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Die Zeit, Hamburg
Mercenari in Afghanistan

Parassiti della guerra
Con i mercenari non si crea nessuno Stato – in Afghanistan l’Occidente deve rinunciare alle aziende private della sicurezza
(traduzione dal tedesco di José F. Padova)


Privato è bello? Non sempre, afferma Die Zeit nell'articolo allegato, in particolare quando si tratta di interventi militari dovunque nel mondo.Lo confermano le recenti rivelazioni tratte dai documenti pubblicati da WikiLeaks circa i crimini commessi dalle multinazionali della "sicurezza" (oltre che dagli eserciti regolari).
JFPadova
Di Thomas Spoeckmann (insegna all’Istituto di Scienze Politiche e Sociologia dell’Università di Bonn ed è facente funzione di caposezione della Cancelleria di Stato del Nordrhein-Westfahlen)
Questo articolo riporta l’opinione personale dell’Autore.
A breve termine in Somalia combatteranno mercenari tedeschi? Le notizie riportate dai media nelle ultime settimane ricordano le storie delle orde dedite al saccheggio durante la Guerra dei Trent’Anni. Deputati del Bundestag [Parlamento] criticano indignati gli annunci – del tutto insicuri – di un’azienda tedesca del settore della sicurezza, di voler mettere al servizio di un politico somalo più di cento ex soldati della Bundeswehr [Esercito federale].
Indignazione di tale genere in Germania è rara. Se in Iraq un ex soldato (tedesco) al servizio di un’azienda americana della sicurezza viene ucciso in un attentato, come è accaduto il 25 giugno 2007, sul fronte interno normalmente non vi è alcuna protesta. La morte di mercenari per lo più non è resa pubblica. I loro nomi non si trovano su alcun elenco ufficiale delle perdite. Non si devono temere danni politici collaterali, come nel caso dei caduti della Bundeswehr in Afghanistan nel giorno di Venerdì Santo.
Infatti questo è uno dei principali argomenti di vendita del settore della sicurezza, in piena espansione. L’impiego dei coadiutori si presenta pratico: essi sono ingaggiati dai governi occidentali quando questi vogliono inviare più truppe di quelle disponibili nei rispettivi eserciti nazionali; li si chiama quando i governi occidentali vogliono sottrarre al controllo parlamentare l’impiego della forza militare; quando intendono intervenire nei luoghi dove, secondo il diritto internazionale, non potrebbero farlo; quando vogliono sostenere regimi o gruppi in lotta contro oppositori interni; oppure se vogliono consolidare militarmente i loro interessi economici senza che siano ufficialmente impiegate le forze armate.
Con questa gamma di prestazioni fanno campagna pubblicitaria da anni le aziende occidentali del settore “sicurezza”. Con grande successo: il loro fatturato annuo è stimato in 300 miliardi di dollari. Già durante la guerra civile jugoslava il presidente Bill Clinton per il conflitto contro le truppe serbe aveva fatto addestrare le forze armate croate da consiglieri militari privati americani– cosa che decise la guerra a favore dei croati. Secondo informazioni del Congressional Research Service in Iraq le aziende private per la sicurezza sono competenti per una buona metà delle operazioni di ricostruzione. Il loro impiego massiccio dà alla Casa Bianca la possibilità di intraprendere operazioni militari, se riceve poco o nessun sostegno da parte degli alleati. Negli USA gli interventi in Afghanistan e in Iraq figurano come le principali “guerre dei mercenari” (contractors wars), mentre a Washington da molto tempo si parla di una privatizzazione della politica estera e della sicurezza.
Perciò sorgono correlazioni che mettono in discussione il monopolio statale del potere: soltanto a metà marzo è stato reso noto il caso di un funzionario del Pentagono che, sotto la copertura di un programma per la raccolta d’informazioni, aveva messo in piedi una rete di agenti di aziende per la sicurezza. Questi collaboravano, in Afghanistan e Pakistan, a rintracciare e uccidere presunti terroristi e capi taleban.
Un altro caso di mercenari cileni dimostra come agli Stati sovrani viene a poco a poco sottratta l’autodeterminazione nelle questioni riguardanti pace e guerra. Nel 2003 il Cile, come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, aveva votato contro la guerra in Iraq. Ciononostante quasi mille ex militari appartenenti ai reparti speciali delle forze armate cilene erano stati ingaggiati dall’azienda americana per la sicurezza Blackwater per l’impiego sul terreno. Anche ex soldati tedeschi prestarono orecchio alla chiamata verso Bagdad – nonostante il no di Berlino all’intervento americano in Iraq. E nonostante gli articoli (§ 109h), riguardanti i mercenari, del Codice penale [federale tedesco], secondo i quali commette reato contro la difesa del Paese [=la Germania] colui che «arruola a favore di una potenza straniera un cittadino tedesco per un servizio militare in un’organizzazione militare o paramilitare oppure gestisce i reclutatori o il servizio militare di una simile organizzazione». Per contro non è di per sé vietato l’impiego di mercenari.
Ironia della storia: mentre con gli attuali manuali di impiego sul campo ai soldati regolari degli eserciti americani ed europei può essere fatto conoscere come essi possano, in qualità di coadiutori armati, collaborare alla ricostruzione di altre nazioni, il compito vero e proprio del militare, la protezione e la sicurezza di persone e installazioni, è delegato in misura crescente alle aziende private per la sicurezza – soprattutto per interventi che sono considerati estremamente rischiosi sotto l’aspetto militare o particolarmente scabrosi sotto quello politico. Eppure, voler creare nuovi Stati, quando la loro sicurezza sia interna che esterna viene denazionalizzata, è una contraddizione in sé.
Soprattutto in Afghanistan e in Iraq gli attori agiscono a ruoli invertiti: competitori commerciali istruiscono e addestrano le forze di sicurezza locali. Esercito, polizia e servizi di vigilanza sono formati, in Hindu Kush [regione montuosa di Aghanistan e Pakistan] e in Mesopotamia, con l’intervento di aziende come Dyn Corp, ArmorGroup ed Erinys.
Nel settembre del 2008 17 Stati hanno firmato il cosiddetto Documento di Montreux, con il quale, fra gli altri gli USA, la Gran Bretagna, la Francia e la Germania ma anche Paesi coinvolti come l’Afghanistan e l’Iraq, hanno concordato disposizioni per il più severo controllo su queste aziende. Eppure il Documento non è giuridicamente impegnativo. Poiché gli Stati Uniti sono di gran lunga il maggiore committente delle aziende per la sicurezza, Washington dovrebbe finalmente realizzare una regolamentazione giuridicamente vincolante su piano internazionale.
Come modello potrebbe servire la legge sudafricana del 2006 per il divieto di attività mercenarie, che impedisce ai cittadini sudafricani «di partecipare come combattenti pagati da privati a un conflitto armato o ad attività di qualsiasi genere intese a rovesciare un governo». I sudafricani che vogliono fare parte attiva in una azienda privata per la sicurezza o per l’operatività militare devono chiedere l’autorizzazione dello Stato sudafricano e in caso di trasgressione sono puniti con una sanzione pecuniaria o detentiva. Ai sudafricani è pure vietato il servizio all’estero in un esercito regolare, se Pretoria ne contesta il piano d’impiego armato.
Come stimolo per altri Stati ad emanare leggi simili, gli Stati Uniti potrebbero essi pure imporre un divieto di impiego di mercenari in regioni dove si svolgono conflitti e nelle quali essi stessi hanno dislocato truppe. Quale alternativa basilare si presenta quella di integrare le aziende private per la sicurezza nelle forze armate regolari, sottoponendole in questo modo a una inequivoca struttura di comando, così come già una volta si è riusciti a fare nel 17° secolo in Europa, con la statalizzazione della guerra.
In tempi durante i quali si è lottato su piano internazionale per una regolamentazione rinforzata dell’economia finanziaria tanto più questo dovrebbe valere per l’economia privata di guerra. Infatti le guerre – di natura sia statale che snazionalizzata – sono troppo rischiose per lasciarle alla logica, politicamente fuori controllo, dei mercenari. Soprattutto le missioni di pace dovrebbero rinunciare all’impiego di aziende del ramo sicurezza, le quali infatti perseguono troppo fortemente i loro propri interessi e non quelli dei loro committenti statali. Se Barak Obama non vuole soltanto conservare la pace nucleare mondiale, ma anche circoscrivere le guerre convenzionali, dovrebbe mandare a casa i mercenari occidentali dall’Afghanistan e dall’Iraq. Almeno per la guerra dovrebbe valere anche nel XXI secolo la regola: lo Stato prima del Privato.


Lunedì 01 Novembre,2010 Ore: 18:07
 
 
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