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www.ildialogo.org Il Papa in visita in un Oriente dove la presenza cristiana è ogni giorno più precaria,di Stéphanie Le Bars

Il Papa in visita in un Oriente dove la presenza cristiana è ogni giorno più precaria

di Stéphanie Le Bars

in “Le Monde” del 14 settembre 2012
(traduzione: www.finesettimana.org)


Benedetto XVI sarà in Libano dal 14 al 16 settembre, in un contesto segnato dalla crisi siriana e dalle sue conseguenze per i cristiani Alcuni religiosi vedono nel viaggio che Benedetto XVI si appresta ad effettuare in Libano, dal 14 al 16 settembre, il più rischioso dei viaggi del papa all’estero, tanto più con l’onda d’urto provocata dall’attentato a Bengasi nel quale è morto l’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, mercoledì 12 settembre. Il contesto per lo meno instabile che prevale in Medio Oriente e la vicinanza esplosiva della Siria sono stati presi in considerazione. Ma Benedetto XVI, domenica, dalla sua residenza a Castel Gandolfo, ha ripetuto il suo credo: “Il mio viaggio apostolico in Libano e, per estensione, nel Medio Oriente nel suo insieme, si colloca sotto il segno della pace”.

I suoi collaboratori, è vero, ripetono che questo viaggio è “pastorale ed ecclesiale” prima che politico, ma non è certo che il tono generale sfugga all’attualità immediata: la vita delle comunità cristiane in Oriente è in gran parte dipendente dai soprassalti vissuti dalla regione... Senza dubbio il papa ricorderà la posizione prudente ed attenta della Chiesa di fronte alle “difficoltà” derivate dalle “primavere arabe”.

All’origine di questo viaggio, c’è effettivamente il messaggio di incoraggiamento di un capo religioso al suo gregge angosciato. Il papa verrà ad esprimere nuovamente la preoccupazione del Vaticano di fronte all’“esodo mortale” dei cristiani da una regione che ha visto nascere il cristianesimo e che la Chiesa cattolica si rifiuta di considerare come un museo a cielo aperto. Ma dovrebbe anche incoraggiarli a mantenere la loro presenza sul posto, come protagonisti “di giustizia, di concordia e di pace”.

Benedetto XVI consegnerà, venerdì a Beirut, l’esortazione apostolica redatta in seguito al sinodo sul Medio Oriente che si era tenuto a Roma nell’ottobre 2010. Un “documento programmatico fondamentale per la vita e la missione della Chiesa cattolica in Medio Oriente e per il suo ruolo di promotrice del dialogo e della pace” ha dichiarato il portavoce del Vaticano, prima del viaggio.

I 165 vescovi riuniti due anni fa per iniziare quel lavoro di riflessione avevano parlato in termini allarmistici, e politici, sulla precarietà della situazione dei cristiani nella regione. Si preoccupavano per la partenza delle giovani generazioni, dovuta a ragioni economiche, religiose o di sicurezza, per il peso del conflitto israelo-palestinese, per l’atteggiamento delle potenze occidentali nella regione, ma soprattutto per le difficili relazioni delle comunità cristiane con i musulmani in generale e per la crescita dell’islamismo.

Da allora, gli sconvolgimenti in Egitto e in Siria hanno cambiato gli equilibri nei quali le comunità cristiane, minoritarie e talvolta protette dai poteri autoritari, avevano trovato il loro spazio. Tali evoluzioni provocano, in proporzioni difficili da valutare, nuove partenze. Secondo le autorità religiose locali, l’esodo prosegue, in particolare in Iraq, dove i cristiani sarebbero ormai solo tra i 400 000 e i 500 000, contro un milione e mezzo negli anni ’90. Migliaia di cristiani siriani, la cui comunità è una delle più importanti della regione, hanno trovato rifugio in Libano in questi ultimi mesi.

Il papa dovrebbe quindi “mettere il dito nella piaga della scomparsa della presenza cristiana nella regione”, spiega un responsabile maronita libanese. Dovrebbe anche essere direttamente informato della situazione dei cristiani della Siria. Alcuni responsabili religiosi siriani hanno fatto presente in Vaticano che, “nella regione di Homs, le chiese e i conventi sono stati sistematicamente distrutti, i cristiani cacciati, in modo da impedire il loro ritorno”. Altri, come il gesuita Paolo Dall’Oglio, espulso dalla Siria in primavera, ritiene che, malgrado la vicinanza di alcuni cristiani al regime di Bachar Al-Assad, “non ci sono persecuzioni particolari verso i cristiani”. “Sono vittime, come gli altri siriani.”

Il nuovo contesto rende difficile l’“attaccamento” dei cristiani “alla terra”, sostenuto dai vescovi nel 2010. Esortavano i fedeli a “non cedere alla tentazione di vendere le loro proprietà immobiliari” ai musulmani, e Benedetto XVI dovrebbe incoraggiarli di nuovo a restare e dovrebbe sostenere il ruolo di molte istituzioni cattoliche (scuole, ospedali), ancora attive nella maggior parte dei paesi della regione.

Il papa si troverà invece a deplorare ancora una volta le divisioni che minano le numerose Chiese cristiane separate da secoli, ma sempre presenti su territori talvolta ridotti. Anche questi antagonismi erano stati evidenziati dai vescovi che, riprendendo un leitmotiv antico, spingevano per un lavoro sull’“unità” e sull’ecumenismo. Cinquant’anni fa, in occasione del Concilio Vaticano II, la Chiesa riconosceva già che “la divisione dei cristiani è per il mondo oggetto di scandalo”.

Sul punto più spinoso delle relazioni con l’islam, potrà Benedetto XVI andare oltre gli appelli “al dialogo di vita fruttuoso con i musulmani”, “al rifiuto degli atteggiamenti di chiusura e di odio”, “alla messa in guardia contro tutte le forme di estremismo” predicati dalla Chiesa, nel momento in cui i movimenti islamisti, o fondamentalisti musulmani sono diventati i protagonisti politici centrali degli scenari medio-orientali, promotori di leggi civili formulate in base alla legge islamica? Certi cristiani lo auspicano.

“Il viaggio non può rivestire l’aspetto di un sostegno ad un ’campo cristiano’ di fronte ad un ’campo musulmano’, spiega Mons. Pascal Gollnisch, direttore generale dell’Opera d’Oriente, un’organizzazione cattolica che sostiene i cristiani d’Oriente da centocinquant’anni. Questa caricatura sarebbe solo la proiezione di paure occidentali”. La Chiesa insiste regolarmente perché queste società promuovano la cittadinanza e l’uguaglianza dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro religione, una forma di laicità, nonché la libertà religiosa e di coscienza.

Da questo punto di vista, il Libano, definito “paese messaggio” da Giovanni Paolo II durante la visita del 1997, dovrebbe ancora una volta essere citato come esempio, malgrado le divisioni in seno alle comunità cristiane e musulmane e ai limiti riconosciuti di un sistema politico fondato su fragili equilibri confessionali.

- Cristiani in Medio Oriente: da 15 a 20 milioni sparsi in 17 paesi

- I cristiani d’Oriente ai quali si rivolgerà Benedetto XVI sono sparsi in 17 paesi. Il loro numero, difficile da valutare in mancanza di un censimento preciso e recente, è compreso tra i 15 e i 20 milioni di persone. Rappresentano in questi paesi delle minoranze inferiori al 10% della popolazione. Fa eccezione il Libano, in cui costituiscono più di un terzo degli abitanti. Il paese ospita una dozzina di Chiese cristiane: i maroniti sono i più numerosi.
- I copti in Egitto sono la minoranza più importante numericamente, dai 5 ai 10 milioni di persone, a seconda delle fonti.
- I cristiani dell’Egitto, dell’Iraq, dei territori occupati palestinesi e, ormai, anche della Siria, sono quelle sottoposte a maggiori ondate di partenze.
- Fenomeno relativamente recente, 3,5 milioni di cristiani originari dell’Asia o dell’Africa vivono, secondo il Vaticano, in Medio Oriente, specialmente nei paesi del Golfo




Giovedì 13 Settembre,2012 Ore: 18:14
 
 
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