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www.ildialogo.org Protesta contro le banche – “Si tratta di ben più che un fuoco di paglia”,

Die Zeit – Società
Protesta contro le banche – “Si tratta di ben più che un fuoco di paglia”

(traduzione dal tedesco di José F. Padova)


 Dalla Germania un'analisi, ovviamente provvisoria e da integrare in futuro, sulle proteste contro banche e capitalismo finanziario - superfluo aggiungere che è selvaggio ed estremamente distruttivo. 
Seguirà a giorni una provocazione, pure uscita su Die Zeit  (tale sembra, anche se l'idea fu applicata decenni fa), su come abbattere il debito pubblico in Germania.
Sueddeutsche Zeitung esce con un articolo sul referendum greco. Anche questo, attuale, è in corso di traduzione.
Si fa di tutto, per distrarsi dallo spettacolo disgustoso di uno squilibrato che ha ecceduto nell'uso di Attack, la celebre colla che se ti si attaccano le dita devi andare in ospedale. Lui invece si è attaccato il sedere - che le sue fan dicono essere flaccido - alle sedie, a tutte, anche per interposta persona - e qui si riflette se sono persone o piuttosto astutissimi approfittatori.
J.F.Padova


Le proteste contro i mercati finanziari proseguiranno, dice il sociologo Dieter Rucht in questa intervista con Zeit Online. Tuttavia il messaggio dovrebbe diventare ancora più chiaro.
http://www.zeit.de/gesellschaft/zeitgeschehen/2011-10/rucht-proteste-occupy-banken


Die Zeit: Professor Rucht, nell’ultimo fine settimana in Germania 40.000 persone sono andate in strada per la protesta contro le banche. Avrebbe Lei mai contato su una partecipazione tanto grande?
Dieter Rucht: Erano un po’ di più di quanto mi aspettavo. Ma già alla vigilia era facile riconoscere che ciò sarebbe potuto diventare una cosa più grande, perché organizzazioni di protesta esperte come Attac [ndt.: è la sigla dell'Associazione per la Tassazione delle Transazioni finanziarie e per l'Aiuto ai Cittadini] si erano messe insieme ai movimenti formatisi recentemente.

Z.: Come pensa Lei che la protesta si svilupperà?
R.: Non penso a occupazioni e accampamenti che durino settimane, tutto ciò lo impedirebbero le Autorità e anche il freddo. Ma si tratta evidentemente di più che un fuoco di paglia. Nelle prossime settimane e mesi si arriverà sempre più a protestare, anche in Germania. Quanto grande diventerà tutto questo dipende però molto fortemente dalle reazioni e dagli sviluppi dei prossimi giorni. Se adesso la politica dimostra capacità di agire e prende decisioni importanti molti dei dimostranti moderati diranno: Aspettate un poco per vedere se ciò non porta qualcosa. Quote più elevate di capitale proprio per le banche potrebbero per esempio essere un motivo per l’acquietarsi dei movimenti.

Z.: Sorprendentemente vi erano alle dimostrazioni molti neofiti, questa partecipazione del ceto medio non è una nuova particolarità a confronto con le precedenti proteste?
R.: No, vi è stata già anche prima. Nel 2003 abbiamo fatto una ricerca con sondaggio per conoscere chi aveva allora preso parte alle dimostrazioni contro la guerra in Iraq. Risultato: erano molte volte più numerosi dei dimostranti di questo fine settimana. Un quarto fino a un terzo delle persone scendevano in strada per la prima volta in vita loro.
Tuttavia in questa circostanza l’eterogeneità dei dimostranti è particolarmente degna di nota; qui arrivano insieme quattro gruppi diversi. Primo: la gente, esperta di organizzazione, di Attac & Co.. Secondo: un gruppo piccolo, ma molto coinvolto, di persone colpite direttamente, gente che a causa della crisi ha perso il lavoro o i risparmi e che ha soltanto aspettato una occasione per protestare. Terzo: coloro che non sono personalmente colpiti, ma che sono arrabbiati in misura crescente per le ingiustizie percepite e che perciò sostengono la protesta. E quarto: quelli che, in strada per curiosare, finiscono per aggregarsi.

Z.: Quale di questi gruppi è decisivo per il successo della protesta?
R.: I primi citati, i professionisti. I quali possono anche talvolta trovare soldi per la tecnica e le infrastrutture, mantengono i contatti importanti, possono scrivere ponderati comunicati stampa. Infatti unioni soltanto spontanee, che dopo mezz’ora sono di nuovo finite, non fruttano molto. Le dimostrazioni attirano sempre anche svitati che poi nei microfoni raccontano cose sconclusionate. Occorre tenere tutto questo sotto controllo. E ci si deve davvero meravigliare che Attac non abbia preso prima in considerazione questo tema. L’esautorazione delle banche e delle organizzazioni finanziarie internazionali sono i suoi argomenti-chiave.

Z.: Perché in Germania sono andate in strada poche persone, meno per esempio che a Roma?
R.: In Italia simili dimostrazioni si tramutano sovente in proteste contro il governo in generale, in grandi manifestazioni della sinistra. Occorre aggiungere che noi in Germania abbiamo una cultura particolare della protesta.

Z.: E che aspetto ha?
R.: Molto bene organizzato. Qui da noi vi è un’intera serie di autentiche organizzazioni per la protesta, al di là di sindacati e partiti. Esse hanno nel loro corredo temi attuali di grande portata e lavorano in modo molto professionale. Per questo all’estero ci si meraviglia per la lunga durata delle proteste in Germania, come quella di Stuttgart 21 [ndt.: una quasi rivolta della cittadinanza contro il devastante rifacimento della stazione ferroviaria] o come anche il movimento antinucleare non ve ne sono proprio.

Molte richieste sono troppo in blocco
Z.: Dalla crisi attuale i tedeschi sono molto meno direttamente colpiti delle persone di altri Paesi, la disoccupazione giovanile è molto inferiore di quella, per esempio, in Spagna e in Grecia, l’economia qui sta molto meglio.
R.: Sì, questo naturalmente riduce il potenziale della protesta. Tuttavia dai numeri assoluti delle persone colpite non si deve valutare sommariamente l’estensione e l’intensità della protesta che ne consegue. Non è automatico che là dove vi sono i maggiori effetti anche le dimostrazioni automaticamente siano al massimo. Per questo occorrono catalizzatori. Chi protesta deve avere una richiesta comune chiaramente formulata, deve sapere bene organizzarsi, deve indicare per nome un preciso avversario, un chiaro destinatario. Su questi punti l’attuale ondata di proteste ha ancora bisogno di recuperare. Ma questo è anche comprensibile, poiché per il nucleare o per la costruzione di un aeroporto ognuno capisce di che cosa si tratta e che cosa si dovrebbe fare, mentre nella crisi delle banche nessuno ci capisce qualcosa.

Z.: Quindi le proteste sono troppo astratte?
R.: Molte delle pretese sono perlomeno troppo omnicomprensive. Chi vuole eliminare le banche più tardi si arrabbierà se ha bisogno di un credito per costruirsi una casa. Altre richieste però sono molto concrete e poco ingenue: per esempio, una imposta ragionevole sulle transazioni finanziarie, una maggior quota di capitale proprio per le banche o la separazione fra le banche d’investimento e quelle d’affari.

Z.: Ma su questi temi la gente nel fine settimana appena trascorso non ha dimostrato. Là si trattava certo di una rabbia molto più sostanziale contro il sistema finanziario.
R.: Una dimostrazione è sempre un luogo di generalizzazione e inasprimento, non è proprio un seminario universitario, dove si analizza nei dettagli e in modo pertinente. In questa ondata attuale di proteste questo inasprimento è particolarmente pesante, perché si dirige contro qualcosa di astratto e complicato come il sistema finanziario globale. Un tempo ciò era più semplice, allora si aveva una gerarchia chiara, sulla quale ci si poteva orientare. Di tutto era responsabile il re e perciò era sufficiente tagliargli semplicemente la testa. Un simile, concreto obiettivo oggi non c’è più. Per la protesta c’è anche mancanza di simboli. A New York, Wall Street è l’unico luogo che ne costituisce uno per la potenza della finanza. In Germania abbiamo invece molte banche sparpagliate qua e là, molte istituzioni di governo, un sistema federale. E ancora manca un determinato fattore scatenante, un evento, come Cernobyl o Fukushima lo sono stati per il movimento antinucleare. Tutto questo rende difficile la mobilitazione.

Z.: Per lo meno, molti politici hanno già manifestato la loro comprensione per la protesta…
R.: Sì, dalla reazione della politica dipendono molte cose, in effetti. Se adesso i governi offrono proposte di soluzioni ragionevoli, questo potrebbe condurre la maggior parte dei dimostranti a rimanere nuovamente a casa. Infatti la massa non è contro il sistema, non si tratta di anticapitalisti.



Giovedì 03 Novembre,2011 Ore: 11:59
 
 
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