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www.ildialogo.org LO STRANIERO CHE REGALA SPERANZA,di p. Ottavio Raimondo

LO STRANIERO CHE REGALA SPERANZA

di p. Ottavio Raimondo

Dio lo ha risuscitato liberandolo dalla morte (I lettura: At 2,14.22-33)

Foste liberato con il sangue di Cristo (II lettura: 1 Pt 1,17-21)

Lo riconobbero nello spezzare il pace (III lettura: Lc 24,13-35)

Le comunità del Vangelo di Luca

Noi delle comunità di Luca abbiamo dato tanta importanza all’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus perché per noi ciò che più conta in questo fatto non è l’apparizione di Gesù risorto ma che venga riconosciuto. L’accento cade sul momento in cui Gesù si fa riconoscere ed è riconosciuto dai discepoli che considerano frustrate le speranze che avevano riposto in lui.

Le nostre comunità vogliono raccontare ciò che succede nella nostra vita (lungo la via) e vogliono raccontare l’incontro con lui nell’eucaristia (nello spezzare il pane).

Le sacre scritture e l’eucaristia sono per noi il luogo dell’incontro con il Signore, incontro che sempre porta a formare comunità, una comunità di fratelli capace di condividere e di servire con un annuncio e un’accoglienza che non ha confini né di tempo né di spazio.

Confessiamo che sentiamo profondamente la lontananza fisica di Gesù ma confessiamo anche che questa lontananza fisica viene colmata dalla sua presenza nella parola e nel pane spezzato.

E sia ben chiaro a tutti che il nostro vivere la comunità e il nostro essere attenti agli ultimi non nasce da noi ma dalla forza della stessa parola e dello stesso pane spezzato.

Le comunità cristiane di oggi

Quest’anno sentiamo il bisogno di leggere questo brano alla luce della parola “straniero”. Gli immigrati ci inquietano tanto. Di fronte a loro ci sarebbe per noi cristiani, ma anche per tutto l’occidente, un solo atteggiamento valido e veritiero. L’atteggiamento di chiedere loro perdono. Li abbiamo ridotti così male che li abbiamo obbligati o a morire o a lasciare le loro terre. Non abbiamo offerto loro altra alternativa. Un mio amico diceva che il mondo è fatto di due stanze: in una si spreca e nell’altra si crepa.

Gesù è vissuto come straniero. È stato spesso visto come “estraneo” da coloro che lo incontravano. A volte non viene riconosciuto, la samaritana lo ritiene una persona a lei ostile, nasce ‘clandestino’, Pietro nega di averlo conosciuto, è condannato a morte con un supplizio datogli dagli stranieri, con una pena che non apparteneva alla legislazione mosaica, muore al di fuori delle mura della città. Eppure tutto ciò non impedisce allo ‘straniero’ Gesù , di relazionarsi, di cercare il dialogo, di suscitare la fiducia per portare tutti al Padre.

Gesù ha ancora una volta preso il volto dello straniero di fronte a due discepoli che se ne vanno, che abbandonano l’amicizia che li teneva legati agli altri. Mentre i due discutono animatamente sui fatti avvenuti a Gesù, lo sconosciuto entra in dialogo con loro. I due discepoli (probabilmente la coppia di sposi Clèopa e sua moglie Maria) gli aprono i loro cuori… e durante il racconto delle vicende di Gesù, rivelano allo sconosciuto compagno di viaggio i motivi della fuga da Gerusalemme. I due si sentono estranei all’annuncio delle donne, estranei agli altri discepoli che hanno deciso di restare, e soprattutto, estranei alla speranza (“speravamo che fosse lui…”). Il Messia che avevano sperato è morto… non vogliono più sperare, temono la speranza e per questo fuggono. La speranza li ha sconvolti più della disperazione perché la disperazione non chiede nulla, si nutre di se stessa, la speranza invece chiede sempre altra speranza, chiede di sperare contro ogni speranza.

L’estraneo rivela ai due discepoli che la radice del loro problema non è rimasta a Gerusalemme ma è lì con loro, nel loro cuore lento a credere e nella difficoltà a fidarsi della Parola. Lo straniero diventa pian piano il protagonista del cammino dei due discepoli. È lui che li istruisce sulla realtà intima dei loro cuori. Il viandante estraneo si rivela durante il cammino: è un uomo che sa far ardere i cuori quando spiega le scritture. Ci viene oggi spontaneo pensare alla lettura viva della Parola fatta nelle comunità di base, nei piccoli gruppi di villaggio.

Giunti ad Emmaus, lo straniero tenta di proseguire il cammino, ma i discepoli lo trattengono e insistono nell’ospitarlo e farlo partecipare della loro mensa. I due non vogliono più perderlo. All’inizio del cammino era uno straniero, ora è un amico. Durante la cena, al momento della benedizione, i discepoli riescono finalmente a riconoscere questo sconosciuto. I loro occhi si aprono e vedono che è Gesù. Avevano abbandonato Gerusalemme per non sperare più, ma questo straniero ha bussato alle porte del loro cuore (Ap 3,20), non le ha sfondate, ha atteso che aprissero uno spiraglio di accoglienza. 

L’estraneo non è un pericolo e non è un nemico, egli è piuttosto il volto nascosto di Dio che percorre le strade degli uomini e delle donne perché imparino a riconoscere in ogni persona che cammina nella storia un fratello e una sorella, un figlio dello stesso Dio. Solo così, insieme, tutti i popoli potranno innalzare a Dio la lode più bella: Abba Padre-Madre.

Suggerimento: Se vivi in provincia di Pesaro visita la mostra “Corpi migranti” che abbiamo allestito a Fano dal 7 al 16 maggio; e a Pesaro dal 18 al 26 maggio. A Fano nella chiesa di Sant’Arcangelo in Corso Matteotti. A Pesaro nel palazzo Gradari in via Rossini.

p. Ottavio Raimondo – oraimondo@emi.it – 348-2991393 

 



Luned́ 02 Maggio,2011 Ore: 16:46
 
 
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