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RIFLESSIONE
MOVIMENTO NONVIOLENTO: PER UNA ALLEANZA MEDITERRANEA

[Dal Movimento Nonviolento (sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo]

Di la' del canale di Sicilia, soffia il vento del cambiamento. Da alcune settimane, giovani e meno giovani sono scesi per strada in nome della liberta' che non hanno conosciuto ancora. Molti sono morti, assassinati dai difensori dello status quo, dei privilegi e della corruzione che sono la norma e la regola di dittature e dispotismi vigenti da decenni. Ma l'onda e' piu' forte della diga, e quello che sembrava impossibile si sta avverando: i vecchi detentori del potere sono costretti alla fuga e alla capitolazione.

E' netta l'impressione che il pendolo della storia stia portando un vero e profondo cambiamento nel Maghreb e nel Mashrek, anche se e' ancora troppo fresco il sangue versato per potere decifrare in modo chiaro i contorni di un nuovo ordine politico e sociale in questi paesi. E la stessa storia insegna che i privilegiati di un ordine ingiusto non mollano cosi' facilmente il potere, mentre ci sono forze in agguato per riempire quello che puo' apparire come un vuoto politico, all'indomani della rivolta e della ribellione.

Quale che sia il destino di questo movimento, e' innegabile che la sete di liberta', di giustizia e di democrazia di milioni di persone ha prevalso sulla sopraffazione in atto da troppo tempo. Il grido di rivolta corre veloce da un cellulare all'altro, da facebook a twitter, nella piazza virtuale di internet che diventa piazza reale, annunciando l'alba di una emancipazione rivendicata anche con la morte che miete vittime innocenti e inermi. E' difficile pensare che tutto potrebbe tornare come prima, anche se il Mediterraneo e' la patria del pessimismo, avendo gia' conosciuto troppe volte nella propria storia il dominio della repressione e dell'ingiustizia, in difesa del potere e dei privilegi di tiranni e dittatori.

Mentre la sponda sud del mare bianco (come gli arabi chiamano il Mediterraneo) si libera, vediamo la stanca sponda nord preoccuparsi principalmente dei propri interessi messi in pericolo dal rovesciamento dello status quo. Per anni, la realpolitik europea e nordamericana ha rafforzato senza farsi troppi scrupoli il dominio di rais e oppressori. Il rifornimento di petrolio e di gas, la vendita di armi e il mercato del cemento sono stati i motori delle relazioni con i regimi in atto, e non ci si e' molto preoccupati della sorte di intere popolazioni costrette a subire il prezzo dell'intolleranza e della repressione.

Oggi appare in tutta la sua crudezza la mancanza di una vera politica mediterranea dell'Unione Europea e dei singoli stati europei, e preoccupano non poco le affermazioni di un possibile intervento anche militare da parte degli Usa e dei paesi europei per "garantire la sicurezza" dei propri connazionali o per assicurare la continuita' dell'approvvigionamento energetico, tanto cruciale per il modo insostenibile di vivere delle vecchie e opulenti popolazioni del mondo "ricco". Invocare un intervento muscolare nei paesi del Mediterraneo meridionale evoca i recenti orrori ed errori delle guerre in Iraq e in Afghanistan. E avrebbe sicuramente come conseguenza di dirottare l'insurrezione verso un ennesimo conflitto del mondo arabo con l'occidente.

Anni fa, il re Hassan II aveva chiesto di fare entrare il Marocco nell'Unione Europea. All'epoca ci furono risate per questa boutade politica, ma forse sarebbe stato piu' saggio prendere sul serio questa domanda. Oggi, la distanza fra una sponda e l'altra del mare nostrum si e' ingrandita, e appare difficile un riavvicinamento in tempi brevi. Ma sarebbe intelligente cominciare almeno ad immaginare una alleanza mediterranea, che garantirebbe a tutti i popoli di questo mare di vivere in una grande spazio geopolitico, economico, culturale e ambientale condiviso e soprattutto in un'area di pace. Gia' oggi, migliaia e migliaia di migranti attraversano il mare da sud a nord, mentre pensionati europei volano da nord a sud per godersi la vecchiaia nel Maghreb. Ci sono dei movimenti della storia che nessuna becera politica xenofoba potra' mai arrestare.

Allora, invece che preoccuparsi di ondate di rifugiati o di penuria di petrolio, faremmo bene, noi europei, ad ispirarci al vento fresco del cambiamento che soffia attraverso il Mediterraneo e il mondo arabo, per riscoprire insieme alle popolazioni rivoltose il buon vecchio gusto della liberta', che non puo' essere solo una parola in un testo costituzionale, ma deve essere una forza vibrante che attraversa tutta la societa'.

Sembra una utopia? Certo che lo e'! Ma ricordiamoci che il Mediterraneo e' la culla ancestrale di tante utopie che hanno cambiato il mondo.

*

Post scriptum: Ci sembra utile riproporre, a completamento di questo nostro pensiero aperto, un articolo di Alexander Langer, scritto piu' di quindici anni fa, che gia' individuava i primi segnali di un risveglio del Mediterraneo. Le voci profetiche sono spesso inascoltate, ma indicano la strada che la storia percorre.

 

MEMORIA. ALEXANDER LANGER: FRATELLANZA EUROMEDITERRANEA (1995)

[Dal Movimento Nonviolento riceviamo e difondiamo questo editoriale scritto nel maggio 1995 da Alexander Langer per la rivista "Verdeuropa".

Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bolzano) nel 1946, e si e' tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi generose di Langer rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992 esaurito). Dopo la sua scomparsa sono state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005; Alexander Langer, Was gut war Ein Alexander-Langer-ABC; inoltre la Fondazione Langer ha terminato la catalogazione di una prima raccolta degli scritti e degli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa), i materiali raccolti e ordinati sono consultabili su appuntamento presso la Fondazione. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza mite di Alex Langer, La Meridiana, Molfetta 2000; AA. VV. Una vita piu' semplice, Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia, Milano 2005; Fabio Levi, In viaggio con Alex, la vita e gli incontri di Alexander Langer (1946-1996), Feltrinelli, Milano 2007. Si vedano inoltre almeno i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di giugno 2005; l'opuscolo di presentazione della Fondazione Alexander Langer Stiftung, 2000, 2004; il volume monografico di "Testimonianze" n. 442 dedicato al decennale della morte di Alex. Inoltre la Casa per la nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (esaurito). Videografia su Alexander Langer: Alexander Langer: 1947-1995: "Macht weiter was gut war", Rai Sender Bozen, 1997; Alexander Langer. Impronte di un viaggiatore, Rai Regionale Bolzano, 2000; Dietmar Hoess, Uno di noi, Blue Star Film, 2007. Un indirizzo utile: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Latemar 3, 9100 Bolzano-Bozen, tel. e fax: 0471977691; e-mail: info@alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org]

Tutti abbiamo passato alcuni anni in cui l'Europa occidentale ha dovuto - non senza fatica - riscoprire la sua "altra faccia della luna", cioe' i propri concittadini europei dell'Est. Caduti i muri e le cortine, una reciproca amputazione durata almeno mezzo secolo si sta lentamente ed assai contraddittoriamente rimarginando. Non si sono ammazzati vitelli grassi per il fratello ritrovato, piuttosto si e' vista la penosa reazione di chi rifa' i conti di un'eredita' ritenuta gia' assegnata in esclusiva ed ora, invece, da spartire.

Oggi un'altra fratellanza affievolita o forse dimenticata e' da riscoprire: quella euromediterranea. In anni passati in Italia si e' assistito ad un curioso dibattito geopolitico: chi voleva "entrare in Europa", reclamava spesso la necessita' di staccarsi dal Mediterraneo, "dall'Africa", come talvolta si diceva in senso spregiativo. Anche nel resto d'Europa l'attenzione al Mediterraneo negli ultimi anni ha subito alterne vicende, e si e' ulteriormente resa precaria dalla guerra del Golfo in poi, dove si e' invece consolidata una sorta di egemonia dell'asse Usa - Stati petroliferi del Golfo (con l'Arabia Saudita in testa), con una forte influenza nel Mediterraneo che si e' manifestata anche nella politica della spesa pubblica. Su ogni Ecu investito dalla Comunita' europea, se ne sono investiti dieci da parte degli Usa ed altrettanti da parte dei petrolieri arabi. L'assenza di una comune politica mediterranea la si e' vista non solo intorno alla guerra del Golfo: ancor piu' pesante la marginalita' dell'Europa nel ritrovare la pace tra israeliani ed arabi, nel dialogo con i paesi "difficili" (come Libia, Siria, ecc.), in alcune ingiustizie ormai da troppo tempo sopportate (la divisione di Cipro, per esempio), nella ricerca di un nuovo ordine post-guerra fredda anche nel Mediterraneo. La proposta, avanzata fin dai primi anni '90, di organizzare per quest'area una sorta di "Helsinki del Mediterraneo", cioe' un quadro complessivo di accordi per la cooperazione e la sicurezza, e' stata lasciata cadere; gli stessi governi che l'avevano caldeggiata (Spagna, Italia, poi anche Francia e Grecia), l'hanno messa nel dimenticatoio.

Oggi i governi si preoccupano di certi campanelli d'allarme, e tendono ad affrontarli, ma troppo spesso in modo solo repressivo: immigrazione incontrollata, tensioni sociali e "rivolte del pane", la crescita dell'integralismo islamico, i rischi del traffico illegale di droga e di armi... insomma, i pericoli piu' che le opportunita'. La Conferenza intergovernativa euromediterranea, indetta dall'Unione europea per il prossimo novembre 1995 sotto presidenza spagnola, si prefigge - assai positivamente - un nuovo partenariato euromediterraneo, ma rischia di limitarsi a puntare al controllo di alcuni di questi fenomeni ritenuti minacciosi, attraverso accordi di cooperazione e di finanziamento, senza osare un disegno piu' ambizioso: un partenariato che porti ad una vera e propria Comunita' euromediterranea, a fianco ed intrecciata con l'Unione europea.

D'altra parte forse non si puo' chiedere ai governi quanto dai cittadini e dalla societa' civile non e' ancora sufficientemente sentito e condiviso.

E' questa oggi una sfida ed una possibilita' di grande rilievo per i cittadini ed i gruppi europei e mediterranei. Non c'e' nessun'altra area del mondo in cui in uno spazio cosi' concentrato si trova un'eredita' cosi' comune e cosi' diversificata insieme: al crocevia tra i tre continenti (Europa, Asia, Africa) e le tre grandi religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo, Islam), in una cornice ambientale e monumentale con caratteristiche fortemente comuni ed oggi gravemente minacciata.

Ecco perche' riteniamo che sia tempo di affrontare anche dal basso la costruzione di una nuova fratellanza euromediterranea, e di accompagnare criticamente ed attivamente il processo che si svolge al livello delle istituzioni e dei governi. Una parte del volontariato europeo impegnato per la pace, per la cooperazione, per l'ambiente, per la giustizia tra nord e sud, per uno sviluppo umano e sociale sostenibile, gia' opera in questa dimensione. Ma se vogliamo davvero ravvivare e rinnovare il patrimonio comune che lega comunita', popoli, cittadini, ecosistemi, economie e societa' mediterranee, ed intrecciarle con quell'altro grande processo di integrazione che oggi faticosamente avviene tra l'Occidente e l'Oriente del continente europeo, bisognera' sviluppare una nuova sensibilita', e cogliere le molte occasioni di azione ed interazione.



Venerd́ 11 Marzo,2011 Ore: 18:47
 
 
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