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www.ildialogo.org Il debito o il furto del tempo,di Maurizio Lazzarato

Le Monde Diplomatique, febbraio 2012, pag. 28
Il debito o il furto del tempo

di Maurizio Lazzarato

(traduzione dal francese di José F. Padova)


Un'interpretazione particolare dell'essenza del prestito di denaro: furto del tempo, dice l'articolo di Le Monde Diplomatique. 
Aggiungo le pagine di "Furore" che, a modo loro, illustrano questo concetto.
JFPadova

Le Monde Diplomatique, febbraio 2012, pag. 28

Il debito o il furto del tempo

Maurizio Lazzarato, sociologo e filosofo. Questo testo è tratto dalla sua ultima opera, La Fabrique de l'homme endetté. Essai sur la condition néolibérale, Editions Amsterdam, Paris, 2011.

(traduzione dal francese di José F. Padova)

La successione delle crisi finanziarie ha portato a emergere una figura soggettiva che ormai occupa tutto lo spazio pubblico: quella dell’uomo indebitato. Il fenomeno del debito non si riduce alle sue manifestazioni economiche. Esso costituisce la chiave di volta dei rapporti sociali in regime neoliberista, poiché opera una duplice espropriazione: quella di un potere politico già debole, concesso dalla democrazia rappresentativa, e quella di una parte crescente della ricchezza che le lotte passate avevano strappato all’accumulazione capitalista; esproprio, soprattutto, dell’avvenire, vale a dire del tempo come portatore di scelte, di possibilità.

La relazione creditore-debitore intensifica in modo trasversale i meccanismi di sfruttamento e di dominio propri del capitalismo. Perché il debito non fa alcuna distinzione fra lavoratore e disoccupato, consumatore e produttore, attivi e inattivi, pensionati e beneficiari del reddito di solidarietà attiva. Esso impone un medesimo rapporto di potere a tutti: perfino le persone troppo impoverite per avere accesso al credito personale partecipano al pagamento degli interessi legati al debito pubblico. La società intera è indebitata, cosa che non impedisce, ma esacerba, le ineguaglianze – che è tempo siano definite «differenze di classe».

Come senza ambiguità lo svela l’attuale crisi, una delle sfide più grandi del neoliberismo è quella della proprietà: la relazione creditore-debitore esprime un rapporto di forze fra proprietari e non proprietari di titoli del capitale. Somme enormi sono trasferite dai debitori (la maggioranza della popolazione) ai creditori (banche, fondi pensione, imprese, economie famigliari più ricche): attraverso il meccanismo dell’accumulo degli interessi l’importo totale del debito dei Paesi in via di sviluppo è passato da 70 miliardi di dollari nel 1970 a 3.545 miliardi nel 2009. nel frattempo questi Paesi avevano pertanto rimborsato l’equivalente di centodieci volte ciò che essi dovevano inizialmente(1).

Il debito secerne d’altronde una morale che gli è peculiare, al tempo stesso differente da e complementare a quella del lavoro. La coppia fatica-ricompensa dell’ideologia del lavoro vede sé stessa superata dalla morale della promessa (quella di onorare il proprio debito) e della colpa (quella di averlo contratto). Come lo sottolinea il filosofo tedesco Friedrich Nietsche nella sua lingua, il concetto di Schuld (colpa) – concetto fondamentale della morale – rimanda al concetto molto materiale di Schulden (debiti) (2). La campagna della stampa tedesca contro i «parassiti greci» testimonia della violenza propria alla logica che l’economia del debito instilla. I media, gli uomini politici, gli economisti sembra non abbiano che un messaggio da trasmettere ad Atene: «Siete colpevoli»,. «siete responsabili». Insomma, i greci si abbronzano al sole mentre i protestanti tedeschi sgobbano per il bene dell’Europa e dell’umanità sotto un tetro cielo. Questa presentazione della realtà non diverge da quella che fa dei disoccupati gli assistiti o dello Stato assistenziale una «mamma» statale.

Il potere del debito si presenta come quello che non si esercita né con la repressione né con l’ideologia. «Libero», il debitore tuttavia non ha altre possibilità se non di inserire i sui atti, le sue scelte, nel quadro definito dal rimborso del debito che ha contratto. Non siete liberi se non nella misura in cui il vostro modo di vivere (consumi, impiego, spese sociali, imposte, ecc.) vi permette di fare fronte ai vostri impegni. Negli Stati Uniti, per esempio, l’80% degli studenti che terminano un master di diritto accumulano un debito medio di 77.000 dollari se hanno frequentato una scuola privata e di 50.000 dollari se si tratta di un’università pubblica. Uno studente testimoniava recentemente negli USA sul sito del movimento Occupy Wall Street: «Il mio prestito come studente si eleva a circa 75.000 dollari. Presto non potrò più pagare. Mio padre, che aveva accettato di garantire per me, sarà obbligato ad assumersi il mio debito. Presto sarà lui che non potrà più pagare. Ho rovinato la mia famiglia cercando di innalzarmi al disopra della mia classe [sociale] (3)».

Il meccanismo vale tanto per gli individui quanto per le popolazioni. Poco prima di morire, l’ex ministro delle Finanze irlandese Brian Lenihan dichiarava: «Dalla mia nomina, nel maggio 2008, in poi ho ricordato l’ultima definizione del potere fatta da Michel Foucault: “Azione che mantiene come «soggetto libero» colui sul quale essa si esercita (4)». Il potere del debito vi lascia libero, ma vi incita – molto perentoriamente! – ad agire con l’unico obiettivo di onorare i vostri debiti (anche se l’utilizzo che l’Europa e il FMI fanno del debito tende a indebolire i debitori attraverso l’imposizione di politiche economiche che favoriscono la recessione).

Ma la relazione creditore-debitore non riguarda unicamente la popolazione attuale. Poiché il suo riassorbimento non passa attraverso l’accrescimento della fiscalità sugli alti redditi e sulle imprese – vale a dire attraverso l’inversione del rapporto di forze fra classi che ha portato al suo apparire (5) –, le modalità della sua gestione coinvolgono le generazioni future. Portando i governati a promettere di onorare i loro debiti, il capitalismo mette le mani sull’avvenire. Così può prevedere, calcolare, misurare, stabilire equivalenze fra i comportamenti attuali e quelli a venire, in breve, gettare un ponte fra il presente e il futuro. In questo modo il sistema capitalistico riduce ciò che sarà a ciò che è, il futuro e le sue possibilità ai rapporti di potere attuali. La strana sensazione di vivere in una società senza tempo, senza possibile, senza rottura immaginabile – gli «indignati» denunciano altro? – trova nel debito una delle sue principali spiegazioni.

Il rapporto fra tempo e debito, prestito di denaro e appropriazione del tempo da parte di colui che presta è noto da secoli. Se nel Medioevo la distinzione fra usura e interesse non era ben stabilita – poiché la prima era considerata solamente come un eccesso del secondo (ah! La saggezza degli antichi!) –, al contrario si vedeva molto bene a che cosa portava il «furto» di colui che presta denaro e in che cosa consisteva la sua colpa: egli vendeva tempo, qualcosa che non gli apparteneva e il cui unico proprietario era Dio. Riassumendo la logica medievale, lo storico Jacques Le Goff domanda: «Che cosa vende [l’usuraio], in effetti, se non il tempo che scorre fra il momento in cui egli presta e quello in cui è rimborsato con interessi? Ora, il tempo non appartiene che a Dio. Ladro di tempo, l’usuraio è un ladro del patrimonio di Dio (6)». Per Karl Marx l’importanza storica del prestito a usura deriva dal fatto che, contrariamente alla ricchezza consumatrice, esso rappresenta un processo generatore assimilabile a (e precursore di) quello del capitale, vale a dire del denaro che genera denaro.

Un manoscritto del XIII secolo sintetizza questo ultimo punto e il tipo del tempo di cui chi presta denaro si appropria: «Gli usurai peccano contro natura volendo far generare denaro dal denaro, come un cavallo da un cavallo o un mulo da un mulo. Per di più gli usurai sono ladri perché vendono il tempo che non appartiene loro, e vendere un bene di proprietà altrui, nonostante se ne sia in possesso, è furto. Inoltre, poiché essi non vendono altro che l’attesa del denaro, vale a dire il tempo, vendono i giorni e le notti. Ma il giorno è il tempo della luce, e la notte il tempo del riposo. Di conseguenza essi vendono la luce e il riposo. Quindi non è giusto che essi abbiano la luce e il riposo eterni (7)».

La finanza bada a che le sole scelte e le sole decisioni possibili siano quelle della tautologia del denaro che genera il denaro, della produzione per la produzione. Mentre nelle società industriali sussisteva ancora un tempo «aperto» – sotto forma di progresso o sotto quella di rivoluzione – oggi l’avvenire e i suoi possibili, schiacciati sotto le somme esorbitanti mobilitate dalla finanza e destinate a riprodurre i rapporti di potere capitalista, sembrano bloccati; perché il debito neutralizza il tempo, il tempo come creatore di nuove possibilità, ovvero la materia prima di qualsiasi cambiamento politico, sociale o estetico.

(1) Cf. Damien Millet et Eric Toussaint (sous la dir. de), La Dette ou la vie, Comité pour l'annulation de la dette du tiers-monde - Editions Aden, Bruxelles, 2011.

(2) Friedrich Nietzsche, La Généalogie de la morale, Gallimard, Paris, 1966.

(3) Cité par Tim Mak dans « Unpaid student loans top $1 trillion », 19 octobre 2011, www.politico.com

(4) Michel Foucault, « Le sujet et le pouvoir », dans Dits et écrits, tome IV, Gallimard, Paris, 2001.

(5) Lire Laurent Cordonnier, « Un pays peut-il faire faillite ? », Le Monde diplomatique, mars 2010.

(6) Jacques Le Goff, La Bourse et la Vie. Economie et religion au Moyen Age, Hachette, Paris, 1986, p. 42.

(7) Cité par Jacques Le Goff, ibid.


John Steinbeck

Furore – The Grapes of Wrath

Bompiani, 1940, Lire 18

Cap. V

I latifondisti arrivavano sul posto, o più spesso i loro rappresentanti. Arrivavano in berlina, e saggiavano con le dita la terra povera, e qualche volta facevano eseguire dei sondaggi. I mezzadri, sulle aje assolate, stavano inquieti a seguire con gli occhi le berline fare il giro degli appezzamenti. E finito il giro i latifondisti, o i loro rappresentanti, venivano sull'aja e senza scendere dalle vetture parlavano ai mezzadri attraverso il finestrino. Per qualche tempo i mezzadri restavano in piedi al fianco delle vetture, poi s'accosciavano, e cercavano un fuscello per eseguire disegni in terra.

Sulle soglie dei casolari le donne s'affacciavano a guardare, e dietro ad esse i bambini: teste bionde, occhi dilatati, piedi nudi l'uno accavallato sull'altro e con pollici nervosamente agitati dalla curiosità. Donne e bambini guardavano il capofamiglia conferire col latifondista. Immobili, silenziosi.

Taluno dei rappresentanti si mostrava umano perché odiava la parte ch'era costretto a recitare, e taluno era irritato di dover mostrarsi disumano, e taluno si mostrava freddo e insensibile perché l'esperienza gli diceva che questo è l'unico atteggiamento che i padroni possono decentemente adottare. E nel loro intimo tutti quanti si riconoscevano, a malincuore, strumenti d'una forza inesorabile. Alcuni di essi detestavano l'aritmetica che li costringeva ad agire così, ed altri la temevano, ed altri ancora la veneravano perché offriva loro un rifugio contro la ragione e il sentimento. Se il padrone era una banca, o un'anonima, il rappresentante diceva: — La Banca, o l'Anonima, intende... vuole... ha bisogno... esige... — quasi che la banca o l'anonima fosse chi sa qual polpo mostruoso che li tenesse prigionieri tra i suoi tentacoli. Alcuni rappresentanti erano orgogliosi d'essere schiavi di così possenti padroni. Sedevano sui cuscini della vettura e spiegavano: — Lo sapete anche voi che la terra è povera. Dio solo sa quanto lavoro e sudore ci avete sprecato su.

I mezzadri accosciati annuivano, sconcertati, e disegnavano figure nella polvere, e dicevano sí, lo sapevano, altro che. Se solo il vento non si portasse via la crosta, la pianta resisterebbe; la terra è buona, ma la siccità la riduce in polvere e il vento se la porta via, scalza le radici, e la pianta cade. Dio solo sa quanto sudavano.

Il rappresentante insisteva nel suo punto di vista: — Sapete anche voi che la terra diventa tutti gli anni sempre più povera. Sapete anche voi cosa fa il cotone alla terra: la impoverisce, ne succhia tutto il sangue.

Gli accosciati annuivano: sapevano, Dio sapeva. Ma con la rotazione delle colture, se permessa, si poteva infonderle sangue nuovo.

Ah, ma è troppo tardi. E i rappresentanti illustravano le necessità e il modo di ragionare del mostro che era più forte di loro. Se arrivate a sostentarvi e a pagare le tasse, nessuno vi tocca.

Sì, ma se un anno manca il raccolto, la banca deve aiutarci, coi prestiti.

Oh, ma l'Anonima non può, diamine! Non è una creatura che respira aria, che mangia polenta. Respira dividendi, mangia interessi. Senza dividendi, senza interessi, muore, come morireste voi senz'aria o senza polenta. E triste, ma è così. Non c'è che fare.

Gli accosciati alzavano gli occhi cercando di capire. Ma se ci lasciano stare, forse l'anno venturo avremo un buon raccolto. Dio sa quanto cotone l'anno venturo. Con tutte 'ste guerre, Dio sa come va su il prezzo. Non fanno gli esplosivi col cotone? Non fanno il vestiario dei soldati ? Combinateci delle guerre, e vedrete come va su il cotone. Guardavano in su, con occhi pieni di speranza.

Eh, ma non si può contare sulle guerre. L'Anonima ha bisogno di dividendi costanti, non può aspettare, altrimenti va a rotoli. Se il mostro cessa di crescere, è perduto.

E bianche morbide dita cominciavano a picchiettare sul riquadro del finestrino, e dure dita callose serravan più stretti i fuscelli irrequieti. Sulle soglie le donne tiravano un sospiro e cambiavano posizione ai piedi e l'agitazione dei pollici ora denotava apprensione. S'avvicinava, timoroso, un cane a fiutare la berlina e alzando la gamba sporcava i quattro pneumatici l'uno dopo l'altro.

Gli accosciati riabbassavano gli occhi. E cosa volete da noi ? Non possiamo rinunciare a una parte di quel che ci spetta, siam già mezzi morti di fame. I piccoli non hanno abbastanza da mangiare. Siam coperti di stracci. Se non fossimo tutti nelle stesse condizioni, avremmo vergogna di farci vedere in chiesa.

E alla fine i rappresentanti venivano al dunque. La mezzadria era un sistema che non funzionava più. Un uomo solo, sulla trattrice, ora sostituisce dodici, quattordici famiglie. Un salario all'uomo solo, e tutto il raccolto al padrone della terra. Non c'è scampo. E doloroso, ma è così. E il sistema che non va più.

Ma a furia di cotone la fate morire, la terra.

Va bene, ma prima che muoia vogliamo tutto il cotone che può darci. Poi la vendiamo. C'è un mucchio di famiglie, nell'Est, che non sognano altro che comprare un pezzo di terra.

Gli accosciati alzavano gli occhi, pieni di spavento. E noialtri? Come si mangia?

Eh, a voi non resta che andarvene altrove. Viene la trattrice.

Ed ora gli accosciati si rizzavano in piedi, adirati. Ma questa terra l'ha presa mio nonno agli indiani, rischiando la pelle. E l'ha lavorata mio padre, lottando da disperato contro i serpenti e le erbacce. E venuto un anno cattivo e ha dovuto ipotecare. E noialtri s'è tutti nati qui. Lì, dietro quella porta; i miei bambini son nati lì. Anche allora, quando mio padre ha fatto l'ipoteca, anche allora il padrone era una banca, ma ci ha lasciati stare, e ci spettava un tanto su ogni prodotto.

Tutto questo lo sappiamo, ma non ci possiamo niente. Non siam noi, è l'Anonima.

Va bene, gridavano i mezzadri, ma la terra è nostra. L'abbiamo misurata noi, dissodata noi. Siamo nati qui, morti qui, uccisi dai malanni o dal lavoro. Anche se non è buona, è nostra lo stesso. E l'esserci nati su, l'averla lavorata, l'esserci morti, che la fa nostra. E questo che ce ne dà il possesso, e non le scartoffie del catasto.

E doloroso, ma noi non c'entriamo. E l'Anonima. L'Anonima non è un essere umano.

Come no? Non è una società di esseri umani?

Niente affatto. Questo è il vostro errore. L'Anonima è un ente. Gli azionisti alle volte non approvano quello che fa, ma l'Anonima lo fa lo stesso. Gli azionisti hanno fatto l'ente, questo sì, ma non possono tenerlo sotto controllo.

I mezzadri gridavano. Per avere la terra mio nonno s'è battuto con gli indiani, mio padre s'è battuto coi serpenti, a noialtri ci toccherà di batterci contro le ana nime, che son peggio degli indiani e dei serpenti.

E adesso i rappresentanti montavano in collera. Vi forzeranno a andarvene.

Ma è nostra, urlavano i mezzadri.

No, è dell'Anonima. Vi metterà fuori.

E se prendiamo i fucili, come il nonno quando venivano gli indiani?

In questo caso l'avrete a che fare con lo sceriffo, prima, e poi con la truppa. Non capite che, se v'ostinate a restare, contravvenite alla legge sulla proprietà, e che se fate uso delle armi siete dei delinquenti ?

E se andiamo via, dove andiamo? Come andiamo? Non abbiamo un centesimo.

E doloroso, dicevano i rappresentanti, ma l'Anonima non è responsabile di questa situazione. Voialtri vi trovate su terreni che non v'appartengono. Fuori di qui, in un altro Stato, adesso che viene l'autunno potete mettervi a coglier cotone. Potete magari ottenere il sussidio. Perché non andreste in California ? Là hanno bisogno di braccianti, il clima è ottimo, non fa mai freddo, basta allungare il braccio per cogliere un'arancia, c'è ogni sorta di lavoro; perché non andate in California?



Venerdì 10 Febbraio,2012 Ore: 15:45
 
 
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