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www.ildialogo.org Come l’ingiustizia fiscale ha segnato il debito greco,di Niels Kadritzke (traduzione dal francese di José F. Padova)

Le Monde Diplomatique, marzo 2010, pag. 12-13
Come l’ingiustizia fiscale ha segnato il debito greco

di Niels Kadritzke (traduzione dal francese di José F. Padova)

Primo colpo di avvertimento per il governo: dalla fine di febbraio un vasto movimento di scioperi, essenzialmente nel settore pubblico, ha paralizzato Atene. I greci reclamano soprattutto che i provvedimenti presi vengano ripartiti con equità.


La lettura dell'articolo di Le Monde Diplomatique, allegato, provoca un senso di vertigine, perché non si è più certi di chi si sta parlando. Della catastrofica situazione greca attuale o del panorama che ci si presenterà, qui da noi, quando Berlusconi e la sua corte di incapaci saranno messi in condizione di non nuocere? Chi li sostituirà e che cosa farà? La destra di Caramanlis, prima di perdere le elezioni, aveva comunicato all'Europa conti pubblici taroccati. Speriamo che almeno questo ci sia risparmiato... ma il resto? Nel 2007 il debito pubblico italiano ammontava al 104% del PIL, oggi supera il 116%. Cifre astratte, per i più, chissà che significano... Lo sapranno bene i nostri nipoti: significano ciò che disse Churchill al popolo inglese il 13 maggio 1940. (José F. Padova)

Perfino i giochi d’azzardo sono toccati dalla depressione! Il fatturato dell’industria del gioco d’azzardo e delle scommesse è diminuito del 16%. Non è che vi siano meno scommettitori. Al contrario. I greci giocano sempre più. Ma semplicemente hanno meno denaro in tasca. Questa brutale caduta nel Paese europeo più “drogato” dai giochi di questo tipo riflette la crisi duratura dell’economia reale.

Nel 2009 il prodotto interno lordo (PIL) greco si è ridotto del 2,6% e una diminuzione della medesima misura è prevista per quest’anno. Si constata anche un aumento della disoccupazione che, alla fine del 2009, raggiungeva già ufficialmente il 10,6%, ma il cui livello reale è stimato al 18%.

I giovani sono i più duramente colpiti: nel settembre 2009 un giovane di meno di 24 anni su quattro non aveva un lavoro regolare (1). Ciò che accresce ancor più la pressione al ribasso sui salari del primo impiego. In occasione delle sommosse ateniesi del dicembre 2008 si è parlato della «generazione dei 700 euro», che ben presto potrebbe diventare quella «dei 500 euro».

Dallo scorso mese di dicembre «La Grecia minacciata dal fallimento» è il tema dei titoloni sulla stampa economica internazionale. In effetti i dati sono impressionanti: il governo di Papandreu (Movimento socialista panellenico, Pasok), che ha sostituito quello del conservatore Costas Caramanlis soltanto a inizio ottobre 2009, ha dovuto comunicare a Bruxelles un nuovo dato di disavanzo di bilancio: 12,7% del PIL per il 2009, due volte più di quanto aveva comunicato, tre  mesi prima, il precedente governo. Il debito pubblico, anch’esso, è salito a 298 miliardi di euro – ovvero il 112,6% del PIL. Qualcuno profetizza che il limite del 124,9% sarà superato nel 2010. la Grecia – che ha visto la sua valutazione ribassata dalle agenzie internazionali di rating – sostituirebbe allora l’Italia come Paese più indebitato dell’Unione Europea.

Il disavanzo pubblico ha numerose cause. Sul lato degli introiti, la frode fiscale, largamente diffusa, priva ogni anno lo Stato di 20 miliardi di euro. Sul versante delle spese, il capitolo principale è il bilancio inflazionistico di un servizio pubblico inefficiente e gonfiato a oltranza.

Il Pasok ha promesso ai suoi partner dell’Unione di abbassare il disavanzo di 4 punti nel 2010, per portarlo all’ 8,7% del PIL, e al disotto del 3% da ora al 2012. Per fare questo, il governo deve rinunciare a molte delle promesse elettorali e affrontare una rude resistenza alle sue riforme, mentre il consolidamento del bilancio preteso dalla Commissione Europea minaccia di rinviare alle calende greche una ripresa dell’economia reale.

Può sembrare ingiusto che il «lavoro sporco» tocchi in sorte al Pasok. La maggior parte delle spese importanti è un lascito dei conservatori della Nuova Democrazia (Nea Demokratia, ND) e in particolare dal governo Caramanlis. Ma il Pasok stesso non è al riparo da rimproveri, se ci si rivolge al passato.

La riduzione dei costi salariali rappresenta uno dei punti cruciali del programma di stabilità elaborato dal ministro delle Finanze Georgios Papakostantinou, che prevede un congelamento delle assunzioni nel settore pubblico e, a partire dal 2011, la sostituzione con un solo funzionario di cinque che vanno in pensione. Più generalmente, ogni ministero deve ridurre il suo budget del 10%, tagliando principalmente i salari. Ma questi provvedimenti possono apportare soltanto la metà dei 9 miliardi di euro di economie previsti per il 2010. l’altra parte deve provenire da un aumento delle entrate: vendita di beni immobili appartenenti allo Stato e, soprattutto, un aumento del 20% delle tasse sull’alcol, il tabacco e la benzina. L’aumento delle imposte dirette colpirà prioritariamente i contribuenti più abbienti: imposte speciali sugli immobili di lusso e aumento dell’imposta sulle successioni.

Secondo il fisco i più ricchi sono gli impiegati…
Tuttavia la lotta contro la frode fiscale è determinante. Nella sua dichiarazione di politica generale, Papandreu ha chiamato i greci a mostrarsi «contribuenti fieri [di esserlo]», perché è loro dovere finanziare le spese collettive. Il richiamo è eroico, perché si rivolge a una società il cui eroe incontestato, senza distinzione di ambiente sociale, resta il più abile fra i frodatori del fisco: Aristotele Onassis. Il ministro delle Finanze annuncia un inasprimento dei controlli. Egli ha rimproverato ai medici del quartiere di Kolonaki, il più ricco di Atene, di dichiarare un reddito annuale «vicino al salario minimo degli operai». Nel 2008 i membri delle professioni liberali (medici, avvocati, architetti) dichiaravano un reddito annuale di 10.493 euro, gli uomini d’affari e i trader 13.236 in media, mentre quello dei salariati e dei pensionati si elevava a 16.123 euro. Per il fisco i più ricchi sono gli operai, gli impiegati e i pensionati (2).

La lotta contro la frode fiscale potrebbe fruttare 3 miliardi di euro all’anno, afferma il potere, ma non prima del 2011. I partner europei della Grecia e i mercati non hanno questa pazienza. Così essi spingono a tagli più consistenti nelle spese. Già si dice, dopo il vertice europeo dell’11 febbraio, che a Bruxelles sarebbe stato steso un piano «B» per il caso in cui il programma di stabilità non producesse risultati «soddisfacenti»: aumento di un punto dell’IVA e riduzione generalizzata dei salari della funzione pubblica, del 5-7%. Gli Europei puntano ugualmente su un problema che i diversi governi hanno sempre accuratamente evitato di abbordare frontalmente: il disavanzo crescente delle cassa di assicurazioni sociali.

Per Yannis Stournaras, direttore dell’Istituto di ricerche economiche IOBE, la questione delle pensioni è «il fattore centrale che determina a medio termine l’evoluzione delle finanze pubbliche del nostro Paese (3)». La Cassa centrale delle pensioni e delle assicurazioni contro le malattie, che ha ricevuto 2,9 miliardi di euro dallo Stato, quest’anno dovrebbe avere un disavanzo di 13 miliardi.

Il ministro del Lavoro e delle questioni sociali, Andreas Loverdos, in febbraio ha presentato un vasto complesso di provvedimenti centrati su tre punti principali: il raggruppamento delle tredici Casse pensioni esistenti in tre grandi organismi, ciò che permetterebbe economie di scala, la caccia ai beneficiari abusivi di pensione e l’integrazione dei lavoratori in nero nel sistema di coperture sociali.

Loverdos ha perfino osato affrontare il delicato problema delle pensioni. Nel settore privato vuole portare l’età media effettiva di inizio da 61 anni e mezzo a 63 anni e mezzo, mediante un complesso di regolamenti e una penalizzazione della pensione anticipata. Sistema che egli propone di estendere in seguito al settore pubblico. Ma anche qui l’Unione europea reclama regole più severe: il famoso piano «B» esigerebbe un allungamento fino a 67 anni per i settori sia privato che pubblico.

Le proteste si trasformeranno presto in rivolta?
Il secondo punto riguarda il calcolo dell’importo dei diritti alla pensione. La nuova legge cambierebbe la regola applicata dalla maggior parte delle Casse, che fissa l’importo della pensione sulla base dei 3-5 ultimi anni d’attività professionale e non sull’insieme della carriera. Ma i sondaggi d’opinione dimostrano che due greci su tre non sono pronti a fare simili sacrifici. D’altra parte essi hanno ragione: già bassi, i redditi reali della maggior parte di essi da anni non sono aumentati. E se lavorano nel settore privato hanno doppiamente ragione, perché le loro imposte sui salari sono prelevate alla fonte, mentre i membri delle professioni liberali, che fanno parte della classe media, si fanno beffe degli indigenti.

Il Pasok, che nella sua campagna elettorale ha promesso una società più giusta e un rilancio «verde» dell’economia, dovrà affrontare una prevedibile opposizione. Perché le proteste non si trasformino in un vasto movimento di rivolta il governo cerca di far risaltare la dimensione «giustizia sociale». Da qui l’annunciato aumento delle imposte sulle alte retribuzioni, sui grandi patrimoni, sulle successioni, una tassazione del 90% sui bonus bancari, la drastica riduzione dei compensi degli alti dirigenti nella imprese nazionali… ma tutto questo non renderà abbastanza. L’altra fase è la lotta da condurre contro la corruzione, diventata uno sport nazionale che porta vantaggi principalmente ai privilegiati. Questo spiega come la «tolleranza zero» proclamata dal governo sia tanto apprezzata dall’opinione pubblica.

Tuttavia il governo deve affrontare il medesimo ostacolo che esiste per l’insieme del suo piano di risanamento: il tempo. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la lotta contro la frode fiscale. I dispositivi tecnici per il rafforzamento dei controlli delle innumerevoli piccole imprese e dei membri delle professioni liberali sono ancora inesistenti e il blocco dei salari dei funzionari del fisco potrebbe avere l’effetto di rafforzare ancor più la loro disponibilità per qualche piccolo accomodamento lucrativo. Inoltre correzioni fiscali molto rigide hanno tutte le probabilità di mettere in difficoltà numerose imprese più piccole.

Lo stesso dicasi per la lotta contro l’economia sommersa: i redditi percepiti dal lavoro nero, o «grigio», in tempi di crisi contribuiscono ad ammortizzare le conseguenze sociali e perfino a stabilizzare la congiuntura (4). Per di più ritardare l’età del pensionamento ha come conseguenza che molti posti di lavoro rimangono occupati per maggior tempo, cosa che diminuisce le possibilità di accedervi per le giovani generazioni.

La Grecia si rivolge verso l’Unione. Ma dalla sua adesione nel 1981 il Paese ha percepito più di 100 miliardi di euro di fondi comunitari (5). Dov’è finito questo denaro? Una gran parte è servito per le infrastrutture, grazie alle quali lo Stato ha potuto, in larga misura, trattare con cautela i suoi contribuenti – cominciando dai più ricchi, ai quali ha applicato aliquote fiscali fra le più basse dell’Unione Europea prima dell’ampliamento. Un’altra parte, cospicua ma difficile da determinare, è finita su conti privati.

Questo scialacquamento dei fondi comunitari e la moderazione dell’imposizione fiscale sugli alti redditi si riflettono negli yacht e nelle automobili di lusso e, ancor più, nelle ville da fine settimana dei quartieri residenziali ateniesi. È qui che si materializzano le somme di denaro che erano destinate a finanziare programmi e progetti avveniristici (per l’industria, ma anche per l’agricoltura e il turismo)  e a promuovere uno sviluppo economico durevole. Questo dirottamento di fondi è avvenuto anche a detrimento dell’ambiente: gli incendi di foreste che devastano quasi ogni anno l’Attica e il Peloponneso si accompagnano a una deforestazione criminale eseguita col fuoco, mirante a liberare terreni lucrativi per costruzioni destinate ad ateniesi fortunati.

Il piano di risanamento dovrebbe riguardare anche le spese militari. Da anni esse inghiottono più del 4% del PIL. Da una parte, la Commissione europea raccomanda quindi ad Atene, come nel novembre 2009, di ridurre le sue spese in armamenti. Ma, dall’altra, Germania e Francia in particolare spingono il governo greco ad acquistare i loro carri armati, gli aerei da combattimenti o le fregate.

Accettare la severità o venire puniti dai mercati
In gennaio 2010 il governo di Atene ha esposto ai rappresentanti della Commissione Europea e della Banca centrale europea (BCE), arrivati in luogo, i dettagli del suo programma di stabilità e di crescita. Alcuni partner della zona euro, soprattutto i tedeschi, si sono lamentati dei ritardi, ma sembravano pronti ad accettarlo. Tuttavia l’11 febbraio il vertice dell’Unione ha adottato una strategia più dura, definendo ambizioso il programma greco – ciò che, nel linguaggio degli esperti, significa «irrealistico». Il messaggio è chiaro: accettare il piano «B» o venire puniti dai mercati. Atene ha tempo fino al 15 marzo per presentare i primi risultati.

Il governo di Papandreu ammette così molto apertamente che i greci hanno perduto una parte importante della loro sovranità. Può permetterselo: in nessun altro Paese dell’Unione si riscontra un’accettazione dell’idea europea più profonda di quella greca. Ma soprattutto quasi tutti i greci hanno compreso che, senza la zona euro, il Paese avrebbe probabilmente conosciuto la bancarotta.

Quanto ad uscire dalla zona euro per ritornare alla dracma, l’idea appare assurda a un gran numero di dirigenti. Una massiccia svalutazione della moneta non farebbe altro che ingrandire ancor più la montagna di debiti del Paese – sotto forma di obbligazioni in euro. In quel caso si dovrebbe rinunciare alla manna finanziaria di Bruxelles, da cui la Grecia può ancora sperare di ricevere, da oggi al 2013, fino a 23 miliardi di euro. I partner di Atene, da parte loro, hanno tutto l’interesse a evitare un fallimento del Paese, che potrebbe trascinare con sé altre nazioni (Spagna, Portogallo…).

Non solamente sarebbe ingiusto imporre un programma di «super-austerità», facendo della Grecia una Lettonia del sud, come si dice ad Atene, ma tutto ciò si rivelerebbe controproducente. Questo piano «B» diminuirebbe le chance di aumentare gli introiti pubblici e minerebbe qualsiasi possibilità di un ritorno alla crescita, anche se modesta, nel 2011… e quindi la possibilità di ridurre il disavanzo.

Qualcuno sospetta che qualche Paese europeo cerchi una svalutazione «controllata» dell’euro per facilitare le proprie esportazioni mondiali. Forse la situazione della Grecia ne costituisce l’alibi?

Niels Kadritzke.

(1) Ta Nea, Atene, 10 dicembre 2009. Cf anche il rapporto per il quarto trimestre 2009 dell’Institut de recherche économique IOBE (p. 62-68) :
www.iobe.gr
(2) Soltanto il 7,5% dei membri delle profesioni liberali e il 13% dei capi d’impresa e dei commercianti hanno dichiarato più di 30.000 euro.
Ta Nea, 30 dicembre 2009.
(3) Kathimerini, Atene, 8 novembre 2009.
(4) Cf Deutsche Bank Research, « Krisenfest mit Schattenwirt-schaft » (« L'économie souterraine permet de résister à la crise »), 17 décembre 2009, www.dbresearch-de
(5) Impossibile stabilire la cifra esatta. Ma alcune analisi dell’OCDE considerano che le sovvenzioni provenienti da Bruxelles rappresentano ogni anno, dal 1981, il 0,7% in media del PIL.

Testo originale:

Le Monde Diplomatique, mars 2010, page 12

Comment l'injustice fiscale a creusé la dette grecque

Premier coup de semonce pour le gouvernement : dès la fin de février, un large mouvement de grève, essentiellement dans le secteur public, a paralysé Athènes. Les Grecs réclament surtout que les mesures prises soient équitablement réparties.

PAR NIELS KADRITZKE ** Journaliste, Athènes et Berlin.
Même les jeux de hasard sont touchés par la déprime ! Le chiffre d'affaires de l'industrie des jeux et paris a reculé de 16 %. Non qu'il y ait moins de parieurs. Au contraire. De plus en plus de Grecs jouent. Ils ont simplement moins d'argent en poche. Cette chute brutale dans le pays européen le plus accroché'> aux jeux de ce type reflète la crise durable de l'économie réelle.
Pour 2009, le produit intérieur brut (PIB) grec est en retrait de 2,6 %, et une baisse de même ampleur est prévue cette année. On constate aussi une augmentation du chômage, qui, à la fin de 2009, atteignait déjà officiellement 10,6 % mais dont le niveau réel est estimé â 18 %.
Les jeunes sont les plus durement touchés : en septembre 2009, un jeune de moins de 24 ans sur quatre n'avait pas de travail régulier (1). Ce qui accroît encore la pression â la baisse des salaires pour le premier emploi. Lors des émeutes athé-niennes de décembre 2008, on a parlé de la génération des 700 euros ». Elle pourrait bien sous peu devenir celle des 500 euros.
La Grèce guettée par la faillite «fait depuis le mois de décembre les gros titres de la presse économique internationale. De fait, les chiffres sont impressionnants : le gouvernement de M. Georges Papandréou (Mouvement socialiste panhellénique, Pasok), qui n'a remplacé celui du conservateur Costas Caramanlis que début octobre 2009, a dû annoncer à Bruxelles un nouveau chiffre de déficit :
12,7 % du PIB pour 2009, deux fois plus que ne l'avait indiqué, trois mois plus tôt, le précédent pouvoir. La dette publique a, elle aussi, grimpé à 298 milliards d'euros - soit 112,6% du PIB. Certains pronostiquent que la barre des 124,9 % sera franchie en 2010. La Grèce - qui a vu sa note de crédit dégradée par les agences de notation internationales - remplacerait alors l'Italie comme pays le plus endetté de l'Union européenne.
Le déficit public a plusieurs causes. Côté recettes, la fraude fiscale, largement répandue, prive chaque année l'Etat de 20 milliards d'euros. Côté dépenses, le poste principal est le budget inflationniste d'un service public inefficace et gonflé à outrance.
Le Pasok a promis à ses partenaires de l'Union de baisser le déficit de 4 points en 2010 pour le ramener à 8,7 % du PIB, et en dessous de 3 % d'ici à 2012. Pour ce faire, le gouvernement doit renoncer â nombre de ses promesses électorales et affronter une rude résistance à ses réformes alors que la consolidation budgétaire exigée par la Commission européenne menace de repousser un redémarrage de l'économie réelle.., aux calendes grecques.
Il peut sembler injuste que le «sale boulot » échoie au Pasok. La majeure partie des dépenses importantes vient des conservateurs de la Nouvelle Démocratie (Nea Dimokratia, ND) et particuliè-rement du gouvernement Caramanlis. Mais le Pasok n'est pas non plus exempt de tout reproche, loin s'en faut, lorsqu'on se tourne vers le passé.
La réduction des dépenses salariales représente l'un des points cruciaux du programme de stabilité concocté par le ministre des finances Georges Papakonstantinou. Ce dernier prévoit un gel des embauches dans le secteur public et, â partir de 2011, le remplacement par un seul fonctionnaire de cinq départs â la retraite. Plus généralement, chaque ministère doit réduire son budget de 10 %, en coupant principalement dans les salaires. Mais ces mesures ne peuvent apporter que la moitié des 9 milliards d'euros d'économies prévues pour 2010. L'autre partie doit provenir d'une augmentation des recettes : vente de biens immobiliers appartenant à l'Etat et, surtout, hausse de 20 % des taxes sur l'alcool, le tabac et l'essence. Celle des impôts directs touchera en priorité les contribuables les plus aisés : taxes spéciales sur l'immobilier de luxe et relèvement de l'impôt sur les successions.
SELON LE FISC,
LES PLUS RICHES
SONT LES EMPLOYÉS—
Toutefois, la lutte contre la fraude fiscale est déterminante. Dans sa déclaration de politique générale, M. Papandréou a appelé les Grecs à se montrer de fiers contribuables » au motif qu'il est de leur devoir de financer les dépenses collectives. L'appel est héroïque, car il s'adresse à une société dont le héros incontesté, tous milieux sociaux confondus, reste le plus habile des fraudeurs du fisc : Aristote Onassis. Le ministre des finances prévoit un durcissement des contrôles. Il a reproché aux médecins du quartier de Kolonaki, le plus riche d'Athènes, de déclarer un revenu annuel proche du salaire minimum des ouvriers ». En 2008, les membres des professions libérales (médecins, avocats, architectes) déclaraient un revenu annuel de 10 493 euros, les hommes d'affaires et les traders de 13 236 euros en moyenne, tandis que celui des salariés et des retraités se montait à 16 123 euros. Pour le fisc, les plus riches sont les ouvriers, les employés et les retraités (2).
La lutte contre la fraude fiscale pourrait rapporter 3 milliards d'euros par an, affirme le pouvoir, mais pas avant 2011. Les partenaires européens de la Grèce et les marchés n'ont pas cette patience. Aussi poussent-ils à des coupes plus franches dans les dépenses. Déjà il se dit, depuis le sommet européen du 11 février, qu'un plan B » aurait été établi par Bruxelles, au cas où le programme de stabilité ne produirait pas de résultats» satisfaisants » : augmentation de la TVA d'un point et réduction généralisée des salaires de la fonction publique de 5 % à 7 %. Les Européens pointent également un problème que les différents gouvernements ont toujours soigneusement évité d'aborder de front : le déficit croissant des caisses d'assurances sociales.
Pour M. Yannis Stournaras, directeur de l'ins-titut de recherches économiques IOBE, la question des retraites est le facteur central qui détermine moyen terme l'évolution des finances publiques de notre pays (3). «La caisse générale de retraites et d'assurance-maladie, qui a reçu 2,9 milliards d'euros de l'Etat, devrait être déficitaire de 13 milliards cette année.
Le ministre du travail et des affaires sociales, M. Andréas Loverdos, a présenté en février un vaste train de mesures axé sur trois points principaux : le regroupement des treize caisses de retraite existantes en trois grands organismes, ce qui permettrait des économies d'échelle ; une chasse aux bénéficiaires indus de pensions ; l'intégration des travailleurs au noir au système de couverture sociale.
M. Loverdos a même osé s'attaquer au problème sensible des retraites. Dans le secteur privé, il veut porter l'âge moyen effectif de départ
de 61,5 ans à 63,5 ans, par un ensemble de régle-mentations et une pénalisation de la retraite anticipée. Système qu'il propose d'étendre plus tard au secteur public. Mais, là encore, l'Union réclame des règles plus sévères : le fameux plan B » exigerait un allongement jusqu'à 67 ans pour le privé comme pour le secteur public.
LES PROTESTATIONS VONT—ELLES BIENTÔT VIRER À LA RÉVOLTE
SOCIALE ?
Le second point concerne le calcul du montant des droits a la retraite. La nouvelle loi changerait la règle appliquée par la plupart des caisses, qui fixent le montant des pensions sur la base des trois à cinq dernières années d'activité professionnelle, et non sur l'ensemble de la carrière. Mais les sondages d'opinion montrent que deux Grecs sur trois ne sont pas prêts à faire de tels sacrifices. Ils ont d'ailleurs raison : déjà bas, les revenus réels de la plupart d'entre eux n'ont pas augmenté depuis des années. Et s'ils travaillent dans le secteur privé, ils ont doublement raison, car leurs impôts sur le salaire sont prélevés à la source tandis que les membres des professions libérales, qui font partie des classes moyennes, jouent les indigents.
Le Pasok, qui a promis durant sa campagne une société plus juste et une relance " verte » de l'économie, va devoir affronter une prévisible opposition. Pour que les protestations ne virent pas à un vaste mouvement de révolte, le gouver-nement cherche à valoriser la dimension justice sociale ». D'où l'augmentation prévue des impôts sur les hauts salaires, sur les grandes fortunes, sur les successions, une taxation à 90 % des bonus bancaires, la baisse drastique des salaires des grands dirigeants dans les entreprises nationales... Mais tout cela ne rapportera pas suffisamment. L'autre volet est la lutte à mener contre la corruption, devenue un sport national qui profite principalement aux privilégiés. C'est ce qui explique que la « tolérance zéro «proclamée par le gouvernement soit si populaire dans l'opinion.
Le gouvernement doit toutefois faire face au même obstacle que pour l'ensemble de son plan d'assainissement : le temps. C'est particulièrement vrai de la lutte contre la fraude fiscale. Les dispo-sitifs techniques pour le renforcement des contrôles des innombrables petites entreprises et des membres des professions libérales sont encore inexistants. Et le blocage des salaires des fonction-naires du fisc pourrait bien avoir pour effet de renforcer encore leur disponibilité pour quelques petits arrangements lucratifs. En outre, des redres-sements fiscaux très stricts ont toutes les chances de mettre en difficulté nombre de petites sociétés.
Il en va de même pour la lutte contre l'économie souterraine : les revenus tirés du travail au noir, ou au gris », contribuent en temps de crise à amortir les conséquences sociales et même à stabiliser la conjoncture (4). De plus, retarder l'âge de départ à la retraite a pour conséquence que de nombreux emplois demeurent occupés plus longtemps, ce qui réduit d'autant les chances de la jeune génération d'y accéder.
La Grèce se tourne vers l'Union. Mais, depuis son adhésion en 1981, le pays a perçu plus de 100 milliards d'euros de fonds communautaires (5). Où est passé cet argent ? Une grande partie a servi à des infrastructures. Grâce à quoi l'Etat a pu, dans une large mesure, ménager ses contribuables - à commencer par les plus riches d'entre eux. Il leur a appliqué un taux d'imposition parmi les plus bas de l'Union d'avant l'élargissement. Une autre partie, importante mais difficile à évaluer, a atterri sur des comptes privés.
Cette dilapidation des fonds et la modération de l'imposition sur les hauts revenus se reflètent dans les yachts et les voitures de luxe, et plus encore dans les villas de week-end des faubourgs résiden-tiels d'Athènes. C'est la que se matérialisent les sommes d'argent qui étaient destinées à financer des programmes et des projets d'avenir (pour l'industrie, mais aussi pour l'agriculture et le tourisme) et à promouvoir un développement écono-mique durable. Ce détournement de fonds s'est aussi opéré aux dépens de l'environnement : les incendies de forêts qui font rage presque chaque année dans l'Attique et le Péloponnèse s'appa-rentent à une déforestation criminelle par le feu, visant à libérer de lucratifs terrains à bâtir pour des Athéniens fortunés.
Le plan de redressement devrait également concerner les dépenses militaires. Depuis des années, elles engloutissent plus de 4 % du PIB. D'un côté, la Commission européenne recommande donc à Athènes, comme en novembre 2009, de réduire ses dépenses d'armement. Mais, par ailleurs, l'Allemagne et la France en particulier poussent le gouvernement à acheter leurs chars, leurs avions de combat ou leurs frégates.
ACCEPTER LA DURETÉ OU ÊTRE SANCTIONNÉ PAR LES MARCHÉS
En janvier, le gouvernement d'Athènes a exposé devant les représentants de la Commission européenne et de la Banque centrale européenne (BCE), venus sur place, les détails de son pro-gramme de stabilité et de croissance. Certains parte-naires de la zone euro, surtout les Allemands, se sont plaints de retards, mais semblaient prêts à l'accepter. Toutefois, le 11 février, le sommet de l'Union a adopté une stratégie plus dure, qualifiant le programme grec d'ambitieux - ce qui, dans le langage des experts, signifie irréaliste ». Le message est clair : accepter le " plan B» ou être sanctionné par les marchés. Athènes a jusqu'au 15 mars pour présenter les premiers résultats.
Le gouvernement de M. Papandréou admet ainsi très ouvertement que les Grecs ont perdu une part importante de leur souveraineté. Il peut se le permettre : dans aucun autre pays de l'Union on ne rencontre une acceptation plus grande de l'idée européenne qu'en Grèce. Mais surtout, presque tout le monde a compris que, sans la zone euro, le pays aurait probablement connu la banqueroute.
Quant à sortir de la zone euro pour revenir à la drachme, cela paraît absurde à nombre de dirigeants. Une dévalorisation massive de la monnaie ne ferait que grossir encore la montagne de dettes du pays - sous forme d'obligations en euros. Il faudrait alors renoncer à la manne finan-cière de Bruxelles, dont la Grèce peut encore espérer, d'ici 2013, toucher jusqu'à 23 milliards d'euros. Les partenaires d'Athènes ont, eux aussi, tout intérêt à éviter une faillite du pays pouvant entraîner d'autres nations (Espagne, Portugal...).
Non seulement il serait injuste d'imposer un programme de super austérité », faisant de la Grèce une Lettonie du Sud comme on le dit à Athènes, mais cela s'avérerait contre-productif. Ce plan B» diminuerait les chances de relever les recettes publiques et saperait toute possibilité d'un retour à la croissance, même modeste en 2011... et donc la possibilité de réduire les déficits.
Certains soupçonnent quelques pays euro-péens de chercher une dévaluation contrôlée - de l'euro, pour faciliter leurs exportations mondiales. Faut-il que la situation de la Grèce en soit l'alibi ?
NIELS KADRITZKE.
(1) Ta Nea, Athènes, 10 décembre 2009. Cf aussi le rapport pour le quatrième trimestre 2009 de l'Institut de recherche économique IOBE (p. 62-68) :
www.iobe.gr
(2) Seulement 7,5 % des membres des professions libérales et 13 % des chefs d'entreprise et commerçants ont déclaré plus de 30 000 euros. Ta Nea, 30 décembre 2009.
(3) Kathimerini, Athènes, 8 novembre 2009.
(4) Cf Deutsche Bank Research, « Krisenfest mit Schattenwirt-schaft » (« L'économie souterraine permet de résister à la crise »), 17 décembre 2009, www.dbresearch-de
(5) Le chiffre exact est impossible à établir. Mais des analyses de l'Organisation de coopération et de développement économiques considèrent que les subventions en provenance de Bruxelles repré-sentent chaque année, depuis 1981, environ 0,7 % du PII3 en moyenne.



Domenica 21 Marzo,2010 Ore: 13:01
 
 
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