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www.ildialogo.org Svuotamento della democrazia e genocidio economico,di Franz Hinkelhammert, San José, Costa Rica

Svuotamento della democrazia e genocidio economico

Congiuntura economico-politica


di Franz Hinkelhammert, San José, Costa Rica

(traduzione dallo spagnolo di José F. Padova)


Il testo allegato uscirà in autunno sulla Agenda Latino-americana, un'iniziativa che da anni diffonde il pensiero di molti teologi, economisti, moralisti e altri specialisti non soltanto sulla situazione specifica del Continente già "cortile di casa" degli USA (e patria della Teologia della Liberazione), ma anche sulle vie, i rimedi, i destini di questo nostro mondo in bilico fra ultraliberismo, disuguaglianza sociale e molti altri malanni e un futuro che ancora non si è delineato. L'Autore è filosofo e teologo, con studi a Berlino e poi cattedra alla Università Cattolica del Cile, e insegna e vive a San José di Costarica. Il suo campo di eccellenza è la critica al capitalismo.
JFPadova

Svuotamento della democrazia e genocidio economico

Congiuntura economico-politica

Franz Hinkelhammert, San José, Costa Rica

(traduzione dallo spagnolo di José F. Padova)

Lo svuotamento della democrazia

Vi sono due elementi decisivi nell’attuale crisi. Da un lato, la strategia della globalizzazione è giunta a essere l’ostacolo decisivo per l’ottenimento di una risposta di fronte alle grandi minacce verso il nostro mondo: l’esclusione di parti sempre maggiori della popolazione mondiale, la dissoluzione interna delle relazioni sociali e la distruzione della natura, sempre più visibile. Dall’altro lato la totale subordinazione della politica all’automatismo del debito si è tramutata nel motore di questo processo distruttivo.

Sono i Paesi democratici, vale a dire quelli che con arroganza si presentano come modelli di democrazia, quelli che impongono questa politica al mondo intero. Questi Paesi finora hanno maggioranze interne sufficienti per condurre simile politica e dichiarano essere non democratici tutti i governi che non accettano incondizionatamente questa politica. Se vi si adeguano sono democratici, benché i loro presidenti si chiamino Pinochet o Mubarak. Sarebbero perlomeno democratici nella loro essenza, anche se non nell’apparenza. Questo criterio è quello delle democrazie-modello, soprattutto quelle degli Stati Uniti e dell’Europa. Con questo criterio democratizzano il mondo. Ma perché vi sono maggioranze che assecondano questa deficienza mentale? Brecht diceva: soltanto i vitelli più grossi e stupidi si scelgono da sé i loro macellai. Tuttavia si continua a sceglierseli.

Benché a volte no.

Si tratta di ciò che si chiama la sovranità popolare, che si pretende valga nelle democrazie-modello: «Tutto il potere sorge dal popolo». Tuttavia questa sovranità popolare ha un punto problematico. Attualmente consiste nel fatto che il popolo sovranamente dichiara essere sovrano il potere economico e, pertanto, il Capitale è il Sovrano. La cancelliera Merkel in Germania lo afferma: «La democrazia deve essere conforme al mercato». Lo si dice con un linguaggio molto specifico: si dice che il mercato è un essere autoregolato che non deve essere condizionato da alcuna volontà umana e tanto meno dalla volontà espressa nelle elezioni dal sovrano popolo. L’Unione Europea intende ciò come nocciolo centrale della sua costituzione.

Questa è precisamente l’affermazione secondo la quale il Capitale è il sovrano che deve essere confermato dalla sovranità popolare. Secondo i nostri apologeti della sovranità del Capitale la sovranità popolare cessa di essere democratica se non afferma questa sovranità del Capitale. Quindi la sovranità popolare che non afferma la sovranità del Capitale è antidemocratica, perfino totalitaria. Tuttavia Pinochet e Mubarak sono democratici per il fatto che impongono la volontà generale (volonté générale di Rousseau) benché non siano eletti [ndt: essendo dittatori]. Sono conformi al mercato, come dice Merkel.

Questo è lo svuotamento della democrazia, come ha avuto luogo nelle democrazie-modello. Il popolo rinuncia alla sua sovranità e la consegna al potere economico, che si presenta sotto forma di Capitale. I metodi per ottenere ciò sono molteplici. Desidero soltanto ricordarne due che hanno un carattere essenziale: la creazione dell’opinione pubblica nel senso di un’opinione pubblicata e l’ampia determinazione della politica nel finanziamento delle elezioni.

Attualmente il dominio sui mezzi di comunicazione è quasi totalmente in mano delle società di capitale, che sono le loro proprietarie. Questi media si basano sulla libertà della stampa, che è la libertà dei proprietari dei mezzi di comunicazione. Costoro si sovvenzionano finanziariamente mediante forme di pubblicità commerciale, pagate da altre società di capitale. Quanto più i mezzi di comunicazione implicano grandi capitali tanto più si trasformano in istanze di controllo dell’opinione pubblica e, pertanto, della libertà d’opinione. Per questi media non c’è altra libertà d’opinione se non quella particolare dei loro proprietari e delle loro fonti di finanziamento. Questo avallerebbe la libertà di stampa.

Il diritto umano non è la libertà di stampa bensì la libertà di opinione di tutti e quindi universale, tuttavia, facendo della libertà di stampa l’unico criterio per i diritti dell’opinione pubblica nei mezzi di comunicazione, la libertà di stampa stessa si è trasformata in uno strumento sommamente efficiente per il controllo della libertà universale di convincimento. Questo è limitato, benché soltanto fino a un certo livello, dai mezzi pubblici di comunicazione in quanto depositari di un’effettiva autonomia. Berlusconi, come proprietario della grande maggioranza dei media in Italia, poteva diffondere ai quattro venti la sua opinione senza quasi alcuna contestazione. Tuttavia uno dei canali televisivi che gli fece l’opposizione più dura era un canale della televisione pubblica RAI. Lì non poteva intervenire, poiché il canale aveva un’autonomia assicurata dalla legge. D’altro lato il presidente Reagan si garantì in buona parte il suo potere mediante la sua indiscriminata politica di privatizzazione dei mezzi di comunicazione, compreso un durissimo conflitto con l’UNESCO, al quale tolse il suo finanziamento. Così negli Stati Uniti si garantì un incontrastato dominio sul diritto dell’uomo di avere la libertà d’opinione.

Per i politici si tratta di un serio limite, perché hanno bisogno dei media per fare conoscere le loro posizioni politiche. Tuttavia la condizione per accedere ai media è riconoscere il potere economico e, pertanto, il capitale come sovrano di fatto.

Una situazione molto simile si verifica in quasi tutti i processi elettivi. Un componente importante e molte volte decisivo nelle elezioni è il potere economico, quale effettivo sovrano. È sempre lì, ma la sua presenza è invisibile. Questo grande “altro” è presente anche quando non lo si sa nemmeno. È presente nelle elezioni dei candidati, nei discorsi e nei media.

Con esso la politica assume una funzione nuova e molto importante. Per ottenere il risultato quasi sempre ci tiene a rappresentare questo grande “altro” di fronte agli elettori, che in apparenza rappresenta sempre. Deve fare questo in una forma mediante la quale i cittadini, apparentemente, decidono essi stessi di loro volontà che questo grande “altro” è il reale sovrano. Il politico di successo è quindi colui la cui rappresentazione del grande “altro” è vissuta dai cittadini come loro propria decisione.

Gli indignados spagnoli si resero conto di questo carattere della democrazia svuotata che li dominava e che toglie loro qualsiasi possibilità di partecipazione. Per questo pretesero «democrazia reale adesso!» di fronte a un sistema che si presenta come fosse la vera democrazia.

La sovranità popolare non smette per questo di essere qualcosa di reale ed effettivo. Il grande pericolo per questa democrazia di stampo “democrazia-modello” è che i cittadini prendano coscienza della sovranità popolare. La quale non è il risultato di una legge che la riconosca, ma molto al contrario la legge che la riconosce parte dal fatto che un popolo che sa di essere sovrano e che agisce di conseguenza è effettivamente sovrano, che vi sia la legge o no. Questa sovranità popolare è ciò che le nostre democrazie vogliono trasformare in sovranità del mercato e del Capitale…; ma con questo possono fallire e proprio questo temono quando cominciano le sollevazioni popolari democratiche.

Queste sollevazioni sono attualmente in corso e altre si annunciano. Ci rivoltammo in Argentina, nel 2001. Parallelamente a questo comparvero governi di sinistra, come in Venezuela, Bolivia ed Ecuador, che rifiutano di accettare la sovranità del mercato e del Capitale in luogo della sovranità popolare. Per questo, nell’opinione pubblica diffusa delle democrazie occidentali quei governi sono considerati come non democratici.

Tuttavia, con una forza molto particolare, nell’anno 2011 questi movimenti popolari fecero la loro apparizione nei Paesi arabi, soprattutto del Nord Africa, e promossero conseguentemente il movimento degli indignados in Spagna, nello stesso anno.

Nelle democrazie occidentali si è diffuso il segnale di allarme. Se vi si mostrava entusiasmo quasi sempre non era più che una semplice tiritera. Tuttavia si accettava che in alcuni Paesi arabi avvenisse la democratizzazione. In seguito si offrì loro appoggio, che però era il fare sempre la stessa cosa: fondare democrazie che impongano la sovranità del mercato e del Capitale in luogo della sovranità popolare. Si volevano «democrazie vere». Ciò appare essere più facile quando la ribellione dei movimenti popolari si orienta contro regimi dittatoriali, malgrado questi regimi dittatoriali abbiano antecedentemente sempre goduto dell’aiuto quasi incondizionato delle nostre democrazie-modello. Per questo, amici della libertà come Mubarak e Gheddafi, da un giorno all’altro, furono dichiarati mostri. Prima erano buoni, adesso risultano malvagi.

Dietro a tutto questo vi era soltanto la preoccupazione di creare anche in quei Paesi democrazie svuotate, come lo sono oggi le democrazie occidentali. Si tratta di democrazie come quelle che già si sono introdotte in Iraq e in Afghanistan. Ed è chiaro: i movimenti democratici ribelli non vogliono per nulla democrazie-modello come quelle create in Iraq e Afghanistan.

Avvennero poi le sollevazioni democratiche in Spagna e, conseguentemente, proprio all’interno di una di queste democrazie-modello occidentali. Anche questo movimento vuole democrazia. Dichiarano esplicitamente di affrontare una democrazia nella quale i politici seguono la politica del mercato e del capitale e se ne fanno i rappresentanti, considerandoli come poteri sovrani. Nel 2001 in Argentina questi ribelli gridarono: «Che se ne vadano tutti!».

Il nome che si diede in Spagna questo movimento e che prima ancora portarono alcuni movimenti arabi significa qualcosa. Si chiamano indignati. Significa che si sentono come esseri umani la cui dignità è stata calpestata. Il sistema stesso, dominante, si è trasformato in un sistema di negazione della dignità umana.

Questo movimento amplifica di volta in volta i suoi contenuti, mantenendo tuttavia la sua identità. Accadde ciò in Cile con le proteste contro la commercializzazione del sistema educativo e sanitario. La stessa cosa e allo stesso tempo avvenne negli Stati Uniti con il movimento Ocupy Wall Street e si sta propagando al mondo intero. Uno dei suoi motti era: Stop trading with our future. Mette un’altra volta al centro l’esigenza del riconoscimento della dignità umana.

Rappresentano i loro interessi, però da un punto di vista: quello della dignità umana. Questo si trova al fondo dei movimenti democratici arabi. Esseri umani protestano e si ribellano perché è violata la loro dignità umana. E vogliono un’altra democrazia, perché la violazione della loro dignità umana è un prodotto della logica precipua della democrazia svuotata. Queste democrazie occidentali possono soltanto ridersela, ascoltando le parole «dignità umana». Nulla di ciò esiste, questo è il nucleo di questa nostra democrazia svuotata. Il posto della dignità umana è stato occupato dalla considerazione dell’essere umano come capitale umano, perché si crede che ciò sia «realista». Eppure ci fa comprendere in che modo l’Occidente ha svuotato molto democraticamente la dignità umana e l’ha fatta scomparire. Si tratta della trasformazione dell’essere umano in capitale umano e della sua totale subordinazione al calcolo dell’utilità. Certamente «capitale umano» non ha dignità umana, è il massimo del nichilismo.

Per questo agisce la ribellione in nome della dignità umana. E non soltanto della dignità umana, ma anche di quella della natura. Gli esseri umani non sono capitale umano e la natura non è capitale naturale. La dignità esiste. Le democrazie occidentali lo hanno dimenticato molto tempo fa. Nondimeno occorre recuperare la dignità umana: un trattamento degno dell’essere umano, dell’altro essere umano, del proprio stesso essere e altrettanto della natura.

Gli indignati non parlano in nome degli interessi e dell’utilità per la loro realizzazione. Parlano in nome della propria dignità umana, al disopra della quale non vi può essere alcun calcolo di utilità. Sicuramente mangiare è utile. Salvo che non poter mangiare non è una diminuzione di utilità, ma una violazione della dignità umana. Nessun calcolo di utilità può modificare questa verità. Comunque la nostra società è tanto disumanizzata che questo orizzonte di dignità umana è quasi scomparso, col risultato che quasi tutti interpretano sé stessi o si fanno interpretare come capitale umano. Ciò che siamo tenuti a fare riguardo alla persona umana non lo indica il mercato. E il mercato dice ciò che dicono i banchieri. E i politici dicono ciò che prima di loro hanno detto i banchieri. Per questo, se il mercato lo indica come cosa utile, in qualsiasi momento può cominciare il genocidio. Il mercato si trasforma allora nelle «armi finanziarie di distruzione di massa» (Stiglitz), che oggi fanno il loro lavoro in Grecia e in Spagna.

Il potere economico lascia morire, il potere politico esegue. Entrambi uccidono, anche se con mezzi differenti. Per questo il potere politico deve giustificare l’uccidere, mentre il potere economico deve giustificare il perché lascia morire e perché non interviene nel genocidio dettato dal mercato. Qualunque sia la giustificazione, entrambi sono assassini. Nessuna di queste giustificazioni è più di una semplice ideologia di invasati.

L’assassinio per mezzo del lasciar morire

La denuncia dell’assassinio ordinato dal potere economico ha la sua storia. Nella Bibbia ebraica è denunciato formalmente: «Uccide il suo prossimo colui che gli sottrae il suo sostentamento, versa sangue colui che sottrae la paga al lavoratore a giornata» (Ecclesiastico, 34, 22). Bartolomé de las Casas decide di essere uno dei difensori degli indios d’America basandosi su questo testo, attraverso il quale perviene alla propria conversione. Si sta commettendo un genocidio contro gli indigeni e il religioso lo denuncia.

Alla fine dello stesso secolo, il XVI, Shakespeare si accolla questo tipo di denuncia e lo pone in bocca a Shylock, il personaggio del Mercante di Venezia: «Mi tolgono la vita se mi portano via le risorse delle quali vivo».

Questa problematica compare nuovamente nei secoli XVIII e XIX. Si comincia a discutere circa il Laissez faire, laissez passer [ndt.: teoria della non ingerenza dello Stato negli affari economici, v. fra gli altri Ludwig von Mises (1881-1973),  Human Action: A Treatise on Economics (Fox Wilkes, 1996)]. Malthus insiste specialmente sul laissez mourir invece del laissez faire.

In Adam Smith (La ricchezza delle nazioni, 1776) questo lasciare morire è adesso legge del mercato, ciò che non si trova in Malthus. Secondo Smith i mercati lasciano sempre morire coloro che nell’ambito delle leggi del mercato non hanno possibilità di vivere e così deve essere. Fa parte della legge del mercato. L’equilibrio della mano invisibile si realizza lasciando morire coloro che cadono in miseria. Se ci riferiamo alla citazione dell’Ecclesiastico ciò significa che l’equilibrio si ottiene mediante l’assassinio di coloro che sono in eccesso.

Per Malthus e Smith, chiaramente, la tesi dell’Ecclesiastico, secondo la quale si tratta di assassinio, non è accettabile. Tuttavia Marx insiste su questo e nel Tomo I del Capitale cita la tesi dell’Ecclesiastico. Sostiene anche che le affermazioni, ivi citate, di Malthus e Smith sfociano nell’assassinio. È interessante notare che Smith presenta questo lasciar morire come conseguenza di una legge del mercato. Pertanto vi è un legislatore che condanna alla morte: il mercato.

Vale a dire che, in questa forma di legge, tutto ciò resta valido oggi e lo viviamo precisamente adesso, con la condanna del popolo greco alla miseria, seguita da altre condanne e altre ancora seguiranno. Il potere economico emana la condanna alla morte per mezzo del mercato e la esegue. È la legge, la legge del mercato, che ordina queste condanne. Dà il permesso di uccidere e i titolari del potere economico mettono in esecuzione.

Questa legge del mercato ha due dimensioni. Una è quella dell’etica del mercato, della quale parla Max Weber. Hayek la sintetizza così: garanzia della proprietà privata e adempimento dei contratti. L’adempimento contrattuale implica il pagamento dei debiti. Questa del mercato è l’etica dell’adempimento cieco: non vi sono motivi per sottomettere le sue norme, che sono tutte formali, a un criterio di giudizio e di valutazione. Come dice Milton Friedman, valgono come fiducia nel mercato. È in vigore un rigorismo etico assoluto.

A lato di questa etica del mercato consistono leggi del mercato del tipo di lasciare morire gli esseri umani in sovrappiù, ovvero coloro che nel mercato non hanno idoneità. Leggi del mercato di questo tipo sono costantemente escogitate. Oggi si considera tutta la strategia della globalizzazione come legge del mercato, che deve essere adempiuta ciecamente. Questo vale specialmente per la sottomissione di tutte le relazioni sociali alla legge del mercato e per la privatizzazione, il più possibile, di tutte le istituzioni della società civile.

Entrambe le dimensioni delle leggi del mercato sono strettamente in relazione fra loro. L’una non esiste senza l’altra. Hanno in comune la loro distruttività di tutto ciò che conviene all’uomo, sia nei suoi rapporti con gli altri esseri umani, sia con l’intera natura. Conseguentemente si proclama questa distruzione, che ne risulta, come distruzione creativa, della quale parlava Schumpeter, usando l’espressione “distruzione creativa” di Bakunin, ovviamente senza citarlo. Non si può negare che questa distruzione esiste, ma la si rende tollerabile perché la si possa pretendere come creativa. Non pesa sopra la coscienza morale, tanto più in quanto tutta la distruttività è ciecamente definita creativa. Colui che non può pagare col denaro deve pagare col sangue. Questo è il principio-guida del Fondo Monetario Internazionale e delle banche.

Il caso più enorme di questi genocidi economici degli ultimi decenni si è verificato in Russia. Dice un autore, basandosi su un’analisi dei fatti pubblicata sulla rivista inglese The Lancet: «Constatando che la popolazione [russa] perdette approssimativamente cinque anni di speranza di vita fra il 1991 e il 1994, gli autori sostengono che un simile degrado delle condizioni vitali è la conseguenza diretta delle strategie economiche attivate per passare dal comunismo al capitalismo. Proprio quelle che, con altri, avevano suggerito i money doctor francesi».

Si erano causati milioni di morti. Però tutto quanto in buona coscienza. Coscienza tanto buona che i media non hanno quasi accennato a questo grande genocidio.

I genocidi che si annunciano col piano per la Grecia arrivano forse a risultati simili. E neppure essi troveranno spazio nella pubblica comunicazione.

La legge però risolve tutti i problemi di una plausibile cattiva coscienza in coloro che commettono il crimine. Stanno applicando una legge e pertanto non commettono alcun crimine. Proprio questo è avvenuto con la Grecia. Il Fondo Monetario, la BCE, il Consiglio Europeo e i governi di Merkel e Sarkozy sono stati dichiarati innocenti per il crimine che effettivamente commettono in nome di una legge che la stessa società borghese ha promosso. Si tratta del cuore di pietra che deve essere coltivato nei nostri organismi esecutivi perché siano capaci di fare ciò che fanno.



Giovedì 05 Luglio,2012 Ore: 15:41
 
 
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