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www.ildialogo.org IO SONO MITE E UMILE DI CUORE,di p. José Maria CASTILLO

XIV TEMPO ORDINARIO – 6 luglio 2014 - Commento al Vangelo
IO SONO MITE E UMILE DI CUORE

di p. José Maria CASTILLO

Mt 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

1. Il problema principale presentato da questo testo del Vangelo sta nel fatto che non si può capire quello che qui dice Gesù, per quanto lo si analizzi e lo si studi. Perché non è questione di studio o di informazione. Ma la chiave del testo è questione di esperienza. La prova sta nel fatto che, a giudizio di Gesù, quello che qui si dice è qualcosa che non sanno i “sapienti” ed i “dotti”, mentre quelli che lo sanno sono quelli che appartengono alla “gente semplice”, i n»pioi, i “semplici”, “incolti” ed “ignoranti” (Sap 12,24; 15.14; cf. 1Cor 1, 18-25; 3, 1-4.18-23). Senza dubbio Gesù pensava, nel dire questo, ai suoi ascoltatori: i galilei, gli ammalati ed i mendicanti, quelli che non avevano mezzi per andare a scuola. Erano quelli denominati gli ‘am ha’ares, gli ultimi economicamente e socialmente (U. Luz).
2. Cosa non potevano sapere i “sapienti” e cosa sanno gli “ultimi”, quando si tratta del tema di Dio? Perché, secondo la categorica affermazione di Gesù, il Padre lo conosce solo il Figlio. Cioè, Dio lo conosce solo Gesù. Ed, oltre a Gesù, Dio lo conoscono solo quelli ai quali Gesù si rivela. La “conoscenza” della quale si parla qui, è – come è stato ben detto – “conoscenza dell’uguale da parte dell’uguale” (Origene, De principiis, 2,4,3; cf. U. Luz). Solo dove c’è uguaglianza si verifica questo contagio di conoscenza di Dio in Dio. Ma nessuno può dire che c’è uguaglianza tra Gesù ed i notabili di questo mondo. Gesù si è reso uguale agli ultimi. E tra gli ultimi e con gli ultimi è il luogo dove si può incontrare Gesù.
3. Ebbene, giunti a questa prima conclusione, si comprende la genialità di quello che si dice in questo punto del Vangelo. Subito dopo l’affermazione di Gesù sulla sua identificazione con il Padre, lo stesso Gesù dice tre cose che esprimono un’umanità ed una bontà insuperabili: 1) Chiama tutti gli “stanchi” e “sovraffaticati”, ai quali promette ristoro, riposo, liberazione dal peso insopportabile che soffrono. 2) Promette “riposo” a tutti quelli che non possono sopportare il giogo estenuante della Legge, cioè il peso della religione. Il peso dei fardelli che scribi e farisei mettevano sulle spalle della gente. Il peso che gli uomini della religione non erano disposti a portare (Mt 23,4) (G. Künzel). 3) Dice alla gente che il “giogo” del Vangelo è “dolce” ed il suo “carico” è “leggero”. Questa è la religione di Gesù. È una religione che chiama tutti quelli che soffrono, che dà ristoro agli oppressi, a quelli che non ce la fanno più con il peso della vita, a quelli che si sentono sottomessi e sfiniti. In questi tempi di crisi e di sconforto, quando vediamo che non ce la facciamo più, il ristoro, la soluzione stanno nella religione di Gesù. E l’aspetto geniale è sapere che questo deriva dall’esperienza che hanno di Dio quelli che, a giudizio della “teologia ufficiale”, non hanno nessun’idea di Teologia. Questo è Gesù.
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Traduzione di Lorenzo TOMMASELLI da:
- JOSE’ MARIA CASTILLO, La religión de Jesús. Comentario al Evangelio diario, CICLO A (2013-2014), Desclée De Brouwer, 2013, pp. 441-442.


Lunedì 30 Giugno,2014 Ore: 13:32
 
 
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