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www.ildialogo.org La “Parabola del Padre misericordioso”,di Aldo Antonelli

La “Parabola del Padre misericordioso”

di Aldo Antonelli

[In quel tempo,] si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze.
Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». (Lc 15,1-3.11-32)
“Parabola del figliol prodigo” veniva chiamata una volta; oggi, giustamente, viene chiamata la “Parabola del Padre misericordioso”. Come per dire che in essa ci si rivela, per quanto possibile, il volto di Dio e la sua azione.
«Il padre della parabola, davanti alla richiesta del figlio, deve aver sofferto. Ma non lo ha dato a vedere. Dio è anche questo silenzio rispettoso delle nostre scelte, della nostra libertà. Strana figura di padre, questo Dio, di cui non ci riesce di trovare l'equivalente in nessuna esperienza umana e che, tuttavia, Gesù, nel raccontarcelo, deve aver pur pensato come modello per le famiglie e forse anche per il suo gruppo (quello che sarebbe più tardi divenuto la sua chiesa)».
Così scrivevano qualche anno fa gli amici della Comunitade do bairro dal Brasile.
Molto lontana dal Dio con la bilancia e dal “Ragioniere” del calcolo che viene predicato nelle nostre chiese d’Occidente.
Dirò di più.
Contro l’uso strumentale di questa parabola che viene letta sempre in occasione dei momenti penitenziali, a sancire la necessità del pentimento prima di ottenere il perdono di Dio, qui nessuno dei due figli fa bella figura.
Il figlio minore che agisce sempre, soltanto e unicamente per interesse. E' l'interesse, infatti, che determina il suo modo di vivere, il suo modo di pensare. Per interesse ha lasciato la casa del padre e adesso per interesse, non per rimorso, vuol tornarci. ““Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!”… A lui non gli manca il padre, gli manca il pane, fa notare Alberto Maggi.
Il figlio maggiore, arroccato nella sua correttezza fiscale e nella sua grettezza senza cuore, incapace a riconoscere il fratello (“Tuo figlio” dice di lui parlando con il padre….). Dietro la sua formale obbedienza c’è un deserto di umanità che spaventa.
Non si accorge, rimproverando il fratello di aver dilapidato il patrimonio, che il primo “delapidatore” è proprio lui.
«Ha dissipato sogni, ideali arditi, il gusto dell’avventura. Ha rinfoderato ben presto gli entusiasmi. Ha accorciato accuratamente tutti gli orizzonti troppo alti. La sua bandiera è diventata un fazzoletto. Si è creato un mondo su misura della propria mediocrità e meschinità. Ha messo le pantofole, si è trasformato in un uomo d’ordine, è invecchiato precocemente», scrive Alessandro Pronzato su “Vangeli Scomodi; p.267-268).
Vi sono colpe felici come vi sono onestà insulse e ingombranti!
Su questo deserto, appunto, si staglia la figura del Padre che ama comunque, prima del pentimento e nonostante il traviamento.
Il “per-dono” di Dio precede il pentimento e, spesso lo genera…; non ne è il frutto (come vuole certa predicazione).
Buona domenica
Aldo Antonelli



Venerdì 04 Marzo,2016 Ore: 23:18
 
 
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