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www.ildialogo.org A ME È STATO DATO OGNI POTERE IN CIELO E SULLA TERRA,di p. José Maria CASTILLO

ASCENSIONE – 1 giugno 2014 - Commento al Vangelo
A ME È STATO DATO OGNI POTERE IN CIELO E SULLA TERRA

di p. José Maria CASTILLO

Mt 28, 16-20
[In quel tempo] gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

1. Si è soliti spiegare la festa dell’Ascensione del Signore, a partire dal racconto del libro degli Atti, come esaltazione alle altezze della gloria, cosa che si rende nell’espressione letteraria dell’elevazione ai cieli (At 1, 9-11). Secondo quest’interpretazione, l’Ascensione è uno spostamento dal «terreno» al «celestiale», dall’ambito dell’«umano» a quello del «divino». E così frequentemente si è soliti spiegarla ai fedeli. E molta gente se l’immagina così, a partire da una rappresentazione tanto ingenua come falsa.
2. Il finale del vangelo di Matteo vede tutta questa problematica in altra maniera. Perché il tema sul quale centra la propria attenzione non è l’«esaltazione al divino», ma l’«universalizzazione del cristiano». La questione posta dal Risorto di Matteo è che a lui è “stato dato ogni potere in cielo e sulla terra” (Mt 28,18). Questo brano è stato redatto dopo la distruzione di Gerusalemme e la conseguente dispersione del popolo ebraico nell’anno 70. Quando la tensione tra cristiani e giudei andava aumentando. E quando le comunità cristiana continuavano ad essere gruppi ristretti e con scarsa presenza nell’Impero. Ebbene, in mezzo a tensioni e divisioni religiose così grandi ci sono motivi per chiedersi se questo finale corrisponda a quello che realmente ha voluto Gesù. O se, piuttosto, questo finale del vangelo di Matteo non sia la proiezione di un desiderio. Il desiderio di trasformarsi nella religione universale, che si impone alle altre religioni e che, con il passare del tempo, è stata – con il papato – il prolungamento del preteso imperialismo universale di Roma.
3. Ebbene, in problematiche di «religione», le pretese di universalità si traducono inevitabilmente in violenza, divisioni, sfide, conflitti, desideri di dominio e di prepotenza. Un «dio» che pretende di essere universale, per questo stesso motivo pretende ugualmente di annullare gli altri «dèi», frutto di culture millenarie e costitutive dell’identità di milioni di esseri umani. Non sarebbe più ragionevole intendere e vivere l’esperienza religiosa come l’ha intesa e vissuta il Gesù terreno? Non sarebbe, per questo stesso motivo, più logico vivere la fede in Gesù come fede nella bontà, nel rispetto, nella tolleranza, nell’aiuto di tutti per tutti, quali che siano le forme concrete di convinzioni e di pratiche religiose che ogni popolo ed ogni cultura vive in concreto? Ecco una delle questioni più serie che ci pone la festa dell’Ascensione del Signore.
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Traduzione di Lorenzo TOMMASELLI da:
- JOSE’ MARIA CASTILLO, La religión de Jesús. Comentario al Evangelio diario, CICLO A (2013-2014), Desclée De Brouwer, 2013, pp. 371-372.



Lunedì 26 Maggio,2014 Ore: 21:31
 
 
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