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www.ildialogo.org E NOI CHE COSA DOBBIAMO FARE?,di p. José María CASTILLO

III AVVENTO – 13 dicembre 2015 - Commento al Vangelo
E NOI CHE COSA DOBBIAMO FARE?

di p. José María CASTILLO

Lc 3, 10-18

[In quel tempo,] le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
1. Questo vangelo è di un’attualità sconvolgente. La gente che si recava ad ascoltare Giovanni Battista si sentiva minacciata dal pericolo e dalla collera che li potevano portare alla rovina totale. E, secondo il testo di Luca, quei cittadini avevano motivi per vedersi come una “razza di vipere” (Lc 3,7). Ecco la domanda: che dobbiamo fare? La risposta di Giovanni non si riferisce alla “religione” (con i suoi dogmi, con i suoi rituali e con le sue gerarchie) e non fa alcun riferimento alla “politica” (cacciare il dominatore romano), ma incentra tutto sull’”etica”. Il che significava dire alla gente: quello che vi tirerà fuori da questa situazione di miseria sarà l’onestà, la giustizia e la bontà. Cosa significa questo per noi oggi?
2. Giovanni Battista lanciava un appello alla “conversione” (metánoia) (Lc 3,3; Mc 1,4 par). Parlare di conversione significa parlare di “pentimento”. Ma, se tutto resta nei sentimenti intimi della persona, non esiste un tale pentimento. Perché, se una persona si pente veramente, questo suppone e si manifesta nel cambiamento del comportamento, cioè nel cambiamento di vita. Quindi, la conversione non è solo o principalmente un cambiamento religioso, ma un cambiamento etico. Ossia, si tratta di un cambiamento del comportamento. Ma quale comportamento?
3. Il Battista parla di “condividere” quello che si possiede con coloro che non lo hanno, di “onestà” nei doveri professionali relativi al denaro ed ai guadagni e della “non violenza” (Lc 3, 11-13). Cioè, prima di tutto la rettitudine etica. È importante eliminare i “peccati”, ma prima di questo bisogna eliminare i “delitti”. Prima di essere un buon “cristiano”, bisogna essere un buon “cittadino”. Chi non è un cittadino esemplare, come si metterà a parlare del Vangelo? Se la Chiesa conserva e difende “privilegi” fiscali ed economici, con quale faccia spiegherà alla gente il Vangelo della generosità e dell’amore?



Lunedì 07 Dicembre,2015 Ore: 20:21
 
 
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