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www.ildialogo.org LO SAI CHE DIO È DALLA NOSTRA PARTE?,di p. Ottavio Raimondo

Seconda domenica di Avvento – 4 dicembre 2011
LO SAI CHE DIO È DALLA NOSTRA PARTE?

di p. Ottavio Raimondo

Consolate, consolate il mio popolo (I lettura: Is 40,1-5.9-11)

Aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova (II lettura: 2 Pt 3,8-14)

Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio (III lettura: Mc 1,1-8)

Il mondo in cui viviamo

Oggi la parrocchia São Daniel Comboni ha quasi centomila abitanti, con 13 comunità cattoliche, 105 evangeliche e moltissimi gruppi di religioni afro-discendenti, spiritiste, ecc... In media i cattolici che partecipano alla celebrazione domenicale sono solo 990, considerando anche i bambini... L´assemblea ha deciso che dopo la dimensione “chiesa accogliente” (2008), “chiesa missionaria” (2009), “chiesa orante” (2010), in questo 2011 si approfondisse la dimensione di “chiesa samaritana”. Nel 2012 ci impegneremo sulla dimensione di “chiesa profetica”. Così Gesù, il vangelo di Dio, continuerà a manifestarsi come il Dio che è sempre dalla nostra parte. Intendiamoci bene: quando diciamo che Dio è dalla nostra parte non intendiamo dire che è dalla parte della chiesa o della parrocchia ma dalla parte del mondo intero, di tutti. Una grande nostra preoccupazione è la violenza: purtroppo il nostro territorio rimane sempre tra i quartieri più violenti della città. Abbiamo bisogno di essere guariti dalla violenza e per questo ci facciamo solidali con tutto il nostro ambiente. Lo slogan della nostra comunità è: “Giù le armi, fiori in mano”. Credo che sia dono dello Spirito che è sceso su Gesù e continua a scendere sui suoi discepoli. Il vangelo continua. (São Luís do Maranhão – Brasile - p. Roberto)

La parola che ci è donata

Marco ci presenta nel suo racconto l’inizio della buona notizia. La continuazione della buona notizia la stanno vivendo e scrivendo i discepoli di tutti i tempi, la stiamo scrivendo noi oggi. Tu sei la continuazione della buona notizia il cui nome, lo ripetiamo, è Gesù. E se è bello l’inizio non può essere meno bella e preziosa la continuazione scritta da noi oggi. Guardiamoci in faccia e sentiamo che ognuno di noi è la continuazione della buona notizia. “Io sono la terra in cui la buona notizia cresce”, diceva con orgoglio un giovane catechista togolese. E gli faceva eco l’intera comunità: “Noi siamo il terreno in cui la buona notizia cresce e si diffonde”.

L’inizio della buona/bella notizia di Gesù si svolge in un contesto che ha due caratteristiche.

La prima è una lunga storia di un popolo che sogna futuro, un futuro di riconciliazione e di pace; un futuro in cui si camminerà sulle vie di Dio: vie di vicinanza, di armonia e quindi di giustizia.

La seconda è la presenza di Giovanni il battezzatore che con la sua vita e i suoi gesti unisce il popolo. Marco dice: “tutti”. Li unisce in un gesto di cambio di vita e in un atteggiamento di attesa del nuovo: dell’attesa di colui che battezzerà in Spirito Santo.

Tra “tutti” gli abitanti della Giudea e di Gerusalemme si inserisce questo galileo povero proveniente da Nazaret dove non nasce nulla di buono. Questo galileo si mette in fila, si fa solidale con il popolo bisognoso di conversione e di perdono. E ben presto. lì a pochi metri da quell’acqua, assisteremo alla proclamazione della sua prima consacrazione: “Tu sei il mio Figlio amato”.

Ci pensiamo su

Giovanni non rimane indifferente, denuncia, chiede il cambio perché così non si può andare avanti.

Oggi dobbiamo denunciare una società basata sulla competitività, sul profitto e sul possesso.

Una società che uccide e impedisce di vivere la convivialità, la gratuità e l’uso delle cose.

Una società che produce abissi, un mondo capovolto, una società che non ci permette di informarci.

“L’indifferenza è peggio dell’odio”, scrisse madre Teresa di Calcutta. E chi non si informa non ha il diritto di parlare.

L’Eucaristia è la grande denuncia dell’individualismo che uccide, la proposta di uno stile di vita di comunione e l’anticipo del nostro destino eterno.

“Proprio per questo il momento in cui guardo con più soddisfazione e speranza le persone che sono attorno a me è quello che segue la comunione. In questi momenti di silenzio apro gli oggi, mi guardo attorno e dico: - Grazie, insieme tu e noi possiamo far crescere la vita per tutti”.

Daniele Comboni: 1000 vite per la missione

Daniele Comboni, dal punto di vista ecclesiale, fu formato in un ambiente (veronese) dove c’era la profonda consapevolezza che solo una Chiesa rinnovata, purificata, sarebbe stata in grado di fronteggiare la sfida della laicità e dell’incredulità post-illuminista. Daniele Comboni maturò la visione secondo la quale, solo ripartendo dal basso, dai bisogni concreti della gente, da un’ispirazione missionaria quotidiana, la Chiesa avrebbe potuto essere ‘all’altezza’ di questo rinnovato slancio in termini di disciplina, moralità, spiritualità, capacità di reincarnare la carità e l’amore di Dio, in funzione di ciò che oggi chiamiamo ‘le nuove povertà’. Scrive Comboni: “Il Salvatore del mondo compì le sue meravigliose conquiste di anime con la forza della Croce che atterrò il paganesimo, rovesciò i templi profani, sconvolse le potenze dell’inferno,divenne altare non di un unico tempio, ma altare di tutto il mondo….La Croce ha la forza di trasformare l’Africa centrale in una terra di benedizione e di salute’.



Lunedì 28 Novembre,2011 Ore: 08:00
 
 
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