile far diminuire i prezzi europei per ritrovare competitività]. Uno dei segni precursori del successo di questo metodo è la ripresa delle esportazioni. Facendo diminuire i prezzi dei fattori della produzione, in particolare il prezzo del fattore lavoro, si spera di rendere il Paese più competitivo e più interessante per gli investitori stranieri. Lo si vede già un poco in Portogallo, in Spagna, lo si comincia a vedere in Grecia (1)».

Riassumiamo: poiché l’euro è una moneta che non si svaluta, il rilancio delle esportazioni deve passare prima di tutto attraverso la riduzione dei costi. Questa deriverà principalmente dalla riduzione dei salari, non da quella dei profitti, la quale sarebbe senza dubbio «meno interessante per gli investitori stranieri». E l’esempio di questa strategia che il FMI raccomanda è già fornito dai Paesi dell’Europa meridionale. Quegli stessi in cui una parte della popolazione è immersa nella precarietà, perfino nella miseria, a causa delle politiche di austerità raccomandate dalla signora Lagarde.

Poco tempo fa, giustamente, il New York Times evocava la situazione della Grecia. Il quotidiano americano insisteva, quasi con sorpresa, sul carattere intrattabile del FMI, che sempre esige nuove riduzioni dei salari (e delle pensioni) da un governo di destra, certamente ben disposto nei confronti dell’istituzione finanziaria e della «troika» (Unione Europea, Banca Centrale Europea e FMI), ma un po’ stanco di tagliare con la scure nei salari, nei posti di lavoro e nei programmi sociali di un popolo già duramente provato.

«Molti greci parlano adesso di disordini civili quando arriverà il freddo e molta gente non potrà più pagare il riscaldamento», segnalava il New York Times. «I prezzi dell’energia, compresa la benzina, sono aumentati; ora i greci non potranno più attingere ai loro risparmi per assorbire questo genere di costi. D’altra parte ci si interroga sulla disponibilità della polizia a mantenere l’ordine, dal momento che anch’essa deve subire riduzioni dei salari. La settimana scorsa poliziotti che manifestavano davanti all’ufficio del Primo ministro hanno dovuto essere respinti da brigate anti-sommossa (2)».

Fino a quali estremi Lagarde e il FMI contano di arrivare nella direzione di una riduzione supplementare del «fattore lavoro» in Europa? Interpellata nel novembre 2007 da coloro che si lamentavano dell’elevato livello del prezzo della benzina, la signora Lagarde, nominata qualche mese prima ministro dell’Economia e delle finanze da Nicolas Sarkozy, aveva risposto che avrebbero fatto meglio a fare uso di una bicicletta piuttosto che utilizzare – come faceva lei – un’automobile. Ancora questa volta i consiglieri del FMI non pagheranno: mentre i greci, preoccupati di fare diminuire il costo del loro «fattore lavoro», diventeranno anch’essi ciclisti (o cominceranno una dieta dimagrante), la signora Direttrice generale continuerà, lei, a guadagnare 551.700 dollari all’anno (427.000 euro) – ovvero l’11% più del suo predecessore. Netti d’imposta, beninteso.

A questo prezzo, i pareri del FMI sono ancora «competitivi»?

(1) « Christine Lagarde : “Je ne crois pas à l’éclatement de la zone euro” [Non credo alla disgregazione della zona euro] », Le Figaro, 4 octobre 2012Siamo noi che lo mettiamo in evidenza.

(2) « I.M.F.’s Call for More Cuts Irks Greece », The New York Times, 24 settembre 2012. »




Giovedì 18 Ottobre,2012 Ore: 20:18
 
 
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