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www.ildialogo.org La fedeltà evangelica ci pone controcorrente,di Aldo Antonelli

La fedeltà evangelica ci pone controcorrente

di Aldo Antonelli

«[In quel tempo] una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
(Vangelo di Luca 14,25-33)
Le parole di Gesù sembrano dure e sconcertanti: difficile a digerirsi.
Purtroppo esse, nella mentalità comune,  sono state malintese fino a dare una distorta immagine di chiesa e un atteggiamento del cristiano di fronte al dolore non sempre dignitosamente “alto” e “evangelicamente” coerente.
Ai fini di una comprensione autenticamente corretta della parole di Gesù, dobbiamo considerare l’occasione nella quale esse sono state pronunciate.
Il Vangelo Parla di Gesù che era in viaggio verso Gerusalemme e che era seguito da una folla “numerosa”.
Ecco: molti di coloro che seguivano Gesù erano in attesa della “restaurazione” del “Regno” d’Israele e vedevano nel Messia colui che avrebbe riportato Gerusalemme, invasa dai romani, all’antico splendore. Molti di quelli che “seguivano Gesù”, erano desiderosi di condividere con lui il “potere” e la “gloria” del nuovo “Regno”!
Gesù, con le sue parole, li fredda: «chi ama il padre o la madre più di ma…. Non è degno»!
Lui è venuto per darsi e non per conquistare. E coloro che vogliono seguirlo devo essere capaci di dono e non malati di conquista.
Programma non facile, che richiede capacità non indifferenti di “investimento” (Parabola del costruttore che siede a calcolare la spesa) e di “lotta” (Parabola del re che siede a riflettere prima della battaglia).
In questa prospettiva, due sono le espressioni particolari che l’evangelista usa e che personalmente trovo molto ricche di significato.
La prima: «Chi di voi non siede prima a calcolare o a esaminare….?».
In esse traspare l’immagine di una chiesa che, invece di impelagarsi in una pastorale arruffona ed affaristica, sa “fermarsi a discutere”!
I due protagonisti delle parabole “si siedono” a riflettere; a riflettere sulle esigenze, i rischi e le forze su cui possono contare. Secondo Gesù, tra i suoi sarà sempre necessaria la meditazione, il dibattito, la riflessione.
E’ un errore soffocare il dialogo e il dibattito nella Chiesa di Gesù. Oggi abbiamo più che mai bisogno di decidere insieme sul da farsi……
C’è poi una seconda espressione che è stata falsamente interpretata e che, invece, in questa nuova luce, si apre come uno scrigno che offre contenuti nuovi e preziosi: «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo».
Queste parole, spesso, vengono strumentalizzate a supporto di un atteggiamento di remissivo e rinunciatario, quasi a consacrare come virtù cristiana, la “rassegnazione” passiva di fronte al male e alle sventure. Troppo spesso noi cristiani abbiamo utilizzato la croce svuotandola del suo vero contenuto. «Ci sono cristiani che pensano che la sequela del Crocifisso consista nel cercare piccole mortificazioni, per arrivare, attraverso la sofferenza, a una comunione più profonda con Cristo» (José Antonio Pagola: La via aperta di Gesù; vol. 3, p.194)
Niente di tutto questo.
La croce di Gesù è stata vedersi rifiutato dai capi del popolo e apparire colpevole davanti a tutti!
Senza disprezzare altri aspetti della vita cristiana, noi credenti dobbiamo ricordare che spesso la fedeltà evangelica ci pone controcorrente, ci fa vedere come dei “reietti”: oggetto di condanne e di rifiuti persino da parte di amici, parenti e familiari stessi.
Aldo Antonelli



Sabato 03 Settembre,2016 Ore: 18:33
 
 
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