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www.ildialogo.org SAPPIATE CHE EGLI E’ VICINO!,di Aldo Antonelli

SAPPIATE CHE EGLI E’ VICINO!

di Aldo Antonelli

«Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati. Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai solo che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi. Poiché con un’unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:
                     Questa è l’alleanza che io stipulerò con loro
                     dopo quei giorni, dice il Signore:
                      io porrò le mie leggi nei loro cuori
                     e le imprimerò nella loro mente,
 dice:
                      E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro
                      iniquità.
Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più bisogno di offerta per il peccato».
Che bello: dove c’è il perdono non c’è più bisogno di offerta per il peccato!
Sapeste quanto mi indispettisce l’abbinamento volgare “Religione-Dio-Peccato” di tante persone che incontrandomi mettono le mani avanti: “don Aldo, io non mi confesso ma sono un buon cristiano”….!
Vedendo me, vedono il “sacerdote” e quindi la “religione” e quindi il “peccato” e alla fine quel “povero dio” che non si sa se è il dio della punizione o il Dio della Risurrezione.
E ciò nonostante i quasi cinquant’anni nei quali ho bandito la divisa da prete, il “don” ed ogni altro simbolo di casta.
Mah! Mi si perdoni questo sfogo personale ed andiamo alla meditazione.
Prendo spunto da questo brano della lettera agli Ebrei (10,11-18) sia per fare alcune osservazioni sul tema della Messa che alcuni chiamano ancora col termine sbagliato di “Sacrificio”, sia per poter illuminare anche il testo del vangelo (Marco 13,24-32) di questa penultima Domenica del tempo ordinario.
Quanto alla celebrazione eucaristica, che erroneamente viene chiamata anche “Sacrificio della Santa Messa”, voglio riportare la bella riflessione di Padre Balducci che riprendo dal secondo volume de Il mandorlo e il fuoco ( pp. 381-382).
«Vorrei premettere due osservazioni per aprirci la strada ad una lettura il più possibile vivificante e illuminante della Parola di Dio. La prima riguarda il venir meno, sia al livello più ufficiale della teologia, sia a quello della coscienza comune, di un modo di leggere la sofferenza del Gesù della Croce che la faceva rientrare in una specie di grande ordine logico. In poche parole — e voi sentirete in queste poche parole qualche riflesso che richiama il catechismo che avete imparato — siccome l'uomo ha compiuto verso Dio un peccato di infinita gravità (l'offesa a Dio è oggettivamente infinita) era necessaria una riparazione che avesse la stessa misura: fosse infinita. Ma non essendo 1'uomo capace di atti infiniti era necessario che ad espiare fosse, sì, un uomo, perché 1'uomo era colpevole, ma un uomo che fosse anche Dio, perché solo un atto di Dio è infinito. Così, nel Medio Evo si costruì la logica entro la quale la sofferenza della croce appariva ovvia come il pagamento di un debito: tanta la colpa, tanta la riparazione. Solo che non si avvertiva adeguatamente — possiamo dirlo, a distanza — che con questa spiegazione logica, si colpivano, nel cuore, due misteri fondamentali. Innanzitutto quello del Dio-Amore. Come può essere Amore un Dio che ha bisogno che si paghi il debito, e in quella maniera? Come possiamo chiamare Amore un Dio che ha bisogno delle nostre sofferenze per sentirsi appagato? Se Dio è amore non ha bisogno delle nostre sofferenze, come un padre, una madre, non hanno bisogno, per sentirsi appagati di eventuali offese, che i figli soffrano. Si colpiva il mistero dell'amore. E poi si colpiva, un altro mistero: quello della persona umana. Perché Dio, in questa teologia ideologica, amava più l'ordine che l'uomo. Era l'ordine che doveva essere ristabilito, e se, per ristabilire l'ordine, un uomo doveva essere sacrificato, si sacrificasse l'uomo. Queste ideologie non sono mai Innocenti, perche fanno da copertura suprema ad altre posizioni più immediate e più terrene. E noi conosciamo bene una ideologia - che abbiamo alle spalle, e Dio voglia, soltanto alle spalle - in cui l'ordine conta più che l'uomo. Per ristabilire un ordine ci vogliono i roghi e la ghigliottina. Ci vogliono le fruste, le punizioni. Questo concetto dell'ordine come supremo valore, a cui tutto va sacrificato, aveva, nella teologia cristiana, un sigillo in più».
Fin qui la riflessione di Balducci.
Commosso da questa riflessione e convertito a questo Dio-Amore, anche il brano del vangelo mi appare in una nuova luce: non più il vangelo della fine…..! Espressione, anche questa, scorretta e contraddittoria. Perché, come può essere “lieto” l’annuncio di una fine? (la parola “Evangelo” - dal greco εὐαγγέλιον – significa appunto buona notizia).
Ecco, contrariamente a quanto si possa pensare, in una lettura frettolosa e alla buona, il vangelo di oggi non parla della fine (che “nessuno sa, né gli angeli del cielo né il figlio”) bensì dell’inizio, di un bell’inizio, di una primavera e di una nuova estate!
«Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina».
Contro i catastrofisti, gli apocalittici, gli avvoltoi che si tuffano sulle carogne della fatiscenza delle cose, il Vangelo ci invita a saper leggere, nel passare delle cose e degli eventi, gli inizi dei nuove cose e nuove narrazioni.
L’apocalisse portava la paralisi delle coscienze, Gesù invece è venuto a scuotere le coscienze…. “Guardate”!
In ogni cosa, in ogni avvenimento noi possiamo cogliere i segni della fine e i segni dell’inizio, i segni della morte e i segni del cominciamento.
Sta a noi a non farci prendere dal panico del disfattismo e saper scorgere le opportunità che offrono certi cambiamenti.
Una sfida non da poco e non per pochi.
Aldo



Giovedì 12 Novembre,2015 Ore: 21:23
 
 
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